Con gli occhi, il cuore e il sangue di Cristian l’autrice racconta la dittatura di Ceaușescu e la conseguente sofferenza di un popolo privato della sua libertà, della sua dignità. Se dal punto di vista narrativo l’impianto è comunque romanzesco, le fondamenta di quanto narrato sono reali anche se, in effetti, poco note ai più. Io stessa ammetto di non aver mai approfondito quel particolare periodo storico che, a ben guardare, non è così lontano da noi.
Viene raccontata la dittatura comunista. Viene raccontata la sofferenza di un popolo stremato, terrorizzato, ridotto al silenzio, privato di tutto, anche della possibilità di parlare ad alta voce.
Ed è un racconto struggente, doloroso, toccante: Cristian incarna tutte le contraddizioni di un’epoca in cui si era controllori ma anche controllati, un’epoca nella quale non ci si poteva fidare di nessuno, dove non esistevano momenti privati che non fossero in qualche modo supervisionati dal “sistema”, in modo anche piuttosto subdoli. Terrificante l’idea di essere sempre controllati, di avere a che fare con persone che non si può dire di conoscere anche se vicine, anche se familiari, anche se amiche.
Io ammetto di essere rimasta sconvolta dal racconto di Cristian. Quell’idea di libertà che fin troppo spesso tendiamo a sbandierare ai quattro venti come “privata, negata, ridotta” anche in tempi moderni, a quell’epoca lo era davvero. E si dovrebbe riflettere a lungo prima di parlare di “libertà negata” se non altro per rispetto di chi la libertà se l’è vista negare davvero, di chi è stato ucciso, incarcerato, torturato solo per aver rivendicato il proprio diritto di vivere in modo libero e dignitoso.
Cristian racconta il periodo che va dall’ottobre 1989 alla caduta di Ceaușescu che ebbe il suo epilogo con la morte del dittatore e di sua moglie il 25 dicembre dello stesso anno. Un periodo di tempo breve ma denso di dolore, di privazioni, di costrizioni che hanno caratterizzato tutto il periodo della dittatura comunista, fino alla rivoluzione romena quando il popolo ha detto basta!
Cristian è un ragazzo descritto in modo molto efficace e le sue scelte, non tutte condivisibili a dire il vero, sono impossibili da giudicare da chi non ha vissuto quelle circostanze. Si tratta di scelte che sono lo specchio di un’epoca nella quale si veniva ricattati, si tradiva per non morire o per non vedere morire i propri cari, quando si tradiva e si veniva traditi. Un’epoca fatta di privazioni, di silenzi, di sottomissione, di un popolo piegato che, alla fine, si ribella a quello stato di cose.
L’autrice non è una sorpresa per me: ho avuto modo di apprezzare il suo stile – efficace ma mai sopra le righe, nemmeno nei passaggi più dolorosi che ben si sarebbero prestati a diventare ancor più d’effetto – rispettoso del passato, rispettoso dei morti, di coloro che si sono sacrificati per la libertà. Una penna delicata ma allo stesso tempo pungente, perché si deve ricordare ciò che è stato per non commettere più gli errori del passato. Anche se, purtroppo, abbiamo le prove che spesso non è così.
Lettura consigliata soprattutto a chi voglia guardare oltre la parte romanzata e soffermarsi sul passato di un popolo che ha conquistato pagando un prezzo molto alto la sua libertà.
Il cielo non ha catene
Ruta Sepetys
Garzanti Editore
pag. 304
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