lunedì 27 dicembre 2021

L'isola di Arturo (E. Morante)

Ci ho messo un po' a leggere il libro di Elsa Morante L'isola di Arturo. Arrivato in casa nostra come lettura mensile assegnata a mia figlia dall'insegnante di italiano, mi sono lasciata andare al suo richiamo e l'ho letto anche io.

È uno di quei libri che avevo in mente da tempo ma che mi spaventavano un po'.

E devo dire che, in effetti, la lettura non è stata propriamente scorrevole per via di uno stile d'altri tempi che ha richiesto un po' prima che entrassi appieno nella storia. Ci ho messo molto tempo a leggerlo e l'ho alternato con altre storie più leggere e scorrevoli, devo ammetterlo. Posso immaginare la difficoltà di un'adolescente come mia figlia che, in effetto, non è per niente attirata dalla storia di Arturo.

Mi sono trovata tra le mani quelli che definirei un libro di formazione che ha per protagonista un bambino, prima, e un adolescente poi assieme ad un'isola. L'isola di Procida è parte imprescindibile del racconto: un mondo che allontana i suoi abitanti da tutto il resto, che sembra bastare loro (e ad Arturo in particolare) per avere tutto ciò di cui si ha bisogno. Eppure è un mondo chiuso, una limitazione geografica che Arturo non ha scelto ma che subisce.

La trama è nota a tutti: la storia di Arturo è quella di un bambino che cresce in una situazione familiare particolare. Orfano di madre e con un padre spesso assente si troverà a vivere sotto lo stesso tetto di una giovanissima matrigna. Una convivenza non semplice e che lo porterà a fare delle scelte importanti

Siamo nell'anno  1938. Arturo Gerace, orfano di madre, morta nel darlo alla luce, vive in una solitudine che gli basta. Questo, almeno, è quello che crede. Non ha amici, ha una famiglia molto particolare con un padre assente ma la cui figura lo illumina ogni volta: Arturo ha un atteggiamento adorante nei confronti di suo padre e questo lo lega indissolubilmente a lui nonostante tutto. Eh già, dico nonostante tutto perché a mio parere quella del padre non è una figura positiva. Pur essendo il suo unico vero legame con le sue radici, quell'uomo mi ha destabilizzata in moltissime occasioni con il suo comportamento di sufficienza nel confronti di un figlio per il quale ogni tanto ha degli slanci d'affetto che sembrano riempire la vita di quel ragazzino ma che, più spesso, ha un atteggiamento di indifferenza assoluta.

Eppure Arturo ama quell'uomo e ne assorbe tutta l'energia tanto da metterlo sempre e comunque al primo posto e considerarlo come esempio.

Il romanzo trasmette moltissime emozioni. Mi è sembrato di avvertire sulla mia pelle quella solitudine che riempie il mondo di Arturo, la gelosia che prova nel crescere e che è il sentimento dominante per tutto il racconto anche quando lui non se ne rende conto, così come il disagio di trovarsi in situazioni che non riesce a controllare.

L'arco di tempo nel quale si consuma la storia è piuttosto breve e resta in sospeso la sorte di quel ragazzo che viene costretto dalle circostanze a fare una scelta che mai avrebbe preso in considerazione visto il suo legame morboso con l'isola. È lui stesso che, da uomo maturo ormai, racconta l'epoca della sua fanciullezza e giovinezza e lascia trasparire, nei suoi commenti, la sua maturità di oggi a fronte delle reazioni istintive di allora. Reazione che, a ben guardare, hanno segnato in maniera indelebile la sua vita in determinati frangenti.

L'unica figura femminile nel periodo della sua infanzia è quella di Immacolatella, una cagnetta con la quale entra subito in sintonia. Poi, nell'adolescenza, la situazione cambia ma l'assenza di una figura femminile, l'assenza di sua madre, inizia a pesare ogni giorno di più.

La sua solitudine è fatta di carenza di affetto, di gesti gentili, di manifestazioni di sentimenti che non vadano oltre lo scodinzolare della cagnolina e questa sua solitudine mi ha molto colpita. Così come mi ha colpita la sua capacità di crescere da solo, di maturare piano piano, strada facendo (anche commettendo degli errori) a fronte dell'assenza di una vera educazione. Non va scuola, non ha nessuno accanto che lo possa aiutare a crescere confrontandosi con qualcuno: mette a frutto gli unici strumenti che ha e che altro non sono se non il suo spirito d'osservazione, la sua personalità, i suoi sogni.

E mi ha colpita profondamente l'atteggiamento manifestato nei confronti delle donne sia da parte di suo padre che da altri personaggi secondari: i comportamenti riservati alle donne, all'unica donna della vita di Arturo e suo padre nelle more del racconto, mi hanno rattristata molto. Vedere, poi, che per Arturo quel modo di fare è stato l'unico esempio di come relazionarsi con l'altro sesso, senza un minimo di rispetto, di attenzione, di dolcezza mi ha rattristata ancora di più.

Bisogna tener conto dell'epoca storica in cui siamo, va bene, ma questo aspetto della vicenda - che domina gran parte della seconda sezione del libro - mi ha davvero rattristata. Per la ragazza che si trova alle prese con Arturo e suo padre ma anche per loro stessi che, secondo me, ne sono usciti decisamente impoveriti. 

Su tutto, domina la gelosia. Un sentimento dai colori forti che era inevitabile, secondo il mio parere, in una storia di questo tipo.  

Credo di poter dire che questo libro vada letto con la consapevolezza di avere per le mani un romanzo importante, non semplicissimo e non eccessivamente scorrevole ma capace di emozionare. Non so cosa dirà mia figlia se mai arriverà alla fine... ma per ora so che sta facendo tanta fatica, più di quanto non sia capitato a me soprattutto agli inizi quando la storia mi era sembrata dura a decollare.
***
L'isola di Arturo
Elsa Morante
Einaudi Editore
402 pagine
13.00 euro copertina flessibile, 9.90 copertina rigida, 6.99 Kindle

Nessun commento:

Posta un commento