martedì 29 novembre 2022

L'equilibrio delle lucciole (V. Tron)

  

Quella narrata da Valeria Tron è una di radici, di legami, di affetti, di ricordi.

Non posso negare, però, che nella prima parte ho fatto fatica ad entrare in sintonia con i personaggi e la lettura è andata avanti piano piano. Mi sono trovata tra le mani una narrazione che - per me - tendeva ad incepparsi per poi diventare, però, più fluida, scorrevole ed emozionante. 

Le emozioni arrivano proprio da quei personaggi che inizialmente consideravo un po' difficili. Tra una frase e l'altra mi sono resa conto che avrei dovuto leggere con cura quella storia, che avrei dovuto comprendere a fondo quei personaggi, soprattutto il loro passato, per poter comprendere appieno il valore di quanto raccontato.

Così è stato: non una lettura frettolosa ma qualche cosa da gustare con cura, lentamente, senza avere fretta di arrivare ad un finale che - a dirla tutta - avrei voluto allontanare il più possibile.

A narrare la storia in prima persona è Adelaide: madre di Gioele, un ragazzo di 18 anni, sta vivendo un momento di crisi con il marito che sente sempre più distante. Per affrontare questo momento di difficoltà  torna alle sue origini, alle origini della sua famiglia, in Val Germanasca dove si parla ancora il patois, il dialetto provenzale parlato in Valle d’Aosta di cui non conoscevo l'esistenza. Questo mi ha un pochino frenata, all'inizio, contribuendo a rendere tutto più difficile. Poi ci ho preso confidenza ed è stato come se si sciogliessero dei nodi che mi hanno permesso di procedere spedita.

Adelaide fa un tuffo nel passato tornando a ripercorrere quei sentieri, a respirare l'aria di quei boschi: lì dove è cresciuta con sua Memè e le sue amiche, le zie Lena, Nanà e Irma. Ora di questa allegra compagnia resta solo Nanà, sorella di Lena, ormai anziana. Una figura dolce, intensa quella di Nanà, che mi ha fatto pensare inevitabilmente a mia nonna. E come avrei potuto non sciogliermi davanti a quell'immagine di mani nodose, davanti a quella schiena curva, a quegli occhiali che dalla punta del naso tendevano a scivolare via? Come avrei potuto non emozionarmi davanti al viaggio indietro nel tempo che fa Adelaide assieme a Nanà e a suo amico Levì ricoverato in una clinica dalla quale sembra destinato a non uscire più. Vivo, almeno, visto che è quasi centenario, si è chiuso in un ostinato mutismo e peggiora di giorno in giorno.

Questi i punti fermi di una storia che va assaporata come se si gustasse una primizia. Una storia d'amore - perché cos'è quello che lega i personaggi se non un profondo amore? Così quello che lega i personaggi con quella terra? - presente e passata così come forte è l'amore per una terra che culla i suoi figli, i pochi rimasti.

Ho sofferto con Levì per quell'amore così intenso, mai vissuto appieno ma ancora vivo più che mai.

Ho sofferto con Nanà che, sempre pronta a dispensare consigli, sa bene quanto il tempo non faccia sconti a nessuno: fa di tutto per riportare Levì tra le sue montagne, tra le calde mura di casa, lontano da quella clinica che non potrà mai essere accogliente come l'abbraccio di un amico. Una storia strugente, delicata e potente allo stesso tempo.

Sono i personaggi più anziani quelli che mi sono rimasti impressi nel cuore e nella mente. Più della stessa protagonista. Complice il ricordo di mia nonna, lo so bene. Ma merito anche dell'autrice che li ha saputi rendere alla perfezione.

Ringrazio chi, davanti alle mie prime difficoltà, mi ha invitata a non mollare e a guardare con fiducia allo scorrere delle pagine: è la stessa cosa che raccomanderei io, a posteriori, a chi avesse le mie stesse titubanze.

Bello. Emozionante. Intenso. L'esordio di una penna che, me lo auguro, avrà ancora tanto da raccontare e tante emozioni da dispensare.
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L’equilibrio delle lucciole
Valeria Tron
Salani Editore
pag. 400
18.00 euro copertina flessibile, 11.90 Kindle

lunedì 28 novembre 2022

Il giardino dei Finzi-Contini (G. Bassani)

 

Una continua partita di tennis. 

È ciò che mi è rimasto nella mente dopo aver chiuso l’ultima pagina del libro Il giardino dei Finzi-Contini, di Giorgio Bassani. Una partita di tennis non solo materiale, come quelle che sistematicamente venivano disputate nel campo da tennis della famiglia protagonista del romanzo da un certo punto in avanti, ma anche in senso figurato, come ciò che accade nella vita dei protagonisti. Improvvisamente si trovano sballottati a destra e a manca, proprio come una pallina di tennis, a livello fisico ma anche psicologico, da eventi che hanno sempre cercato di tenere lontani ma che inesorabilmente si abbattono – volenti o nolenti – anche su di loro.

Seppur celata sotto un’apparente disinteresse generale, come se a loro non potesse arrivare, la guerra serpeggia tra le pagine con tutto ciò che, in quell’epoca, ha comportato. Una delle pagine più dolorose, quella delle leggi razziali, pur facendo irruzione nella storia sembra comunque restare ai margini.

Il romanzo si apre con un’ io narrante – di cui non sapremo mai il nome - che parla sempre in prima persona, e che avvia fin da subito, un viaggio nei ricordi. Lo fa chiamando alla memoria i tempi passati davanti alla tomba della famiglia Finzi-Contini, famiglia ebraica che all’epoca in cui si apre il romanzo riposta nel cimitero (ebraico) di Ferrara. Si parte dunque da un dato di fatto: la famiglia è interamente scomparsa – padre, madre, nonna e due figli suoi coetanei - prima del protagonista che richiama alla mente i tanti momenti vissuti in quel giardino, tra quelle mura negli anni della gioventù. Nel prologo sappiamo già che fine fanno i Finzi-Contini.

Nella Ferrara a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 la comunità ebraica è particolarmente vivace. Quella stessa di cui fanno parte sia la famiglia del narratore che quella dei Finzi-Contini. I loro rapporti iniziano a stringersi proprio in occasioni legate alla vita in sinagoga.  I Finzi-Contini sono isolati – per loro scelta – dal resto del mondo, quasi come se non volessero dare troppa confidenza al “volgo”. Quella superiorità, quell’atteggiamento aristocratico veleggerà tra le righe per gran parte del romanzo con la sensazione del narratori di essere un privilegiato quando inizia a prendere confidanza con la vulcanica Micòl fino a diventare amico intimo di famiglia.

Nel momento in cui sull’Italia e sulle comunità ebraiche si abbattono le leggi razziale fasciste, a casa Finzi-Contini si crea una sorta di ambiente protetto, alternativo a quello ufficiale e che si concretizza in momenti di puro svago nel campo da tennis privato di famiglia a cui anche l’io narrante è invitato. Alberto e Micòl, i due fratelli Finzi-Contini, con fare aristocratico, organizzano una sorta di circolo alternativo (e rigorosamente privato) a quello ufficiale dove gli iscritti ebrei iniziano ad essere esclusi. Da questo momento la frequentazione del narratore di casa Finzi-Contini diventa assidua, quasi ossessiva: in quel giardino, tra quelle mura si ha l’impressione che la storia non possa arrivare, che le tragiche vicende che stanno interessando gli ebri non siano una reale minaccia.

Alle vicende personali dei protagonisti – in testa la cotta quasi ossessiva del protagonista per una sfuggente Micòl (probabilmente l’unica ad aver realmente immaginato cosa avrebbe potuto accadere quando dichiara di non essere interessata al futuro ma solo ai ricordi” – iniziano a sommarsi con sempre maggiore intensità le vicende storiche dell’epoca: l’ingresso dell’Italia in guerra è imminente e quel giardino non è più quell’oasi di pace che per tanto tempo si è voluto far credere che fosse. Tanti i ragionamenti di carattere politico che vengono fatti tra le pagine ma sempre con la sensazione che sia tutto ancora lontano…

L’epilogo non è dei più felici per la famiglia Finzi-Contini (e le immagini evocate in apertura del romanzo ne sono la prova).

Il racconto – essendo retrospettivo e comunque legato a figure che non ci sono più, e lo si sa già in apertura del romanzo – non è ricco di dialoghi. È un lungo monologo proprio come le memorie di chi è sopravvissuto agli altri, di fatto, possono essere. I ricordi irrompono con intensità in quella sorta di rassegnazione che l’autore esprime già in partenza, visto come sono andati i fatti.

Evocare i ricordi, però, è una tecnica che permette all’io narrante di isolarli dalle influenze storiche dell’epoca: la guerra e tutto ciò che ne consegue restano in sottofondo, quasi come se davvero le loro ombre non dovessero allungarsi su quella famiglia. L’epilogo, però, racconta qualche cosa di diverso… e non avrebbe potuto essere altrimenti, a ben pensare.

Devo ammettere di non essere riuscita a trovare un gran feeling con i personaggi. So bene quale sia la fama di questo romanzo, peraltro arrivato a casa mia su suggerimento dell’insegnante di italiano a mia figlia in quarta liceo come lettura mensile, ma pagina dopo pagina ho cercato di capire quale fosse l’obiettivo ultimo dell’autore. Dare ai ricordi quella dimensione eterea, lontani dalle minacce della storia? O riconoscere proprio che la storia, a dispetto dei tentativi di tenerla fuori dalla porta di casa, allunga comunque le sue grinfie su tutto e su tutti, soprattutto in alcuni periodi particolarmente difficili?

Lo stesso epilogo, nel quale si concretizza, per i Finzi-Contini, un destino di gran lunga diverso a quanto sperato, le emozioni mi sono sfuggite di mano, come se il frettoloso finale non valesse nemmeno la pena di essere letto per lasciare che i ricordi restassero i soli meritevoli di attenzione.

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Il giardino dei Finzi-Contini
Giorgio Bassani
Einaudi editore
pag. 293
10.50 euro copertina flessibile  

domenica 27 novembre 2022

Vecchie conoscenze (A. Manzini)

Mi sono quasi strozzata con il caffè, stamattina, quando ho finito di leggere Vecchie conoscenze, altra avventura di Rocco Schiavone. Eh sì, perché quel finale non me l’aspettavo proprio come non se lo aspettava lui.

 Le indagini sono due. Una delle quali si rivelerà per Rocco molto, molto dolorosa.

La prima riguarda la morte di Sofia Martinet, trovata cadavere nel suo appartamento, colpita da un oggetto pesante. Tutto porta verso una precisa direzione ma l’intuito del vicequestore dice qualche cosa di diverso. Un delitto passionale? La donna aveva 70 anni, potrebbe essere a quell’età un delitto passionale? E perché no… l’amore (così come l’odio, il risentimento, la gelosia) non hanno mica un’età… ma le indagini portano ad indagare sul figlio della vittima accanto al quale, però, si piazzano dubbi relativi a qualche cosa che potrebbe essere stato scatenato, in altri, da un articolo scritto dalla donna – che era una studiosa piuttosto nota – a discapito di qualcuno. Le indagini portate avanti da Schiavone, con il suo solito stile a tratti irriverente, porteranno in una direzione inaspettata.

Ma non è questo che lo sconvolge. No. È un’altra indagine a gettarlo nella disperazione più assoluta. Un’indagine che innanzitutto lo fa piombare nel suo passato, riportando alla memoria fatti e vicende che i lettori conoscono bene e che lo hanno toccato molto, molto da vicino. Un’indagine che coinvolge, in un modo o nell’altro, anche un suo caro amico.

Non è stato un uomo granchè fortunato, Rocco, nella sua vita. Negli affetti, in particolare. Dopo la morte di Marina la realtà dei fatti gli infligge un colpo che lo stende, al tappeto – per usare un’immagine da ring – con un KO dal quale non sa bene come potersi riprendere.

Nelle more del racconto di entrambe le indagini si insinuano anche vicende personali di alcuni dei personaggi che sono più vicini a Rocco, all’interno della sua stessa squadra ed è bello aggiungere nuovi tasselli a quelli che già nei volumi precedenti l’autore ha offerto ai lettori per avere un quadro d’insieme.

Ieri sera, a una ventina di pagine dalla fine di Vecchie conoscenze, mi è venuta voglia di vedere la serie tv che l’ha avuto come protagonista. Io non amo la tv e non l’avevo mai vista… stavolta, però, è scattato qualcosa ed ho iniziato dal principio, da quel Pista nera che mi aveva fatto conoscere un personaggio molto particolare, tutt’altro che limpido nel suo modo di fare e di essere, profondamente toccato nell’anima da solchi profondi lasciati da un grande dolore. Quell’uomo che ho ritrovato, con piacere, tra le pagine e che cercherò ancora, leggendo il volume successivo.

Inutile dire che è un libro consigliato ma iniziando a leggere in ordine la serie perché se è vero che i casi sono autoconclusivi, le vicende personali, i legami, gli affetti, i precedenti vanno letti nel giusto ordine per avere un quadro completo che, altrimenti, mancherebbe.
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Vecchie conoscenze
Antonio Manzini
Sellerio editore
416 pagine
12.75 copertina flessibile, 9.99 Kindle

sabato 26 novembre 2022

Titanic. Un viaggio che non dimenticherete (M. Polidoro)

Una delle navi più lussuose, veloci e imponenti impegnate sulle rotte transatlantiche con un equipaggio di quasi novecento membri e più di 1300 passeggeri tra prima, seconda e terza classe per il suo viaggio inaugurale: il Titanic. L'inaffondabile.

La breve vita del Titanic viene proposta da Massimo Polidoro come un intreccio di storie: storie dei passeggeri, dell'equipaggio, dei soccorritori, di chi per un evento fortuito rimase a terra, di chi - dopo anni dal suo naufragio - aveva in mente di ritrovarne il relitto. Ma anche un intreccio di inchieste, di indagini, di tentativi di fare luce su una vicenda che, tutt'ora, resta ancora avvolta in un'alea di mistero.

Una triste vicenda che, ancora oggi, emoziona. 

Quello che sappiamo per certo è che il Titanic è naufragato il 15 aprile 1912 a seguito della collisione con un iceberg al largo di Terranova, poco dopo il suo primo varo per il suo viaggio inaugurale.

Quello che sappiamo per certo è che a seguito di ciò hanno perso la vita 1518 persone tra passeggeri ed equipaggio. 

Quello che sappiamo per certo è che per tanti anni il relitto è rimasto inabissato, introvabile, irrintracciabile fino a che non venne ritrovato dal ricercatore Robert Ballard a 73 anni dall'affondamento, il primo settembre nel 1985. 

L'autore apre il racconto proprio con Ballard, con le ricerche del relitto per fare poi un tuffo nel passato e portare alla ribalta le vite di tanti passeggeri - personaggi noti ma anche persone semplici, normali - che avevano messo piede sul Titanic con le più varie aspettative.

Ecco, dunque, che incontriamo la storia di giovani innamorati scappati verso una nuova vita, verso un matrimonio che i rispettivi genitori non avrebbero mai approvato, famiglie benestanti che avevano semplicemente voglia di poter dire "io c'ero", bambini i cui occhioni scuri si riempivano di meraviglia davanti a quell'immenso mezzo di trasporto che sembrava non finire mai, ma anche fuochisti che erano lì per lavoro, marinai, cuochi, camerieri, musicisti... e il capitano che, orgoglioso, guardava con fierezza tutto ciò che aveva attorno.

Sono storie che toccano il cuore, narrate dall'autore senza calcare eccessivamente la mano ma in modo efficace agli occhi del lettore che sa quanto miseramente tutti i sogni nati nella mente e nel cuore di ognuno fossero destinati ad essere spazzati via. L'autore descrive in modo efficace la differenza tra le varie classi - tra i ricchi e i non ricchi - non tanto nell'agio del viaggio (perché essendo un transatlantico extralusso anche la terza classe era a livelli di comfort piuttosto alti) quanto nei momenti in cui ognuno aveva bisogno di mettersi in salvo. Qui arriva la parte più dolorosa, quando le poche scialuppe disponibili non sono sufficienti per tutti e bisogna fare una scelta, quando qualcuno si allontana su una scialuppa mezza vuota (sacrificando così ulteriori vite) semplicemente per non "rischiare problemi" a far salire altri... Arriva il dolore che spacca il cuore quando non tutte le donne e i bambini vengono messi in salvo... soprattutto se di terza classe perché è qui che è arrivato lo sbarramento anche con modi di fare piuttosto violenti e da gelare l'anima. Eppure l'autore non specula su questo. Non calca la mano pur avendo, a mio modo di vedere, la possibilità di farlo visto l'impatto emotivo dell'intera vicenda. Ma trova comunque un modo efficace per arrivare al lettore con oggettività. Ho molto apprezzato questo modo di fare. 

La vicenda del Titanic, secondo l'autore, è una parabola morale, una misura di quanto l'orgoglio smodato del ricco e potente che si ritiene intoccabile porti inevitabilmente ad una caduta rovinosa che porta con sè tutti quanti, colpevoli o innocenti. 

Perché il pericolo è stato sottovalutato? Per l'eccessiva convinzione di essere sull'inaffondabile?

Perché alcuni messaggi telegrafati, con l'avviso di pericolo, non sono mai arrivati dove avrebbero dovuto?

Perché il Titanic non venne dotato di scialuppe di salvataggio a sufficienza? Per i costi? Per il prestigio? Per superficialità?  

Perché l'SOS lanciato dal Titanic non venne preso in considerazione da una nave vicina ma si dovettero attendere ore per avere i soccorsi? 

Altre persone potevano essere salvate?  L'autore non è in cerca di colpe. Non punta il dito. Ma si tratta di interrogativi che ancora oggi restano senza risposta.

Il suo è un racconto, un resoconto frutto delle testimonianze dei sopravvissuti ed è anche la storia di chi, messosi alla ricerca di quel relitto, lo ha poi considerato - un volta trovato - come un cimitero intoccabile dal quale nulla avrebbe dovuto essere toccato per rispetto dell'immane tragedia. Non come una fonte di guadagno, non come un cimelio da mostrare, non come un mercato da alimentare con i ricordi. 

Oltre alle storie dei passeggeri citati, di quella parte dell'equipaggio a cui viene dato un nome ed un cognome, di coloro che all'interno del transatlantico aveva delle precise responsabilità, di chi ha fatto finta di non sentire, ho trovato molto interessante anche l'aspetto che riguarda le ricerche e il ritrovamento del relitto: una parte della storia che spesso passa in secondo piano ma che, comunque, è parte integrante  della storia dell'inaffondabile.

Tra tante possibili colpe mai di fatto imputate ho apprezzato la volontà dell'autore di sottolineare anche comportamenti meritevoli da parte di chi ha fatto di tutto pur di salvare vite umane, a rischio - in alcuni momenti - anche della propria.

Quella che mi resterà per sempre in mente è l'immagine di scialuppe che fanno fatica a muoversi perché non si riusciva a vogare senza avere l'intralcio dei tanti cadaveri in acqua. Ed anche in questo caso sottolineo la delicatezza dell'autore che, però, nulla toglie alla tragicità di quel dato di fatto.

Le inchieste non hanno rilevato colpevoli ma ci ha pensta lo storia a chiedere il conto a chi, in un modo o nell'altro, avrebbe potuto comportarsi in modo diverso.

Quello del Titanic è un viaggio che non dimenticherò.
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Titanic. Un viaggio che non dimenticherete
Massimo Polidoro
Piemme editore (collana Voci)
305 pagine
17.50 copertina rigida

sabato 19 novembre 2022

Il circo delle illusioni (A. Parikh)

Siamo nel 1938, in un circo itinerante - Il Mondo delle Meraviglie - che porta la magia e la suggestione offerta da grandi artisti in giro per l'Europa.

Il celebre illusionista Theo Papadopoulos ha una figlia a cui pensare: una ragazzina costretta in sedia a rotelle per via della poliomelite, orfana di madre, sveglia e con un sogno ben chiaro in testa, quello di diventare una scienziata. Una ragazzina protetta in modo quasi ossessivo da suo padre, tanto da sentirsi inutile ed isolata in qualunque ambiente perché diversa.

Sul loro cammino arriva un ragazzo, Alexandre, ritrovato da Lena esanime in una tappa del tour del circo: è malridotto, orfano ed ebreo, sfuggito ai nazisti.

I due ragazzi si comprendono, si riconoscono, si affezionano l'uno all'altra. Ma si è in tempo di guerra, gli ebrei rappresentano un pericolo per tutto il circo che li ospita e Theo, che ha preso il ragazzo sotto la sua ala protettrice, ne è ben consapevole. Tra tradimenti da parte di persone fidate, allontanamenti, scommesse vinte, tenacia e forza di volontà, i destini di Theo, Alexandre e Lena li porteranno a percorrere strade diverse. Si perderanno e sfideranno la sorte per tentare di ritrovarsi fino a rischiare tutto, anche la loro stessa vita.

La storia si snoda lungo decenni di dolore, di perdite, di distanze che appaiono incolmabili. Il mondo del circo appare come un mondo magico non solo per la presenza di tanti artisti ma anche perché sembra offrire una realtà alternativa a quella fatta di bombe, di violenza, di morte. Sotto questo punto di vista devo dire che, essendo nel periodo della seconda guerra mondiale, ho avuto qualche dubbio sull’effettiva condizione degli artisti che appaiono davvero lontani dai rischi che un conflitto mondiale si porta dietro.

Ad un certo punto ho anche pensato che la storia fosse un tantino scontata soprattutto quando sono emersi dei sotterfugi, delle bugie che avrebbero avuto sicuramente un risvolto prevedibile soprattutto quando diventano la base di un rapporto tra persone intelligenti. Ad un certo punto le vicende si sono svolte così come avevo immaginato ma è stato un attimo visto che, poi, ci sono state delle ulteriori evoluzioni inaspettate e capaci davvero di  depistare il lettore.

Viene affrontato il tema della disabilità, che all'epoca altro non era se non un handicap estremamente limitante, tanto più per una ragazzina. Un handicap che si somma, però, alle ambizioni di una giovane donna per la quale, all’epoca, era impensabile un futuro da scienziata. Tematiche affrontare non con superficialità ma dimostrando, da parte dell’autrice, anche un certo approfondimento attorno al tema della poliomelite, dei rimedi messi in campo, delle terapie messe a punto. In un’epoca in cui inclusione, uguaglianza ed autonomia non erano certo scontate, la storia di Lena e di suo padre (superprotettivo nei confronti della ragazzina) fa pensare che non tutte le porte fossero chiuse anche in quel periodo storico così delicato. Mi piace pensare che non fosse così anche nella realtà, non solo nel romanzo.

Si tratta di una storia frutto della fantasia dell’autrice – anche se la ricostruzione storica è piuttosto fedele ed alcuni personaggi sono realmente esistiti o sono ispirati a persone realmente esistite – che porta speranza nell’ambito di un’epoca in cui era proprio la speranza la prima che si perdeva e dove spesso si perdeva la vita.

Il mondo del circo è suggestivo ed ammaliante: siamo dopo l’età dell’oro della magia statunitense ma in un periodo in cui distrazioni come quelle offerte dagli artisti sotto ad un tendone erano considerate come necessarie in certi ambienti e per offrire una parvenza di normalità. Come, ad esempio, nel campo di concentramento Theresienstadt (citato e realmente esistito) che era in realtà un luogo di raccolta e smistamento di prigionieri ma veniva fatto passare per luogo in cui l’alta concentrazione di artisti, di intellettuali ebrei mitteleuropei facesse pensare a qualche cosa di diverso di un semplice luogo di passaggio verso la morte.

Viene affrontato in modo efficace anche il tema dell'amore, quello con la A maiuscola che viene reso al lettore con vicende che lo declinano in tanti modi diversi, non sono quello tra un ragazzo e una ragazza.

Ad un certo punto ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, come se si facessero degli accenni velati a situazioni che, invece, da lettrice avrei voluto conoscere. Gap recuperato poi strada facendo.

Bel libro. Lettura consigliata.
***
Il circo delle illusioni
Amita Parikh
Giunti editore
418 pagine
14.90 euro copertina flessibile, 9.99 Kindle

martedì 15 novembre 2022

Nessuno mi può giudicare (P. Chiozza)

Avevo voglia di una pausa. Di una lettura non impegnativa e spensierata dopo essermi impegnata con diverse storie piuttosto importanti. Paola Chiozza mi è venuta in soccorso con Nessuno mi può giudicare con una storia che non posso certo definire indimenticabile ma che, se non altro, mi ha fatto un po' sorridere.

 

Intanto va detto che il titolo non è per niente originale visto che ce ne sono diversi, di libri, intitolati così.

E poi va anche detto cosa c'è da aspettarsi da un libro di questo tipo: una commedia romantica con una protagonista un po' imbranata che si infila in situazioni imbarazzanti ma che cerca, come meglio può, di venirne fuori. Non del tutto originale, ma ci può stare.

Ecco, dunque, che Sienna - giornalista che ambisce ad una promozione all'interno della rivista in cui lavora - nel momento in cui scopre che sarà rimpiazzata da una giovanissima influencer che accumula followers mostrando il suo deretano su Instagram, ha un'ultima opportunità per salvare il suo posto e il suo futuro lavorativo: scrivere un ultimo, straordinario pezzo.
Racconta in prima persona la sua avventura in quella che sembra una chiacchierata con i lettori ma che si trasforma piano piano in un racconto piuttosto dettagliato, soprattutto di alcuni aspetti della sua vita.

Diciamo in partenza che la rivista non è impegnata ma si occupa di tematiche piuttosto frivole - ne sono prova i suoi precedenti articoli incentrati su consigli alle donne su come rinvigorire il rapporto di coppia e così va discorrendo - ma ah un suo pubblico. Quello stesso pubblico che ora Sienna dovrà stupire per tentare, se non di ambire ad una promozione, almeno di mantenere il suo posto.

La scelta sull'argomento da affrontare viene "caldeggiata" dalle sue due migliori amiche, così come il metodo da seguire: frequentare un uomo più grande di lei ed uno più giovane per raccogliere dati da usare per poi scrivere un articolo sulla differenza d'età nella coppia. 

Già da qui si può immaginare lo sviluppo della situazione che, a mio modo di vedere, non è del tutto originale. Quando ci sono di mezzo esperimenti di questo tipo il finale è facilmente immaginabile. Non sono stata smentita anche se nel frattempo sopraggiungono delle situazioni inaspettate che rendono comunque la lettura piacevole. Un po' scontata ma piacevole.

I riferimenti sessuali abbondano visto che l'elemento sesso non può mancare tra gli appunti di lavori di Sienna e, a ben guardare, stavolta nel contesto della storia i vari riferimenti non sono di troppo come spesso avviene in romance che puntano ad essere un po' spinti per catturare il pubblico di lettrici. In questa storia trovo che sia tutto piuttosto equilibrato.

I due prescelti - entrambi bellissimi a modo loro ma dalla personalità completamente differente -  riservano delle sorprese (non sempre e non del tutto positive) con le quali la protagonista dovrà fare i conti, volente o nolente.

Finale in linea con le aspettative, scrittura scorrevole, qualche forzatura qua e là per rendere per forza il personaggio divertente ed impacciato.

Lo consiglio agli amanti del genere e a chi voglia evadere qualche ora sognando i regali di Brandon e le performances di Hunter: a voi capire chi dei due possa essere il quarantenne e chi il ventenne... Su, non è difficile!!!

Ah, dimenticavo, Sienna di anni ne ha 30.
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Nessuno mi può giudicare
Paola Chiozza
415 pagine
14,99 copertina flessibile, Kindle prime

domenica 13 novembre 2022

Tutto il blu del cielo (M. Da Costa)

  

Non è una lettura semplice ma è una carezza per l'anima.

Tutto il blu del cielo tratta una tematica molto particolare - quella del fine vita - con pennellate di parole che emozionano anche nei passaggi più difficili.

Émile ha 26 anni, pochi ancora da vivere. Non intende trascorrerli tra un ospedale e l'altro. Vuole viaggiare e cerca un compagno d'avventura. Non un amico. Sarebbe troppo difficile. Uno sconosciuto che accetti di viaggiare on the road affrontando, però, le conseguenze della sua malattia: una forma di Alzheimer precoce. Joanne risponde al suo annuncio ed inizia l'avventura.
Quello che li aspetta non sarà solo un viaggio da un posto all'altro ma un viaggio interiore, dove i ricordi saranno parte di un presente che, giorno dopo giorno, li stupisce ed emoziona.

Proprio come la storia ha stupito ed emozionato me.

La scelta di Émile è stata la prima cosa che mi ha fatto riflettere. 

Con una malattia che non lascia scampo non so quale potrebbe essere la mia reazione e rispetto profondamente la sua scelta. Davanti al dolore, alla certezza di una morte vicina, è un atto di grande coraggio quello che ha fatto... quello che mi ha lasciato un po' perplessa è stato che, essendo malato ed essendosi allontanato senza dire niente a nessuno, nessuno lo cerca. Ha 26 anni, è vero, ma è pur sempre malato ed ha una famiglia che gli sta vicino. Lo spazio che viene riservato ai genitori, alle loro sensazioni davanti alla scelta del ragazzo, è minimo. É vero che la storia è quella di Émile e Joanne, ma la famiglia viene del tutto tagliata fuori tranne che in un momento particolare (e fondamentale a dire il vero) per scelta di una persona che mi ha colpita al cuore con la sua dolcezza, la sua sensibilità, la sua fedeltà ad un impegno preso e non solo. 

Joanne... anche la sua figura mi ha fatto riflettere molto.

Trovo che sia un personaggio straordinario. Fragile, è vero, ma capace di stare accanto a Émile come probabilmente nessun altro avrebbe saputo fare. Perchè se accanto a lui ci fosse stato qualcuno emotivamente più coinvolto le cose sarebbero state decisamente più difficili ma, allo stesso tempo, il fatto che Joanne sia una sconosciuta non vuol dire che tra loro non cresca, giorno dopo giorno, una sintonia che non risente di influenze esterne visto che sono, di fatto, soli, ed iniziano a conoscersi da zero.

É un libro corposo che va gustato con calma. 

Tutto quello che accade va assimilato piano piano, interiorizzato. Una lettura frettolosa, secondo me, non permetterebbe alla storia di arrivare al cuore e scuotere l'anima.
***
Tutto il blu del cielo
Mélissa Da Costa
Rizzoli editore
624 pagine
19.50 euro copertina flessibile, 10.99 Kindle

venerdì 11 novembre 2022

La signorina Nessuno (G. Soleri)


Sincera, sincera? Sì, come lo sono sempre. 
Se non fosse stato per mia figlia non avrei mai comprato il libro di Giorgia Soleri. Abbiamo partecipato ad un incontro di presentazione (io per mera curiosità ma scarso interesse a dire il vero) presso il Centro di Aggregazione Giovanile del mio territorio e mia figlia mi ha chiesto di comprarlo. Il mio scarso interesse era dovuto a due ordini di motivi: 1 – non sono una grande esperta di poesie e mi sono imbattuta in troppi fenomeni “da social” 2 – ho sempre pensato che il suo personaggio fosse costruito ad hoc per far audience e sfruttare, anche se in modo indiretto, il suo legame con il bel fidanzato che tutti noi (ma sarà vero?) conosciamo.
Va detto che durante la presentazione non ha mai fatto riferimento alla sua situazione amorosa ne’ ha fatto riferimenti a problemi fisici per i quali è finita su tutti i giornali ed anche in tv. Per capirci, è uscita dalla sala dicendo “…è la prima volta che non parlo di figa”. Si può dire? Lei lo ha detto, davanti ad una platea di giovani per cui… la sua licenza poetica, diciamo così, mi autorizza a fare lo stesso… bho, non so. Lasciatemelo passare!
Il libro è strutturato in diverse sezioni che danno voce alla storia di un’esistenza travagliata per un sacco di motivi. È la voce di una giovane donna che mette su carta la sua disperazione, la sua difficoltà di vivere, i suoi limiti, le sue paure, i suoi dolori ma anche la sua speranza.
Non ho nessuna competenza per dare un giudizio dal punto di vista poetico ma ho avuto l’impressione che molti riferimenti possano essere decisamente comuni ai giovani di oggi. Quella difficoltà di vivere credo di poterla ritrovare sui margini dei libri di scuola di tanti adolescenti che, magari, non hanno avuto la sua stessa opportunità di arrivare ad una casa editrice. 
Non intendo sminuire il suo lavoro, per carità. 
Dico solo che trovo considerazioni piuttosto sfruttate, ovviamente rese a modo suo, che non mi hanno impressionata più di tanto. Forse di tutte le poesie che ho letto ne salverei una: 
 
“Mi infastidisci/come un granello di sabbia/nella scarpa./Eppure sei ricordo di mare/profumo di salsedine/spensieratezza/adesso però/esci dalla mia scarpa,/ sparisci.
 
Giusto per rendere l’idea.
 
Tornassi indietro, mi spiace, ma il libro proprio non lo ricomprerei…
 
Ps. nelle poesie che descrivono amplessi non è proprio possibile non far volare la fantasia a lui... e lei passa decisamente in secondo, terzo piano.
***
La signorina Nessuno
Giorgia Soleri
Vallardi Editore
208 pagine
16.90 euro copertina flessibile, 9.99 Kindle

domenica 6 novembre 2022

La casa delle voci (D. Carrisi)

 

Non seguo la moda del momento nella scelta delle mie letture. 

Chi ha imparato a conoscermi almeno un po’ ormai lo sa. Da libri troppo pubblicizzati mi tengo alla larga nel momento del lancio sul mercato (molti, troppi pareri sono palesemente pubblicitari) ma poi se l’argomento mi interessa, se amo il genere, a distanza di tempo ci ripenso. Ed è quello che è capitato con La casa delle voci di Donato Carrisi.

Genere che mi piace, autore che ho apprezzato in precedenze, trama intrigante.

Ed eccomi qui, a dire la mia in merito. Il protagonista della storia, Pietro Gerber, è uno psicologo infantile ed ha seguito le orme dal padre, “incantatore di bambini” prima di lui. Si occupa di pazienti che spesso hanno subito degli abusi o hanno assistito a dei delitti ma che fanno fatica a far emergere i propri pensieri. L’ipnosi è una strumento necessario, in casi come questi, per poter arrivare alla verità.

Contro ogni aspettativa, Gerber si trova ad affrontare il caso di una donna – Hanna Hall – che ha visto affiorare nella sua memoria terribili ricordi: è convinta di aver ucciso, da bambina, il suo fratellino.

Gerber non si occupa di adulti ma, coinvolto da una collega che ha Hanna in cura, accetta di occuparsene perché, come sottolineato dalla collega, è una donna nella quale si nasconde una bambina che ha necessità di fare chiarezza su un terribile passato.

Ha inizio, così, un percorso che porterà non solo Gerber ad indagare nel passato di quella donna ma a riportare alla mente anche dei ricordi che lo riguardano da vicino. Questa cosa lo sconvolge ancor più di quanto non faccia il racconto di Hanna che, pure, è terribile. Pian piano Gerber si renderà conto che ci sono delle incongruenze, delle stranezze rispetto alle quali non riesce ad avere risposte. Hanna dimostra di sapere molto di lui, del suo passato… e questa è una cosa molto strana.

Accanto ad Hanna, poi, Gerber si trova ad indagare anche sul caso di un bambino che accusa i genitori di compiere strani riti… è un caso collaterale a quello principale, che sembra chiaro fin da subito ma che riserva delle interessanti sorprese.

Nessuno vuole ascoltare ciò che i bambini hanno da dire”: frase ripetuta più volte, questa, in diverse circostanze e che, lo ammetto, mi rimbomba in testa per un sacco di motivi legati alla storia narrata da Carrisi ma anche legati a tante situazioni di attualità che, a ben guardare, fanno pensare.

L’autore è abile nel costruire un thriller psicologico ad alta tensione, capace di coinvolgere il lettore in primissima persona anche se alcuni passaggi mi sono sembrati un po' assurdi: più avanza nella narrazione e più la storia alza il proprio livello e poi, a ben guardare, quando si ha a che fare con i misteri della mente ci si può aspettare di tutto. 

Carrisi è capace di indagare nel lato più oscuro dell’animo umano e mette su carta una storia dai risvolti inaspettati, che si svelano piano piano agli occhi del lettore e lo inquietano sempre più.

Non ci sono mostri con due teste e dieci zampe, per capirci. Non è questo il genere di libro. Ma i misteri della mente possono essere molto più inquietanti di un mostro peloso o di un rumore sospetto in una camera buia.
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La casa delle voci
Donato Carrisi
Longanesi editore
400 pagine
22.00 euro copertina rigida, 5.00 euro copertina flessibile, 9.99 euro Kindle