lunedì 30 agosto 2010

Animali del mondo (Febe Sillani)

Non è un'enciclopedia ne' un album di figurine. Animali del mondo è un libro che fa parte della collana Per cominciare, Emme Edizioni. Trovato quasi per sbaglio in biblioteca, è piaciuto molto alla mia bambina che ha incontrato animali a lei familiari ma anche qualche nuovo amico di cui non era a conoscenza e che le è sembrato un tantino strano.

L'autrice mi era del tutto sconosciuta nel momento della lettura del suo libro. Si tratta di Febe Sillani: pur avendo letto altri libri di questa collana era la prima volta che ci capitava tra le mani un libro che portasse il suo nome sotto al titolo. Parlo al passato perchè ho avuto modo di conoscere l'autrice, seppur virtualmente, e devo ammettere che non era un suo problema di scarsa visibilità quanto di mia limitata conoscenza visto che ha un curriculum di tutto rispetto. Di libri ne ha pubblicati molti (e noi li cercheremo... in biblioteca o in libreria), non solo in Italia, e molti ne ha illustrati anche per altri autori.
Alcuni suoi personaggi sono stati scelti per del materiale utilizzato dall'Unicef, collabora con la rivista "Giulio Coniglio" nella quale si occupa delle pagine di cucina e di scienza. Inventa anche laboratori di illustrazione nelle scuole e in ogni occasione in cui si trova in contatto con i bambini.
Il suo personaggio più noto è Celestino: nella foto che aggiungo - inviatami da lei - la vediamo proprio alle prese con questo simpatico personaggio.

Chiusa la partentesi sull'autrice (che mi ha fatto piacere aprire, aggiornando così il precedente post che avevo pubblicato su questo libro), torniamo ai nostri animali.
Si tratta di un libricino piuttosto piccolo e maneggevole, consigliato a partire dai quattro anni e molto simile agli altri della stessa collana. Ricordo, tanto per citare un esempio, L'Alfabeto della Scuola di Nicoletta Costa: stessa collana, stessa struttura, stesso scopo educativo. In tutto sono 35 i libri di questa collana e ne abbiamo di strada da fare per leggerli tutti.
Ovviamente, visto che la mia bimba non sa ancora leggere, sono io che lo faccio per lei che segue con attenzione le immagini. I testi sono molto semplici e di facile comprensione e a completamento del testo arrivano le immagini che sono molto simpatiche e colorate.
Nei brevi testi sono elencate alcune caratteristiche dei vari animali che vengono presi in rassegna: si va dai classici cane e gatto fino all'orso, alla renna, al formichiere (uno di quelli a lei meno familiari) fino all'armadillo. Tutti dall'aspetto simpatico ed anche semplici da disegnare.

E' un libro che consiglio anche se i bimbi non sanno leggere: sono certa che apprezzeranno comunque, con la collaborazione di mamma e papà. Anche il mio bimbo più piccolo, di tre anni, ha apprezzato questo libro. Ha riconosciuto molti animali e quelli che non conosceva li hanno incuriosito un bel po'. Ci ha pensato la sua sorellina a fornire le dovute spiegazioni.
Quella che abbiamo avuto noi tra le mani è un'edizione piuttosto nuova, di quest'anno. Lo consiglio.
***
Animali del mondo
Febe Sillani
Emme Edizioni
6.50 euro

sabato 28 agosto 2010

Venuto al mondo (Margaret Mazzantini)

Ammetto che, all’epoca, le immagini e le notizie della guerra a Sarajevo mi sono scivolate addosso come se fosse qualche cosa di troppo grande e troppo distante dalla vita di una giovane poco più che ventenne. Come se non mi riguardasse più di tanto. Come se dovessi dispiacermi per quella povera gente punto e basta, ricordandomene appena negli anni a venire. Una guerra di “tutti-contro-tutti” che non mi ero mai premurata di capire più di tanto proprio perché così lontana da me.

Nel leggere il libro della bravissima Margaret Mazzantini ho vissuto – seppur in parte – quella guerra con un’intensità e con una partecipazione tali da non poter restare indifferente e considerare Venuto al mondo come un semplice romanzo.
Perché non lo è. Non è una storia inventata come tante altre, pur non essendo una storia vera… Non è inventata nelle ambientazioni, nelle circostanze, nelle paure della guerra. Quella, no, inventata proprio non lo è.
Lo è la storia di Gemma e di Pietro, di Diego e di tutti gli altri personaggi. Ma non lo è la guerra.

Questo romanzo è frutto dell'immaginazione. Persone e fatti reali sono trasfigurati dallo sguardo del Narratore.

Così si dice.
Trasfigurati, non inventati perchè - seppur in chiave romanzata - ciò di cui si parla è molto vicino alla realtà.

Credo che anche stavolta sia stato il libro a scegliere me: ho presentato una lista di titoli in biblioteca ed il ragazzo che era davanti al terminale da cui si accede all’elenco dei titoli disponibili ha fatto la scelta per me porgendomi un libro piuttosto spesso (531 pagine nell’edizione Mondadori Oscar Grandi Bestsellers) e pesante (intendo di peso effettivo, non come lettura perché in quel momento non potevo sapere se si sarebbe trattato di una lettura “pesante” oppure no).
L’autrice tocca molti argomenti, tutti molto intensi e delicati, tutti destinati a lasciare il segno. Nel far parlare Gemma in prima persona, l’autrice riesce a raccontare un viaggio ben più profondo di quello che Gemma e suo figlio Pietro fanno a Sarajevo, nei luoghi della guerra, nei luoghi in cui l’adolescente è nato “per caso” (così gli dirà sua madre). Un caso che ha il volto della guerra ed il sapore della violenza… ma lui non lo sa. E lei, la madre, ne è consapevole solo in parte.

Il racconto del viaggio è farcito di una serie di flash back che mi hanno portata con forza all’epoca della guerra… Ai mesi precedenti all’assedio di Sarajevo, a quella terra che in fin dei conti non è geograficamente così lontana da me ma che ho sempre considerato tale.

Gemma è la protagonista di un viaggio che porterà a galla il dolore e le atrocità del passato ma anche di un forte messaggio di speranza. Pietro incarna questa speranza, anche se non lo sa. E’ la prova vivente – lui con le sue contraddizioni adolescenziali, con il suo modo di fare e di atteggiarsi – di come da qualche cosa di profondamente ingiusto e violento possa nascere qualche cosa di buono e promettente, un nuovo futuro.
Gemma porta Pietro con se in un viaggio in quella terra in cui ha perso la vita il padre del ragazzo, Diego, un fotografo genovese un po’ fuori dalle righe con il quale Gemma ha vissuto un’intensa e particolare storia d’amore. Lo ha sposato in seconde nozze ed ha desiderato ardentemente – con lui – la maternità. Aveva conosciuto Diego in occasione di un viaggio di studi nel corso del quale ebbe come guida un poeta un po’ strampalato che diventerà, poi, un fidatissimo amico: quel Gojco che rappresenta un altro personaggio chiave del romanzo. Era il 1984 e a quell’epoca la guerra era lontana.

Il viaggio di Gemma e Pietro è un viaggio dei tempi moderni, di qualche anno fa, quando quella terra porta ancora i segni della violenza ma fa di tutto per risorgere a nuova vita.
La trama del romanzo è piuttosto difficile da raccontare in poche righe e va gustata per intero, senza anticipazioni di sorta. Quello che mi sento di dire è che l’autrice tocca molti aspetti delicati, importanti, toccanti. Quegli argomenti che hanno lasciato il segno in me.

L’amore. L’amore tra Gemma e Diego ma non solo. L’amore di Gojko per la sua famiglia, per la sua terra… L’amore che permette alle persone di resistere, di reagire, di non abbandonarsi.
Forse questo è l'amore quando raggiunge la sua vetta.
Ebbro come uno scalatore che s'è arrampicato e poi è arrivato, e più su di così non può andare, perchè comincia il cielo.
Così nui guardiamo fuori dal vetro, quel paesaggio rarefatto, il mondo dal quale ci siamo mossi per cominciare la salita, che adesso ci sembra così lontano.
Siamo in alto e soli, sulla vetta che abbiamo raggiunto.

La voglia di maternità. Una maternità che non arriva e che diventa un obiettivo da perseguire ad ogni costo. Con ogni mezzo. Seguendo ogni strada. Una maternità agognata, temuta anche, cercata più volte e più volte fallita.

Su tutti la guerra: quella bestia nera che distrugge tutto ciò che tocca. Distrugge la città, ammazza le persone, abbatte gli edifici e lascia segni profondi nel cuore e nell’anima di chi sopravvive. La guerra che cambia le sorti di un popolo, che cambia i destini di giovani speranzosi costretti a convivere con il terrore, la paura. La guerra che mette tutti contro tutti senza un perché. Sloveni, Croati, Bosniaci, Serbi, Montenegrini, Macedoni, Albanesi, Musulmani, Cattolici, Ortodossi: tutti contro tutti senza un perché, come automi che rispondono alla necessità di “eseguire” meccanicamente gesti atroci, violenze inaudite soprattutto a discapito di povera gente inerte ed indifesa. Cecchini che si divertono a colpire madri per sentire la disperazione dei bambini rimasti soli, che assassinano figli che assistono genitori paraplegici per godere dell’inerzia e della sofferenza di quei poveretti rimasti soli, attentati in luoghi affollati come le piazze in cui si fa la fila per l’acqua. E poi la violenza sulle donne. Donne stuprate più e più volte, torturate, ridotte ad automi senz’anima. Donne umiliate dalla guerra e ridotte in schiavitù.
Tematiche che non possono lasciare indifferente nemmeno il lettore più distratto.
Una storia che appassiona, che sgancia pugni allo stomaco una pagina dopo l’altra. Pugni ben assestati, sganciati grazie ad una capacità descrittiva molto efficace e realistica. I luoghi vengono descritti minuziosamente, nella loro fierezza, nella loro maestosità ma anche nella loro rovina e disperazione. Scene di violenza che vengono descritte come se fosse l’obiettivo di un fotografo ad averle immortalate. Senza appesantire la penna di dettagli inutili ma semplice resoconto di una realtà che è passata inosservata davanti agli occhi di molti, troppi spettatori, più o meno “illustri”, che hanno lasciato che un massacro di quella entità si compisse.

Qui è sepolta mezza Sarajevo.
Le date di nascita cambiano, quelle di morte si ripetono.
Era come un sacco nero, il destino.
La morte fece un raccolto straordinario, in quei tre anni.
La morte è solitudine e loro furono privati anche di quella privatezza, costretti a crepare a grappoli, come insetti.
Essere derubati della vita sembrava quasi accettabile, alla fine, ma il furto della morte è un'altra storia... finire alla rinfusa, mischiati come panni sporchi, come frutta marcia.
La dignità di uomini e donne che cercano in tutti i modi di attaccarsi alla parvenza di una vita normale. Non ignari della guerra ma consapevoli di avere bisogno di attaccarsi alla vita con le unghie e con i denti per non lasciarsi andare alla disperazione, davanti a figli massacrati, mogli stuprate, case saccheggiate. Per non dare ai lupi la soddisfazione di vederli avere paura.

Velida stamattina può piangere perchè piove così tanto che nessuno si accorgerà delle sue lacrime.
Una donna in fila la spinge, le si fa di lato, la lascia passare.
Poi le cede anche la sua razione di latte, che il vivandiere ha trovato chissà dove, sono mesi che non si vede un po' di latte vero.
M'arrabbio, le dico che è troppo magra per permettersi di essere così generosa.
Ma lei non vuole ridursi come un animale, rifiuta quella lotta tra disperati.

Per me non è stata una lettura facile proprio perché molto efficace e dura. Non è lo stile narrativo che la rende tale ma è il racconto in se, sono le tematiche trattate che hanno reso dura questa lettura. Dura perché scuote la coscienza, perché colpisce nel vivo con la cruda realtà, perché segna l’anima di chi, probabilmente, non è riuscito a rendersi conto del tutto di cosa voglia dire perpetrare tanta violenza. Violenza vera, non inventata. Violenza che si accorda alla perfezione con quella “pulizia etnica” che è stata alla base di quanto accaduto, con l’assurdo obiettivo di sterminare gli avversari… Ma quali avversari? I bambini che giocavano a palla nei cortili? Le donne che stendevano la biancheria al sole? Gli uomini che si davano da fare per portare a casa un misero stipendio per mantenere una famiglia numerosa? Quali avversari? Quale pulizia?

Non si può restare indifferenti e a Margaret Mazzantini va il merito di immergere il lettore in una specie di bolla d’aria in cui respira quegli stessi respiri dei protagonisti e soffre, pur tentando di restare distaccato, di quella stessa pungente sofferenza.
Non è una storia allegra ma carica di speranza. E’ una lettura che va letta con calma. Non la si consuma in poco tempo perché richiede una certa attenzione. Il continuo alternarsi di racconti di ieri e di oggi permette di comporre, pian piano, un puzzle che solo all’ultima, l’ultimissima pagina potrà dirsi composto del tutto. Un puzzle che assume diversi colori: i colori dell’amore, della speranza, della disperazione, della violenza e della morte ma anche dell’amicizia, della condivisione.

Un grande romanzo, uno stile di scrittura immediato ed efficace. Grazie anche all’uso di termini un tantino inusuali l’autrice è molto, molto efficace nella scrittura e non scade mai nella banalità anche quando l’argomento potrebbe prestarsi (vedi: guerra… per essere stato raccontato più e più volte). Ammetto di essere anche andata a documentarmi durante la lettura per saperne di più. I riferimenti storici sono precisi e reali, quelle stragi di cui parla l’autrice sono stragi vere, immagini reali, disperazione tangibile. E tutto questo, anche l’avermi indotta a sapere di più, a prendere maggiore coscienza di ciò che avevo tenuto a debita distanza da me, mi induce a definire questo romanzo come un capolavoro che lascia il segno. Una lettura che consiglio, per un pugno nello stomaco di cui tutti hanno bisogno… Con la speranza che si possa imparare qualche cosa, sul serio, però!

La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato e quasi sempre abbiamo perso.
***
Venuto al mondo
Margaret Mazzantini
Mondadori Oscar Grandi Best Sellers
531 pagine

mercoledì 25 agosto 2010

Il punto (Peter H. Reynolds)

Era convinta di non saper disegnare. Così quando la sua insegnante di disegno le ha messo davanti un foglio bianco su cui esprimere la propria arte la piccola Vashti ha disegnato... un punto.

Un punto lasciato sul foglio più per dispetto che per la voglia di disegnare qualche cosa. Ed era certa, la piccola, che l'insegnante le avrebbe confermato di essere incapace di disegnare. Ma non è stato così.

Un punto è sempre un inizio.
E da quel punto la piccola ha capito di poter fare qualche cosa di più: una serie di punti, punti più grandi, punti colorati, una cornice di punti. Da quello che considerava "il nulla" esce fuori la sua vena creativa.

Un libro per bambini - Il punto - cartonato, fal formato 20 x 21 - indicato dai tre anni in su ma che non è poi così facile da capire come si potrebbe pensare. Facile per un adulto, magari, ma per un bambino l'insegnamento che si legge tra le righe trovo che sia un messaggio troppo grande da capire. Magari è necessaria una spiegazione da parte di un adulto.

Il libro è ben fatto: pesante, resistente, con poche frasi ma sufficienti a lanciare un messaggio ben preciso e racchiude in poche pagine una storia che nella sua semplicità non è per niente superficiale. Le immagini simpatiche ed essenziali. In alcune pagine le parole si perdono nel bianco del foglio ma devo dire che anche questo è d'effetto.

E' un libro edito dalla casa editrice Ape: una casa editrice che non conoscevo e che (apprendo da fonti ufficiali) nasce nel 1999 fondata da Andrea Pestalozza con l'obiettivo di specializzarsi nella pubblicazione di libri per l'età pre-scolare e albi illustrati. Dopo il successo di Kirikù e la strega Karabà, tratto dall'omonimo film, la neonata casa editrice si afferma nell'editoria di qualità. Nel 2005 il marchio Ape Junior viene acquistato da Adriano Salani Editore, ed entra quindi a fare parte del Gruppo Editoriale Mauri Spagnol (GeMS) con una concentrazione sempre crescente sull'editoria per ragazzi. Nel 2007 vengono pubblicate le prime collane interamente concepite in Italia, che affiancano la produzione tradizionale Ape di autori e illustratori stranieri.
Non è un librettino economico: si posiziona su una fascia di prezzo medio/alto (costa 11.00 euro e per un libro non è poco!) ma anche la qualità dei materiali e la cura grafica sono alte.

Noi l'abbiamo trovato in biblioteca ed è un'edizione del 2003 e fa parte della collana distinta dal marchio Ape Junior.
***
Il punto
Casa Editrice Ape
11.00 euro

lunedì 23 agosto 2010

La ragazza di Via Maqueda (Dacia Maraini)

Quando ho incrociato gli occhi della bambina il cui primo piano è nella copertina del libro La ragazza di via Maqueda di Dacia Maraini non ho potuto fare a meno di portarlo a casa con me e leggerlo. Quegli occhi mi hanno catturata, emozionata, ed ho creduto che si trattasse dello specchio di ciò che avrei poi trovato all’interno di quelle pagine.

Quando mi sono messa alla lettura, però, dopo un paio di capitoli, mi sono resa conto che probabilmente non sarebbe stata una lettura di mio gradimento e non mi sbagliavo di molto.
Non perché il libro sia scritto in modo poco gradevole o poco scorrevole, non perché l’argomento trattato non mi piacesse o non mi piacesse lo stile dell’autrice ma perché si tratta di un libro strutturato in racconti, uno per capitolo, e io non ho mai amato particolarmente libri così.

Sono ricordi, spezzoni di vita ricordati dall’autrice con intensità, questo c’è da ammetterlo. Ma il fatto che i vari episodi restino per lo più in sospeso, alimentando la curiosità del lettore ma senza arrivare ad una fine mi ha un po’ innervosita (soprattutto in alcuni degli episodi narrati) e mi sono convinta che probabilmente non era il libro per me. Oramai, però, l’avevo preso in prestito in biblioteca e non mi sono sentita di restituirlo lasciando la lettura a metà.

L’autrice effettua un viaggio nei ricordi narrando episodi che hanno protagonisti diversi e che hanno la durata di un capitolo. Racconta degli episodi che solo a volte si strutturano in un breve ma completo racconto mentre in altri resta la curiosità di sapere che fine abbia fatto quella ragazza, cosa abbia deciso di fare quell’uomo e così via discorrendo.
Per lo più sono storie di donne. Donne che lasciano trasparire la propria personalità, le proprie gioie ed i propri dolori.

A volte l’autrice narra in prima persona chiamandosi direttamente in causa (in un capitolo mette anche il suo nome) a volte narra in terza persona. Racconta di persone e luoghi d’Italia, diversi luoghi d’Italia, partendo dalla Sicilia a Roma fino in Abruzzo, per narrare storie collegate al terremoto del 1915 ma che fanno pensare a tempi molto più recenti, sempre segnati dal terremoto.

La bambina in copertina mi ha del tutto spiazzata visto che non è che un’immagine che non ha un legame con la narrazione. Si parla di una bambina già nel primo capitolo ma dalla descrizione mi sono resa conto che non era nemmeno avvicinabile a quella in copertina. Forse più avanti, nel parlare di un’altra bambina che ha più o meno la stessa sorte di quella del primo capitolo si ha una certa somiglianza. Però la foto di copertina mi ha depistata alla grane e non so se sia stata una scelta “tattica”, così come il titolo del libro. Un titolo che può essere adatto per il capitolo in iniziale ma non per gli altri. Un titolo che alla fine ho pensato fosse più adatto a descrivere lei, l’autrice, che nel suo viaggio dei ricordi ci mette l’anima e scrive con il cuore.
Non tutti gli episodi mi sono rimasti in mente (e non è da molto che ho terminato la lettura). Alcuni mi hanno colpita di più, altri li ricordo perché mi è rimasta in bocca l’amarezza di non aver conosciuto la fine della storia, altri mi sono passati sotto gli occhi con una certa indifferenza.

In Sicilia (in tutto i racconti ambientati in Sicilia sono dodici).
• Il primo capitolo (quello da cui arriva il titolo del libro) narra di un uomo che si trova in mezzo ad una storia di riciclaggio di rifiuti tossici. Narra di una prostituta bambina che quell’uomo incontra ogni mattina e con cui, alla fine, finisce a letto. Resta in sospeso la storia dei rifiuti tossici, resta in sospeso la famiglia di lui… già da qui ho iniziato ad avere qualche dubbio in merito al prosieguo della lettura.
Ragazze di Palermo: una storia di amicizia dei tempi che furono. Destini che prendono una strada diversa da quella che le amiche di cui si narra avrebbero sperato, storie in questo caso svelate con maggiore completezza
La sposa Serena: una sposa che ha già il vestito bianco addosso ma che ha progetti diversi per se…
Roma (qui i capitoli sono sette, sette sono le storie).
Splendor: altra storia di prostituzione…
Sogno Romano: è la narrazione di un sogno fatto dall’autrice e che ha come protagonista Pier Paolo Pasolini.
Il calciatore di Bilbao è la storia di un amore che non ha un bell’epilogo.
In Abruzzo le storie sono cinque:
Le tombe dei Sanniti è il racconto di una ragazza che sta effettuando degli studi isolata dal resto del mondo. Ha un ragazzo che l’aspetta per sposarla ed una missione da compiere. Un racconto che proprio non ho capito: mi è sembrato come un dipinto lasciato a metà, con le immagini tracciate in modo grossolano ma senza decisione.
La bambina e il terremoto: la scrittrice raccoglie il racconto di una bambina scampata al terremoto. Ha delle foto di persone che non conosce ma in merito alle quali vuole scoprire qualche cosa…

Il libro è scritto molto bene, con passione e padronanza ma io credo di non essere riuscita ad apprezzarlo appieno. Anche stavolta credo che sia un problema mio, probabilmente avevo delle aspettative diverse e questo modo di scrivere, di ricordare “ad episodi” mi ha un po’ spiazzata.
L’autrice cita personaggi (da Pier Paolo Pasolini a Gennaro Finamore, ai cui scritti fa più volte riferimento e del quale ammetto di non conoscere proprio nulla), descrive luoghi e sensazioni. E lo fa in con ricchezza lessicale e profondità. Da questo punto di vista nulla da dire. Le mie perplessità si fondano altrove…
***
La ragazza di Via Maqueda
Rizzoli
18.50 euro
271 pag.

giovedì 19 agosto 2010

Allumé. Storie di un cavallo (Nicoletta Costa)

Un libro un pochino più grande dei soliti librettini a cui la mia bimba è abituata, un protagonista simpatico con tanti amici - simpatici come lui - accanto a se.
Si tratta di Allumé, il cavallo che nasce dalla fantasia e dalla penna di Nicoletta Costa e che finisce tra le pagine di libri che la mia bambina apprezza ogni giorno di più. Il loro primo incontro, tra Allumé e la mia piccina, risale più o meno a metà del maggio scorso quando il libro con una sua storia è arrivato tra le sue mani, ottenuto in prestito dalla biblioteca della scuola.

Allumé. Storie di un cavallo: un titolo che è tutto un programma.

Si tratta di un libro che fa parte della collana "Einaudi Ragazzi " edita da EL Edizioni, stampato nel marzo 2010. Un libricino di ottima fattura, con copertina in cartoncino lucido e immagini che si fanno ben riconoscere a chi conosce lo stile dell'autrice: quella Nicoletta Costa che mi sembra che abbia trovato la chiave giusta per comunicare con i piccoli lettori attraverso le immagini prima che con le storie che propone.

Tre le storie che sono contenute nel libro:
Allumé storia di un cavallo – racconta l’arrivo del cavallo nella fattoria che diventerà poi la sua casa. Un arrivo non indolore per il bel cavallo che si trova “scaricato” in un posto che non conosce perché non è più in forma come una volta e non può più correre. Ma i nuovi amici faranno del tutto affinché la tristezza venga spazzata via.

Allumé e l’amico pony – è la breve storia di un’amicizia e di un giorno di serenità.

Allumé e la pecora da corsa – è una storia davvero divertente. Nella fattoria in cui si trova Allumé tutti gli vogliono bene. C'è un'amica, però, che è triste ed anche un po' invidiosa di lui: si tratta della pecora Nunziata che vorrebbe essere un cavallo per poter galoppare sfidando il vento... Ne parla con i suoi amici della fattoria che si danno subito da fare per rendere felice la loro amica... si danno davvero un gran da fare e con l'aiuto prezioso di Allumé cercheranno di farle realizzare un sogno.

Le storie sono scritte con frasi molto semplici e di immediata comprensione. Non frasi lunghe ma nemmeno frasi minime: una giusta articolazione, giusta per l'età per la quale il libro è consigliato cioè dai cinque anni in su. Io devo dire che è un'età indicativa visto che la mia bimba cinque anni non li ha ancora ed ha molto apprezzato questo libricino ed anche il suo fratellino è diventato un fan di Allumé... Fratellino che di anni ne ha tre.

Il protagonista: è un cavallo ispirato ad un vero Allumé che immagino altrettanto simpatico e di un bel carattere oltre che di un bell'aspetto atletico.

Gli amici della fattoria: hanno tutti un nome e sono quelli che poi accompagnano Allumé anche in altre avventure. E' una buona cosa l'aver dato un nome a personaggi che poi si ripetono nei vari libri a tema: i bambini memorizzano in fretta e ritrovando i personaggi hanno maggiore familiarità con loro e sono più portati a seguire le storie come se fosse un'altra puntata di un racconto precendete.

Consiglio l’acquisto di questo libro anche perché costa solo 6.90 euro, contiene tre storie ed è simpatico anche come idea regalo. Dico “solo” 6.90 euro visto che i libricini con le storie singole di Allumé ed i suoi amici di solito costano attorno ai 6.00 euro… Meglio tre storie a 6.90, no?

Io preferisco regalare libri ai miei bimbi piuttosto che giochi...
Di quelli ne hanno tanti, di libri non ne avranno mai troppi!

***
Allumé. Storie di un cavallo
El Edizioni - Einaudi Ragazzi
6.90 euro
119 pag.

domenica 8 agosto 2010

A un passo dal baratro (Paolo Brosio)

L’ho ascoltato, l’ho guardato negli occhi.
Ho sentito l’entusiasmo e la gioia di chi ha scoperto la generosità.
Che offre se stesso agli altri ma che ha anche quella straordinaria proprietà egoistica di farti sentire bene.
E mi sono chiesto: che diritto ho mai io di mettere in discussione la sua parola, le sue scelte, le sue più intime conversioni?
Perché mai non dovrei credergli?

E’ nelle parole di Giuseppe Moscambruno, direttore de “La Nazione”, scritte in post-fazione al libro di Paolo Brosio A un passo dal baratro che ho ritrovato il mio pensiero. Ciò che pensavo durante la lettura l’ho letto in quelle righe finali, come se fosse un confermare i pensieri dalle pagine di un libro.
Perché mai non dovrei credergli?
Perché mai non dovrei credere alla conversione di un uomo che, dopo aver vissuto negli allori per anni, nel successo personale, nell’agio più totale si trova a sbattere il muso nella polvere, a pagare sulla sua pelle i suoi errori per poi trovare, improvvisamente, consolazione nella fede?
Che diritto ho, io, di mettere in dubbio una confessione tanto appassionata, difficile e intima?

Non ne ho.
Ed è con questa premessa che mi permetto di fare alcune considerazioni su uno degli ultimi libri che ho letto, di Paolo Brosio, appunto.

A un passo dal baratro.
Un libro che avevo in casa da mesi acquistato, per 18.00 euro, da una libreria on line per metterlo a disposizione di mia nonna che divora, dall’alto dei suoi 89 anni, libri che parlano di fede, di Santi, del Papa e quant’altro sia scritto in caratteri non troppo piccoli per la sua vista di quasi novantenne. L’ho comprato per lei e, dopo averlo letto, me lo ha restituito dicendo che magari prima o poi avrebbe fatto piacere anche a me leggerlo. Da quel momento, però, è rimasto nella mia piccola biblioteca casalinga senza attirarmi più di tanto. Avevo altri libri in mente, altre letture a cui dedicarmi e l’ho lasciato lì quasi come una ruota di scorta da prendere in mano qualora mi fossi trovata a corto di altro materiale da divorare nei momenti di tranquillità.
Poi sono stata al Salone del Libro di Torino ed ho avuto modo di prendere parte alla presentazione del suo libro: Paolo Brosio (e pure il giocatore Legrottaglie) introdotto da Brachino davanti al pubblico del Salone. Ha percorso brevemente i fatti più salienti della sua storia ed ha raccontato del suo incontro con la Madonna, “traghettatrice” verso Gesù, verso Dio. Ha parlato dei suoi guai e del suo modo di affrontarli. Ho preso le cose che avevo nella valigia della mia vita per utilizzarle per venire fuori dal periodo buio in cui ero caduto: droga, alchol, sesso, trasgressioni. Ma non erano gli strumenti giusti. Brevi momenti di piacere per poi tornare da capo se non peggio di prima.
Poi, improvvisamente, la voglia di dire basta.

Giunto il momento delle domande dal pubblico è arrivato il “la” per permettere a Brachino di far riferimento allo scetticismo che spesso accompagna le conversioni di personaggi famosi. Brosio, Legrottaglie (che era con lui al Salone) ma anche Claudia Koll gli ultimi esempi della serie. E lui, Brosio, ha allargato le braccia togliendo la parola a Brachino per dire, con estrema serenità: Questa è la mia esperienza. Io parlo di ciò che è capitato a me! Non si tratta di un miraggio, di una visione… Io ho sentito qualche cosa di forte dentro di me, un forte bisogno di pregare e di pregare la Madonna. Ero lontano da Dio, non pregavo da anni. Si tratta di una sensazione che arriva dal profondo, dal mio intimo. Ho sentito una forte voce dentro di me. Tanto forte che credevo l’avessero sentita anche gli altri.
Una volta arrivata a casa ho avuto voglia di leggerlo, quel libro.
Libera di crederci oppure no.

* La prima parte del libro parla della prima vita di Brosio. Il giornalista racconta della sua famiglia, la sua scalata verso il successo, vicende personali che lo hanno portato ad affermarsi come personaggio televisivo e come uomo. Convinto di essere arrivato lì dove era arrivato perché dotato di tutte quelle caratteristiche che sono necessarie per sfondare.

* Poi arrivano le sofferenze. Tre vicende, in particolare, segnano la sua vita: la morte del padre, la separazione dalla sua seconda ed amatissima moglie Gretel, l’incendio ad un suo locale (suo e di altri nomi noti), il Twinga. Vicende che lo porteranno nello sconforto e nella disperazione. Situazioni per sfuggire alle quali Paolo usa i rimedi che più gli sono a portata di mano: l’alcol, le donne, la droga. Sesso, sballo. E poi sballo, sesso, trasgressione… Ed ancora droga, sballo, donne. Fino a toccare il fondo. O quasi.
Perché ad un certo punto dice basta. E lo fa non senza aver avuto precedenti esperienze con preti, confessori e tentativi di venirne fuori. Più volte era ricaduto e si era ritrovato da capo.
Basta. Ed inizia la sua nuova vita.
Ho sentito l’abbraccio di mio padre (defunto) quando ho bussato alla porta del mio parroco.

* La seconda parte del libro. La nuova vita di un uomo che trova nella fede la sua salvezza. Che cambia radicalmente il suo essere e che, pur sapendo di non essere immune alle tentazioni della vita, porta la sua testimonianza in modo schietto, semplice e diretto.
Mia nonna, nel darmi il libro, mi aveva detto che la prima parte le era sembrata un po’ noiosa ma che la seconda era più interessante. Guarda caso – mi ero detta – la prima parte è quella della “prima vita” mentre l’altra è quella in cui si inizia a parlare della Madonna, di miracoli, conversioni… Ero convinta che mia nonna fosse stata “di parte” essendo da sempre una fervida credente.

Durante la lettura, però, mi sono accorta che aveva ragione.
Nella prima parte ho trovato un racconto un po’ ripetitivo a volte, con tanti nomi di persone che mi hanno un po’ confusa e depistata per la difficoltà di assegnare a tutti un ruolo nell’ambito di quel racconto. Facile per il protagonista parlare di tutte le persone che hanno avuto un qualsiasi ruolo nella sua vita, un po’ più difficile, per chi legge, tirare le fila.

Andando avanti Brosio continua a chiamare in causa molte persone – quelle che, stavolta, hanno a che fare con la sua conversione e la sua vita successiva – ma è più dettagliato nel parlare di loro e aiuta il lettore a capire meglio il ruolo di ognuno. E’ una seconda parte più lineare anche se a volte capita – per dovizia di particolari – di essere costretti a fare dei salti temporali da un momento all’altro per poter meglio capire alcune situazioni. Trovo che questo possa depistare il lettore ma credo anche che nel tentativo di racchiudere le vicende salienti di 52 anni di vita di un uomo come Paolo Brosio in 246 pagine è il minimo che possa accadere.
Non si tratta di un romanzo. Si tratta di una testimonianza per cui ciò che conta è che passi il messaggio. Almeno credo che possa essere questa l’interpretazione giusta.
La seconda parte del libro è la più forte. Il racconto si fa ancor più diretto: Brosio parla di ciò che gli è capitato personalmente, sensazioni, paure, difficoltà m anche tanta serenità e fiducia. Parla di Madjugorje, di ciò che vi accade, di ciò che è accaduto a lui ed a coloro che erano con lui. E sono due le possibili reazioni del lettore davanti a ciò che viene raccontato: lo scetticismo o la fiducia. In poche parole, una lettura dettata dallo scetticismo o dalla fede. Non può esserci, credo, una via di mezzo. Non può esserci indifferenza davanti ad una lettura così.

Vengono raccontati eventi straordinari intesi nel senso letterale del termine: extra ordinem. Sono storie individuali non dogmatiche, esperienze, circostanze di cui Brosio è stato testimone e di cui parla a suffragio di ciò che è capitato a lui. Brosio racconta di apparizioni, di miracoli, di veggenti che vedono e sentono la Madonna, coincidenze che non sono considerate tali ma segni… Vicende extra-ordinem che possono essere interpretate facendo appello alla scienza (che spesso alza le mani... è il caso di persone guarite da malattie definite "inguaribili" dai medici... e poi gli stessi medici non sanno dare una spiegazione scientifica a quanto vedono dopo il viaggio del malato a Madjugorje) o alla fede.
Le sensazioni sono soggettive, è vero, ma i miracoli sono oggettivi! - ha esclamato Brosio in chiusura del suo intervento al Salone del Libro - ci sono segni inspiegabili per chi non crede ma di grandissimo valore per chi, invece, li interpreta con fede.

Il libro lascia aperta la porta a delle pubblicazioni successive. Brosio intende continuare lungo la strada della testimonianza usando gli strumenti che gli sono più congeniali: l’abilità di un giornalista di raccontare. Non storie, non romanzi ma di fare la cronaca di ciò che gli è accaduto e ciò che è accaduto accanto a lui. Lascia anche in sospeso una situazione legata al suo stato di salute (nel momento in cui il libro è andato in stampa erano ancora in corso degli accertamenti) di cui promette di voler parlare presto.
... che diritto ho mai io di mettere in discussione la sua parola, le sue scelte, le sue più intime conversioni? Perché mai non dovrei credergli?

In autobus, mentre rientravo dopo la mia visita al Salone del Libro, due ragazzine dietro di me parlavano dell’incontro (a cui non avevano assistito) con Brosio e Legrottaglie. Si… me l’immagino… Uno che parla di Madjugorie ed uno che dice di aver fatto il voto di castità… ma chi ci crede?.
Liberi di crederci oppure no.
Io ho letto tra quelle pagine un sereno messaggio di speranza.
Liberi di crederci oppure no.
***
A un passo dal baratro. Perchè Madjugorje ha cambiato la mia vita
Paolo Brosio
Edizioni Piemme
246 pagine + postfazioni
18.00 euro

martedì 3 agosto 2010

Il caffè della Peppina (Silvia Ziche, Tony Martucci, Alberto Anelli)

La canzoncina la conosciamo benissimo. Abbiamo anche visto un video animato in tv ma graficamente la protagonista non è la stessa che abbiamo ritrovato su un simpatico libro con tanto di cd incorporato che fa tanto divertire i miei piccoli cantanti! E’ stata una bella sorpresa per i miei bimbi che conoscevano – ed apprezzavano - già altri libri della collana.

Il caffè della Peppina. Si tratta di un libro è piccino e maneggevole – 12,5 x 13,5 cm è il formato – edito da Gallucci Editore. E’ piuttosto resistente, con pagine piuttosto spesse e realizzate in cartoncino lucido: fa parte della collana Gli indistruttibili anche se, a dire il vero, tanto indistruttibile non lo è soprattutto se i bimbi ai quali va in mano non sono abituati a trattare un libro come tale ma come un gioco. Da questo punto di vista posso dirmi fortunata visto che i miei due bimbi ormai hanno capito che un libro va rispettato e non usato come un gioco per cui non lo trattano male!

Costa 8.90 euro (libro + cd) ed è stato stampato in Cina da Leo Paper Ltd per conto di Gallucci Editore. Come altri libri di questa stessa collana, che pure abbiamo in casa, la stampa non è stata effettuata in Italia: non che la cosa mi meravigli ma mi dispiace perché comunque credo che una tipografia adatta a fare questo lavoro la si possa tranquillamente trovare anche da no. La politica dei prezzi, però, evidentemente ha avuto la meglio e non me ne meraviglio proprio!
La fattura è comunque ottima con pagine resistenti, cd perfetto nella riproduzione, bei colori vivaci. Sull’ultima pagina di copertina, in merito alla stampa, è indicato che il libro è stato stampato nel rispetto del Codice di Condotta che garantisce l’applicazione delle norme sul lavoro ed esclude l’impiego di minori! Buona cosa.

Il testo che si trova nel libro è quello della canzone dello Zecchino D’Oro: una canzone piuttosto datata (è una canzone di Alberto Anelli e Tony Martucci ed ha vinto lo Zecchino d’Oro nel 1971 (… io non ero ancora nata!) che ancora si canticchia volentieri e che ai bambini piace davvero tanto. Il testo è scritto con caratteri piuttosto grandi ed è accompagnato da immagini molto simpatiche, tracciate dalla penna di Silvia Ziche che ha uno stile facilmente riconoscibile e che rende i personaggi ancor più simpatici di quanto non lo siano già.
Il suo è uno stile ironico, giocoso, divertente. I personaggi sono buffi, si calca la mano su caratteristiche estetiche che rendono davvero i personaggi più simpatici di quanto non lo sarebbero se si usasse una penna meno “fantasiosa” e stappano un sorriso.

Il cd si trova sull’ultima pagina di copertina, inserito senza copertina di plastica (cosa che invece ho trovato nell’edizione Mondadori presa in edicola) ma semplicemente agganciato ad un bollino di plastica su cui basta fare pressione e sentire un clic per fissare il dvd e toglierlo al momento dell’ascolto. Anche il dvd è illustrato con un’immagine della Peppina e del suo caffè e qui si trova la dicitura laterale “…su licenza Peer-Southern Productions, Italy” in riferimento all’uso della canzone. Canzone che complessivamente dura 2 minuti e 12 secondi: troppo poco per i miei bimbi che vorrebbero ascoltarla ad oltranza.

La versione proposta è quella originale – così è indicato – cantata dal Coro dell’Antoniano dell’epoca. Sono circolate versioni diverse, cantate sempre dal coro dello Zecchino d’Oro ma in versioni più recenti: l’indicazione rimanda all’originale.
La nostra Peppina assume delle espressioni molto particolari, ha degli occhi grandi, sfodera un sorriso smagliante da cui traspare tutta la sua soddisfazione nel preparare il suo caffè speciale e quella povera caffettiera che sta per scoppiare (tanti sono gli ingredienti che vi infila dentro) fa pure tenerezza!!
Le illustrazioni sono proposte su tutte e due le pagine contigue e riempiono la maggior parte dello spazio disponibile. Sono immagini che oltre a divertire i bambini li aiutano a seguire la canzone visto che non sono ancora in grado di leggere il testo. Non che ciò sia necessario, a dire il vero, visto che la canzone la conoscono a memoria: seguire le immagini, però, li diverte e questo singolare karaoke a misura di bambino.

Si tratta di un libro suggerito per bimbi dai tre anni in su (e non adatto a bambini di età inferiore ai 18 mesi) e leggendo l’elenco di tutti gli altri titoli che fanno parte della collana ne conto altri 18: si tratta di un’edizione che risale2008 (è la prima edizione) ed avendo anche altri libri di questa collana posso dire che successivamente ne sono stati aggiunti altri, di titoli, e complessivamente si arriva a superare i venti libri. Noi ne possediamo cinque, per il momento (oltre a questo, 44 Gatti, Ci vuole un fiore, I due liocorni, Sei forte papà! che però è di un formato più grande e in una ristampa su licenza Gallucci, effettuata da Mondadori).

Per quanto riguarda la reperibilità io l’ho acquistato alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, direttamente presso lo stand Gallucci che era presente in fiera, ma gli altri di questa stessa collana arrivano direttamente da una libreria on-line. So anche che nella versione edita da Mondadori, quella con i libri più grandi, la vendita è stata effettuata in edicola con uscite periodiche risalenti a qualche tempo fa ma non so se quali titoli siano stati proposti in questo canale di vendita oltre a “Sei forte papà!” che ho preso io.

Un piccolo appunto in merito alla differenza tra il personaggio di Silvia Ziche e quello del video proposto in tv: la Peppina di Silvia Ziche incarna il prototipo di una classica signora un po’ svitata, mi fa pensare ad una specie di “zitella” (nel senso buono del termine) che non ha altro da fare se non fare gli esperimenti in cucina, in compagnia del suo gatto. E’ magra magra, ha lo chignon in testa con degli spilloni che di tanto in tanto se ne scappano via, ha un’espressione da svitata, con occhioni grandi e trasmette una sensazione di simpatia. Quella del video, che altro non è se non un breve cartone animato, è molto più rotondetta e molto più “seria”, sembra quasi un cartone animato giapponese con movenze aggraziate e con un modo di fare molto più tranquillo. Secondo me la Peppina di Silvia Ziche si addice di più alla tipologia di canzone e a ciò che racconta. Ovviamente si tratta di un’opinione personale che nulla vuole togliere all’originalità e particolarità del cartone animato.
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Il caffè della Peppina
Alberto Anelli, Tony Martucci, Silvia Ziche
Gallucci Editore
libro + cd 8.90 euro