venerdì 29 luglio 2016

Out of the blue. Rinascere mamma (V. Colmi) - Venerdì del libro

Valentina Colmi si racconta in un e-book. La blogger Valentina Comi, del blog www.post-partum.it, si racconta nell'e-book Out of the blue. Rinascere mamma. E' il secondo libro sul tema della depressione post-partum che leggo nell'arco di due mesi, dopo quello di Simona Redana.

L'argomento è lo stesso, le protagoniste sono donne alle prese con la propria gravidanza e tutto ciò che ne deriva, sia a livello fisico che psicologico. Entrambe si raccontano ma lo fanno in modo diverso. 
Valentina rende partecipi le proprie lettrici di un racconto diretto, schietto ed oggettivo. Simona aggiunge un pizzico di ironia. Valentina no. Ognuna ha il suo modo di raccontarsi, di raccontare la propria esperienza. Entrambe parlano delle difficoltà legate all'essere madre quando l'istinto materno manca, quando ancora non si riesce ad essere la mamma che si immaginava di essere, quando non si prova niente (o quasi) per quell'esserino che fino a poco tempo prima andava in giro dentro la pancia della sua mamma.

Valentina decide che è il momento di avere un figlio ed arriva alla gravidanza in fretta. Forse troppo in fretta. Se ne rende conto nel momento in cui si trova ad affrontare un parto più difficile di quanto previsto e, poi, quando si trova ad avere accanto una bambina per la quale non sente alcun trasporto se non quello che simula ogni volta che qualcuno dei suoi cari la va a trovare. Valentina ha bisogno di attenzioni ma le attenzioni, ora, sono tutte per sua figlia. Valentina non sta affatto bene e solo nel momento in cui ammetterà di stare male e di dover affrontare la sua malattia riesce a capire cosa le sta succedendo e ad affrontare la situazione.

Fino ad un certo punto del racconto ho pensato che fosse proprio deprimente per una mamma in dolce attesa che, leggendo la storia di Valentina, avrebbe potuto farsi prendere dal panico. Alla fine, però, il messaggio che viene lanciato è chiaro: donne, non temete di mettervi a nudo, non temete di chiedere aiuto quando sentite di non stare bene, dopo il parto. Non c'è vergogna che tenga davanti alla necessità di essere aiutate e di venir fuori da una situazione che non è affatto irreversibile e che, soprattutto, non è poi così rara come può sembrare.
Grazie alla terapia Valentina scopre molto di se stessa, del suo rapporto con la sua famiglia e tutto ciò le sarà utile per affrontare il suo problema con gli strumenti giusti.

L'autrice racconta la sua esperienza senza filtri, racconta come non sia tutto rosa e fiori come spesso si vuole far credere ad una gestante, come i problemi possano essere dietro l'angolo e, soprattutto, come non vada mai ignorata la necessità di farsi aiutare.
Da qui l'invito alle donne che si trovano in questa sua stessa situazione a non mettere la testa sotto la sabbia ma a trovare il coraggio e la lucidità necessari a farsi aiutare.
Nonostante il racconto possa davvero mettere addosso un bel po' di panico a chi si appresta a partorire (questo è quel che ho pensato, non posso farci niente) il libro si chiude con un messaggio di speranza e con la testimonianza di come, con l'aiuto giusto, ogni donna possa farcela anche quando la situazione sembra oramai sfuggita di mano.

E' una lettura positiva, che vuole aiutare le donne che vengono a trovarsi in una situazione simile e che potrebbero sentirsi abbandonate, incomprese, diverse. Valentina dice loro che non è affatto così e la sua storia, così come la storia di Simona, ne è una prova. 

Lo propongo per il Venerdì del libro di oggi a cui arrivo sul filo di lana e lo propongo anche come spunto di riflessione sull'argomento.
E' scritto da una donna pertanto mi permette di partecipare alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 1: libro scritto da un'autrice. 

mercoledì 27 luglio 2016

La settima onda (D. Glattauer)

Doppio record per me in questi giorni. Il primo, in assoluto, è un record di lettura: La settima onda, preso in prestito ieri pomeriggio in biblioteca, letto stanotte (notte insonne per via del caldo) ed oggi pomeriggio, terminato e pronto a tornare in biblioteca. 
Il secondo è un record in fatto di libri della stessa serie, dello stesso autore letti a poca distanza l'uno dall'altro. La settima onda è il seguito del primo libro di Glattauer, Le ho mai raccontato del vento del nord, recensito giusto dieci giorni fa!

Tornano Emmi e Leo. Eh si, tornano! A giudicare dal come era terminato il primo libro non c'era da aspettarsi un proseguimento di questo tipo e, soprattutto, un epilogo come quello che mi sono trovata davanti agli occhi.
E posso essere sincera? Ho preferito il primo, di libro. Sia per l'originalità dell'idea - la narrazione sotto forma di scambio di e-mail tra i due protagonisti - sia per le caratteristiche dei personaggi che per il finale. Eh si, secondo me era quello il finale giusto!

Emmi, in questo secondo libro, è più antipatica e contorta di quanto non lo fosse nel primo. Se nell'altro libro ho apprezzato la sua ironia, il suo modo di essere e di relazionarsi con Leo e con il resto del mondo, stavolta avrei voluto averla davanti a me per prenderla a schiaffi.

L'autore torna a raccontare un rapporto epistolare, un rapporto moderno che si sviluppa a colpi di e-mail. Stavolta, però, ci sono delle novità. Prima tra tutti la conoscenza diretta tra i due protagonisti. Non c'è spoiler, tranquilli... Fin dalle prime pagine i due si incontrano. Questo incontro cambierà il corso delle cose? Che tipo di incontro sarà? Sarà determinante o niente di che? Tutto da scoprire!

Non dico altro. Ricordo, velocemente, che nel primo libro i due si erano conosciuti per sbaglio via mail ed avevano iniziato a conoscersi e a stringere un rapporto profondo senza essersi mai conosciuti di persona. Poi la storia aveva avuto una svolta ed il finale non era affatto un finale aperto. 
Poi l'autore ha pensato, invece, di renderlo tale riaprendo la storia in modo piuttosto banale a dire il vero e, secondo me, un po' la storia ha perso. L'impianto in generale mi è sembrato più confuso soprattutto in alcuni dialoghi davvero intricati tra i due. Resta l'ironia di Emmi come elemento di fondo. Il tira e molla tra i due stavolta mi ha un po' irritata e... non avrei concesso questo finale. A lui magari sì, ma se fosse stato per lei proprio no.

Non posso dire altro: è un libro che si legge velocemente e per il quale non possono essere dati altri dettagli su una trama che, a dire il vero, è piuttosto scarna. Forse l'altra volta, nella lettura del primo libro, c'era stato l'effetto sorpresa per i dialoghi tra i due. Stavolta mi è sembrato tutto molto scontato.

In ogni modo, questo libro mi permette di partecipare  alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 2: un libro con una donna raffigurata in copertina.

lunedì 25 luglio 2016

Le tartarughe tornano sempre (E. G. Napolillo)

L'Isola. Questo luogo a cui l'autore non attribuisce un nome proprio ma che identifica con chiarezza, grazie a tanti dettagli, è il fulcro del racconto.
Una storia d'amore come potrebbero esserne tante altre ma che, a ben guardare, come tante altre non è. Come tante altre non può essere e solo loro due sanno il perchè.
Perchè Giulia e Salvatore non condividono solo un forte sentimento, un'empatia ed una passione che li lega a doppio filo - anima e corpo - ma condividono qualche cosa di più.
Sono legati anche dall'orrore che i loro occhi hanno visto quando quell'Isola si è vista restituire, proprio davanti a loro, il cadavere di un bambino, seguito poi da un altro e un altro ancora.
Un orrore che resta inciso nella loro anima anche quando si allontanano da quel luogo. Anche quando cercano di dare una svolta alla loro vita. Anche quando credono di aver voltato pagine. 
Quell'orrore resta in loro e continua a legare le loro anime anche quando ci sono chilometri e chilometri a separarli, anche quando quell'amore che si è alimentato un'estate dopo l'altra, quando lei passava le vacanze sull'Isola, viene relegato (senza troppo successo) in un angolino del loro cuore.
L'autore, Enzo Gianmaria Napolillo, nel libro Le tartarughe tornano sempre racconta la storia di un amore adolescenziale che si alimenta nonostante la lontananza ma che, alla fine, subisce gli effetti di una lontananza che diventa un problema. Non ci saranno più estati insieme quando i genitori di Giulia decide di vendere la casa che la famiglia possiede sull'Isola e dove, da sempre, la famiglia trascorre le vacanze. Una scelta, questa, dovuta a qualche cosa di più della semplice voglia di trascorrere l'estate altrove. L'Isola sta diventando scomoda. E lasciare Milano per trasferirvisi in estate non equivale più a lasciarsi alle spalle mesi di lavoro per un periodo di tranquillo relax al mare ma sta diventando andare incontro ad un serio problema. Eh si, pechè l'Isola sta diventato testimone silenziosa di continui sbarchi di persone che scappano dalla loro terra per lasciarsi alle spalle la fame, la guerra, la paura e cercare un futuro altrove, tentando di approdare sull'Isola per arrivare poi a vivere una nuova vita. Ma non è questo quello che succede. Gli arrivi di migranti iniziano a moltiplicarsi così come si moltiplicano i cadaveri che galleggiano in acqua. Si moltiplica la presenza di forze dell'ordine su quell'Isola che perde pian piano quelle sue antiche caratteristiche di piccolo paradiso in mezzo al mare. L'Isola di Salvatore sta diventando tutt'altro che un paradiso.

Quando anche loro, Giulia e Salvatore, vengono travolti da una realtà fino a quel momento per loro sconosciuta, le loro vite si allontanano, le loro scelte li portano su binari differenti, il loro amore si appanna o, almeno, questo è quel che sembra. 

Il racconto del legame tra i due ragazzi, da come cresce, si alimenta e si modifica nel tempo viene alternato dall'immagine di barconi che portano povere anime alla deriva. Vite alla deriva, se non alla morte. Un ritratto tristemente attuale di quanto sta accadendo e di come quell'Isola abbia avuto ed abbia la forza di rispondere a ciò che avviene. Gli isolani non restano indifferenti. Salvatore non resta indifferente così come suo padre.

L'autore racconta, così, la storia di due ragazzi indissolubilmente legata a quella dell'Isola e lo fa usando un linguaggio che mi ha positivamente colpita. Mi è piaciuto lo stile, la scelta dei termini, la delicatezza e allo stesso tempo l'efficacia delle descrizioni. E' riuscito a trasmettermi emozioni anche se, a ben guardare, quei due ragazzi ad un certo punto mi hanno fatto un tantino innervosire... Sono stata tentata di dire loro "...ragazzi miei, crescete un po' e mettete i piedi sulla terra, affrontanto ciò che tutto questo porta con se" ma i loro comportamenti mi hanno fatto pensare a ciò che può davvero accadere a due ragazzi messi davanti a situazioni più grandi di loro. Ed anche le loro reazioni, i loro meccanismi di difesa - perchè sono proprio dei precisi meccanismi di difesa che si attivano in loro - ch e mi hanno fatto apprezzare la storia in ogni suo dettaglio.

Un autore che non conoscevo, Napolillo, ma che mi ha positivamente sorpresa tanto che con questo libro ho intenzione di partecipare all'edizione 2016 dell'iniziativa Asino chi non legge.
Si tratta di una maratona di lettura nell'ambito della quale ogni partecipante ha la facoltà di scegliere il libro che vuole: lo scorso anno non è stata una scelta casuale ed anche questa volta vorrei proporre qualche cosa di significativo.

Quest'anno l'argomento scelto dalla rassegna è "Preferisco il rumore del mare": ho pensato a diverse letture su questo tema ed ho scelto alcune pagine piuttosto significative del racconto di Napolillo. 
Spero che nessun altro abbia proposo lo stesso libro. Mi dispiacerebbe dover cambiare titolo.

Con questa lettura partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori.
Ps. purtroppo la mia pignoleria emerge sempre, non me ne voglia l'autore. Ogni tanto l'uso della punteggiatura mi ha un pochino innervosita anche se, probabilmente, è lo stile dell'autore che ha richiesto delle frasi particolari.
Sente il peso delle pietre ingoiate, delle rinunce, si guarda le dita delle mani e non trova più il filo srotolato da bambino che lo legava a Giulia. Quando lo ha perso?, si chiede, con sgomento, come ha potuto credere che il tempo sarebbe stato infinito e che li avrebbe aspettati?
E poi l'uso del punto dopo le virgolette chiuse, ad esempio. A volte inserito all'interno della frase prima di chiudere le virgolette, a volte dopo, a volte non viene messo per niente perchè la frase si conclude dentro le virgolette con un punto interrogativo... Ancora non sono riuscita a fare pace con l'uso delle virgolette che gli autori fanno, ognuno a suo modo... Probabilmente è un problema mio. Anche la virgola prima che si chiudano le virgolette per non essere più riaperte a me proprio stona... Anche questo probabilmente è un problema mio.
Lasciamo stare le pignolerie.
Il libro mi è piaciuto e ne consiglio la lettura.

venerdì 22 luglio 2016

Scrivere è un mestiere pericoloso (A. Basso) - Il Venerdì del libro

Che mi fosse simpatica l'ho detto già in precedenza. Lo confermo ora, dopo aver letto Scrivere è un mestiere pericoloso. Mi riferisco alla protagonista, a Vani Sarca ma anche all'autrice Alice Basso. Le vorrei conoscere tutte e due di persona per stringere loro la mano. Per motivi diversi ma mi piacerebbe davvero poterlo fare con entrambe.
La Vani l'immagino nel suo look dark che nasconde una donna che sa anche essere femminile quando vuole - e in questo libro, suo malgrado, ne abbiamo una prova. Mi par di sentirla in uno dei suoi discorsi ironici, pungenti, farciti di riferimenti letterari. Una donna intelligente, schiva per sua natura ma capace di stringere forti rapporti umani quando incontra le persone giuste.
Alice la immagino sorridente e soddisfatta per aver reso ai lettori un personaggio che piace. Eh si, perchè credo che sia questo il sentire comune di chi incontra questa ragazza così particolare nel suo modo di essere e nel suo modo di fare, ma anche nel suo modo di esprimersi nella maggior parte dei casi.

Posta tale premessa, Scrivere è un mestiere pericoloso è un libro che propone il prosieguo della storia di Vani Sarca proposta ai lettori ne L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome. E' un libro scritto in continuità con il primo ma l'autrice fa in modo che anche chi l'avesse perso (ed a cui consiglio di recuperare questa mancanza perchè ne vale davvero la pena) possa seguire la storia. Ovviamente per chi ha letto il primo libro è tutto più chiaro e tutto collegato.

Dunque. La trama, senza dire troppo.
Ora Vani è ufficialmente una collaboratrice del commissario Berganza. E qui apro una parentesi. Questo cinquantenne che sa cucinare e s'intende di scalogno e tutto il resto, ha un fascino tutto suo. E' un tipo acuto, di poche parole ma a suo modo affascinante e l'autrice riesce a rendere molto bene questa immagine grazie alle descrizioni (e alle sensazioni) di Vani. 
Chiusa parentesi.

La nostra gosthwriter, perchè è questo il suo mestiere principale, è alle prese con un nuovo libro da scrivere per contro di altri e dovrà farsi violenza visto che si tratta di un libro che ha a che fare con la cucina, attività che lei rifiuta categoricamente di prendere in considerazione. Fino ad ora. Perchè un incarico è sempre un incarico e bisogna che sia informata su ciò di cui andrà a scrivere. Tra le altre cose, ricette!
Vista la sua collaborazione con il commissario, però, spunta anche un'indagine molto particolare, collegata proprio al libro che deve scrivere. Un bel nodo da sciogliere: la protagonista del suo libro confessa improvvisamente un delitto che è stato attribuito ad altri, l'indagine è stata chiusa da tempo con un colpevole che sta scontando la pena e... conti che non tornano quando di mezzo ci sono l'astuzia di Berganza e l'intuito di Vani Sarca.

La nostra protagonista è un personaggio divertente, capace di strappare un sorriso con estrema naturalezza. Non si esprime con un linguaggio d'alta società, sia chiaro! Ma questo non stona affatto in un racconto che rende alla perfezione il suo personaggio.

Mi auguro davvero che la storia di Vani non finisca qui. Se potessi chiederei ad Alice Basso di farci un pensierino su un'altra avventura che porti avanti la storia. Un libro che si legge che è un piacere, con un'indagine che - seppur con ironia - è sempre un'indagine, con un mistero da svelare, con una Vani Sarca che trova persone con cui si sente in sintonia, ed un nuovo libro da scrivere. 
Una lettura che consiglio anche per questo Venerdì del libro e, lo ripeto, che consiglio di leggere dopo essere partiti dall'inizio, dal primo. Che è meglio!

Ps. Un piccolo appunto (ecco che arriva la mia vena critica e precisina).
Non credo che nessun altro lo noti. Io sì.
E' una frase che proprio non mi piace. Due negazioni (non credo che nessun altro) che potevano essere evitate dicendo semplicemente Credo che nessun altro lo noti. Io sì. Non è più corretto? Oppure Non credo che qualcun altro lo noti. Magari sbaglio, ci mancherebbe, ma mi suonava male. Un dettaglio, comunque.
Scusa Alice ma sono un po' precisina e quando qualcosa mi salta agli occhi è più forte di me farlo notare. Perdonata?
Con questa lettura partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori.
E' uno dei libri bonus suggeriti per questa tappa.

giovedì 21 luglio 2016

Nicolai Lilin - Spy Story Love Story - Incontri con l'autore

Non ho letto il libro Educazione Siberiana ma ne ho sentito tanto parlare.
E non conoscevo affatto il suo autore, Nicolai Lilin.
Così, con queste carenze si base ma con tanta voglia di colmare le mie mancanze, ho partecipato ad un incontro proprio con lui, con Nicolai, in occasione del primo appuntamento di una rassegna estiva di incontri con gli autori. 
Onesta fino alla fine: non sapevo nulla di nulla, ne' delle sue origini, ne' dei suoi trascorsi, tantomeno del suo modo di scrivere o degli argomenti trattati (è al settimo romanzo, ed io conosco di fama solo quello poco sopra citato) ma il personaggio mi incuriosiva un bel po' per cui mi ho segnato al calendario l'incontro e ci sono andata.
Sola soletta. Non che ci fossi solo io, s'intende. Sono andata da sola, senza un'amica per chiacchierare o per distrarmi durante l'attesa, insomma.
E poi lui.
Personaggio magnetico, un bell'uomo (il che non guasta) che porta con se una storia che è già di per se un romanzo. Una storia che arriva proprio da Educazione Siberiana (ho fatto delle ricerche, mi sono informata ma a posteriori) e che ha raccontato ai presenti in modo diretto e senza filtri.
Silenzio di tomba durante il suo intervento.
Nonostante le zanzare che tentavano di disturbare - eravamo all'aperto - non volava una mosca.

Atteso in città dall'esordio del suo primo fortunatissimo romanzo (dal 2009), l'autore è stato accolto dalla moderatrice Giovanna Taffetani della Libreria Il Gatto con gli Stivali e dal vice sindaco del comune di Porto Sant'Elpidio (FM) Monica Leoni che gli hanno anche strappato la promessa di tornare per incontrare i ragazzi delle scuole. 
Protagonista del suo nuovo romanzo - Spy Story Love Story - è un personaggio che ha una vita inusuale. Ad ispirarlo è stata una figura realmente esistente nella vita dell'autore.

"Sono nato in un ambiente criminale, eravamo quelli che mettono davanti a tutti le idee del resistere ad un certo tipo di politica. In questo contesto c'era un uomo, un killer, che lavorava con un gruppo collegato al gruppo di mio padre. In un certo periodo della mia vita è diventato il mio idolo: era un uomo impassibile, un uomo di pietra. Zio Sergio, questo il suo nome, pur essendo una persona che uccideva persone sgradite, era un uomo colto. Per un periodo della mia vita sono stato ospite da lui, in Finlandia, e la sua casa aveva le pareti rivestite di librerie stracolme. Vicino a lui mi sentivo protetto, dietro di lui non c'era la sua ombra ma l'ombra della morte. Era un uomo molto bello ma dall'aspetto maledetto. In un certo periodo, mentre ero da lui, viene ucciso un amico comune suo e di mio padre. Sono stato con zio Sergio al funerale ma non ho potuto avvicinarmi a mio padre da cui ero stato allontanato allo scopo di proteggere la mia vita. Tutti piangevano. Zio Sergio no. Quando, in macchina, gli ho chiesto come mai lui non piangesse, mi rispose:
Ragazzo, io piango solo quando leggo.
Da lì ho capito che la vita del killer non era la sua vera vita. La sua vera vita, le sue emozioni, erano nei suoi libri. Zio Sergio è una persona che ho amato pur essendo consapevole che fosse un assassino. Volevo ricordarlo in questo libro costruendo sulla sua base il mio protagonista: un personaggio che è consapevole di essere il male ma che è stanco di essere il male".
Ecco da dove arriva il protagonista, quell'uomo che riscopre il suo lato personale ed inizia ad amare se stesso, nonostante tutto. Il tutto con, sullo sfondo, l'importanza della letteratura anche per una vita come quella del protagonista che della letteratura non ha mai fatto a meno. Nonostante tutto.

Nel libro si parla di criminali onesti ... un po' una contraddizione in termini....
"Le origini del criminale onesto nascono dalla cultura russa ai tempi dello Zar e vanno ricercate nella necessità di resistere ad un sistema che si impone. Quando mio nonno mi regalò il coltello - quella di mio nonno è un'altra figura a cui sono molto legato - simbolo del momento del passaggio dall'essere un ragazzo all'essere uomo mi ha detto:
Ricorda: il cavaliere del re porta l'armatura ed un'uniforme. Il cavaliere del popolo porta il coltello.
Ecco che ho capito che essere criminali onesti voleva dire essere dalla parte del popolo, di chi subisce e tutto ciò mi ha affascinato: l'opporsi con coraggio ad un sistema considerato corrotto. Ciò mi ha portato molto presto in carcere: quando avevo 14 anni ho sparato ad uno spacciatore di droga. Per noi essere parte della criminalità onesta voleva dire difendere con tutte le tue forze il tuo quartiere, la tua gente, da un male che arriva la droga. Quello era il male arrivato da noi: la droga sotto cui cadevano molti miei amici. Eravamo criminali onesti che difendevano la comunità dal male che arrivava dall'esterno. Questa è la realtà che ho vissuto".

Uno dei personaggi del romanzo è Katia, descritta come malata di possesso. Nella vita è pieno di gente così...
Qui ritrovo un'altra frase detta da mio nonno e che mi è rimasta dentro. Un assunto che arriva da un'antica regola del cacciatore siberiano. Va detto che i cacciatori siberiani hanno delle rigide regole. In Siberia non si caccia per divertimento ma per sopravvivenza e da qui arriva la regola secondo cui non si possa uccidere più di quanto il cacciatore non possa portare via da solo. E qui arriva la frase di mio nonno:
Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore non possa amare
Questo è il senso del mio pensiero nel rapporto con il mondo. Nella mia visione del mondo sono molto attaccato alla fisica quantistica. Di mia impronta culturale sono cristiano e la fisica quantistica è la scienza che più si avvicina alla fede. In soldoni, per la fisica quantistica tutti noi facciamo parte di uno stesso campo energetico. Tutti noi siamo concentrazione temporanea di energia ed è inutile possedere di più perchè tutti torneremo ad essere mera energia alla fine. Credo che chi possiede troppo nel momento in cui si guarda allo specchio non veda ciò che ha ma veda riflessa la sua pochezza interiore. Chi possiede troppo manca di basi culturali ed emotive che cerca di compensare con cose materiali".

Titolo e copertina. Da dove arrivano?
"Il titolo è stato pensato dai miei editori. Io l'avevo chiamato semplicemente romanzo n.7 visto che era il mio settimo romanzo. La copertina l'ho affidata al mio amico Stefano Fusaro: una persona di cui mi fido che ha letto il mio scritto prima ancora che venisse editato ed ha pensato alla copertina. Non so nemmeno chi sia l'uomo che vi compare. Probabilmente un amico di Stefano, non saprei".

Nelle more del racconto si apre, poi, un capitolo particolare. Quello dei tatuaggi. Sollecitato da Giovanna, Nicolai racconta come "... quella dei tatuaggi è l'arte con la quale comunico con le persone. 
E' un'arte che ho conosciuto ad otto anni ed è diventata un mio modo di essere, di comunicare: pratico l'arte del tatuaggio e continuo ad esercitare la tradizione siberiana. 
Le persone vengono da me e mi raccontano la loro storia. Questa loro storia diventa un tatuaggio unico e irripetibile perchè la storia di ognuno è unica e irripetibile. 
Tatuo le persone non per motivi estetici, non è questo ciò che faccio. 
Ascolto la loro storia e la riscrivo con il tatuaggio sulla pelle. Ho uno studio a Milano dove insegno la mia tradizione a due allievi che spero vogliano portarla avanti e considero questo mio modo di concepire il tatuaggio come contrappeso al concetto consumistico che oramai dilaga. Mi faccio strumento per dare un'opportunità a chi cerca qualche cosa di più profondo: ogni storia merita di essere raccontata ed è quello che io faccio. Ogni tatuaggio che realizzo è un sigillo di un legame personale che si crea tra me e chi mi racconta la sua vita. Un po' come avviene tra un confessore ed una persona che va a confessarsi. Ciò che conta è la sincerità, l'autenticità e se vedo che ciò manca non realizzo nessun tatuaggio".

lunedì 18 luglio 2016

Il mistero di Agnes Cecilia (M. Gripe)

Cos'è quella strana sensazione che Nora prova quando si trova da sola in casa. In quella casa che era stata risistemata di recente e che ora ospitava lei, Dag, il padre e la madre di lui.
Nora non è la sorella di Dag. No. E' la sua sorellastra. 
Ha quattordici anni e dubita dell'amore dei suoi genitori adottivi. E' convinta che le loro manifestazioni d'amore siano una messinscena e che i sentimenti che provano, realmente, sono compassione per quell'orfanella. Devono averla presa con lei perchè faceva loro pena, non certo perchè l'amavano davvero.

Quando Nora inizia ad avvertire qualche cosa di strano attorno a lei, i dubbi sui suoi genitori adottivi sembrano aumentare tanto da farla sentire quasi un'estranea.
Ma è realmente così? O è la sua immaginazione e la sua solitudine che le stanno giocando un brutto tiro?

Quando quelle strane sensazioni che prova quando è sola in casa cominciano ad essere piuttosto frequenti Nora inizia un viaggio a ritroso nella storia di coloro che hanno abitato in quella casa, anni - parecchi - prima di loro. Verrà così a conoscenza di storie di solitudine, di abbandoni, di amore negato ma anche di rapporto molto forti tra le persone che sono vissute in quella casa anni prima. 
E farà la conoscenza di persone che la segneranno nel profondo e che le sono più vicine di quanto non possa pensare.

Quella narrata nel libro Il mistero di Agnes Cecilia (che fa parte della collana Il battello a vapore - Piemme" è un'emozionante avventura nel tempo. Nora si troverà a vivere situazioni molto particolari e a conoscere la storia di una famiglia a cui si renderà conto di essere molto vicina ed anche legata in modo indelebile.

A catturare la scena è una bambola di porcellana che sembra viva: è realizzata in modo così conforme ad un'immagine di bambina che a volte sembra viva. A seconda di come la luce si riflette su di lei sembra che il suo viso assuma espressioni differenti. Sembra voler dire qualche cosa  Nora. Ma come è possibile? Cosa le vuole dire? 

La protagonista della storia, Nora, vive un'avventura davvero emozionante e fa delle scoperte che le cambiano la vita: la sua è un'esistenza fatta di abbandoni anche se ora, dopo la morte dei suoi genitori, vive in una famiglia che l'ama (anche se lei non se ne rende conto). E verrà in contatto con altre storie di abbandoni. Storie che la toccheranno nel profondo proprio perchè lei sa perfettamente cosa voglia dire essere rifiutati dagli altri.

L'autrice propone parecchi dialoghi e la narrazione è fluida ed intrigante. E' un libro per giovani lettori, consigliato dai 12 anni, ma ammetto di essermi appassionata alla storia di questa bambina e di tutti i personaggi che incontra nella sua indagine a ritroso.
Emergono le paure, le ansie, le convinzioni, le ambizioni, le aspirazioni dei vari personaggi che arricchiscono la storia. Ed emerge la personalità di Nora: una ragazzina che si sente rifiutata e che è alla ricerca di qualche cosa che le manca. Lo sente. C'è qualche cosa che le manca e ne va alla ricerca.

E' una storia che cattura, che richiede anche attenzione per comprendere al meglio tutti i passaggi. E' una storia che commuove e che riscalda il cuore. 
L'autrice propone temi come la perdita dei genitori, l'affidamento a genitori adottivi, l'argomento legato alle ragazze-madri, il rapporto tra adolescenti, le prime pene d'amore ma, soprattutto, la voglia di conoscere, di sapere, di approfondire di una giovane che vuole capire cosa le sta accadendo attorno.

A Nora accade qualche cosa di magico, di inspiegabile, di soprannaturale. E non senza uno scopo. Tutt'altro. Non sono circostanze che le fanno paura ma che le indicano una precisa direzione da seguire.
Bella storia, bella avventura, non solo per ragazzi e che mi permette di partecipare alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 5: un libro con un nome proprio femminile nel titolo.

sabato 16 luglio 2016

Le ho mai raccontato del vento del Nord (D. Glattauer)

Spesso è la prima persona della giornata a cui mi rivolgo. Spesso è l'ultima persona a cui racconto qualcosa prima di dormire. E di notte, quando non riesco a prendere sonno, quando soffia il vento del Nord, non cerco te, tesoro. No, scrivo un'email a lui. E mi risponde.
Lei è Emmi.
Lui è Leo.
Si incontrano virtualmente a seguito dell'invio di un'email ad un indirizzo di posta elettronica sbagliato e tra loro inizia un rapporto epistolare moderno: non le classiche lettere di una volta ma le moderne e-mail.  
Lei è "felicemente" sposata.
Lui è reduce da una profonda delusione per un rapporto arrivato al capolinea.

Iniziano a conoscersi piano piano, scambiandosi qualche battuta all'inizio e diventando via via più intimi. Il tempo passa, le e-mail si moltiplicano, il loro rapporto si consolida.
Si piacciono, si cercano, si desiderano, si baciano con le parole ma tutto resta nei limiti di due caselle di posta elettronica. 
Fino a che... qualche cosa cambia. Si incontreranno? Come finirà la loro relazione virtuale? Finirà?

Questa è la storia che viene narrata, sotto forma di scambio di email, da Daniel Glattauer nel libro Le ho mai raccontato del vento del Nord. Sulle prime questo titolo mi è sembrato alquanto strano ma ora, a posteriori, suona come musica alle mie orecchie e mi emoziona.

I due protagonisti mi hanno emozionata. Ho avuto la sensazione di sentire le loro emozioni. L'iniziale sorpresa, il crescente interesse, l'impazienza davanti ad una risposta che non arrivava, il desiderio di sentire l'odore della propria pelle, di dare consistenza ad un'immagine virtuale, il benessere derivante da parole delicate, appassionate, leggere come un bacio.

Più e più volte Leo chiede a Mia cosa voglia da lui...
Per me, scriverle o leggere le sue e-mail è come una "pausa dalla famiglia". Sì, è un'isoletta lontana dal mio mondo quotidiano su cui mi piace rimanere insieme a lei, se è d'accordo.
Ma quanto può durare tutto questo senza sconfinare in qualche cosa di più? Qual è il confine tra il rifugiarsi in un'isoletta, in una pausa dalla famiglia e il desiderio di fare qualche passo in più, di conoscere il proprio interlocutore e lasciarsi andare alle emozioni? E' un confine piuttosto labile e mal definito quando iniziano ad alimentarsi sentimenti che vanno oltre la semplice curiosità. Si avverte la necessità, il bisogno, l'urgenza di un contatto con l'altro e l'autore riesce, pur con un linguaggio semplice e diretto, a trasmettere tutto ciò al meglio.

Quello del libro è un impianto piuttosto semplice, per niente lontano dalla realtà: sono convinta che situazioni di questo tipo siano piuttosto comuni. Un impianto semplice ma efficace, che non risparmia svolte inaspettate. 

Leo ed Emmi ad un certo punto sembrano due ragazzini innamorati. Si fanno i dispetti, si stuzzicano e arrivano a non poter fare più a meno l'uno dell'altra, pur conoscendosi solo via mail. Ed è proprio questo che succede quando due persone si entra in contatto con qualcuno che, seppur solo con le parole, riesce a trasmettere una scarica elettrica su una vita tranquilla. Le emozioni sono palpabili così come i controsensi di un modo di fare che vuole e non vuole superare un confine che si conosce bene ma che iniziata a traballare. 

Lo scambio di e-mail è molto tenero, adolescenziale.
Essere davanti ad uno schermo, poi, si sa, rende tutto più facile. Non si è influenzati da nient'altro che dalle sensazioni che arrivano dalle parole. Emmi e Leo lo sanno bene. In più occasioni dicono di non volersi incontrare (lei più che lui) proprio per non influenzare questo loro rapporto la realtà che potrebbe non corrispondere all'immagine che l'uno si è costruito dell'altra.
Quell'urgenza che l'uno ha dell'altro è emozionante e fa venire voglia di vivere una situazione simile.
In sottofondo alla storia, il potere delle parole. 
Scrivere è come baciare, solo senza labbra. Scrivere è baciare con la mente.
Emmi e Leo avranno un futuro insieme? Per quanto tempo il loro presente può restare ancorato ad una tastiera ed una casella di posta? Il loro futuro sarà collegato in qualche modo l'uno all'altra? L'epilogo del libro fornisce una risposta ben precisa. Poi, però, se si pensa che il libro ha un seguito, allora si è pronti a rimettere tutto in discussione.


Con questa lettura partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori.
E' uno dei libri bonus suggeriti per questa tappa.

venerdì 15 luglio 2016

La gara delle coccinelle (A. Nielander) - Venerdì del libro

Mi sono imbattuta nell'albo La gara delle coccinelle alla Fiera del libro di Bologna e non ho potuto che apprezzarne la delicatezza, l'originalità e la capacità di trasmettere chiaro e forte un importante messaggio.

Ma andiamo con ordine. Si tratta di un silent book, un albo illustrato senza parole.
La storia raccontata è quella di una gara tra coccinelle. Partono tutte in gruppo fino a che non ce n'è una che si distanzia e si avvicina da sola al traguardo. Durante il percorso non mancano le difficoltà che sono rappresentate dalla parte centrale del foglio, che sembra voler inghiottire il gruppo. 
La coccinella che è sola, in testa, si accorge della difficoltà delle altre e decide di tornare indietro per aiutarle ed arrivare al traguardo tutte insieme. 

Le coccinelle sono illustrate senza risparmiare i dettagli ed è davvero uno spettacolo per la vista sfogliare un libro così. Ci sono parecchie pagine bianche con il gruppetto, all'inizio, delle coccinelle pronte a partire per poi spargersi sulle pagine dando un senso di movimento, di corsa.
Un bel libro che inviata a riflettere: è proprio necessario primeggiare su tutto e su tutti? 
Qual è la vera vittoria? Lasciare indietro il gruppo in difficoltà e primeggiare senza rivali o, forse, aiutare chi è in difficoltà ed arrivare insieme al traguardo?
La coccinella inizialmente più veloce ci racconta la sua, di gara. E lo fa in modo originale ed efficace.

Mia figlia è rimasta incantata davanti a questo libro e lo segnalo per questo Venerdì del libro perchè credo davvero che meriti di essere tenuto in considerazione.

Si apre con pagine completamente bianche che incuriosiscono e propongono già un avvio di storia. 
Da segnalare che le coccinelle sono state proposte a grandezza naturale.

Amy Nielander, l'autrice, ha avuto un'ottima intuizione ed ha saputo dare vita ad una vera e propria perla. Da collezionare, direi!
Diplomata al College for Creative Studies di Detroit, negli Stati Uniti. Da bambina amava leggere, ballare e arrampicarsi sugli alberi. La gara delle coccinelle - finalista al Silent Book Contest 2014 - è il suo primo libro illustrato.

giovedì 14 luglio 2016

Non lasciarmi (K. Ishiguro)

Ho fatto una gran fatica ad arrivare alla fine del libro Non lasciarmi, che mi è arrivato da Giulia nell'ambito dei Libri Geograficamente Sparpagliati, iniziativa delle Lgs a cui partecipo.
E faccio fatica anche a mettere insieme le idee per scrivere i miei pensieri in merito.

La copertina mi piace. Mi piace più ora che ho finito di leggerlo che non appena l'ho avuto tra le mani. Quell'albero piegato dal vento ha un significato in relazione alla storia, un po' come lo sono le vite dei protagonisti: piegate agli eventi, ad un destino che altri hanno scritto per loro e rispetto al quale poco possono fare.

Dirò pochissimo della trama perchè ho ancora le idee confuse e rischierei di perdermi tra le parole. 

C'è una voce narrante, quella di Katy, che racconta rivolgendosi direttamente ai lettori, la sua storia e quella di Ruth e Tommy, i suoi amici. Sono tre cloni. Clonati da persone realmente esistite e fatti crescere in un ambiente protetto allo scopo di diventare donatori. Donatori di organi. Sono dei fornitori di pezzi di ricambio per la scienza, per salvare vite altrui.
E' un racconto di fantasia (distopico, ho letto da qualche parte... ma a dire il vero nemmeno sapevo cosa volesse dire! Poi mi sono informata...) che concretizza una situazione assunta ma non troppo: i donatori vengono creati per essere utili agli altri grazie alla donazione di organi (si racconta che si arriva fino a quattro donazioni per poi completare il ciclo... lascio immaginare cosa ciò voglia dire) per cui la loro esistenza ha una finalità ben precisa.
I tre amici vivono in un collegio, il collegio di Hailsham. Sono seguiti da tutori che li educano tenendoli, però, lontani dalla vita reale. Proteggendoli da essa. Devono essere perfetti: devono stare bene a tutti i costi... altrimenti non potrebbero offrire pezzi di ricambio perfetti per essere ricevuti da chi ha bisogno.

Terrificante come prospettiva! 

Questo è il contesto.
Devo dire che è un genere che proprio non mi piace. La storia non mi ha appassionata. Ho trovato la scrittura a tratti lenta, con introduzione di discorsi e considerazioni che non avevano nulla a che fare con quanto scritto poco prima. Ho trovato la narrazione poco lineare: probabilmente è questa la caratteristica propria di un libro che, da quel che ho letto, è stato parecchio apprezzato.
Io non ero pronta.
Probabilmente l'ho letto in un momento sbagliato ed avevo bisogno di qualche cosa di più lineare: ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine.

La vita di questi ragazzi - non è nemmeno corretto chiamarli così... ma come li vogliamo chiamare? - è letteralmente appesa ad un filo. Sanno cosa li aspetta anche se non vengono preparati in modo chiaro a ciò. 
Sullo sfondo viene narrata una storia d'amore che non diventa mai tale ma che ne ha tutte le caratteristiche. Un amore che il lettore avverte ma che, per un motivo o per l'altro, resta solo tra le righe. I protagonisti vengono privati anche di questo: del lasciarsi andare ad un sentimento come l'amore.

Si parla spesso di pulsioni sessuali, l'argomento "sesso" emerge sistematicamente più come il bisogno di dare una risposta alle necessità corporee che come una condivisione di cuore, corpo ed anima. Verso la fine della storia questo concetto cambia un po', matura, ma non del tutto. Ho avuto la sensazione fino all'ultima riga che anche i momenti di intimità fossero troppo meccanici per essere reali.

E' una storia triste e tragica, terribile, agghiacciante. Inutile nasconderlo: queste sono le emozioni che ha alimentato in me. E pur essendo convinta che un libro che, comunque, provoca emozioni, raggiunge il suo scopo, stavolta l'ho trovato poco nelle mie corde e se mi si chiedesse di consigliarlo direi di no.
Tra domani e sabato lo spedirò alla prossima lettrice sparpagliata e il suo viaggio continuerà magari verso qualcuno che lo potrà apprezzare più di me.
Le lettrici fino ad ora raggiunte
Ecco il viaggio fatto fino ad ora dal libro
Questa lettura mi permette di partecipare alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 2: un libro con una donna raffigurata in copertina.

martedì 12 luglio 2016

Nuovi arrivi#28 e in biblioteca#27

In questa calda estate - io non vedevo l'ora, lo ammetto... adoro il caldo! - non poteva mancare qualche nuovo arrivo e qualche nuovo prestito in biblioteca.
Il primo libro che segnalo, come nuovo arrivo nel mese di luglio, è uno dei libri geograficamente sparpagliati che stavo attendendo e si tratta di Non lasciarmi, attualmente in lettura (con una certa fatica, devo dire). Sono arrivata ad una ottantina di pagine dalla fine ma ammetto di non aver ancora ben capito di cosa l'autore stia parlando. E' un genere particolare che, probabilmente, non fa per me ma mi riservo un giudizio complessivo tra qualche giorno, a lettura terminata.
Poi ho fatto acquisti in libreria, approfittando di un buono spesa che mi è stato regalato dalle mamme della classe di mia figlia, per ringraziarmi della mia attività di rappresentante di classe svolta per cinque anni, fino allo scorso settembre. Inutile dire quanto abbia gradito il pensiero. Ho approfittato per comprare Scrivere è un mestiere pericoloso (che non vedo l'ora di iniziare a leggere per sapere come se la passa la nostra cara Vani) ed un libro per ragazzi che però mi ha particolarmente intrigato già a partire dalla copertina: Sophie sui tetti di Parigi.
In biblioteca ho preso in prestito un altro libro per ragazzi che mi intrigava un bel po' (con la scusa di avere una figlia lettrice dico sempre che sono libri per lei... poi li leggo io!): fa parte della collana Il battello a vapore e si intitola Il mistero di Agnes Cecilia.
Altra biblioteca, altro prestito con Magie di Lavinia & C. di Bianca Pitzorno, sempre con la scusa di accontentare mia figlia!
Inés dell'anima mia è un libro che ho corteggiato a lungo ma la cui letture ho sempre rinviato ad un momento più propizio. Credo proprio che sia arrivato: oggi pomeriggio, recatami in biblioteca per restituire alcuni libri presi a suo tempo, non ho potuto resistere e mentre sbirciavo tra i testi disponibili, Inés mi ha chiamata con una certa insistenza e non ho potuto fare a meno di chiederlo in prestito. La Allende mi piace, il suo stile è sempre ricco di dettagli, i suoi racconti ammalianti. Conosco questo libro di fama, spero di non restare delusa.
Sepulveda, invece, è un recente arrivo per mio figlio: si tratta di un regalo per il suo compleanno e, allo stesso tempo, è uno dei libri che la maestra ha suggerito per il periodo estivo.

Bel bottino. Sarà un'estate piuttosto ricca (senza tener conto di tanti altri libri che ho in casa e che attendono di essere letti).

Buona estate e ... buone letture, qualunque sia la vostra destinazione!

venerdì 8 luglio 2016

Il piccolo principe (A. De Saint Exupéry) - Venerdì del libro


Non è un libro per bambini. Diciamocelo chiaramente.

Perché se così fosse sarebbe una storia di fantasia come tante altre. Un uomo incontra un personaggio piccino piccino, un principe che arriva da un altro mondo e che va alla scoperta di altri mondi che esistono attorno a lui. Alla fine se ne va lasciando un senso di amarezza…
Non è questo. Almeno io non lo considero tale.
E’ una storia che si rivolge al lettore adulto. Anzi, aggiungo io, al lettore adulto ed attento che, se così non fosse, non riuscirebbe certo ad apprezzare quelle pagine dense di messaggi da decifrare, di spunti da cui partire per una riflessione più profonda.
Se fosse un libro per bambini sarebbe un’avventura fantastica con uno strano epilogo.

Niente di più.
Per un lettore adulto, invece, Il Piccolo Principe è altro.
E’ un invito a riflettere sull’importanza dell’amicizia, un invito a godere della bellezza delle cose sapendo guardare oltre all’apparenza, una sollecitazione a prendersi cura dell’altro e a coltivare l’amore, un invito a non disperare mai.
E’ considerato un capolavoro indiscusso, ricco di poesia, carico di significato.
Io mi sono avvicinata a questa lettura con aspettative molto alte – visto i grandissimi elogi che si leggono in ogni dove - e non ho alcuna presunzione di  essere all’altezza di molti critici letterari che hanno scritto fiumi di parole in merito.
Mi limito a dire che in alcuni punti ho trovato la narrazione un po’ confusa, poco lineare. Probabilmente si tratta di una scelta fatta a tavolino da un autore che ha voluto trasmettere i sentimenti di quel piccolo esserino, trovatosi davanti a luoghi e personaggi a lui nuovi.
E’ un principe un po’ ingenuo, che va sempre a fondo delle sue curiosità proponendo con insistenza gli interrogativi ai quali non trova risposta. E lo fa fino a che la sua curiosità non è soddisfatta.
I dialoghi sono semplici e diretti, a volte restano anche inconclusi, lasciando al lettore la libertà di fare le sue considerazioni e tirare le somme di quanto sta accadendo.
Al di là delle tante frasi che oramai sono passate alla storia come “…tratte da Il Piccolo Principe”, quello che resta della sua storia è la figura di un esserino ingenuto e capace di ispirare tenerezza. Restano spunti di riflessione che ognuno deve essere capace di fare propri non perché il mondo intero ha amato questo libro (sarebbe troppo facile!) ma prechè hanno davvero lasciato un segno in lui.
Non basta riportare qualche citazione per dimostrare di averne compreso il senso.
L’essenziale è invisibile agli occhi oramai è diventato un mantra riconosciuto in ogni dove come piccola perla di saggezza che arriva da Il Piccolo Principe. Ma chi riesce davvero a comprendere, e fare suo, il messaggio che queste poche parole lanciano?
Tanto per citare un esempio.
Non voglio dilungarmi oltre se non per segnalare che io ho letto il testo integrale proposto in versione pop up. Bhè… bellissimo davvero. Le immagini prendono vita pagina dopo pagina, escono dalle pagine per andare incontro al lettore e credo che ciò doni un’emozione in più rispetto alle versioni più tradizionali.
Con questa lettura - che segnalo per il Venerdì del libro di oggi - partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 3: un libro recensito nel blog Desperate Bookswife.

giovedì 7 luglio 2016

Dieci donne (M. Serrano)

Francisca, Mané, Juana, Simona, Layla, Luisa, Guadalupe, Andrea, Ana Rosa, Natasha: sono loro le protagoniste del libro Dieci donne di Macela Serrano
Natasha è una psicoterapeuta ed un giorno tutte le sue pazienti - le altre - vengono invitate tutte insieme al suo cospetto.
Ognuna porta la sua storia, la sua vita, le sue fragilità, le sue ossessioni, le sue conquiste.

Per ognuna di esse si potrebbe sviluppare un singolo libro tanto sono intense e cariche di eventi le storie che le nove pazienti hanno cucite addosso. 

Per me è stato il primo libro di questa scrittrice sudamericana che lascia un'impronta particolare tra le pagine. Non conosco nient'altro di suo (mea culpa!) pertanto non posso fare confronti o valutazioni rispetto a libri precedenti ma ho notato una particolare traccia nella narrazione, un segno che traspare dal modo "schietto" di dare voce alle protagoniste. Parlano senza filtri, proprio come se stessero confessando i loro pensieri più intimi alla loro psicoterapeuta. Eppure il libro non viene proposto come una seduta collettiva attorno ad un tavolino con la dottoressa al centro. Eh no, così sarebbe troppo scontato!
Le donne arrivano nel giardino di Natasha, scendono da un pullman e si ritrovano a guardarsi negli occhi e a raccontarsi, a mettersi a nudo come se fosse la cosa più naturale del mondo ma anche la più dolorosa perchè, fondamentalmente, ognuna ha vissuto un dolore profondo.

Posso dire che la scrittura è fitta, minuziosa, ricca di dettagli ed informazioni. Fin troppe in alcuni punti tanto da rendere dei passaggi un po' pesanti. 
Non è un libro leggero, per niente. Chi pensasse di prendere tra le mani un romanzetto qualsiasi si sbaglierebbe di grosso.

La storia di ognuna viene inquadrata in un contesto storico e sociale particolare, vengono narrate vicende storiche (anche se non eccessivamente approfondite) che influenzano e non poco la vita di ognuna. Il quadro storico non è inserito a caso: per ognuna sarebbe stato diverso vivere altrove e in un'altra epoca e di ciò portano i segni addosso, per un motivo o per l'altro.

Sono storie tristi quelle che emergono ma che si chiudono, sempre, con un messaggio di fiducia, con l'accettazione del proprio io e dei propri errori per guardare avanti con fiducia. Emerge un mondo femminile caleidoscopico, nel quale le protagoniste sono diverse per esperienze, per età, per fede politica e convinzioni ma sono tutte accomunate dalla voglia di ritrovare se stesse.

Francisca è la prima a narrare la sua storia. Racconta del suo rapporto conflittuale con una madre che non l'ha voluta e non l'ha amata pur avendola messa al mondo.
Manè ha settantacinque anni ed è rimasta sola con la sua vecchiaia. Sente su di se il declino, la perdita quotidiana del tempo che fu ed il suo passato non l'abbandona mai.
Juana vive una vita di sole donne: sua madre è un'invalida e sua figlia soffre di un disturbo bipolare che la rende intrattabile. Affronta ogni giorno con coraggio e con tanto amore.
Simona ha sempre lottato per il riconoscimento di parità dei diritti delle donne. Ha sempre portato avanti con convinzione la sua missione anche quando ciò ha richiesto scelte importanti.  
Layla è una giornalista di mestiere. Un mestiere che ama e che l'ha portata all'interno di un conflitto che l'ha segnata per sempre. Ed ha trovato consolazione nell'alcol, perdendo ogni giorno un pezzetto della sua dignità. 
Luisa ha origini contadine ed attende, giorno dopo giorno, il ritorno del suo uomo: Carlos, un desaparecido.
Guadalupe non ama gli uomini. Sono le donne che le fanno battere il cuore fin da quando era ragazzina. Ha dichiarato con coraggio la sua omosessualità anche se ciò ha voluto dire provocare un profondo dolore alle persone che più l'amavano.
Andrea è una donna di successo. Ha sempre i riflettori puntati su di se e la riconoscono in qualunque posto vada. Ma questo non fa la felicità. Lo sa bene.
Ana Rosa ha avuto un'educazione rigida, molto legata ai precetti religiosi. Ha vissuto con sobrietà ma questo non le ha impedito di subire degli abusi da chi aveva vicino, molto vicino. Abusi che l'hanno segnata per sempre.
E poi c'è lei, Natasha.
Anche lei ha una storia alle spalle. Una storia importante, segnata da vicende che l'hanno resa più forte e che, ora, l'hanno portata a fare una scelta che le cambierà la vita. 

Ed ecco le dieci donne che, però a ben vedere sarebbero undici visto che compare anche un'undicesima donna che non ha un nome ma che si presenta come assistente di Natasha e che ne racconta la storia.

Accanto ad ognuna di queste donne c'è la figura di un uomo importante: che sia un marito, un amante, un nonno, un fratello, un nemico. 
Spesso, quasi sempre direi, emerge una situazione di soggezione della donna all'uomo: per cultura, per causa di forza maggiore, per via degli eventi del periodo storico. E in più d'un caso questo aspetto è piuttosto accentuato tanto da lasciar pensare ad un vero e proprio riscatto nel momento in cui queste donne si rendono conto che è il momento di prendere in mano la propria vita, anche se non si è più giovanissime e se non resta molto tempo. Soprattutto se non si è più giovanissime e se non resta molto tempo.

Libro che consiglio ma che, lo ribadisco, non è una lettura leggera. Va assaporata a piccole dosi: il libro è fitto fitto e in alcuni punti ho rischiato di perdermi. Complessivamente, però, mi ha arricchita.
E con Dieci donne partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 6: un bibro che abbia più di due donne protagoniste.