venerdì 24 gennaio 2020

Absence. Il gioco dei quattro (C. Panzuti) - Venerdì del libro

Faith è un'adolescente che vive con sua madre. Sono in attesa di una sorellina ed alla prese con uno dei tanti traslochi che le ha vista spostarsi da una città all'altra.
Jared ha un fratello e due genitori che, però, non sono quelli biologici, morti a suo tempo. Passa sempre per il fratello cattivo mentre il suo altro non è se non uno scudo per difendere soprattutto il suo fratello minore.
Christabel ama nuotare. Sono l'acqua e la fatica le sue difese da un mondo nel quale non si sente affatto a suo agio e nel quale si sente perseguitata dalla sfortuna. Pessimista cosmica, combatte il mondo a suo di bracciate.
Scott è impegnato a far colpo sulle ragazze. Troppo impegnato da accorgersi che qualche cosa non va.

Qualche cosa non va per tutti e quattro: non si conoscono ma saranno destinati a condividere un'esperienza sconvolgente, diventando loro malgrado una squadra.

Improvvisamente si rendono conto di essere invisibili. O meglio, di essere scomparsi non solo fisicamente ma anche dai ricordi delle persone che da sempre vivono loro accanto.
Essere completamente ignorati è terribile e i quattro ragazzi lo sperimenteranno sulla loro pelle. Ben presto si renderanno conto, dopo essersi incontrati, di essere le pedine di un terribile gioco che li metterà sulla strada di un misterioso premio, in combutta con altre squadre di adolescenti con le loro stesse caratteristiche: invisibili e inesistenti per il resto del monto, si vedono e si sento tra loro grazie a particolari dispositivi.

Absence. Il gioco dei quattro è il primo di una trilogia fantasy che se, da un lato, vede i protagonisti impegnati a combattere fisicamente per non soccombere, dall'altra li vede impegnati in una lotta interiore che li porta a farsi delle domante, ad interrogarsi sul proprio passato, su un presente incerto e su un futuro che non si riesce a capire se davvero arriverà.

Ciò che maggiormente mi ha colpita è la riflessione che viene spesso fatta in merito all'esistere o non esistere. E' sufficiente avere un corpo, una fisicità, occupare uno spazio per poter dire di esistere? Quante volte ci troviamo in mezzo agli altri e sembriamo invisibili al loro cospetto pur essendo presenti in carne ed ossa? In famiglia, sul lavoro, a scuola, nello sport...
E' questo, fondamentalmente, l'interrogativo che pervade tutto il racconto e che porta i ragazzi a fare un'analisi oggettiva su quella che è stata la loro vita fino a quel momento.

Ed è lo stesso interrogativo che ho fatto mio vedendo davanti agli occhi tante situazioni nelle quale mi sono resa conto di essere stata invisibile agli occhi di qualcuno pur essendo lì accanto.

Non è un libro autoconclusivo per cui per comprendere appieno la storia dovrò leggere il seguito. In questo primo capitolo posso dire che restano parecchi interrogativi aperti? Chi è che sta giocando con i ragazzi? Perchè? Come mai proprio loro? Non mi sento di dire altro a tal proposito e non lo considero un neo del racconto proprio perchè non è autoconclusivo e sono certa che si avranno altri elementi nei prossimi capitoli.

Segnalo questa lettura per il Venerdì del libro di oggi soprattutto perchè è un libro per ragazzi, un fantasy che mi sento di consigliare anche ai più giovani: scritto in modo scorrevole, senza scene spinte, senza frasi poco consone... un libro che farei leggere ai miei figli. E, lo ammetto, non mi capita spesso di dirlo, anche se si tratta di letture pensate per ragazzi, perchè mi capita spesso di trovare qualcosa che non mi sembra adatto per loro. Stavolta lo promuovo e chissà che prima o poi non arrivi anche nelle loro mani!!!
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Absence. Il gioco dei quattro
Chiara Panzuti
Fazi Editore
382 pagine
Kindle Unlimited
15.00 euro copertina flessibile

mercoledì 22 gennaio 2020

Mahut (M. Madonia)

Mattia Madonia racconta la vita di esseri umani che inizialmente spiazzano, poi catturano. Sono persone che non nascondono le loro fobie, le loro debolezze, le loro fragilità. Anzi, si mostrano al lettore in modo franco, diretto, senza filtri apparendo anche un tantino indisponenti perché, diciamolo, davanti ad una persona in difficoltà ci si indispone subito, anche se poi si fa finta di interessarsi o di prestare attenzione all’altro.

E’ la vita che ci pone davanti persone come Bianca, Livio o Paride ma noi ce ne accorgiamo? Ci accorgiamo della solitudine degli altri, della difficoltà alle relazioni interpersonali, del malessere legato al condividere esperienze, pensieri e paure con qualcuno di reale?
Questa è la riflessione che ho fatto dopo aver letto le storie dei tre personaggi che Madonia racconta in modo diretto, crudo, vero. Senza sconti.

Bianca è una donna sola, provata dalla sofferenza e dalla fatica che derivano dall’aver perso la madre e dal dover accudire un padre malato.  Quante volte ci soffermiamo a tendere la mano a chi, nel suo silenzio o nel suo modo di schivare il resto del mondo, chiede aiuto? Non un aiuto materiale, non una mano a fare qualcosa di concreto, ma una mano nell’essere ascoltato, compreso. Bianca mi ha dato l’impressione di essere una persona profondamente sola non per scelta ma per via di una serie di circostanza che l’hanno portata a circoscrivere la sua vita tra le quattro mura di casa, un padre inerte, un impegno costante nei suoi confronti. L’epilogo della sua storia è di una tristezza disarmante ma tale da colpire al cuore di un lettore attento.

Livio è un giovane – non saprei dargli un’età precisa – che vive la sua vita tra le mura di casa per scelta. Teme il contatto con gli altri tanto da farne una fobia. Non esce dallo spazio che si è cucito addosso, non fa più passi di quelli che sono necessari per andare a fare la spesa o per prendere un caffè. Ha Igor accanto: un amico immaginario con il quale tenta di spingersi oltre i propri limiti tanto da arrivare oltre la sua comfort zone. Arriva ad un parco e conosce una persona. Una persona, un’unica persona, che gli sconvolge la vita con una fretta quasi inaccettabile. Un segno, questo, di quanto sia facile rompere un equilibrio così delicato come quello che una persona che vive sulla sua pelle la fobia sociale può aversi costruito attorno.

Paride è il personaggio che mi ha sconvolta maggiormente. Non che gli altri due mi abbiano lasciata indifferente… tutt’altro. Paride, però, incarna il prototipo della persona-fantasma: lui che non è mai al centro dell’attenzione, che lavora tra tante altre persone ma che non ha amici, che vive in un mondo fatto di ombre dove si confonde con facilità. Una persona che tutti definirebbero normale ma che cela, sotto quell’apparente normalità, un animo inquieto, sofferente, solo. Nemmeno il suo gemello immaginario può aiutarlo più di tanto. O meglio, lo guida in alcune scelte che, però, non possono certo essere dette positive per lui. La sua è la storia più sconvolgente ma che, a ben guardare, non è poi così lontana da tante altre storie di cui si sente davvero nella vita reale.

A Madonia - che ho conosciuto grazie alla mia collaborazione in corso con Thrillernord e che mi ha permesso di leggere questo libro - devo riconoscere il merito di aver reso alla perfezione i suoi personaggi. Ad un iniziale smarrimento – quando, davvero, mi sono chiesta dove l’autore voleva arrivare – ho ben presto sostituito la consapevolezza di quanto sia fragile l’essere umano e di quanto, ognuno di noi, potrebbe essere Bianca, Livio o Paride senza che nessuno se ne accorga. Come nessuno, a ben guardare, si è accorto di loro.
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Mahut
Mattia Madonia
Baldini & Castoldi
150 pagine
9.99 euro Kindle
17.00 euro copertina flessibile

domenica 19 gennaio 2020

Enigma in luogo di mare (Fruttero & Lucentini)

Devo ammettere una mia mancanza: Enigma in luogo di mare è il primo libro di Fruttero & Lucentini che ho avuto occasione di leggere. E' una mancanza grave, me ne sono resa conto durante la lettura, così come mi sono resa conto che si tratta dell'ultimo giallo da loro scritto.

I due autori hanno donato nobiltà letteraria ad un genere, il giallo, che spesso sacrifica la ricercatezza stilistica sull'altare della scorrevolezza, della semplicità di lettura.
Lo stile ricercato, in alcuni passaggi anche ridondante, le descrizioni meticolose e particolari, inusuali oserei dire, mi hanno catturata in un ambiente reso alla perfezione con personaggi descritti con ironia e verosimiglianza. 

Siamo in una piccola località non lontana da Grosseto. Nella Pineta della Gualdana, proprietà esclusivamente privata, si ergono 153 villette per lo più nascoste dalla vegetazione ed abitate soprattutto nel periodo estivo da famiglie benestanti che vi si recano per passare le vacanze.
Siamo, però, in un periodo particolare dell'anno visto che mancano pochi giorni a Natale e lo scenario è tutt'altro che estivo. Anzi, le timide luci che arrivano dalle villette - non molte - abitate per l'occasione, sembra che non riescano a riscaldare l'ambiente. Un ambiente in cui convergono diverse storie: storie di noia, di quotidiana sopportazione ma anche storie di lussuria e di ambizione, storie di un successo che sembra oramai verso il tramonto. Proprio tra queste storie vanno ricercate le esistenze più tormentate, quelle che diventeranno protagoniste del mistero che si cela in quella pineta che sembra più lugubre del solito. 

Lo scenario, poi, è tutt'altro che festivo visto che il ritrovamento di un cadavere di un uomo e la scomparsa di due coniugi, tutti e tre temporaneamente resistenti nella Gualdana, rendono la situazione piuttosto particolare. 

Quella che descrivono gli autori è una normalità forzata, di quelle che si vengono a creare quando più persone si trovano a convivere - seppur ognuna nelle proprie abitazioni - in un ambiente circoscritto. Le chiacchiere passano da bocca in bocca, le apparenze fanno fatica ad essere salvate, le difficoltà quotidiane vengono, in un modo o nell'altro, esasperate. Perchè, se è vero come è vero, che la pineta offre un posto lontano dal mondo, una quiete estrema ed una immobilità che si avvicina all'irrealità, è anche vero che questo mette ognuno davanti alle proprie fragilità, alle proprie debolezze, alle proprie manie. E se ci scappa un morto, o forse tre, la situazione si complica.

Ciò che mi ha maggiormente colpita è lo stile che, secondo il mio parere, predomina sulla storia, sugli indizi, sulle indagini portate avanti in modo più o meno ufficiale.

Mi ha poi colpita quel senso di normalità che traspare dal racconto, anche quando il rinvenimento di un cadavere dovrebbe smuovere un po' gli animi: le varie situazioni si dipanano con normalità estrema, come se nulla fosse successo e, soprattutto, senza che nessun sospetto si alimenti a danno di qualcuno degli abitanti della Gualdana. Il cadavere c'è, è vero, i due scomprasi sono scomparsi, anche questo è vero, ma si può forse cambiare l'equilibro di un tranquillo e borghese angolo di mondo per tutto questo? E' come se nessuno si scomponga più di tanti nei giorni che seguono al ritrovamento fino alla soluzione del caso. E' un luogo riservato per sua natura, la Gualdana, e sembra che tutti intendano mantenere questa riservatezza anche davanti alla morte, all'omicidio, alla scomparsa.

Altra cosa che mi ha colpita, il fatto che fino a metà - più o meno - non ci sia l'ombra di un mistero. La prima parte del libro è riservata a tracciare i caratteri dei vari personaggi e lanciare qualche indizio su chi potrebbe fare cosa. Delle piccole esche... così le ho considerate.

Tra i personaggi, alcuni mi hanno maggiormente colpita.

La prima è Katia. Una ragazza a cui non sono stata capace di attribuire un'età che si ritrova nella Gualdana in cerca di successo, al seguito di un personaggio attempato che potrebbe farla conoscere a personaggi importanti ed al quale si concede considerando ciò come una sorta di biglietto da pagare per un futuro di successo. Una ragazza senza troppi scrupoli, dal bel caratterino e capace di prendere al volo le occasioni che le si presentano, senza dare troppo importanza al contorno

E poi la signora Zeme: una donna sempre sull'orlo di una crisi di nervi, depressa, in balìa delle medicine e capace di alternare momenti di insopportabile sovraeccitazione a momenti di silenzio altrettanto insopportabile. Dev'essere davvero difficile stare accanto ad una persona così.

Tra i personaggi maschili, su tutti domina Monforti: un depresso dichiarato che ospita nel suo appartamento sua sorella e suo cognato (che non vede l'ora di andarsene via verso altri lidi) e che con fare discreto dimostrerà, prima di tutti a se stesso, di non essere poi così depresso. Piuttosto pessimista, diciamo così, ma non proprio depresso come ha sempre creduto.

Ammetto che la lettura è proceduta più lentamente del previsto, in alcuni punti mi sono anche persa tra i vari ragionamenti ma poi, nel finale, è stato interessante capire come gli autori abbiano portato il lettore a svelare l'arcano... in modo piuttosto diretto, a dire il vero. Ma non dico altro per non togliere il gusto della lettura a chi questa storia ancora non la conoscesse.

E' un libro che suggerisco a chi volesse leggere un giallo di classe, stilisticamente diverso dai gialli a cui il lettore medio (io mi ritengo tale) è abituato. Lo consiglio ai lettori più esigenti, più raffinati ma anche a chi volesse togliersi una curiosità e toccare con mano la differenza. Chissà che non ne resti poi affascinato?

Io ho letto un'edizione che mi è piaciuta molto, appartenente alla collana Le stade del giallo de La biblioteca di Repubblica. 
***
Enigma in luogo di mare
Fruttero & Lucentini
Mondadori editore per La biblioteca di Repubblica
pag. 373
5.90 euro + il prezzo del quotidiano

lunedì 13 gennaio 2020

Miss Charity (M-A Murail)

Miss Charity è un personaggio adorabile. La sua è una storia che fa bene al cuore, ben scritta, scorrevole, delicata anche nei momenti meno delicati ma forte e potente dove necessario.
E' una storia scritta con garbo e la suggerisco anche a giovani lettori che vogliano immergersi in una storia d'altri tempi.

Charity è una bambina che ama gli animali. Diventerà presto una ragazzina e una donna a cui gli stereotipi dell'epoca - siamo nell'800 - andranno stretti.

Non ama mettersi in mostra ma nemmeno stare in un angolo. Ha dei sogni ed intende realizzarli anche quando la propria famiglia - sua madre in particolare - per lei vorrebbe altro.

La sua è una storia d'amore: amore per la natura, per gli animali ma anche amore per il sapere, per la conoscenza. E' una storia d'amore tra persone, declinata in tanti modi: amore per le persone a lei care ma anche quell'amore con la A maiuscola a cui lei sembra non dare peso, di cui le stessa sembra non rendersi conto ma che si legge tra ogni riga.

In un'atmosfera vittoriana d'altri tempi, le regole dell'epoca la vorrebbero lontana da tutto ciò che, invece, lei ama. La curiosità, l'amore per la scienza, per l'arte, per il teatro sono parte personalità di una bambina che ama la libertà e ne fa, con discrezione, una bandiera. Non eccede mai nei suoi comportamenti eppure fa cose altamente disdicevoli per una bambina, prima, e per una donna più tardi. Lo fa in modo estremamente naturale e come se fosse giunto il fatidico momento dell'emancipazione, senza che questo sconvolga nessuno.

Nonostante un carattere considerato eccentrico per la sua epoca, Miss Charity mi ha trasmesso tanta tenerezza: è una figura positiva, buona, altruista e capace di trasmettere tutto ciò in modo semplice ma efficace. Mi ha fatto sorridere, commuovere, riflettere ed avrei voluto abbracciarla in più punti.

Sono tante le persone che incontra lungo il cammino della vita ed ognuna le darà qualcosa.
E' coraggiosa: non le interessa in giudizio degli altri, lei è capace di argomentare le proprie scelte.
E' pratica: ha ben capito come vada il mondo e quanto sia importante avere autonomia e capacità di mantenersi, tanto per citare un esempio.
E' sensibile: le sofferenze altrui non le sono indifferenti e cerca di fare tutto ciò che può per alleviarle, quando ciò è alla sua portata ma anche quando ciò sembra troppo grande per lei.
E' innamorata: ama la vita, prima di tutto. Ama gli eseri viventi, la sua famiglia ed anche coloro che avrebbero dovuto farne parte ma non ci sono più. Ama tutti coloro che incrocia lungo il suo cammino, in modo più o meno intenso.

Due aspetti della sua storia mi hanno colpita.
Il primo è il rapporto con sua madre: una donna gelosa della sua bambina, che vorrebbe sempre tenerla il più vicina possibile, che la critica per le sue scelte ma con la quale non va mai in contrasto. Una gelosia che resterà tale anche quando Charity bambina non lo è più. In alcuni passaggi ho avuto la sensazione che quella donna abbia visto in sua figlia ciò che lei non è stata, in passato. Non so... è stata una mia sensazione provata a pelle.

E poi il rapporto con quello che sarà l'uomo della sua vita e che si capisce fin da subito quale ruolo avrà.
Un ragazzo eccentrico anche lui, a suo modo. Un artista, un sognatore, che non può certo dirsi privo di difetti ma che per lei c'è sempre - così come lei c'è per lui - e che pur non sfiorandola mai nemmeno con un dito trasmette amore, quello vero, ogni volta in cui fa la sua comparsa nella vita di Charity. Anche per lei è così: le attenzioni che gli riserva, quel suo modo così genuino di preoccuparsi di lui, quell'ingenuità di volersi fidare a tutti i costi cosa sono se non segno di un profondo amore, anche se mai dichiarato.

Bellissimo il momento in cui i due si trovano, veramente, sulla stessa lunghezza d'onda! Emozionante il momento delle dichiarazioni che appaiono così improvvise e veloci quanto intense e profonde.
 
Gran bel libro. Bellissima storia nella quale non mancano certo gli stereotipi dell'epoca (...una donna che diventa scrittrice... mai e poi mai troverà marito... ) ma che trasmette anche tanta fiducia e tanto coraggio: ognuno di noi è artefice del proprio destino, anche quando tutto intorno ci viene detto il contrario!

Ps. da segnalare la figura di Noel: un ragazzino che sa il fatto suo e che resta nel cuore, non solo in quello della protagonista.
***
Miss Charity
Marie-Aude Murail
Giunti Editore
477 pagine 
14.00 euro

domenica 12 gennaio 2020

Il sosia (E. Masina)

Il Fantasma è un grosso trafficante internazionale di droga, sicuramente italiano che, per quanti sforzi fossero stati fatti anche con la collaborazione delle polizie di tutto il mondo, non era mai stato possibile identificare ed arrestare.
Eppure, prima di diventare tale, il Fantasma era un ragazzo come tanti altri, impiegato di banca senza troppe ambizioni, con pochi amici ed una vita sociale mediocre. Un ragazzo che si imbatte in un personaggio che, a sua volta, lo avvicina ad un ambiente che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare di conoscere così da vicino e del quale diventare pilastro importante.
Il Fantasma è il protagonista di una storia in cui gli eventi si susseguono ad una velocità impressionante, quasi come se vicende che lo riguardano fossero così tante e così tanto concentrate in un arco temporale relativamente breve da dover scorrere sotto gli occhi del lettore con la massima velocità.

Questa è stata la sensazione che ho avuto io nel leggere Il sosia, letto in collaborazione con Thrillernord: l’autore aveva così tanto da dire sul protagonista, così tanto da raccontare, da dover sacrificare dettagli e descrizioni meticolose per condurre il lettore lungo la sua storia ed arrivare al più presto alla fine.

Ma cosa c’entra il Fantasma con la morte di un uomo – assassinato con un’iniezione letale durante una funzione religiosa in Austria – e con lo scambio di cadavere che seguirà alla sua autopsia?
Sisto Proietti, l’uomo assassinato, era un commerciante di tessuti con un giro d’affari pulito, svolto alla luce del sole. Sarà forse la sua particolare somiglianza con il Fantasma ad essergli costata la vita? E quel cadavere che viene scambiato con il suo, cosa c’entra con lui?
Prendono le mosse da questi eventi vicende misteriose in cui camorra, droga, ricchezza e scaltrezza sono gli ingredienti che vengono mixati a dovere con un ritmo narrativo incalzante, veloce, anche troppo in alcuni momenti.

Devo ammettere che il Fantasma, colui che nessuno riesce a rintracciare ed ai cui polsi nessuna manetta riesce a scattare, mi è sembrato un giovanotto senza spina dorsale fin dai primi passi che ha mosso fuori dalla sua comfort zone. Un bambinone incapace di capire bene cosa gli stesse succedendo, incapace di opporre la benché minima resistenza a tutto ciò che gli stava capitando attorno, pronto a subire senza fare domande anche le vicende che, a ben guardare, hanno dell’assurdo. Eppure, un tipo dal tal fattura diventa il fulcro di un ampio traffico di droga senza nemmeno avere il tempo di realizzare chi, come e cosa gli operi attorno. 

A chi deve credere? 
Chi gli dice la verità? 
Ci sono dei buoni attorno a lui? 
O solo dei cattivi?
E quali sono?
In che misura?

Ho avuto la sensazione che il Fantasma si ponesse continuamente questi interrogativi e che subisse, giorno dopo giorno, gli eventi più che determinarli. Secondo il mio parere è un personaggio passivo che, di fatto, non prende mai decisioni ma le subisce.

Il sosia è un giallo particolare sia nella struttura narrativa che per le vicende che vengono narrate. Non è il mistero sui due omicidi che il lettore ha bisogno di vedere svelato ma capire dove le vicende porteranno il Fantasma, cosa gli accadrà… e se riuscirà a restare un Fantasma per sempre…
Ammetto di averlo letto in poco tempo tanta era la voglia di arrivare a capire come si sarebbero messe le cose per l’uno o per l’altro personaggio ed un po’ ho sofferto della velocità di narrazione, come se tante – troppe – informazioni e tanti (continui) cambiamenti di fronte avessero spaesato non solo me ma anche il protagonista.
***
Il sosia
Ernesto Masina
Macchione Editore
200 pagine
15.00 euro

martedì 7 gennaio 2020

Di niente e di nessuno (D. Levantino)

Ora che l'ho finito lo posso dire: bel libro!

Se mi avessero chiesto un giudizio a metà lettura probabilmente non sarei stata tanto entusiasta perchè ho trovato la narrazione di Levantino troppo di pancia. 
Ora, però, è proprio questa scrittura di pancia che mi permette di dire che la storia di Rosario arriva dritta al cuore del lettore. Al mio, almeno, è arrivata.
E' arrivata la storia di un ragazzino che si trova a crescere troppo in fretta lungo le strade di una Palermo che non fa sconti.
Un ragazzino che si trova a fare scelte più grandi di lui e a subire le regole di un ambiente in cui ha la meglio chi mena più forte le mani, non chi lo merita.

Rosario è un ragazzino alle prese con il primo amore ma anche con la prima esperienza con una grande passione che apprende di aver ereditato dal nonno: il calcio. O meglio, fare il portiere. Per lui è naturale volare da un palo all'altro per ancorare a terra un pallone e nemmeno lui si rende conto come fa ad arrivare a scalzare il primo portiere nella squadra di calcio del suo quartiere. 
Nel momento in cui si rende conto di avere un talento innato deve però fare i conti con la legge del più forte. Lui, l'ultimo arrivato, che minaccia il posto del capitano!
E' questa la prima grande prova che deve affrontare Rosario e ad essa seguiranno prove di altro genere ma tutte importanti ed anche capaci di cambiargli la vita, anche se sul momento non se ne rende conto.

Quella di Rosario è la storia di una famiglia che vive in un equilibrio precario per un sacco di motivi.
E' una storia di bullismo e di violenza di strada. Quella che fa crescere, nonostante tutto.
E' una storia d'amore, di passione, di promesse. Di scelte.
E' una storia di crescita. 

Rosario è un ragazzino che scopre sulla sua pelle di essere capace di fare scelte coraggiose, di avere quella forza che serve per camminare a testa alta in quel quartiere Brancaccio in cui è tanto difficile crescere. 
Io non sono mai stata a Palermo e non ne conosco da vicino le caratteristiche ma ciò che mi ha trasmesso la storia raccontata da Levantino è un senso di appartenenza, a quella terra, da parte di tutti i personaggi, più forte di quanto si possa pensare. Perchè il quartiere identifica le persone, nel bene e nel male, e tutti ne sono consapevoli.

In alcuni punti ho messo in discussione il passaggio disinvolto da un tempo verbale all'altro, da parte dell'autore, ma l'effetto che fa questa scelta narrativa - perchè tale la considero - è nell'insieme della situazione molto azzeccata.
***
Di niente e di nessuno
Dario Levantino
Fazi Editore
160 pagine
17.50 euro

sabato 4 gennaio 2020

Il coltello (Jo Nesbø)

Bello e devastato.

Arrivano per bocca della collega Kaja Solness i termini che cercavo da tempo per descrivere Harry Hole, il protagonista della serie nata dalla geniale penna di Jo Nesbø e avviata con Il pipistrello, giunta alla sua dodicesima tappa con Il coltello, ultimissimo libro della serie.

Bello e devastato.

Bello di una bellezza tutta sua, perchè proprio bello bello, dal punto di vista estetico, Harry non dovrebbe esserlo più di tanto soprattutto dopo i tanti segni che il suo corpo, il suo viso in particolare, presenta. Dal fisico possente, biondo con i capelli dritti in testa, immagino il suo viso solcato da quella cicatrice color fegato che gli segna il volto, dalla bocca all'orecchio e che oramai lo caratterizza rendendolo quasi aggressivo agli occhi di chi non lo conosce. Lo immagino con gli occhi iniettati di sangue quando, sbronzo oggi come allora, si ritrova in casa sua con i vestiti insanguinati, le mani insanguinate senza ricordare nulla di quanto accaduto la sera prima. Non è certo un bel biglietto da visita....

Devastato. Questo riesco ad immaginarlo senza fatica. Harry è un uomo devastato da un passato che lo rincorre continuamente e da un presente più che doloroso. E' un uomo che perde ciò che di più caro ha al mondo e l'unico motivo che gli fa aprire gli occhi al mattino (tanto per cambiare, viene sospeso da qualsiasi tipo di indagine) è la ricerca del  colpevole del delitto che lo ha letteralmente devastato. 

Harry è un uomo devastato dal dubbio, dal sospetto, dalla continua lotta tra il suo io più violento ed istintivo con quello che, secondo il mio parere, invece lo caratterizza. Harry è un uomo buono, dal gran cuore ed anche in una vicenda dolorosa come quella che stavolta si trova ad affrontare lo dimostra.
Parere mio, ovviamente.

Harry è un uomo dalla sensibilità superiore, nella vita così come nello svolgere il suo mestiere. Un mestiere nel quale è insuperabile nonostante tutto, nonostante il Jim Beam che lo corteggia continuamente e il suo alcolismo dichiarato, nonostante i modi alquanto ortodossi di affrontare indagini dalle quali spesso, stavolta più che mai, viene tenuto (senza successo) lontano.

E' devastato su più fronti. L'ho realizzato alla fine del romanzo quando mi sono trovata davanti ad una svolta che mai e poi mai avrei potuto immaginare, ad un colpevole che mai e poi mai avrei (ed anche Harry) voluto che fosse tale!

Non posso dire altro in merito alla trama perchè non voglio togliere il gusto della scoperta - perchè è una storia in cui le scoperte sono continue - al lettore.

Posso dire che Nesbø si conferma abile nel raccontare storie nella storia, nel proporre personaggi a cui il lettore si fidelizza, personaggi che il lettore affezionato riconosce e dei quali, qualora mancassero, sentirebbe la mancanza. Nesbø non lesina in descrizioni e devo dire che stavolta, rispetto a quanto avvenuto in precedenti capitoli della serie, è meno cruento nelle descrizioni ma non meno efficace nell'effetto finale. Da questo punto di vista credo di poter dire che l'autore si sia migliorato nel tempo: non sono necessarie descrizioni cruente fino all'inverosimile per arrivare al cuore del lettore, in senso positivo o negativo che sia. 
E non lo dico solo in riferimento al protagonista, quell'Harry Hole che oramai nel cuore dei lettori di Nesbø ha un posto fisso qualunque cosa faccia... Lo dico in riferimento anche a personaggi secondari che diventano tutti antagonisti importanti. Nessuna storia viene lasciata nelle mani del lettore con superficialità. Nessun personaggio viene raccontato in modo sbiadito.

Forse stavolta ce n'è uno che resta un po' in penombra. 
Almeno secondo il mio parere, la figura di Katrin perde un po' dello smalto che le avevo inizialmente riconosciuto e lo fa per un sacco di motivi: per atteggiamenti, scelte o non scelte, per la scarsa incisività che, sempre per parere personale, ha nell'ultima avventura di Hole. E', da sempre, una sua alleata... stavolta però la sua figura scricchiola un po'... anzi, parecchio!

Sullo sfondo ci sono sempre i paesaggi di una Oslo che non fa sconti. A nessuno.

Forse esagero nel dire che è il libro più bello della serie di Harry Hole ma lo dico comunque, senza ovviamente nulla togliere a tutti gli altri. E' senza dubbio il più ricco: di personaggi, di descrizioni, di dubbi, di emozioni ed anche di verità.

Lo consiglio agli amanti del genere senza ombra di dubbio. A chi non avesse ancora letto nulla di questa serie consiglio di iniziare dal principio per comprendere alcune sottigliezze che l'autore semina, di libro in libro, per meglio mettere a fuoco il personaggio, la sua storia, le sue emozioni.

Un personaggio bello e devastato che è protagonista, stavolta, di una storia bella (per quanto possa essere bello un thriller in cui ci sono violenze e morti... ma mi avete capito!) e devastante. Per Harry ma anche per chi segue le sue avventure.

Ps: devo fare un appunto. Non mi era mai capitato prima con libri Einaudi e, nello specifico, della collana Stile Libero Big ma mi sono imbattuta in diversi errori... poca cosa, a al posto di una e, un plurale al posto di un singolare... poca cosa, ma che io ho notato.
Pignola? 
Magari sì, ma io preferisco definirmi lettrice attenta.
***
Il coltello
Jo Nesbø 
Einaudi Editore
625 pagine
20.00 euro formato cartaceo

giovedì 2 gennaio 2020

La madre segreta (S. Boland)

Ammetto che è stata la copertina ad attirarmi nella scelta del libro La madre segreta che ho letto in collaborazione con Thrillernord.
Bella la scelta di colori, bella l'immagine...
Ho potuto, in questo modo, fare la conoscenza di Tessa.

Tessa è una donna spezzata da un dolore che nessuna madre dovrebbe provare: la morte dei suoi due figli. Due gemelli morti prematuramente, due piccole bare su cui portare fiori: hanno lasciato un vuoto profondo nella sua vita e Tessa fa ancora fatica a trovare un equilibrio dopo quanto è successo alla sua famiglia. Quando, in un giorno come tanti, Tessa trova un bambino in casa sua, lasciato da un misterioso angelo (così dice il piccolo), per lei ha inizio un incubo fatto di sospetti, di ipotesi, dubbi, accuse.

Quel bambino la crede sua madre… Impossibile, impensabile. E come è finito lì?
Nessuno crede che sia finito da solo in quella cucina. Il sospetto è che sia stata lei a rapirlo.
Non ha un passato limpido, Tessa. Dopo la morte dei suoi bambini ha avuto un crollo e il sospetto che possa aver tentato di appropriarsi di quel bambino per riempire il vuoto rimasto nella sua vita serpeggia tra la polizia ma anche nella mente del suo ex marito e della sua attuale compagna. Solo il suo capo, Ben, le crede e la sostiene nel suo viaggio verso la verità.
Tessa vuole capire cosa sta succedendo e decide di farlo usando un metodo tutto suo che può rivelarsi, però, più pericoloso del previsto.

Secondo il mio parere si arriva troppo in fretta all’epilogo. Avrei preferito che la situazione venisse maggiormente sviscerata soprattutto nella prima parte del libro.

Credo che questa sia la pecca di un romanzo che ha una trama interessante e con una protagonista che arriva a chiedersi se non sia davvero stata lei a rapire il bambino, rimuovendo poi il tutto dalla sua mente. L’autrice insinua dubbi nel lettore e lo induce a stare in ansia per un epilogo che non si riesce ad immaginare fino ad un certo punto. Nel momento in cui i tasselli iniziano ad andare al loro posto il finale è facilmente immaginabile, anche se non nei dettagli.

Ho avuto qualche dubbio su Ben, il datore di lavoro di Tessa: l’autrice è stata abile a depistarmi, tanto da farmi pensare che tutta la sua premura nei confronti della protagonista potesse celare altro.
La narrazione è scorrevole, i dialoghi mai pesanti, le descrizioni efficaci anche se non eccessivamente dettagliate. Stonano solo un po’ la modalità secondo la quale il bambino arriva a casa di Tessa e la sostanziale inerzia da parte della polizia che sembra restare con le mani in mano senza il minimo interesse a capire cosa sia realmente successo.

Tessa è la colpevole perfetta, ne ha tutte le caratteristiche e dare la colpa a lei permetterebbe di chiudere il caso in fretta. Ma la polizia non fa nemmeno questo: l’attività investigativa delle forze dell’ordine viene lasciata in secondo, anzi, in terzo piano in una vicenda in cui la vittima è un minore. Ciò sembra interessare poco a tutti, tranne che a lei, a quella donna su cui tanti dubbi si sono annidati.
Per gli amanti del thriller, una storia terribile per i contenuti (perché ogni volta che ci sono dei bambini di mezzo non mi sento di dire che è una bella storia, tantomeno se sono dentro ad una bara) ma interessante come proposta narrativa.
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La madre segreta
Shalini Boland
Hope Edizioni
212 pagine
3.99 formato Kindle
13.90 formato cartaceo