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martedì 23 maggio 2023

Persone normali (S. Rooney)

  

 Certi amori non finiscono fanno dei giri immensi e poi ritornano, amori indivisibili, indissolubili...

Così canta Antonello Venditti. E quanto abbiamo pianto, da ragazzine, su quelle note per amori così forti che sembravano poterci cambiare la vita per sempre o per l'attesa di quei giri immensi che riportassero, alla fine, il nostro amore al nostro cospetto!

Poi ci sono amori che, pur partendo con tali premesse, restano indissolubili ma non vengono vissuti in modo canonico, condividendo un tetto, una famiglia, la quotidianità.

Perchè gli amori fanno giri immensi... almeno certi amori... e poi ritornano anche se in modo diverso da come dovrebbe essere.

Persone normali propone una potente storia d'amore. Ma non è un romance.

L'autrice indaga nell'esistenza di due giovani anime che si riconoscono e sanno di appartenersi pur provenendo da ambienti sociali differenti (basti sapere che la mamma di lui si guadagna da vivere facendo la donna di servizio in casa di lei) avendo un diverso carattere ed un diverso posto nella cerchia di amici o a scuola. 

Sono anime che si sfiorano continuamente, che si completano fin dai tempi del liceo ma sono anche anime che si perdono, che fanno cammini lungo sentieri differenti pur sentendosi l'una parte dell'altra. Due anime complementari, l'una fatta per l'altra anche se questo vuol dire perdersi di vista, soffrire in silenzio, restare nell'ombra, accettare scelte poco condivisibili dell'altro.

Devo ammettere che la storia di Marianne e Connell mi ha fatto un po' arrabbiare. Ed anche lo stile dell'autrice - che ad esempio nei dialoghi non usa mai virgolette per aprire e chiudere un discorso - mi ha leggeremente indispettita. Ma poi ho capito che ciò che più innervosiva era il fatto di vedere qualche cosa di molto personale in quella storia.

La vita è fatta di scelte. lo so bene. Ma quando trovi scritta, nero su bianco, una storia che alimenta anche delle riflessioni di carattere personale su ciò che è stato, che avrebbe potuto essere, che non hai voluto che fosse e metti in pausa la tua mente per tornare a sentire battiti che sembravano oramai dimenticati... bhè, allora vuol dire che quella storia ti ha toccata nel profondo, che tu lo voglia o no.

Io mi sono anche trovata a riflettere su cosa voglia dire essere normale, vivere una storia normale, concedersi un amore normale, pensare ad un futuro normale. 

Riflessioni anche dolorose, queste, anche per gli stessi personaggi che in determinati momenti della loro vita hanno sacrificato la loro felicità sull'altare di quella normalità che si voleva preservare ad ogni costo... senza però riuscire a darsi una risposta su ciò che si intenda, davvero, per normalità.

Romanzo un tantino scomodo, ma toccante, da interiorizzare.
E chi si aspetta una storiella d'amore come tante cerchi altro.
***
Persone normali
Sally Rooney
Einaudi editore
pag. 240
12.00 euro copertina flessibile, 16.00 euro copertina rigida, 9.99 Kindle, audiolibro

mercoledì 22 marzo 2023

Un bacio dietro al ginocchio (C. Totaro)

 

Sono due donne le protagoniste di questo romanzo: una figlia (Elisa, poco più che ventenne) ed una madre (Ada).

Due donne che passano insieme del tempo per un'occasione speciale, il compleanno di Elisa, in una cena attesa da tempo soprattutto da Ada. Vuole essere un momento di serenità, di festeggiamento, di complicità ma giàa dalla prime righe si avverte che non sarà affatto così. Dai toni distesi con i quali inizia la cena le corde si tirano sempre più fino a far aleggiare un malessere profondo. Lo si legge nelle parole di Elisa, nelle sue reazioni, nelle parole che sceglie per parlare a sua madre ma lo si legge anche in quella madre che si approccia a sua figlia con una certa inquietudine, pur mettendo in campo ogni tentativo per non far fallire la serata.

Quando poi Ada torna a casa accompagnata da sua figlia e lei, Elisa, la saluta per andare a festeggiare con i suoi amici sembra di essere su una scena diversa di un film. Succede tutto molto in fretta: Ada si rende conto di essere chiusa in bagno ma non si rende conto che nelle altre stanze oramai domina un odore acre di gas che l'avrebbe sicuramente uccisa se qualcuno non fosse arrivato in tempo ad aiutarla.

Ada ha cercato di uccidersi? Ma come ha fatto a chiudersi dentro, in bagno, con la chiave fuori? 

Il lettore arriva in fretta ad Elisa, cosa che non fanno coloro che intervengono sul posto perchè Ada, probabilmente anche in modo inconscio, non ammette con nessuno di non essere stata sola qualche ora prima ma che l'ultima ad uscire da quella casa è stata sua figlia. 

Una figlia che, tra l'altra, fa perdere le tracce di se'.

Dov'è Elisa? Cosa le può essere successo? Perchè era così inquieta a cena? Tante le domande che si rincorrono nella mente di Ada, troppe. E, soprattutto, tanti elementi che depongono decisamente a sfavore della ragazza ma che, Ada lo sa, non vanno rivelati, temendone le conseguenze. La donna si mette sulle tracce della figlia ed inizia una ricerca disperata, a un lato, ma estremamente dignitosa dall'altro.

Io devo ammettere di non aver chiuso il libro con quella soddisfazione che mi resta addosso quando finisco un bel romanzo. Mi è rimasta addosso molta amarezza ed ho avuto la sensazione che ci fosse qualche cosa di incoerente ed incompiuto.

Certo è che non si può non riflettere - soprattutto per chi come me una figlia femmina ce l'ha davvero - sul rapporto che abbiamo con i nostri figli, su quanto poco sappiamo di loro, delle loro paure, delle loro aspirazioni, dei loro fallimenti, dei loro sogni. Allo stesso tempo non si può non riflettere su quanto poco si sia abituati a parlare con le persone che amiamo... ma parlare con la P maiuscola... a parlare per mettersi a nudo, per cercare di comprendere, per ascoltare, per accogliere e perdonare, se necessario. 

Tutto molto comune e molto familiare. Questo aspetto, sì, mi è piaciuto, ma gli sviluppi della storia mi sono piaciuti meno.

Non è un libro che rileggerei. Se lo consiglio? Mha... più no che sì.

***
Un bacio dietro al ginocchio
Carmen Totaro
Einaudi Editore
176 pagine
18.00 euro copertina rigida, 4.99 Kindle

martedì 13 settembre 2022

Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone (M. De Giovanni)

  

Cosa può raccontare un fiore? Tanto... oppure niente. 

Dipende da chi lo ha tra le mani o davanti agli occhi, dalla sua sensibilità (più o meno spiccata), dal suo spirito d'osservazione e dal suo cuore. Eh sì, perché ogni fiore parla al cuore delle persone, che lo si voglia o no. Non sono sempre messaggi positivi, a dire il vero. E la chiave di lettura può anche essere soggettiva, a volte, quando si legge ciò che si vorrebbe che fosse. Ma hanno sempre qualcosa da dire, i fiori, anche quando sono a terra, calpestati e impregnati del sangue di un uomo che a loro tanto teneva me che proprio in mezzo a loro è stato ucciso.

Questo è il caso che arriva sul tavolo di Lojacono e dei suoi in un giorno di primavera quando tutto si potrebbe immaginare tranne che un uomo, anziano e mite per sentire comune, viene trovato ucciso barbaramente nel suo negozio di fiori.

Indagando attorno a tale delitto la squadra riscatterà ancora una volta - non che ce ne fosse bisogno, ormai, ma la spada di Damocle della vergogna per i trascorsi di colleghi scorretti e corrotti sembra pendere costantemente sulle teste di tutti - l'immagine di un gruppo di persone che sanno lavorare in squadra e lo fanno mettendo sul piatto ognuno le proprie capacità e sensibilità.

Accanto all'indagine ancora una volta ruotano esistenze: quella della vittima, ovviamente, ma anche quella di ognuno di coloro che stanno indagando e che, in un modo o nell'altro, si trovano a fare i conti con il proprio presente, con il proprio passato o con quel futuro che vedono così lontano e sfocato.

Bellissima la figura più giovane: una ragazzina tutta da scoprire, che sembra più matura di dieci donne messe insieme e che è capace di fare ragionamenti che mettono in difficoltà un adulto (o forse più di uno). Un personaggio marginale che spicca notevolmente tra le pagine per concretezza, per praticità e per sensibilità. Un personaggio al quale mi sarebbe piaciuto che fosse riservato più spazio dall'autore che, magari, realizzerà questo mio desiderio in futuro, chissà, visto che qualche discorso importante resta aperto proprio attorno alla sua figura di ragazzina.

Le storie degli altri - Alex, Ottavia, Marco e tutti gli altri - permettono di aggiungere tasselli all'idea che ci si è fatta nei volumi precedenti di ognuno di loro ed è proprio questo che mi tiene appiccicata alle pagine: la voglia di capire cosa succederà in merito al caso, ma non solo.

Lo stile di De Giovanni non mi è affatto nuovo visto che credo di poter dire di aver letto quasi tutto di suo. Dico quasi perché, ad esempio, arrivata a questo punto della storia mi manca il seguito che cercherò senza ombra di dubbio.

Consigliato a chi, però, legga la serie con ordine perché se è vero che ogni caso è un caso a se stante è anche vero che ci sono storie che vanno conosciute piano piano, mettendo insieme i pezzi che vengono svelati da un libro all'altro, con ordine. Altrimenti si potrebbe apprezzare lo stile di scrittura, la struttura narrativa, il caso in quanto tale ma si farebbe sicuramente fatica ad apprezzare anche le singole storie che maturano nel tempo tra le mura di quella stanza che somiglia più ad un bunker che alla sede operativa di un manipolo di difensori della legge.

***
Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone
Maurizio De Giovanni
Einaudi editore
272 pagine
18.50 euro copertina flessibile, 9.99 Kindle

mercoledì 17 agosto 2022

Se prima eravamo in due (F. Brizzi)

Se prima eravamo in due avevamo una vita tranquilla... ma mancava qualcosa. Quando, poi, siamo diventati in tre... bhè... è qui che si inserisce il racconto di Brizzi che potrebbe essere un diario (o qualche cosa di simile) di qualsiasi genitore che vede cambiare la propria vita e la vita di coppia com'è normale che sia, quando arriva un figlio.

 

Una figlia, nel caso specifico. 

Si tratta di un libro molto breve, che si legge in poche ore. Se fossi una lettrice che classifica i libri da ombrellone (e non lo sono, perché io sotto l'ombrellone leggo di tutto) sarebbe una classica lettura da ombrellone.

Maneggevole come formato, non troppo pesante (le pagine sono poco più di cento) e non è dunque un gran sacrificio infilarlo nella borsa del mare. Quanto al contenuto, però, devo dire che non sapevo cosa aspettarmi e non ho trovato niente di così originale se non fosse che non è un romanzo inventato ma una vera esperienza di vita vissuta.

Ho trovato un racconto piuttosto scorrevole, quello di un padre che già dalle prime pagine ammette che il ruolo dei due genitori non è sullo stesso piano al cospetto di un figlio... e conclude il racconto della gravidanza e del primo anno di vita di sua figlia con una lettera indirizzata a lei nella quale chiede e si chiede se è stato o meno un buon padre. La parte più tenera e, forse, la più interessante, è proprio quella finale secondo il mio parere, concentrata in poche pagine. 

Devo ammettere che non è una lettura che mi ha lasciato molto se non la voglia di ascoltare il punto di vista di mio marito sul suo essere padre, su come è cambiata per lui la vita e come ha vissuto questa nuova situazione che è arrivata, per lui, quasi 17 anni fa.

Non è un libro che rileggerei e che trovo più ad uso esclusivo della figlia della coppia (che poi nel tempo è pure scoppiata, a dire la verità) che di lettori che cerchino emozioni. Non me ne voglia l'autore... ma se non ci fosse stata la parte finale forse non mi sarebbe rimasto nulla di questo librettino. Quello che devo ammettere, però, è che questa lettura mi ha fatto riflettere su quanto poco si dia spazio - nei libri ma anche nella vita - al punto di vista dei padri... questo sì, mi ha fatto pensare.
***
Se prima eravamo in due
Fausto Brizzi
Einaudi editore
120 pagine
13.00 euro copertina flessibile, 6.99 Kindle

lunedì 27 dicembre 2021

L'isola di Arturo (E. Morante)

Ci ho messo un po' a leggere il libro di Elsa Morante L'isola di Arturo. Arrivato in casa nostra come lettura mensile assegnata a mia figlia dall'insegnante di italiano, mi sono lasciata andare al suo richiamo e l'ho letto anche io.

È uno di quei libri che avevo in mente da tempo ma che mi spaventavano un po'.

E devo dire che, in effetti, la lettura non è stata propriamente scorrevole per via di uno stile d'altri tempi che ha richiesto un po' prima che entrassi appieno nella storia. Ci ho messo molto tempo a leggerlo e l'ho alternato con altre storie più leggere e scorrevoli, devo ammetterlo. Posso immaginare la difficoltà di un'adolescente come mia figlia che, in effetto, non è per niente attirata dalla storia di Arturo.

Mi sono trovata tra le mani quelli che definirei un libro di formazione che ha per protagonista un bambino, prima, e un adolescente poi assieme ad un'isola. L'isola di Procida è parte imprescindibile del racconto: un mondo che allontana i suoi abitanti da tutto il resto, che sembra bastare loro (e ad Arturo in particolare) per avere tutto ciò di cui si ha bisogno. Eppure è un mondo chiuso, una limitazione geografica che Arturo non ha scelto ma che subisce.

La trama è nota a tutti: la storia di Arturo è quella di un bambino che cresce in una situazione familiare particolare. Orfano di madre e con un padre spesso assente si troverà a vivere sotto lo stesso tetto di una giovanissima matrigna. Una convivenza non semplice e che lo porterà a fare delle scelte importanti

Siamo nell'anno  1938. Arturo Gerace, orfano di madre, morta nel darlo alla luce, vive in una solitudine che gli basta. Questo, almeno, è quello che crede. Non ha amici, ha una famiglia molto particolare con un padre assente ma la cui figura lo illumina ogni volta: Arturo ha un atteggiamento adorante nei confronti di suo padre e questo lo lega indissolubilmente a lui nonostante tutto. Eh già, dico nonostante tutto perché a mio parere quella del padre non è una figura positiva. Pur essendo il suo unico vero legame con le sue radici, quell'uomo mi ha destabilizzata in moltissime occasioni con il suo comportamento di sufficienza nel confronti di un figlio per il quale ogni tanto ha degli slanci d'affetto che sembrano riempire la vita di quel ragazzino ma che, più spesso, ha un atteggiamento di indifferenza assoluta.

Eppure Arturo ama quell'uomo e ne assorbe tutta l'energia tanto da metterlo sempre e comunque al primo posto e considerarlo come esempio.

Il romanzo trasmette moltissime emozioni. Mi è sembrato di avvertire sulla mia pelle quella solitudine che riempie il mondo di Arturo, la gelosia che prova nel crescere e che è il sentimento dominante per tutto il racconto anche quando lui non se ne rende conto, così come il disagio di trovarsi in situazioni che non riesce a controllare.

L'arco di tempo nel quale si consuma la storia è piuttosto breve e resta in sospeso la sorte di quel ragazzo che viene costretto dalle circostanze a fare una scelta che mai avrebbe preso in considerazione visto il suo legame morboso con l'isola. È lui stesso che, da uomo maturo ormai, racconta l'epoca della sua fanciullezza e giovinezza e lascia trasparire, nei suoi commenti, la sua maturità di oggi a fronte delle reazioni istintive di allora. Reazione che, a ben guardare, hanno segnato in maniera indelebile la sua vita in determinati frangenti.

L'unica figura femminile nel periodo della sua infanzia è quella di Immacolatella, una cagnetta con la quale entra subito in sintonia. Poi, nell'adolescenza, la situazione cambia ma l'assenza di una figura femminile, l'assenza di sua madre, inizia a pesare ogni giorno di più.

La sua solitudine è fatta di carenza di affetto, di gesti gentili, di manifestazioni di sentimenti che non vadano oltre lo scodinzolare della cagnolina e questa sua solitudine mi ha molto colpita. Così come mi ha colpita la sua capacità di crescere da solo, di maturare piano piano, strada facendo (anche commettendo degli errori) a fronte dell'assenza di una vera educazione. Non va scuola, non ha nessuno accanto che lo possa aiutare a crescere confrontandosi con qualcuno: mette a frutto gli unici strumenti che ha e che altro non sono se non il suo spirito d'osservazione, la sua personalità, i suoi sogni.

E mi ha colpita profondamente l'atteggiamento manifestato nei confronti delle donne sia da parte di suo padre che da altri personaggi secondari: i comportamenti riservati alle donne, all'unica donna della vita di Arturo e suo padre nelle more del racconto, mi hanno rattristata molto. Vedere, poi, che per Arturo quel modo di fare è stato l'unico esempio di come relazionarsi con l'altro sesso, senza un minimo di rispetto, di attenzione, di dolcezza mi ha rattristata ancora di più.

Bisogna tener conto dell'epoca storica in cui siamo, va bene, ma questo aspetto della vicenda - che domina gran parte della seconda sezione del libro - mi ha davvero rattristata. Per la ragazza che si trova alle prese con Arturo e suo padre ma anche per loro stessi che, secondo me, ne sono usciti decisamente impoveriti. 

Su tutto, domina la gelosia. Un sentimento dai colori forti che era inevitabile, secondo il mio parere, in una storia di questo tipo.  

Credo di poter dire che questo libro vada letto con la consapevolezza di avere per le mani un romanzo importante, non semplicissimo e non eccessivamente scorrevole ma capace di emozionare. Non so cosa dirà mia figlia se mai arriverà alla fine... ma per ora so che sta facendo tanta fatica, più di quanto non sia capitato a me soprattutto agli inizi quando la storia mi era sembrata dura a decollare.
***
L'isola di Arturo
Elsa Morante
Einaudi Editore
402 pagine
13.00 euro copertina flessibile, 9.90 copertina rigida, 6.99 Kindle

mercoledì 8 dicembre 2021

Fa troppo freddo per morire (C. Frascella)

Dopo averne sentito tanto parlare ho fatto anche io la conoscenza di Contrera. Di mestiere fa l'investigatore privato ma il suo ufficio è una lavanderia che gli viene prestata da un amico. Quello stesso amico che gli chiede, un giorno, di indagare in merito ad un delitto del quale è stato accusato un ragazzo che è sotto la sua protezione. Tutto gioca a sfavore di quel ragazzo anche se Contrera non è convinto della direzione che stanno prendendo le sue indagini.

 Contrera è un personaggio molto particolare

Strappa anche qualche sorriso con i suoi atteggiamenti ed il suo modo di fare ma è una persona profondamente sola. Per scelta, a quanto pare. Nella sua vita ha fatto scelte che le sono costate un prezzo altissimo. Si è giocato il lavoro e la sua dignità è finita sotto la suola delle sue scarpe. Se ne rende perfettamente conto e tutt'ora, pur cercando un minimo riscatto, è costantemente tentato di comportarsi in linea con ciò che è stato, non con ciò che vorrebbe (e dovrebbe essere).

Oltre al lavoro tra le forze dell'ordine ha anche un matrimonio fallito alle spalle così come una figlia con la quale non può certo di avere un buon rapporto. O, meglio, un rapporto proprio non ce l'ha. 

La sua famiglia è sua sorella e sono i suoi nipoti: vive in casa loro ma il capo famiglia, suo cognato, non perde l'occasione per dargli un ultimatum dietro l'altro invitandolo caldamente ad andarsene.

Devo ammettere di aver avuto tra le mani un romanzo originale, con un protagonista altrettanto originale rispetto al quale non avevo aspettative, pur avendo letto parecchie recensioni in merito. 

La storia si svolge in inverno e quel freddo che l'autore descrive, con la neve che cade e il ghiaccio che sembra penetrare nelle ossa mi ha dato l'idea del freddo che può provare un'anima inquieta e sola come quella di Contrera. E' un uomo particolare, che ha delle grandi capacità investigative che emergono quasi per caso tra una riga e l'altra, come se fosse qualche cosa di estremamente naturale. 

Contrera, il nostro è stato un incontro pieno di sorprese e devo dire che mi ha fatto piacere conoscerti. Alcuni tuoi comportamenti mi hanno innervosita, sappilo ma nonostante tutto credo che tu sia una persona in gamba e dal grande cuore. 

Ps. Contrera, tornerò a cercarti.
***
Fa troppo freddo per morire. La prima indagine di Contrera
Christian Frascella
Einaudi editore
336 pagine
12.00 euro copertina flessibile, 9.99 Kindle

martedì 2 marzo 2021

La penultima magia (T. Scarpa)

 
Sono protagoniste di una grande avventura nonna Renata e la sua nipotina Agata

Nonna Renata vive in una città molto particolare, Solinga, dove accadono cose che nessuno potrebbe mai immaginare. Gli oggetti parlano, tanto per fare un esempio, si muovono e compiono azioni se nonna Renata chiede loro di fare qualche cosa, rispondono se interrogati e svolgono dei compiti ben precisi, ognuno nel contesto in cui si trovano. Gli oggetti obbediscono alla nonna, le parlano, la coccolano. Ma è anche una città in cui non ci sono gli esseri viventi: ci sono gli oggetti che la chiamano fata e ben presto ci si rende conto che questa sorta di deserto è frutto dell'immaginazione della nonnina, una situazione seguita ad un lutto molto grave che l'ha fatta cadere in depressione. Renata ha perso sua figlia e suo genero e il dolore rendono la nonnina incapace di gestire la sua vita... Gli oggetti che Renata ha attorno, con la loro gentilezza, i loro colori, le loro voci sono una specie di cura per lei.

Da questa situazione iniziale, però, le cose cambiano nel momento in cui la nonna realizza che, per prendersi cura della sua nipotina, rimasta sola dopo la morte dei suoi genitori, dovrà rinunciare alla sua magia e tornare a vivere in una città normale, dove ogni cosa sta al suo posto e dove ci sono persone attorno a lei. Si trova, così, all'improvviso e senza nemmeno ricordarsi il perché, in una città molto diversa da quella che lei ricordava e ad avere a che fare non con oggetti ma con persone.

Si trova anche ad assecondare le richieste di una nipotina che vuole partire alla ricerca di una sorellina perduta. Barbara è il suo nome ma nonna Renata non ne sa niente. Non sa chi possa essere questa Barbara, se esista davvero o se sia frutto della fantasia di sua nipote. Fatto sta che decide di assecondarla e di partire per un'avventura più grande di loro due messe insieme.

Io onestamente ho fatto fatica a comprendere il senso di questa storia che è molto più profonda di quel che può sembrare soprattutto per quel che riguarda la parte iniziale, quella in cui gli oggetti parlano.. Probabilmente non l'ho letta con lo spirito giusto, con la giusta predisposizione. A giudicare dalla copertina mi aspettavo un libro divertente ma devo dire che non ho trovato quello che mi aspettavo e sono riuscita a chiarirmi le idee solo ascoltando una presentazione fatta dall'autore. Solo alla luce delle sue parole mi sono resa conto che, in effetti, ho affrontato la lettura con lo spirito sbagliato.
Quell'isolamento nella fantasia in cui la nonna si rinchiude rappresenta molto di più di un mondo fantastico. Rappresenta un mondo in cui Renata non prova più dolore e si allontana dagli umani che tanto dolore le hanno provocato.
Ecco, per chiarire questo credo che sarebbe stato utile maggiore approfondimento sul suo personaggio. Avrei gradito saperne di più sul suo dolore, sulla sua perdita, sulla sua personalità. Credo che ciò avrebbe aiutato, per lo meno me, a comprendere meglio l'intera storia.

Non so dire bene cosa sia questo libro.
Sicuramente non è un libro per ragazzi, anche se la copertina potrebbe farlo pensare. 
Non è un libro che può essere letto con superficialità e pensando di avere tra le mani un fantasy. 
Onestamente credo che meriterebbe una rilettura alla luce di ciò che ho capito solo a lettura ultimata e dopo essermi documentata meglio. Mi spiace non averlo fatto prima ma, onestamente, ero del tutto impreparata ad una storia come questa.
***
La penultima magia
Tiziano scarpa
Einaudi editore
224 pagine
16.00 euro copertina rigida - 8.99 Kindle

venerdì 15 gennaio 2021

Troppo freddo per Settembre (M. De Giovanni)

La sua vita non è stata semplice. Ne ha commessi di errori ed ha anche dovuto cambiare pelle, nel tempo. Mina, però, ha una capacità che non è comune: sa ascoltare la gente ed è pronta a fare la sua parte - senza paura di affrontare pericoli - per aiutare chi ha bisogno.

Mina Settembre è la protagonista del libro Troppo freddo per Settembre: secondo capitolo di una serie che presto arriverà in Tv, nata dalla penna di Maurizio De Giovanni.

Mina fa l'assistente sociale nel Rione Sanità di Napoli. Un quartiere difficile, dove si incontrano e si scontrano esistenze complicate, dove anche i muri hanno le orecchie e gli occhi, soprattutto quando le esistenze in ballo sono quelle di famiglie di un certo tipo.

Porta addosso i segni di un matrimonio fallito (è stata lei a scrivere la parola fine) ma anche quelli della presenza di una madre invadente e tutt'altro che amorevole con la quale ora, a matrimonio finito, si trova nuovamente a vivere. Ha tre amiche fidate dalla sua parte, però, e sa che su di loro può sempre contare.

Nel Rione Sanità sono tante le persone che vivono situazioni di disagio e quando arrivano a bussare alla sua porta trovano una giovane donna testarda che cerca di fare quello che può per dare una sistemata alla vita degli altri. 

A dire il vero anche la sua, di vita,  sarebbe da sistemare. Il suo ex marito è un magistrato con il quale si trova ancora ad avere a che fare - non per motivi personali - e che spesso la aiuta in situazioni pericolose. Lei non lo vorrebbe avere più attorno ma, a quanto pare, non è possibile, soprattutto se viene ancora accolto a braccia aperte da sua madre quando, di tanto in tanto, decide di andarla a trovare. E lei, sua madre, non ci pensa due volte a sottolineare, ogni volta, quanto Mina sia stata stupida a lasciar andare quel buon partito.

Accanto al suo studio lavora un ginecologo che è come una visione quotidiana per tantissime donne che avvertono pruriti di ogni genere pur di finire nel suo ambulatorio e farsi visitare: Mina ne è attratta ma non intente ammetterlo con sé stessa prima che con lui. Mai e poi mai si metterà al livello di quelle donne alquanto ridicole. Anzi, lo maltratta e lo allontana, pur avendolo sempre accanto in quelli che diventano dei veri e propri casi da seguire anche fuori dal consultorio.

In questa seconda avventura della serie a bussare alla sua porta è una donna anziana, la madre di un giovane appena uscito dal carcere e che si porta dietro un cognome importante, un cognome che lo vincola ad un certo tipo di vita... e di reati. 

"Mio figlio è innocente, mi aiuti. Lo aiuti, lui e il suo bambino meritano un futuro". Questo, in sintesi, ciò che le dice la donna. Prende avvio, in questo modo, un'indagine parallela a quella che sta portando avanti anche la magistratura con le forze dell'ordine che intendono vederci chiaro in merito alla morte di un anziano professore.

La penna di De Giovanni mi piace. Chi mi segue oramai lo sa. Riesce a raccontare storie intense con uno stile scorrevole e mai banale, sempre rispettoso del lettore anche nelle situazioni più crude, mai sopra le righe, delicato quando serve ma sempre potente nel trasmettere emozioni.

Mina è un personaggio che incanta per il suo modo di fare. Incasinata, incasinatissima nella sua vita privata, cerca di fare ordine nelle esistenze altrui sfidando anche gli avversari più pericolosi e ignara, a volte, di quanto possa arrivare vicino al pericolo quello vero. E poi è bella, ben dotata ma più interessata alla sostanza che alla forma e, di conseguenza, non esalta il suo aspetto ma tenta sempre di minimizzare.

Ciò che meno mi è piaciuto, questa volta è il continuo intercalare inserito dall'autore dando voce ai pensieri di Mina che paragona il ginecologo a personaggi della tv, per far capire quanto sia affascinante. Detto una volta può bastare, no? Fa sorridere questa cosa e rende l'idea, è vero, ma quando il concetto viene ripetuto troppo spesso alla fine stanca.

La storia di Mina è un sorta di commedia sommata anche a situazioni drammatiche e particolarmente attuali: non manca quel pizzico di ironia che fa sorridere ma ciò non toglie la drammaticità delle situazioni in cui i protagonisti vengono a trovarsi. E sono storie che fanno riflettere, nella loro triste realtà.

Il personaggio che mi ha dato più sui nervi è il ginecologo Domenico chiamamimmo. Mi ha dato l'imperessione di essere un po' tonto e spero che da qui in avanti (perché confido in un seguito) si dia una svegliata. E lei, per contro, una calmata nei suoi confronti.

De Giovanni offre ai lettori un personaggio senza ombra di dubbio diverso da altri di serie di maggior successo. Diverso da Lojacono dei Bastardi di Pizzofalcone, da Ricciardi. Diverso anche da Sara.

E poi, dico, perché dobbiamo fare sempre confronti con altri personaggi di altri libri di uno stesso autore? Ogni storia è una storia diversa. E a me sta bene così.
***
Troppo freddo per Settembre
Maurizio De Giovanni
Einaudi editore
255 pagine
18.50 copertina flessibile - 10.99 Kindle

domenica 13 dicembre 2020

Le solite sospette (J. Niven)

Anche Le solite sospette è un libro che avevo in mente di prendere in prestito prima che le misure anti-Covid imponessero la chiusura delle biblioteche. In attesa dell'attivazione del servizio di distribuzione a domicilio da parte della nostra biblioteca comunale ho approfittato della piattaforma Mlol anche se, lo ammetto, non avevo tanta voglia di leggere sul tablet.

Pazienza! Ho fatto il sacrificio di cercare la posizione migliore per tenere il dispositivo comodamente in mano e ne è valsa la pena. Eh sì, perché mi sono trovata tra le mani una storia che mi ha fatto sorridere dall'inizio alla fine e in questo periodo ci voleva proprio.

Un libro che si apre con una morte piuttosto particolare di un uomo considerato uno stimato e ricco professionista che, invece, nascondeva una seconda vita fatta di eccessi e di gusti sessuali molto lontani da ciò che la sua tranquilla moglie avrebbe mai potuto immaginare. Susan, questo il suo nome, si trova all'improvviso non solo nei panni della vedova ma, soprattutto, di una vedova che passa all'improvviso dalle stelle alle stalle, sprofondando nei debiti che lui, il defunto marito, le ha lasciato tra capo e collo.

Accanto a lei un eterogeneo gruppetto di signore che, per un motivo o per l'altro, si imbarcano in un'impresa più grande di tutte loro messe insieme: svaligiare un banca e sparire con il malloppo per spassarsela e/o sistemare qualche conto sospeso.

Surreale come idea ed anche come situazione e molto, molto divertente.

Tra passamontagne con originali scritte sulla fronte, tra armi riesumate dai tempi della guerra, tra complici attaccati ad un respiratore, le insolite sospette mettono a segno un colpo che mai nessuno avrebbe potuto pianificare.

Se poi pensiamo che alle loro costole c'è un sergente pieno di tanta buona volontà (povero Boscombe!) ma un tantino sfortunato, tanto da arrivare ogni volta ad un soffio dal mettere le manette ai polsi delle pericolose criminali, allora il quadro è completo.

In più passaggi quel poveretto mi ha fatto proprio compassione mentre loro, le protagoniste, tra una parolaccia ed una volgarità, tra un calice di champagne ed una suite a cinque stelle in barba alla banca svaligiata, hanno anche occasione di fare del bene nei confronti di una ragazzina fino a quel momento sconosciuta ma diventata oggetto delle loro attenzioni, in positivo ovviamente! 

E' una storia surreale, con delle situazioni un tantino esagerate ma ben costruite con una buona dose di genialità ed ironia. Devo dare merito all'autore di avermi divertita riscattando la figura delle "vecchiette oramai sulla strada del tramonto". Certo è che pensare di mettere a punto una rapina ad una banca con, tra l'altro, una delle criminali su una sedia a rotelle è alquanto fantasioso... ma efficace! Con il sistema di protezione della banca che non fa una granché bella figura e pure la polizia...

Chiudo con un insegnamento di cui le nonnine sono la prova vivente:

Meglio un buon piano oggi che un piano perfetto domani.

***
Le solite sospette
John Niven
Einaudi editore
346 pagine
12.50 euro copertina flessibile - 7.99 kindle

sabato 12 dicembre 2020

Anime di vetro. Falene per il commissario Ricciardi (M. De Giovanni)

Avevo intenzione di leggere Anime di vetro, della serie del commissario Ricciardi di De Giovanni prima che le restrizioni dovute al Covid imponessero la chiusura delle biblioteche bloccando i prestiti. Quando, poi, il mio comune ha attivato il prestito a domicilio, non ci ho pensato su due volte e me lo sono fatto portare.

L'ho letto con calma, ho voluto assaporare ogni riga perché so che la serie si è conclusa e non voglio lasciare questo personaggio (o, almeno, vorrei farlo il più tardi possibile) che mi ogni volta mi arriva al cuore.

Quell'uomo così triste, piegato sotto al peso di un segreto che lo limita soprattutto negli affetti, nei legami. Quel commissario così umano, tanto da arrivare a domandarsi - sul finire del romanzo - se non si sia mai comportato in modo troppo superficiale, nella sua carriera, nel dare la caccia ai colpevoli. Un interrogativo che si pone a seguito di una brutta esperienza che si trova a vivere sulla sua pelle, senza possibilità alcuna di difendersi.

Di tutto il libro è proprio la parte finale che mi ha maggiormente colpita: fino a dove può portare la rabbia di chi si sente respinto dalla persona che ama? Ciò che accade a Ricciardi mi ha fatto molto riflettere: una persona innamorata, respinta senza un perché, cosa può arrivare a fare per vendetta? E' davvero vendetta ciò che si esprime in quei momenti o un tentativo di dare alla propria delusione una diversa fisionomia? 

E cosa può arrivare a fare, per contro, un'anima riconoscente nei confronti di chi le ha offerto un aiuto, un'ancora di salvezza, senza chiedere niente in cambio? 

Quanto alle indagini, una donna incarica Ricciardi di fare chiarezza su un omicidio di cui è stato accusato suo marito, reo confesso. Lei sa che non è stato quell'uomo che, pur non amando più da tempo, è pur sempre un innocente che sta scontando una colpa altrui. Anche se l'indagine è chiusa, quella donna chiede che si arrivi alla verità, non fosse altro che per arrivare a quella pace interiore che ora, con un pesante dubbio addosso, la tormenta.

Di tutti i libri che ho letto fino ad ora della serie di Ricciardi questo è quello che, probabilmente, offre meno azione dal punto di vista delle indagini su un caso che non è nemmeno attuale ma rispetto al quale Ricciardi viene chiamato a fare luce pur se in modo non ufficiale. E che offre la punta massima d'emozione proprio nelle ultime pagine. Parlo di emozione perché pur avando a che fare con crimini, colpevoli, morti e indagini, ciò che caratterizza questa serie è proprio l'aspetto umano che trasuda da ogni riga. Quel tormento che cammina accanto a Ricciardi, quella sofferenza che ora più che mai gli pesa nel profondo e, silenziosamente, lo spinge sempre più in basso, verso una disperazione silente e difficile (se non impossibile) da esprimere. Ma un dolore come il suo è davvero così inconfessabile? O il fardello potrebbe essere più leggero se condiviso con una persona amata?

Lo accenno solo, per non togliere il gusto della lettura... Sarà proprio una persona che ama Ricciardi a compiere un gesto eclatante e che avrebbe anche potuto essere definitivo. 

Un gesto dettato da un amore disperato che lui non vuole (o non può?) corrisondere.

Onestamente, dopo aver letto tante avventure di questa serie, credo che siamo vicini alla necessità di una svolta nelle vicende personali del commissario. Una svolta che, se da un lato, è inevitabile visto l'epilogo di questo volume, dall'altro diventa sempre più urgente per una serie di motivi. Una svolta che potrebbe anche essere la definitiva scelta della solitudine ma che, oramai, si ha la sensazione che debba arrivare per non portare troppo alla lunga ciò che non può restare perennemente in sospeso.

Per Ricciardi si susseguono le stagioni ed anche per i lettori che sanno di essere, un libro dopo l'altro, sempre più vicini alla sua fine.
***
Anime di vetro. Falene per il commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni
Einaudi Editore
441 pagine
19.00 euro copertina flessibile - 9.99 Kindle

mercoledì 30 settembre 2020

In fondo al tuo cuore. Inferno per il commissario Ricciardi (M. De Giovanni)

Sono tante le emozioni che, anche stavolta, Maurizio De Giovanni mi ha trasmesso nel raccontare le paure, le fragilità e le intuizioni del Commissario Ricciardi.

Questa volta Luigi Alfredo Ricciardi è alle prese, nella Napoli degli anni '30, con la morte di uno stimato professionista volato giù dalla finestra dall'ospedale in cui lavorava. Il più grande ginecologo in circolazione, titolare della cattedra all'università, un dottore che insegnava ad altri dottori. Eppure quel suo corpo accartocciato a terra, volato giù dall'ultimo piano, trasmette a Ricciardi parole d'amore. Eh sì, perchè la dannazione che Ricciardi si porta cucita addosso è sempre la stessa, quella che le venne trasmessa da sua madre: sente gli ultimi pensieri dei morti ed è condannato, perchè condanna la considera, a vedere le immagini dei morti sfigurati dopo una coltellata, dopo uno sparo o dopo un incidente con gli ultimi pensieri rammentati all'infinito.

E' una condanna con la quale ha imparato a convivere ma che non vuole imporre ad altri. Per questo ha scelto di non assecondare il suo cuore che lo porterebbe a scegliere una donna al suo fianco, sia essa  quell'Enrica che aspetta un cenno, una iniziativa, qualsiasi cosa le dimostri che il suo non è un cuore che batte a senso unico o quella Livia che, ammirata da tutti, darebbe ogni cosa per qualche sua attenzione.

La vicenda porta Ricciardi e i suoi uomini in un mondo fatto di amori, di ambizioni, di aspettative, di ricchezza ma anche di disperazione, di allontanamenti e riavvicinamenti, di gelosie ed indifferenza. Quello che capita, insomma, nella vita comune, anche se i protagonisti sono professionisti stimati dell'uno o dell'altro settore.

Ciò che più mi ha conquistata, ancora una volta, è la padronanza narrativa di un autore che sa come fidelizzare i suoi lettori tenendoli attaccati alle pagine al termine delle quali non si può non avere voglia di andare alla ricerca dal volume successivo. 

Perchè se è vero come è vero che i casi che passano per le mani del commissario e dei suoi uomini sono autoconclusivi, è anche vero che le vicende personali di Ricciardi così come degli altri personaggi che gli gravitano attorno autoconclusive non lo sono affatto, tanto da motivare la necessità di cercare il volume a seguire.

Io onestamente una svolta nella vita sentimentale del commissario me la sarei aspettata... ma una svolta arriva comunque, in merito ad uno degli affetti più cari: quella tata che risponde al nome di Rosa e che, da sempre, accudisce il signorino come se fosse suo figlio.

Quella di Ricciardi è la storia di una dannazione, è vero, ma anche di una sensibilità particolare che rende il personaggio malinconico, stretto nel suo dolore quotidiano e in quella solitudine che sente sempre più appiccicata alla persona, soprattutto ora che sente di essere sul punto di perdere quell'amore incondizionato di Rosa che non avrebbe più sentito sulla sua pelle e che aveva dato per scontato per troppo tempo. 

Divertenti i passaggi in cui il collaboratore più fedele di Ricciardi - Maione - ha a che fare con Bambinella, il travestito che è il suo informatore più fidato. Divertenti ma anche toccanti perchè, stavolta come non mai, Maione si rende conto di avere accanto soprattutto degli amici prima che colleghi o informatori di sorta. Ed è la stessa cosa di cui dovrebbe rendersi conto Ricciardi: ha la continua sensazione di essere sul punto di restare solo (anche per sua scelta) ma, a ben guardare, solo non è.

Un'ultima osservazione: il silenzio, soprattutto nei confronti delle persone che si hanno vicine e che si amano, nei confronti di chi si vorrebbe proteggere, può essere più dannoso e doloroso di una verità condivisa. Perchè il silenzio alimenta il dubbio, la paura, il timore... e innalza tanti muri che, poi, possono anche essere difficili da abbattere.
***
In fondo al cuore. Inferno per il commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni
Einaudi Editore
518 pagine
19.50 euro

martedì 14 luglio 2020

Frieda (A. Abbs)

Una storia romanzata ma biografica. La storia di una donna che risponde al nome della baronessa Frieda von Richtofen e che è realmente esistita così come reali sono state le sue passioni e le sue scelte. Questo è quanto racconta l’autrice nel libro che ho avuto modo di leggere grazie alla collaborazione in corso con Thrillernord: partendo da fatti reali resi, poi, in chiave romanzata. Frieda è una donna di nobile origine. Ha un marito gran lavoratore e tre figli che l’adorano. Ha una bella casa, ha delle persone a suo servizio, una famiglia di alto lignaggio alle spalle ed una vita come tante. Frieda, però, è una donna incompleta, insoddisfatta. Le sta stretta la routine che la vede ogni giorno fare meccanicamente le stesse cose, vivere senza passione, senza ambizioni.  Le sue stesse origini aristocratiche le vanno strette così come tutte le convenzioni dell’epoca soprattutto sul fronte dei rapporti personali.

Ad un certo punto della sua vita la baronessa von Richtofen fa degli incontri che le cambieranno la vita e che le permetteranno di riscoprire quel fuoco che, da sempre, covava sotto la cenere.
Venuta a contatto con il trasgressivo ambiente intellettuale tedesco durante un viaggio a Monaco di Baviera (siamo nel 1912), la sua mente si apre a nuove vedute. Prima tra tutte quella del libero amore. Un concetto inaccettabile nella sua casa, per quel marito così freddo e rigido nelle sue posizioni… Un concetto che, invece, mette radici in quell’anima inquieta e che porterà a grandi cambiamenti per quella donna che si rende conto di essere aver indossato, fino a quel momento, la maschera che tutti coloro che aveva attorno le avevano cucito addosso.
La vita di provincia non fa più per lei. Non si riconosce in quella sessualità così anonima, priva di slancio, obbligata e doverosa con suo marito. Una consapevolezza, questa, che arriva a seguito di esperienze di libero amore con altri uomini, fuori dal tetto coniugale.
Cresce in lei un’inquietudine che cercherà di sedare scoprendo la passione, la serenità, l’entusiasmo e la gioia del sesso… tutti aspetti, questi, della vita fino ad ora per lei sconosciuti.

Frieda è una donna lacerata tra la sua voglia di libertà, la sua ricerca di una nuova dimensione e il suo amore di madre. La nuova Frieda non si riconosce più nella vecchia Frieda, quella che si è lasciata alle spalle. Ma a legarla a lei ci sono i suoi figli e sarà il dover rinunciare al loro amore la sofferenza maggiore.

Frieda è una donna che sceglie.  
E’ una donna coraggiosa, sfida le convenzioni dell’epoca e afferma il suo diritto alla felicità. Paga un prezzo molto alto ma, influenzata anche dalle sue frequentazioni, trova un senso alla sua vita, lontana da quell’uomo che sente di non amare più. Un marito che ha sempre anteposto il lavoro a tutto il resto, pur avendo in mente la felicità della sua donna e dei suoi figli. Un uomo distaccato, sempre troppo impegnato con i suoi alunni, le sue lezioni, l’etimologia dei nomi che studia per poter stringere al petto il proprio figlio con naturalezza, per lasciarsi andare alla passione con la sua donna.

Ciò che emerge con maggiore chiarezza è la Frieda che afferma, al cospetto di suo figlio “…ho lasciato vostro padre perché non lo amo più, non voi”. 
Inaccettabile all’epoca ma segno di un cambiamento nella mentalità di allora.

L’incontro che più di tutti segnerà la vita di Frieda è quello con David Herbert Lawrence.
Un incontro che concretizza uno strappo definitivo con il suo passato e che impone una domanda: quando una donna può dire di essere veramente libera? Che tipo di libertà trova quella donna?
Frieda è una donna che fa una scelta, anche se inizialmente apparentemente forzata, di seguire il suo cuore, le sue aspirazioni, il suo essere donna come mai avrebbe immaginato di poter essere.
Ho scoperto, con questa lettura, da dove arriva l’ispirazione per L’amante di Lady Chatterly di Lawrence e delle analogie tra la vita di quella donna e la vita di Frieda. Anzi, ho ritrovato anche in parte lo stesso stile di Lawrence, alcuni richiami in particolare a dei passaggi di quell’opera. Onestamente non conoscevo questa figura e devo dire che ho seguito con una certa apprensione l’evolversi delle vicende.

Lo stile è fluido, la storia cattura, Frieda stupisce nel bene e nel male. Almeno per me è stato così. Non ho alcuna intenzione di giudicarla per le sue scelte ma ammetto di aver sentito a fior di pelle la sofferenza che le sue scelte hanno provocato nelle persone che l’amavano. Ognuna a modo suo ma l’amavano. E mi sono anche fatta delle domande: può una donna rinunciare alla sua felicità per evitare di far soffrire persone che ama? 
Frida fa una scelta. 
E riconosco il suo coraggio.
***
Frieda
Annabel Abbs 
Einaudi Editore
384 pagine
21.00 euro copertina rigida - Kindle 9.90 euro

venerdì 26 giugno 2020

Vipera. Nessuna resurrezione per il Commissario Ricciardi (M. De Giovanni)

Questa volta Ricciardi si trova ad indagare su un caso molto particolare. Perchè l'ambiente in cui è stato consumato il delitto è particolare.
La vittima è Vipera, una delle signorine di punta del casino che si cela sotto il nome Paradiso.
Una donna, una giovane donna - venticinquenne - per la morte della quale, a quanto pare, si potrebbero alimentare sospetti su più persona. Ognuno potrebbe avere un movente diverso, ognuno un motivo per farla fuori, ognuno un'occasione propizia per restare solo con lei e usare quel cuscino che le ha tolto il respiro.
Eppure Ricciardi fa fatica a comprendere chi possa aver avuto il vero movente per uccidere quella donna per la quale in tanti avrebbero pagato cifre inimmaginabili pur di compare il suo tempo. Una donna per la quale qualcuno, in effetti, faceva proprio questo circoscrivendo così il numero dei potenziali clienti quotidiani che avrebbero potuto stare in stanza con lei.

Ma il Commissario Ricciardi non ha a che fare solo con un caso di omicidio.
No. Ricciardi deve vedersela anche con rapporti personali che si incrinano, con incomprensioni, con reazioni che rischiano di spezzare qualche importante equilibrio.
Ricciardi si trova anche a dover fare i conti con un episodio che rischia di costare caro ad un amico per il quale deve chiedere aiuto perchè, da solo, non ce la farebbe mai a risolvere la situazione.
Si trova a fare i conti con se stesso, con le sue scelte, con i suoi sentimenti ai quali riserva sempre troppo poco spazio.

Anche in questo volume della serie di De Giovanni il lettore trova un protagonista malinconico, fiaccato dal peso di un fardello che lo tormenta e che non gli permette di sentirsi libero al punto tale da avere una vita come tutti gli altri. Un Ricciardi riflessivo, silenzioso, un uomo che sa riconoscere l'amicizia quella vera ma fa fatica a comprendere i suoi sentimenti nei confronti di potrebbe condividere con lui (o vorrebbe farlo) un'esistenza fatta di famiglia con tutti i canoni che essa richiede. Non potrebbe essere altrimenti: questa sua caratteristica non lo abbandona e quel senso di malinconia che caratterizza il personaggi, sommato alle ambientazioni di un'altra epoca (è nato nel 1900, Ricciardi precisamente il primo giugno) mi hanno conquistata fin dal primo libro della serie.

In questa avventura torna ad emergere la figura di Maione: un collega per Ricciardi ma anche un amico. E strappa anche qualche risata quando è alle prese con quel femminiello che risponde al nome di Bambinella e con in quale si relaziona per avere informazioni utili per i casi che segue insieme al commissario. Tra Maione e Bambinella c'è un'amicizia grande, di quelle che cercano di non manifestarsi ma che si legge in ogni dialogo, in ogni atteggiamento, in ogni battuta scambiata tra i due. Ed è sempre bello sentire (o meglio, leggere) quei due parlare con le divagazioni di Bambinella e l'urgenza di andarsene via di Maione.

Torna, anche stavolta, l'attenzione alle singole storie. 
De Giovanni non focalizza le attenzioni solo sul protagonista principale ma rende tutti i personaggi importanti. 
Credo che ognuno avrebbe molto da dire, molto più di quando non dica un libro dopo l'altro della serie.

Nell'edizione che ho avuto tra le mani - Einaudi Stilelibero - viene proposta un'intervista molto particolare ai personaggi chiave della storia: l'autore incontra Livia, la vedova Vezzi, donna affascinante, di gran classe e perdutamente innamorata di Ricciardi. 
Come nei precedenti volumi ho molto apprezzato questa chicca finale e... mi sarebbe piaciuto essere al posto di De Giovanni ed incontrare davvero, un libro dopo l'altro, i vari personaggi per scambiare quattro chiacchiere con loro.
***
Vipera. Nessuna redezione per il Commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni
Einaudi Stilelibero
304 pagine
12.00 euro - 8.99 kindle

sabato 13 giugno 2020

Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi (M. De Giovanni)

Il commissario Ricciardi mi emoziona sempre. Mi emoziona la sua figura, il suo modo di essere, il peso che si porta addosso. Mi emozionano i personaggi che gli gravitano attorno e che, ogni volta, hanno qualche cosa da dire.

Questa volta il personaggio che mi ha emozionata più di tutti è il brigadiere Raffaele Maione. Ed a prescindere dal caso che i due si trovano ad affrontare. Sono le sue vicende personali che arrivano al cuore.
Credo che sia proprio questa la caratteristica di De Giovanni: la capacità di non focalizzare le attenzioni esclusivamente sui casi di cui, di volta in volta, il commissario Ricciardi si occupa con il suo fedele collaboratore Maione ma di dare vita a personaggi che restano nel cuore del lettore ed ai quali si affeziona. In ogni episodio della serie vengono aggiunti tasselli non solo nella vita del protagonista principale, Ricciardi appunto, ma anche di tutti gli altri che gli gravitano attorno. 
Il risultato?
Il lettore viene fidelizzato al punto tale da avere la necessità di scoprire cosa accadrà non solo nei casi di omicidio che di volta in volta si susseguono ma, soprattutto, nelle vite delle persone.
Persone che diventano familiari.
Diventano madri e padri come fossero i nostri.
Diventano amici come fossero i nostri.
Figli come fossero i nostri.
Questo è ciò che ho pensato arrivata all'ultima pagina.

Questa volta ad essere rinvenuti in un bagno di sangue sono due coniugi.
Siamo nei giorni che precedono il Natale e Ricciardi è ancora in via di ripresa dopo le vicende che lo hanno avuto per protagonista qualche mese prima, quando indagava sulla morte di un bambino.
Si tratta di un funzionario della Milizia, Emanuele Garofalo, e di sua moglie Costanza.
Le indagini porteranno Ricciardi e Maione a contatto con un ambiente, quello della Milizia, molto particolare. Ma li porterà anche a contatto con la povertà, con la disperazione e con la dignità: con la dignità di chi deve fare i conti con un presente che non ha voluto, che non ha cercato ma che ne attanaglia il fisico e l'anima.

Per mano mia è, soprattutto, una storia di vendetta: vendetta cercata, agognata, desiderata... 
Vendetta che arriva a portata di mano e che arriva così vicina da mettere paura.
Vendetta che, però, vuol dire ancora dolore, ancora morte, ancora sofferenza, ancora allontanamenti...
Vendetta che riesce a lasciare spazio alla speranza e alla fiducia, in nome di chi si vorrebbe vendicare.
 
Lo stile di De Giovanni è impeccabile, secondo il mio punto di vista. Il suo modo di rendere vivi i personaggi e di porli accanto al lettore come se avessero una reale corporalità si somma alla sua capacità di evocare luoghi, situazioni, ambienti, attimi di vita rendendoli veri. La sua narrazione ha sempre qualcosa di nostalgico che è in linea con il signorino Ricciardi.
 
Le donne che gli gravitano attorno hanno sempre un ruolo importante anche se non sembra. Tanto più in questo capitolo in cui emergono fragilità, smarrimenti, determinazione in quelle donne che hanno - o vorrebbero avere - un ruolo nella vita di quel commissario così triste e solitario che sembra portare sulle sue spalle il peso del mondo.
 
Chi conosce Ricciardi sà che, in effetti, è proprio così: Ricciardi si trova anche stavolta a fare i conti con i vivi e con i morti. Anche se è Natale. Soprattutto se è Natale. Perchè si rende conto di vivere all'interno di un grande presepe, che è il suo mondo, fatto di lucine, di personaggi che hanno un ruolo, di situazioni che hanno un significato... sia esso un presepe di legno che un presepe fatto di esistenze reali, di luoghi di vita quotidiana.
 
Mi sono già procurata il volume successivo ma non credo che ne inizierò subito la lettura perchè non vorrei che... finisse subito! Il rischio è quello. 
***
Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni
Einaudi editore
299 pagine
14.00 euro copertina flessibile - 9.99 kindle

sabato 4 gennaio 2020

Il coltello (Jo Nesbø)

Bello e devastato.

Arrivano per bocca della collega Kaja Solness i termini che cercavo da tempo per descrivere Harry Hole, il protagonista della serie nata dalla geniale penna di Jo Nesbø e avviata con Il pipistrello, giunta alla sua dodicesima tappa con Il coltello, ultimissimo libro della serie.

Bello e devastato.

Bello di una bellezza tutta sua, perchè proprio bello bello, dal punto di vista estetico, Harry non dovrebbe esserlo più di tanto soprattutto dopo i tanti segni che il suo corpo, il suo viso in particolare, presenta. Dal fisico possente, biondo con i capelli dritti in testa, immagino il suo viso solcato da quella cicatrice color fegato che gli segna il volto, dalla bocca all'orecchio e che oramai lo caratterizza rendendolo quasi aggressivo agli occhi di chi non lo conosce. Lo immagino con gli occhi iniettati di sangue quando, sbronzo oggi come allora, si ritrova in casa sua con i vestiti insanguinati, le mani insanguinate senza ricordare nulla di quanto accaduto la sera prima. Non è certo un bel biglietto da visita....

Devastato. Questo riesco ad immaginarlo senza fatica. Harry è un uomo devastato da un passato che lo rincorre continuamente e da un presente più che doloroso. E' un uomo che perde ciò che di più caro ha al mondo e l'unico motivo che gli fa aprire gli occhi al mattino (tanto per cambiare, viene sospeso da qualsiasi tipo di indagine) è la ricerca del  colpevole del delitto che lo ha letteralmente devastato. 

Harry è un uomo devastato dal dubbio, dal sospetto, dalla continua lotta tra il suo io più violento ed istintivo con quello che, secondo il mio parere, invece lo caratterizza. Harry è un uomo buono, dal gran cuore ed anche in una vicenda dolorosa come quella che stavolta si trova ad affrontare lo dimostra.
Parere mio, ovviamente.

Harry è un uomo dalla sensibilità superiore, nella vita così come nello svolgere il suo mestiere. Un mestiere nel quale è insuperabile nonostante tutto, nonostante il Jim Beam che lo corteggia continuamente e il suo alcolismo dichiarato, nonostante i modi alquanto ortodossi di affrontare indagini dalle quali spesso, stavolta più che mai, viene tenuto (senza successo) lontano.

E' devastato su più fronti. L'ho realizzato alla fine del romanzo quando mi sono trovata davanti ad una svolta che mai e poi mai avrei potuto immaginare, ad un colpevole che mai e poi mai avrei (ed anche Harry) voluto che fosse tale!

Non posso dire altro in merito alla trama perchè non voglio togliere il gusto della scoperta - perchè è una storia in cui le scoperte sono continue - al lettore.

Posso dire che Nesbø si conferma abile nel raccontare storie nella storia, nel proporre personaggi a cui il lettore si fidelizza, personaggi che il lettore affezionato riconosce e dei quali, qualora mancassero, sentirebbe la mancanza. Nesbø non lesina in descrizioni e devo dire che stavolta, rispetto a quanto avvenuto in precedenti capitoli della serie, è meno cruento nelle descrizioni ma non meno efficace nell'effetto finale. Da questo punto di vista credo di poter dire che l'autore si sia migliorato nel tempo: non sono necessarie descrizioni cruente fino all'inverosimile per arrivare al cuore del lettore, in senso positivo o negativo che sia. 
E non lo dico solo in riferimento al protagonista, quell'Harry Hole che oramai nel cuore dei lettori di Nesbø ha un posto fisso qualunque cosa faccia... Lo dico in riferimento anche a personaggi secondari che diventano tutti antagonisti importanti. Nessuna storia viene lasciata nelle mani del lettore con superficialità. Nessun personaggio viene raccontato in modo sbiadito.

Forse stavolta ce n'è uno che resta un po' in penombra. 
Almeno secondo il mio parere, la figura di Katrin perde un po' dello smalto che le avevo inizialmente riconosciuto e lo fa per un sacco di motivi: per atteggiamenti, scelte o non scelte, per la scarsa incisività che, sempre per parere personale, ha nell'ultima avventura di Hole. E', da sempre, una sua alleata... stavolta però la sua figura scricchiola un po'... anzi, parecchio!

Sullo sfondo ci sono sempre i paesaggi di una Oslo che non fa sconti. A nessuno.

Forse esagero nel dire che è il libro più bello della serie di Harry Hole ma lo dico comunque, senza ovviamente nulla togliere a tutti gli altri. E' senza dubbio il più ricco: di personaggi, di descrizioni, di dubbi, di emozioni ed anche di verità.

Lo consiglio agli amanti del genere senza ombra di dubbio. A chi non avesse ancora letto nulla di questa serie consiglio di iniziare dal principio per comprendere alcune sottigliezze che l'autore semina, di libro in libro, per meglio mettere a fuoco il personaggio, la sua storia, le sue emozioni.

Un personaggio bello e devastato che è protagonista, stavolta, di una storia bella (per quanto possa essere bello un thriller in cui ci sono violenze e morti... ma mi avete capito!) e devastante. Per Harry ma anche per chi segue le sue avventure.

Ps: devo fare un appunto. Non mi era mai capitato prima con libri Einaudi e, nello specifico, della collana Stile Libero Big ma mi sono imbattuta in diversi errori... poca cosa, a al posto di una e, un plurale al posto di un singolare... poca cosa, ma che io ho notato.
Pignola? 
Magari sì, ma io preferisco definirmi lettrice attenta.
***
Il coltello
Jo Nesbø 
Einaudi Editore
625 pagine
20.00 euro formato cartaceo

domenica 17 marzo 2019

Resto qui (M. Balzano)

Andare o restare. Lasciare tutto accettando a testa bassa la realtà e cercare fortuna altrove o combattere per un presente ed un futuro nel posto in cui si è nati. 
Sono queste le alternative che si pongono davanti agli occhi di Trina e di tanti altri abitanti di Curon.


Un luogo che c'era ma che, così com'era, non c'è più. 
Ora c'è un'altra Curon che non è quella per la quale Trina e i suoi hanno lottato.
E non si tratta di un luogo immaginario ma di un luogo vero.
Che c'è.
Così come c'è il campanile al quale, quando ho visto per la prima volta la copertina del libro Resto qui non sono riuscita a dare un perchè.

Il libro di Marco Balzano mi ha presa in contropiede, lo ammetto. 
Nella prima parte mi è sembrato lento, troppo lento per i miei gusti. 
Ed ho anche iniziato a borbottare perchè mi aspettavo altro...
Poi, pian piano, è stato un crescendo di emozioni che, pur non corrispondendo ad un'accelerazione della narrazione, mi hanno però catturata.
Eh sì, perchè nel momento in cui il lettore capisce in quale direzione la storia sta andando, le emozioni catturano.
Questa, almeno, è stata la mia impressione.

La storia è reale.
Sarà pure romanzata ma la storia di fondo - quella del luogo ormai scomparso - è vera.

Curon si trova nel Sudtirolo: non è ben chiaro quale sia la lingua da parlare, non è ben chiaro cosa si debba fare per sopravvivere in un momento storico particolare, quando Mussolini la fa da padrone e tenta di cancellare l'identità di una comunità che, però, non ci sta.  Così come non è ben chiaro cosa si possa fare per combattere contro una realtà che si concretizza in una guerra che nessuno ha voluto e in decisioni calate dall'alto in nome di una modernità che nessuno vuole. 
Qual è, poi, il prezzo da pagare?
Un prezzo alto, altissimo.
Dopo essere stata messa a dura prova dalla guerra, quella vera, dopo aver perso figli, fratelli, genitori in tale guerra, la comunità si trova a fare i conti con una guerra più sottile di quella che usa le armi per conquistare: Curon è destinata a scomparire, letteralmente ad affogare... Sì, perchè proprio nel posto in cui vivono Trina e tutti gli altri viene costruita una diga che, ben presto, cancellerà quelle case, quelle strade, quei campi nei quali ora si aprono le persiane delle case, pascolano le bestie, corrono i bambini.

La storia di Trina - che arriva anche a macchiare le sue mani di sangue pur di difendere se e i suoi cari - e della sua famiglia è la storia di tutta una collettività che ha un futuro segnato: è destinata a perdere le proprie radici, i luoghi del cuore, i propri averi, la propria storia. 

Ma la storia di Trina se, da una parte, incarna quella della comunità del posto, è anche una storia di sofferenza personale per la perdita di una figlia che, sono sincera, ma ha fatto proprio innervosire. 
Se ne va. Quella ragazzina se ne va a dieci anni con gli zii senza nemmeno salutare la sua famiglia. Se ne va per poter studiare e stare meglio. 

Se ne va dopo aver chiesto ai suoi di scappare tutti insieme ottenendo, in risposta, un no... perchè suo padre e di riflesso suo madre hanno scelto di restare a difendere la terra in cui sono nati.

 Non soffrite per me perchè sto bene e perchè un giorno ritornerò a Curon.

Ho ammirato Trina per il coraggio dimostrato nel voler restare accanto a suo marito, nell'affrontare i rischi legati alla guerra e all'essere disertori, perchè suo marito  tale diventa. E' una donna coraggiosa che non si rassegna ma che continua a fare i conti non solo con la costante paura di morire durante la guerra e con quella di perdere tutto successivamente, ma anche con l'assenza di sua figlia.
Dicevo che mi ha fatto innervosire questa bambina. Eh sì, perchè avrei voluto sapere qualche cosa di più su di lei, sapere se davvero era felice lontano dai suoi, se quella fatta all'età di dieci anni è stata una scelta giusta.. ma l'autore sceglie di renderla un personaggio assente e questo un po' mi è dispiaciuto. Avrei voluto conoscerla di più forse per dare un senso alla sua lontananza da quella madre che ne conserva vivo il ricordo giorno dopo giorno.

Nella seconda parte del libro ho iniziato ad avvertire una crescente angoscia intesa come sofferenza d'animo per ciò che, oramai, appariva inevitabile. L'autore è stato capace di farmi immedesimare con quella gente. In particolare, mi sembra di vedere davanti agli occhi quella vecchina che si è fatta trascinare via con la forza dalla sua casa... credo che anche mia nonna si sarebbe comportata così se fosse toccato a lei. Quella vecchina - che è un personaggio secondario ma che mi ha particolarmente colpita - secondo il mio parere rappresenta tutti coloro che sono costretti a lasciare le loro case, qualunque sia il motivo che lo rende necessario. Incarna una profonda sofferenza che non mi ha lasciata indifferente. 

Ecco perchè questo romanzo mi ha spiazzata perchè credevo che sarei arrivata alla fine con quel senso di noia che mi attanagliava all'inizio ma non è stato affatto così.
E' una storia che mi ha fatto conoscere una realtà che non mi era nota e che mi ha trasmesso emozioni.

Va anche detto che l'autore scrive molto bene, in modo chiaro e coinvolgente. Bravo!
Quel campanile solitario in mezzo all'acqua ora è un'attrazione turistica, ha il suo fascino. Ma solo nel guardarne una foto - non ci sono mai stata di persona da quelle parti - mi sembra di sentire tutta la sofferenza che è rimasta soffocata in quel borgo sommerso. Probabilmente se non avessi conosciuto la storia di quel posto anche io mi sarei limitata avrei riempito i miei occhi di meraviglia davanti ad un'immagine come quella. Se dovessi andare ora, però, credo che il mio cuore si riempirebbe di tristezza prima di fare spazio alla meraviglia degli occhi.
Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro corrispondente, secondo me, all'ingrediente segreto. Inoltre, partecipo anche alla Challenge Le quattro cavaliere dell'Apocalisse in quanto libro in cui ci sono delle morti. Inoltre partecipo alla Visual Challenge Upgrade, tappa di marzo. 
***
Resto qui
Marco Balzano
Einaudi Editore 
175 pagine
18.00 €

giovedì 20 aprile 2017

Gelo per i Bastardi di Pizzofalcone (M. De Giovanni)

Non ho letto questo libro ma l'ho ascoltato. E' il secondo di De Giovanni che ascolto in audiolibro e stavolta non è stato un caso. Avendo davanti a me dieci ore di viaggio in macchina (non da guidatore) - cinque all'andata e cinque al ritorno - ho pensato bene di rendere fruttuoso il tempo che avrei passato altrimenti in modo passivo, magari chiacchierando un po' e sonnecchiando per la maggior parte del tempo. 

Gelo per i Bastardi di Pizzofalcone è stata la prosecuzione naturale di Buio, letto qualche giorno fa, e che ha consolidato l'affezione a De Giovanni, a Lojacono e a tutta la squadra dei Bastardi.

Anche questa volta De Giovanni mi ha catturata e la voce di Peppe Servillo lo ha aiutato in questo visto che è perfetta per la tipologia di racconto e per rendere al meglio i personaggi, alcuni più di altri ma comunque tutti ben riusciti.

Anche questa volta le indagini che arrivano al cospetto del Commissariato di Pizzofalcone sono due: un duplice omicidio e un sospetto di violenza sessuale su una dodicenne da parte del padre. 

Le due piste stavolta non hanno contatti come avvenuto in Buio e proseguono parallelamente l'una all'altra. La ragazzina lancia dei segnali molto chiari contro suo padre ma l'infamante accusa che traspare da ciò che scrive sui suoi tempi di italiano richiede parecchio tatto ed indagini approfondite.

Il duplice omicidio è un caso piuttosto intricato: fratello e sorella trovati morti in casa, un quell'appartamento che lui, Biagio, occupava da tempo e che di recente aveva ospitato anche la sua bellissima sorella di poco più piccola di lei. 
Cadaveri trovati da un amico e collega di Biagio, che poi si scoprirà essere anche il proprietario dell'appartamento che il ragazzo occupava gratuitamente da tempo.
Padre in carcere, uscito da poco. 
Fidanzato di lei piuttosto geloso. 
Un agente piuttosto ambiguo che ha introdotto la bella ragazza nel mondo dei set fotografici. Attorno a questi soggetti gravitano le indagini. Da loro si cerca di sapere qualche cosa di più ed emergono rapporti piuttosto controversi, con un padre che - di recente uscito da galera dove ha scontato 16 anni per omicidio - sembra essere colui nei confronti del quale i sospetti prendono sempre più corpo. Però... come al solito c'è qualche cosa che non quadra e Lojacono manifesta i suoi dubbi anche quando il Commissario Palma - forse per la fretta di dare qualche elemento alla stampa, tentando di evitare la chiusura del Commissariato che è la perenne spada di Damocle che pende sulla sua testa e su quella dei suoi ragazzi - ha un'idea diversa. Lui non è convinto, Lojacono. 
La svolta arriva nell'arco di poche pagine: sarà la conferma della colpevolezza del padre dei due ragazzi oppure no?

Anche stavolta il libro mi è piaciuto anche se in alcuni punti l'ho trovato un po' ripetitivo. In particolare per quanto riguarda vicende pregresse che chi ha letto i libri precedenti conosce bene (anche perchè ogni volta l'autore ne fa cenno per permettere anche a chi scegliesse di leggere un solo libro della serie di capirci qualche cosa) e che, proprio perchè ho letto gli altri della serie ed anche in un ristretto arco di tempo mi sono apparsi ridondanti. 
Passaggi obbligati per un autore che, pur proponendo una serie, non vuole penalizzare in nessun modo il lettori, ma troppo ripetitivi per chi la serie la legge diligentemente in ordine d'uscita.

Pur restando un romanzo in cui ad emergere è la squadra tutta, la mia attenzione è stata attirata maggiormente dalla Dottoressa Laura Piras, il magistrato di cui Lojacono è innamorato. Si tratta di un personaggio che sta accanto a Lojacono fin dal caso del Coccodrillo e che torna con forza in questo capitolo della saga manifestando più il suo lato umano che non quello professionale, pure ineccepibile.
Laura è una donna innamorata che non vuole e non può permettersi di perdere tempo in corteggiamenti più adatti a degli adolescenti che non ad un uomo e una donna che già con uno sguardo si sono detti molto fino a quel punto. Molto ma non tutto. Laura vuole Lojacono e decide che è il momento di manifestarsi in modo chiaro. Stanno bene insieme, molto bene. Sarà giunto il momento di essere una vera coppia?
E per Alex e Rosaria - altri due personaggi chiave della serie - è arrivato il momento di far emergere il loro rapporto omosessuale, così intenso e coinvolgente? Anche la figura di Alex mi ha colpita: una donna forte ma incapace di farsi valere in una famiglia che le toglie il respiro, come se fosse una ragazzina appena maggiorenne. Una famiglia che non accetterebbe mai la sua omosessualità ed al cospetto della quale non ha nemmeno la forza di dire che esce con qualcuno, ogni volta che inventa cene di lavoro. Una donna forte ma allo stesso tempo fragile: forte e decisa sul lavoro, fragile dal lato personale.
Donne diverse, Laura ed Alex, ma entrambe innamorate e giunte sul punto di non riuscire più a mettere a tacere i loro sentimenti.

E poi c'è la storia dei suicidi che, onestamente, vorrei che arrivasse ad una soluzione viste le premesse gettate nel libro precedente. Anche la figura di Giorgio Pisanelli mostra la sua fragilità in questo racconto, più di quanto non abbia fatto in precedenza.

Credo che sia proprio questa la carta vincente di De Giovanni in questa serie: sviluppa i personaggi pian piano, legandoli sempre più al lettore. Un lettore che è pronto a perdonargli un po' di lentezza in alcuni punti, alcune ripetizioni di fatti già noti pur di conoscere non solo il colpevole, ma anche la sorte dei singoli Bastardi.
 
Ho il libro successivo sul comodino e intanto con questa lettura partecipo alla challenge Leggendo SeriaLmente: si tratta del terzo libro che ho scelto come lettura di una serie Thriller/Giallo.
 
Inoltre, partecipo anche alla Challenge  La ruota delle letture.
Mi è utile per l'obiettivo 2 del decimo giro di ruota che prevede la lettura di un giallo/trhiller.