domenica 30 giugno 2019

Il canto degli abissi (V. Piazza)

Un'isola maledetta. Tale è considerata l'isola di Eilean Mor. Un luogo misteriosi, pericoloso. Così dicono. Un luogo che affascina e cattura. E non solo dal punto di vista figurato. 
E' proprio su quell'isola che Morgan Ducat (una psicologa specializzata in criminologia), nipote di James Ducat sovrintendente del faro  dell'isola nel 1900 e misteriosamente scomparso assieme a due suoi fiati marinai, decide di fare delle ricerche per fare chiarezza sulla sorte del fratello di suo nonno. Il caso è stato chiuso dalle autorità come un tragico incidente ma lei non crede che sia andata esattamente così.

Ecco, dunque, che il libro narra in parallelo la storia di James e quella di Morgan facendo dei salti temporali che permettono di seguire entrambe le vicende e collegarle in modo tale da comprendere ciò che è stato e ciò che è oggi. 

James Ducat non temeva quell'isola e ne sentì il richiamo. Un richiamo soave, ammaliante, una voce di donna che assume anche un aspetto fisico affascinane. James non ha paura e non crede che sia qualche cosa di malefico, di negativo, di pericoloso.
A distanza di anni, Morgan sente lo stesso richiamo quando arriva su quella stessa isola accompagnata da Jacob Hollsen, dirigente della Northern Lighthouse Board, società che gestisce la funzionalità dei fari. Lui è un uomo solitario e senza paura, che ha fatto della sicurezza del prossimo la sua ragione di vita, mettendo da parte - questo è quel che mi è sembrato di capire - anche il suo diritto alla felicità.

Il canto degli abissi è un libro che mi è piaciuto fin dalle sue prime pagine, contro ogni mia aspettativa. Protagonista è il mare con i suoi misteri, con il suo fascino, le sue contraddizioni. E protagonisti sono dei personaggi che si mettono in gioco e accettano delle sfide importanti.

La storia di fondo è quella di James Ducat e della sua misteriosa scomparsa: è la vicenda trainante dell'intero libro ed è attorno a tale storia che si intende fare chiarezza. Morgan, però, oltre a vivere un'appassionante avventura alla ricerca dei trascorsi del suo avo, si trova anche ad avere accanto un uomo che le scompiglia i sensi: nella seconda parte del libro emerge l'aspetto romantico della situazione che, secondo me, se non ci fosse stata sarebbe stato meglio.
Mi spiego: avevo letto che si trattava di un romance ma per come è iniziata e si è sviluppata la storia mi sono lasciata catturare dall'avventura e i risvolti rosa, secondo il mio parere, hanno stonato un pochino. Avrei preferito che avesse continuato a restare sul piano dell'avventura.

Poi ho degli appunti da fare... piccoli problemini in cui mi imbatto spesso negli e-book. Ho notato un uso secondo me non corretto delle virgole
Ma James, sospettava che la ridotta vita in mare, non avesse ancora infettato la purezza di quel ragazzo.
o qualche errore di battuta ed anche qualche parola secondo me inappropriata.
Quando sento dire "...fino a che la caviglia non mi si storta"... io storco il naso. Io di solito faccio una storta o la caviglia mi si storce... magari mi sbaglio ma non mi sembra una frase molto corretta.
Oppure la frase: "Agghiaccio e la marea sale". Mmmm ho qualche perplessità!
Ed ancora: "Mentre parlavo, sistemai con cura i fiori...". Due tempi verbali diversi in una frase che richiederebbe lo stesso tempo verbale, no?
Sono pignola, lo so... però le mie sono osservazioni che possono aiutare a migliorare...

Comunque, la storia mi è piaciuta, mi è piaciuto il finale ed anche sapere, come dice l'autrice nelle note, che la storia dei guardiani di Eilean Mor sia realmente accaduta e alcuni passi del diario che sono proposti tra le pagine siano reali, come anche i loro nomi  che sono stati mantenuti.
Non manca della buona, sana invenzione ma va bene così.
***
Il canto degli abissi
Valentina Piazza
173 pagine
Kindle Unlimited

sabato 29 giugno 2019

Lo scandalo Modigliani (K. Follett)

Ken Follett come non l'avevo mai letto. E' stata la prima cosa che ho pensato quando ho iniziato a leggere il libro Lo scandalo Modigliani: si tratta del primo romanzo di un autore che poi diventerà famoso per romanzi di gran lunga diversi da questo ma che già, fin da questo primo libro, dimostra di saper scrivere bene.

La storia è, a ben guardare, molto semplice: siamo nel mondo delle gallerie d'arte e si apre una singolare ricerca ad un'opera fino ad ora sconosciuta, realizzata - così si dice - da Modigliani in un momento in cui era sotto l'effetto di droghe.

Tra interessi legati all'accrescimento della propria conoscenza sul mondo di Modigliani ed interessi più meramente economici legati, Follett propone al lettore molti personaggi che sembrano fare una vita a se stante ma le cui esistenze, pian piano, si legano le une alle altre.

Chi arriverà prima al quadro? La studentessa di storia dell'arte Dee Sleig o il gallerista Charles Lampeth che oramai non ha più un soldo in tasca e confida in un colpo di fortuna bello e buono?
O meglio, riuscirà qualcuno a trovare questo quadro? Esiste davvero?
Attorno a loro gravitano tanti altri personaggi, legati con un nodo più o meno stretto ai protagonisti principali, che a volte sembrano voler distogliere l'attenzione del lettore dal quadro misterioso.

Ciò che più mi è piaciuto è il sottile modo utilizzato dall'autore per scoprire qualche altarino soprattutto sul fronte della competenza dei galleristi nel riconoscere un dipinto autentico da uno falso e nel dare un valore all'opera. Devo dire che ha avuto un'ottima intuizione che strappa anche un sorriso.

Secondo il mio parere - ma magari mi sbaglio - la vera storia non è tanto quella legata alla ricerca e al possibile ritrovamento di un Modigliani quanto le vicende legate all'attività di due bravissimi falsari che hanno qualche cosa da dimostrare. Sta qui la genialità, credo.
Lo scandalo, secondo me, sta in questo contesto e non è legato al Modigliani come il titolo indica e come la prima parte della storia fa credere.
Io, per lo meno, così ho interpretato le intenzioni di un autore che sfida un sistema attorno al quale girano parecchi soldi facendo rimediare a qualcuno una figura barbina.
Scelta coraggiosa, sempre secondo il mio parere.

Non è un libro paragonabile agli altri di questo autore perchè è decisamente diverso nello stile ed anche nella struttura della storia. Sembra un altro autore. E', comunque, una storia ben scritta, con personaggi brillanti, ognuno con le proprie aspirazioni - spesso contrastanti con quelle degli altri - in mondo, come quello delle gallerie d'arte, che al termine della storia subisce qualche contraccolpo.

Si legge bene, l'evoluzione delle vicende va seguita con attenzione per non perdere tasselli importanti. 
Ma non è il Ken Follett che conoscono i più.
***
Lo scandalo Modigliani
Ken Follett
214 pagine
prezzo non pervenuto (ho preso il libro in prestito in biblioteca)

martedì 25 giugno 2019

La mia sfida più grande - Anchor Island (T. Osburn)

Ho letto La mia sfida più grande per via della copertina che mi è utile per una challenge a cui sto partecipando. Si tratta del secondo libro di una serie iniziata con Scritto nel destino che, lo ricordo bene, non mi era dispiaciuto affatto.
Questa volta, lo dico subito, il secondo volume della serie Anchor Island mi è sembrato noioso e scontato... ho trascinato giorni e giorni la lettura aspettando che la storia ingranasse davvero ma non è stato così. Mi spiace, ma non è stato affatto così.

Giusto per ricordare a che punto eravamo, Beth, Lucas e Joe sono stati i protagonisti del primo volume. Lei, fidanzata con Lucas, sul punto di sposarsi, alla fine lo lascia per suo fratello. Questo in estrema sintesi.
Nel secondo volume della serie i protagoisti sono Lucas e Sid - una ragazza che fa il meccanico di mestiere e che, soprattutto dai modi, sembra un uomo mancato - mentre tutti gli altri restano sullo sfondo.

A due mesi dalla delusione provata con Beth, Lucas torna nell'isola in cui abita la sua famiglia per via di un malore del padre. Deve aiutare a portare avanti l'attività di famiglia, un ristorante che senza Tom (il padre di Lucas e Joe) farebbe fatica ad andare avanti.
Questo vuol dire riaprire qualche ferita, soprattutto nel momento in cui Lucas rivede suo fratello e deve dividere con lui l'impegno al ristorante. 

A dire il vero Lucas ha poco tempo per leccarsi le ferite: ha qualche problemino con lo studio legale in cui lavora e questo gli provoca non propri pensieri inoltre, sull'isola, si imbatte nella bella Sid che nasconde dentro una tuta da meccanico un fisico esplosivo ed un caratterino niente male.
Inutile dire che tra i due scoppia la passione, inutile dire che Lucas mette subito le carte in tavola dicendo che la loro non potrà mai essere una storia duratura perchè lui tornerà in città per il suo lovoro e lei non ha nessuna intenzione di lasciare l'isola.

Combattuti tra la necessità di darsi l'uno all'altra con passione e tra la realtà che li porta a fare i conti con un futuro che non li vede insieme, Lucas e Sid vivono una storia che viene narrata con dovizia di particolari ma che non mi ha lasciato nulla soprattutto perchè scontatissima dall'inizio alla fine.

Non è un libro scritto male, non dico questo. Dico solo che la storia che ha aperto la serie se non altro aveva un perchè... qui siamo nella banalità più assoluta.

In ogni modo posso dire che il personaggio che mi è piaciuto più di tutti è quello di Sid: una donna che sa il fatto suo, che non si fa mettere i piedi in testa e che, seppur cresciuta come un maschiaccio e pur atteggiandosi come uno scaricatore di porto, riesce a trovare il suo lato femminile e a farne tesoro. E' noiosa, però, quando ripete continuamente che non si deve innamorare, che è una storiella senza impegno, che è un rapporto a termine. Lo dice continuamente e questa cosa rende la storia ancor più noiosa.

Peccato, perchè lo scenario dell'isola è bellissimo e stavolta non è stato utile a creare nemmeno un pizzico di magia, almeno per me.

Questa volta, e mi spiace dirlo, la lettura è stata completamente tempo sprecato per me.
***
La mia sfida più grande (Anchor Island 2) 
Terri Osburn
320 pagine
Kindle Unlimited

lunedì 17 giugno 2019

Rien ne va plus (Antonio Manzini)

Antonio, ascoltami bene... non m'inganni!
Io non ti credo, questo finale non m'inganna e se pure dovrò aspettare anni - perchè l'ho capito che per il momento Rocco Schiavone lo vuoi lasciare da parte per un po', lo hai detto tu stesso nel presentare proprio questo libro (e io c'ero) - aspetterò. Aspetterò di sapere cosa ti salta in mente per risolvere la situazione.
Sappi che non m'inganni!

Se potessi parlare ad Antonio Manzini, terminata la lettura del libro Rien ne va plus della serie del vicequestore Rocco Schiavone è questo che gli direi.

Posta tale premessa, l'ultima avventura - in ordine di tempo e di uscita - di Schiavone è più rocambolesca delle solite con una squadra che (finalmente!) si trova ad affrontare una vera e propria azione sul campo e che, se non erro, fino ad ora l'autore non aveva mai proposto in modo così completo, armi alle mani e cuori che battono all'impazzata nel petto. 

Questo libro è la naturale continuazione del precedente - Fate il vostro gioco - dove la storia era tutt'altro che chiusa: Rocco aveva individuato i colpevoli della morte di un uomo nell'ambiente dei casinò ma i conti non tornavano. Qualche cosa era sospeso ed ora si fa chiarezza su una situazione ingarbugliata e complessa ma che pian piano vede i nodi arrivare al pettine.

Questa volta Schiavone e i suoi uomini sono alle prese con la scomparsa di un furgone portavalori. Scompaiono tanti soldi e ben presto viene trovato anche un cadavere collegato proprio a questa scomparsa. Portavalori, soldi, casinò, potere: i legami non mancano... che sia tutto parte di un unico disegno avviato tempo prima, con l'uccisione di un uomo che apparteneva proprio a quel mondo?
Che sia arrivato il momento di scrivere la parola fine su una vicenda attorno alla quale Rocco sente di dover fare chiarezza? 
 
Le indagini questa volta porteranno anche ad una vera e propria azione e questo mi ha positivamente colpita. Immaginare all'azione quegli uomini che Manzini ha indotto il lettore a considerare familiari raccontando, un libro dopo l'altro, le loro storie, mi ha convolta più del dovuto perchè ho temuto di perdere qualcuno di loro... e, mannaggia alla miseria, non ci sono mica andata tanto lontano! 

Non posso dire di più ma, oltre ad aver apprezzato l'azione della squadra, ho notato alcuni sospesi.
Resta in sospeso la storia di Sebastiano ed anche l'amicizia tra Sebastiano e Rocco.
Resta in sospeso la storia di Caterina ed anche il legame tra Caterina e Rocco che, seppur spezzato alla fine della storia precedente, ha lasciato delle ferite aperte in un uomo che anche stavolta vorrebbe vederci chiaro. 
Avrei qualcosa da dire anche in merito ad Italo, sempre parlando di sospesi e, perchè no, in merito alla coppia Gambino/Fumagalli ed anche su alcuni trascorsi di Rocco... 
C'è ancora molto da dire ed io so aspettare!

E poi, caratteristica di ogni libro di questa serie confermata in pieno anche stavolta, mi è piaciuta la scelta di dare spazio ad uno dei membri della squadra: in precedenza era toccato ad altri, come Caterina Rispoli, Italo Pierron... Questa volta è toccato all'agente Casella: è sulle soglie della pensione e si rende conto, un giorno dopo l'altro, di quanto gli pesi la sua solitudine. Vorrebbe venirne fuori ma fa fatica. Non gli è semplice rompere in ghiaccio con la gente, soprattutto se risponde al nome della sua vicina di casa che osserva da lontano da tempo, che sogna di notte ma con la quale non riesce a scambiare più di un buongiorno o di un buonasera. Anche stavolta colpisce l'umanità dei personaggi creati dalla penna di Manzini: personaggi fragili, con dei difetti, con delle aspirazioni, con dei sogni nel cassetto. Non dei supereroi ma degli uomini e delle donne che hanno una vita oltre che un ruolo accanto a Schiavone.

Letto tutto d'un fiato, Rien ne va plus sembra voler chiudere un cerchio ma io non credo proprio che sia così, almeno non del tutto. Potrà essere così sul fronte delle indagini nel mondo della ludopatia, ma per il resto secondo il mio parere c'è ancora molto da dire. 
Rien ne va plus per Rocco Schiavone?
Non credo proprio. 
Anche se Manzini fa del tutto per convincermi.
E non credo di sbagliare.

Inutile dire che è un libro che consiglio senza riserve, con un vicequestore che mantiene il suo brutto carattere e che continua ad avere poca fortuna in fatto di donne ma che è anche capace di slanci d'affetto in aspettati e che sono capaci di far battere il cuore. 

Ps: in questo libro ci si diverte anche, a tratti... non nel finale, però. Il finale non è per niente divertente... va letto. Punto e basta. Ovviamente seguendo l'ordine di uscita delle vicende di Rocco Schiavone perchè si rischia di non capirci niente in caso contrario.

***
Rien ne va plus
Antonio Manzini
Sellerio Editore Palermo
310 pagine
14.00 euro

venerdì 14 giugno 2019

Fate il vostro gioco (A. Manzini)

Tempo di esami di stato. 
Lei studia, io leggo.
Va indubbiamente meglio per me, a dirla tutta. 

L'altro giorno abbiamo scelto una bellissima pineta per riservarci qualche ora di tranquillità all'aria aperta ed io ho approfittato per terminare la lettura di Fate il vostro gioco di Antonio Manzini.

Proseguono le avventure di Rocco Schiavone: il vicequestore nato dalla fantasia e dalla penna di Manzini è ancora alle prese con i suoi tormenti personali oltre che con un caso lo porta dritto nel mondo dei Casinò.
Il suo tormento personale è legato alla lontananza dei suoi amici (in particolare di Sebastiano che lo crede ancora colpevole di un infame tradimento) ma anche al tradimento di una donna alla quale si era molto avvicinato e con la quale aveva creduto di aver trovato un po' di calore vero.
Rocco è ancora un uomo solo, scontroso, autoritario. Le sue ferite tornano a sanguinare in modo più o meno doloroso e le sue vicende personali sono uno degli ingredienti che più mi hanno fatto affezionare a lui. Ha 50 anni, non ha famiglia, vive da solo con un cane, fa un lavoro schifoso tra cadaveri e sangue, ha dei segreti piuttosto importanti, dei metodi sindacabili e riesce a guardare avanti solo a corto raggio perchè, come lui stesso dice, più in là c'è tanta nebbia.

Eppure ha un cuore grande. 
Lo dimostra, ad esempio, nel prendersi cura di Gabriele: l'affetto che Rocco nutre per quell'adolescente problematico, con i capelli lunghi e unti mostra un lato del suo carattere che quasi vorrebbe reprimere ma che lo caratterizza, una storia dopo l'altra.
Ha un cuore grande anche nell'affrontare un serio problema sul fronte delle dipendenze dal gioco. 
In particolare, mi ha colpita il modo in cui Rocco aiuta un amico, prima che collega anche se usa dei metodi poco convenzionali pure in questo caso.
Ma un comportamento differente non sarebbe da lui.
A proposito di amicizia, anche i suoi amici storici, romani de Roma, hanno un ruolo in questa storia. Uno di loro in modo piuttosto attivo.
Un altro in modo molto intenso anche se compare solo alla fine. 
Ed è un'immagine fugace ma emozionante, di quelle che restano nel cuore.

Devo dire che sul fronte delle indagini questa storia mi è sembrata un po' più piatta delle altre, meno avvincente delle precedenti e - questo va detto - anche se tutte le storie di Rocco Schiavone sono legate l'una all'altra con un criterio di consequenzialità, stavolta abbiamo una storia che non finisce e per l'epilogo della quale si dovrà per forza leggere il seguito.

Ciò che ha dato un po' di elettricità alla situazione - e che è mancata, secondo me, per gran parte della lettura se non fosse per le vicende personali - è la paura che, sul finale, attanaglia Rocco. 
Le tessere iniziano ad andare al loro posto e Rocco ha paura. 
Che sia giunto il momento di pagare il conto? 
L'accelerazione sul finale ha fatto da apripista - sotto questo aspetto - al prossimo volume ed ora sono molto, molto curiosa di andare avanti.

Rocco Schiavone mi piace, mi piacciono le sue avventure. 
E chi l'ha detto che debbano essere tutte adrenaliniche? 
Io un bel po' di adrenalina la prevedo in futuro. 
Sbaglierò? 
***
Fate il vostro gioco 
Antonio Manzini
Sellerio Editore Palermo
389 pagine
15.00 euro

domenica 9 giugno 2019

Cento giorni di felicità (F. Brizzi)

Solitamente recensisco il libro che ho terminato di leggere subito dopo averlo chiuso, a lettura ultimata. Non subito nel senso di un attimo dopo ma, comunque, nell'arco della giornata. 

Stavolta non ce l'ho fatta. Ho dovuto fa passare qualche giorno per far sedimentare le sensazioni che la lettura di Cento giorni di felicità ha provocato in me.
Lucio Battistini è un uomo di quarant'anni che vive un momento particolare della sua vita. Ha tradito sua moglie ed ora ne paga le conseguenze visti che è stato da quest'ultima allontanato dopo aver scoperto il tradimento.
Brutta situazione. Se non fosse che si trova a fare i conti con una situazione ancora più brutta, celata sotto il nome di un amico Fritz che nessuno vorrebbe mai avere: il cancro. I medici sono chiari con lui: ha poco più di tre mesi di vita, l'ultimo periodo della quale non sarà per niente facile visti gli effetti di quel male che, purtroppo scoperto troppo tardi e purtroppo molto aggressivo, sta svolgendo egregiamente il suo lavoro, anche con una certa velocità.

Disperarsi? Abbattersi? Lasciarsi andare? 
Lucio decide che questi ultimi cento giorni di vita dovranno essere i più belli mai vissuti e decide anche di lasciare questa terra in modo dignitoso, lasciando il ricordo di un uomo vitale, capace di sorridere anche nei momenti più bui. E' soprattutto per i suoi figli, oltre che per se stesso, che decide di fare un percorso di vita, non di morte, fino all'ultimo giorno.

L'autore descrive molto bene le varie situazioni e rende bene i personaggi. Ha uno stile scorrevole ed efficace.

Nelle more del racconto mi sono commossa, mi sono arrabbiata, ho sorriso, ho sofferto. Mi sono emozionata. E se, in alcuni passaggi, non sono proprio riuscita a comprendere le scelte di Lucio, in altri avrei avuto voglia di abbracciarlo e stringerlo per ore.

Si trova a fare delle scelte che non sono per niente facili. Così come non facile è stata, per me, la lettura. Ho perso due giovani amiche per colpa dell'amico Fritz. Una di recente. Un'altra anni fa. E immaginare loro nella stessa situazione di Lucio, con la differenza che la loro è stata una sofferenza reale e quella di Lucio un'invenzione, mi ha fatto male. Le ho immaginate alle prese con la consapevolezza di avere il tempo contato, di avere delle figlie piccole da lasciare per sempre, mariti giovani disperati... Ho sofferto molto nel leggere questo libro e la serenità che Lucio trasmette, anche nella sua scelta estrema, non mi ha convinta del tutto. O meglio, non mi è sembrata una situazione reale. Credo che nella realtà sia tutto più difficile di quanto non avvenga nel romanzo.

E' comunque una storia che non si dimentica. Un uomo che non si dimentica. Una storia ben scritta attorno ad una tematica delicata. Molto.

Credo che quella dell'autore sia stata una scelta coraggiosa: celebrare la vita in un percorso di morte. E' vero, siamo tutti destinati a quella fine, ma quando hai una clessidra che segna inesorabile il passare del tempo, quando la sabbia sta per finire... è tutto più difficile dell'inconsapevolezza dei più.

Mi è piaciuta molto l'idea di un negozio di chiacchiere... qualcuno che metta a disposizione il proprio tempo per chiacchierare con chi non ha nessuno per farlo e avesse, invece, bisogno di parlare. Davvero una grande idea!
***
Centro giorni di felicità
Fausto Brizzi
Einaudi Editore
385 pagine 
14.00 euro

mercoledì 5 giugno 2019

Le assaggiatrici (R. Postorino)

Sapevo che Adolf Hitler, terrorizzato dall'idea di essere prima o poi avvelenato, avesse l'abitudine di far assaggiare a qualcuno il cibo che era destinato a lui. Non avevo mai letto prima d'ora, però, una storia che avesse proprio loro come protagoniste, Le assaggiatrici.

Ecco perchè dico fin da subito che la storia raccontata la Rosella Postorino, pur riportando una situazione che conoscevo, per me è stata originale ed unica nel suo genere. Magari ci sono in circolazione altri libri che parlano della figura di coloro che assaggiavano il cibo del Fürer ma per me questa storia è una novità assoluta.

Rosa è una delle donne che vengono arruolate per mettere la propria vita a servizio di Hitler: ha il compito di assaggiare il cibo a lui destinato, assieme ad altre compagne di sventura, e viene anche pagata per questo. Non tanto per ingozzarsi. non è certo un premio quello che le viene riconosciuto,  quanto per verificare che sia tutto a posto e che non vi sia cibo avvelenato. In caso vi fosse, perderebbe la vita immolandosi sull'altare della difesa della vita del Fürer. Questo è il suo compito. Questa la sua via di scampo, la sua unica possibilità di avere un presente ed un futuro in un momento storico incerto e difficile.

E' un romanzo forte che fa arrivare al lettore il punto di vista di una protagonista tedesca che vive sulla sua pelle una serie di contraddizioni che le attanagliano l'esistenza.
Sa che potrebbe morire in ogni momento. Sa che il cibo con cui si sazia potrebbe essere letale. Sa anche che sta facendo quello che sta facendo in nome di una fedeltà che, a dire il vero, le va un po' stretta. Ma non ha avuto molta scelta.

Accanto a lei, che vive anche una tragedia personale dovuta ad un marito al fronte che viene dichiarato disperso, appaiono donne che si portano addosso il peso di esistenze di cui poco si sa, ma che hanno in ogni caso lasciato dei segni. 

La più misteriosa - ed anche il personaggio che ho preferito - è Elfriede che porta marchiata sulla pelle la storia di un'epoca.

E' un libro ricco di contenuto ma non pesante e mi è piaciuto.
Soltanto un aspetto mi ha un po' spiazzata: in diversi momenti l'autrice fa dei salti in avanti raccontando situazioni rispetto alle quali il lettore sente che manca qualche cosa. 
Non so se mi spiego in modo chiaro: in più punti il racconto inizia con una situazione alla quale la protagonista è arrivata ma che il lettore non sa come, non si rende nemmeno conto se c'è stato un salto temporale... Personalmente ho creduto, un paio di volte, di essermi persa qualche cosa, di aver letto qualche capitolo più distrattamente del solito perchè i conti non tornavano.
Non ero io ad essere distratta, no. 
Si tratta di una scelta stilistica dell'autrice che fai dei salti in avanti per poi fornire le spiegazioni dovute, quelle che sulle prime al lettore mancano per capire bene dove si sia arrivati o di cosa si stia parlando.

Mi è capitato soprattutto sul finale quando mi sono trovata davanti ad una situazione - rispetto alla quale nutrivo parecchia curiosità, non lo nascondo - che ho fatto fatica, sulle prime, a comprendere. Poi pian piano ho messo insieme i pezzi ed ho svelato l'arcano.

Per il resto, bel libro, tematica importante, stile equilibrato ed efficace.

Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle 3 ciambelle in quanto libro ambientato nel '900. Questa è anche una delle ultime letture con cui partecipo all'attuale fase della challenge Le quattro cavaliere dell'Apocalisse a cui sto partecipando.
***
Le assaggiatrici
Rosella Postorino
Feltrinelli Editore
285 pagine
17.00 euro

sabato 1 giugno 2019

Quella metà di noi (P. Cereda)


Matilde Mezzalama è la protagonista del libro Quella metà di noi di Paola Cereda. 
Un libro che he si apre con le parole più brutte che una madre potrebbe sentirsi dire da una figlia. 
Una richiesta di soldi, nuda e cruda, perché
tu esisti solo per soddisfare i miei bisogni, per vivere una vita secondaria. E' a questo che servono le madri.Terribile incipit. 
La figlia di Matilde, Emanuela, si rivolge a lei con freddezza, come se le fosse tutto dovuto e sminuendo la vita di sua madre come se non contasse nulla. 
Da qui si capisce che il rapporto tra le due donne non è certo semplice.

Matilde non è più giovane ma accetta comunque un lavoro come badante per far quadrare i conti. Quando accudisce l'ingegner Giacomo, l'anziano signore che le è stato affidato si sente utile, viva. 
Matilde è fondamentalmente una donna sola. Sola con il suo presente, sola con il suo passato. Sola con un futuro incerto davanti a se.
E' sola pur avendo accanto diverse persone che, però, restano ognuna al loro posto con i loro vizi, le loro paure, le lodo difficoltà, i loro limiti.

Nei confronti di sua figlia Matilde appare indulgente.
E' una donna buona, ho pensato. Poi mi sono interrogata sul perché di quell'atteggiamento così freddo di quella figlia che pretende di annullare l'esistenza di sua madre in funzione della sua.

Chiede soldi. Ma soldi Matilde non ne ha perché nel suo passato ha commesso un errore del quale paga ancora oggi pegno. Il rapporto tra le due donne appare subito impari, come se fossero su due livelli differenti. Matilde si sente inadeguata nei confronti di sua figlia e quest'ultima si pone con un carattere forte, con un modo di fare che lascia trasparire qualche conto in sospeso tra le due donne. 

Nelle more del racconto, quella Matilde insicura e che ispira un certo senso di protezione nel lettore inizia a raccontare una storia diversa. Inizia a raccontare quella storia di cui sembra volersi privare, quel passato che non è ancora un capitolo chiuso, quella vita che ha vissuto ma che non è ancora del tutto un capitolo chiuso anche se, apparentemente, potrebbe sembrare così. 

Paola Cereda propone personaggi che sanno catturare il lettore.
Matilde più di tutti ma anche il signor Giacomo - che trova in lei un appiglio, un motivo per restare attaccato alla vita più che può, un barlume di speranza - così come la stessa Emanuela che con il suo modo di fare si pone in modo indisponente, antipatico, prepotente. Non è un personaggio che lascia il lettore indifferente e credo che questo sia un grosso merito da riconoscere all'autrice.

Il libro è ben scritto, intenso, capace di affrontare problematiche come i difficili rapporti familiari, il rapporto tra diverse culture, l'amore e i suoi effetti non sempre favorevoli ma anche la necessità di fare delle scelte per se stessi prima che per gli altri.

Ecco, questo è ciò che mi resta di questo libro: la necessità di amarsi, di volersi bene e di non annullare la propria persona davanti a niente e nessuno.
Questo mi ha insegnato Matilde con le sue fragilità, i suoi limiti e i suoi sbagli.

E' un libro che mi ha colpita sia per lo stile di scrittura che per i contenuti. Non è un libro pesante pur proponendo delle riflessioni importanti.

***
Quella metà di noi
Paola Cereda
Giulio Perrone Editore
220 pagine
15.00 euro