Anche questa volta mi sono imbattuta in un libro piuttosto datato ed ambientato in un periodo di guerra. Ultimamente, pur non facendolo di proposito, mi è capitato in più occasioni.
Gli occhiali d'oro è un libro di un autore che mi era sconosciuto prima di imbattermi in questo testo preso in prestito in biblioteca. Sulla prima pagina c'è scritto che si tratta di una donazione che è andata ad arricchire il patrimonio bibliotecario già esistente.
Si tratta di un libro piccino che, sulle prime, non mi infondeva molta fiducia. Andando avanti nella lettura mi sono affezionata al personaggio e mi sono lasciata incuriosire dal suo modo di fare, dal suo modo di essere...
Il libro è ambientato in una Ferrara ricca nel periodo del fascismo. Il narratore è un giovane studente di origini ebree che racconta del suo incontro con il dottor Athos Fadigati: è un medico stimato, di buona fama che lascia, però, dietro di se, una scia di chiacchiere, di ipotesi, di dubbi... Ad alimentare tutto ciò è la sua presunta omosessualità che, nell'epoca in cui è ambientato il romanzo, era considerato un peccato mortale, segno di perversione assoluta.
Fadigati è un uomo molto discreto e di animo buono. Persona di grande cultura, il dottore svela pian piano la sua profonda solitudine fino a che, azzardatosi ad intavolare una relazione con un ragazzo, si troverà ferito e bastonato, abbandonato di nuovo a se stesso ma con tante chiacchiere di più addosso e... parecchi beni materiali in meno.
La vita del narratore, del ragazzo ebreo, si intreccia con quella del dottor Fadigati, il professionista omosessuale. I due si trovano invinghiati in un'amicizia che, seppur mantenendo le dovute distanze per una serie di motivi, li porterà a trovarsi in sintonia e li guiderà verso un epilogo doloroso ed inaspettato.
Il linguaggio utilizzato dall'autore è piuttosto datato (non potrebbe essere altrimenti visto che è stato pubblicato per la prima volta nel 1958), non scade mai nel volgare descrivendo i personaggi in modo tale da far immaginare le loro caratteristiche anche dal punto di vista umano, non solo fisico.
Il dottore mi ha fatto una gran tenerezza, lo ammetto. L'ho immaginato imbarazzato, impacciato nei suoi dialoghi con le persone che gli stavano accanto nel tentativo di non lasciar trapelare troppo della sua vita. Quel poco che trapela, però, basta per il narratore per capirne l'indole e le debolezze, trasmettendole al lettore. Ho avuto l'impressione che il dottore vivesse con una certa difficoltà la sua omosessualità. Dai dialoghi, dai quali soprattutto all'inizio traspare il suo imbarazzo... dal modo con cui viene preso in giro dai bulli di turno... ho avuto l'impressione di una persona che non riuscisse a convivere con serenità con questa sua caratteristica.
L'epilogo, poi... non voglio svelare nulla per non togliere il gusto della lettura a chi non avesse avuto ancora modo di leggerlo ma posso dire che, chiuso il libro, mi è rimasta addosso una certa amarezza non solo per le vicende storiche che segnarono la vita delle persone che hanno vissuto all'epoca ma anche per quel dottore... lo stimato dottor Fadigati.
Ps. il titolo deriva dagli occhiali che il dottore indossava, divenuti quasi il segno distintivo della sua diversità.
Ho anche letto in giro che dal libro è stato tratto un libro ma ammetto di non averlo visto.