Il giorno dell'ombra è l'ultimo libro che ho letto nel mese di giugno ma ammetto di aver fatto fatica ad arrivare alla fine. Con un paio di letture, questo mese, non sono stata fortunata. Mi era capitato con La terrazza proibita. Vita nell'harem e mi è capitato nuovamente ora.
Parecchie le similitudini anche se si tratta di storie ovviamente diverse.
In entrambi i casi la protagonista è una donna e si tratta di due donne di etnie diverse dalla mia, di culture diverse dalla mia e che, lo ammetto, conosco poco.
Come per l'altro libro ho trovato la copertina molto interessante e, dopo averlo letto, lo trovo anche molto calzante.
Viene narrata la storia di una donna che decide di rivendicare il suo diritto di esistere e di scegliere. Da donna accondiscendente e perennemente dipendente dalla scelte di suo marito, Sirmit passa ad una condizione differente anche se ne deve pagare le spese.
Simrit Raman è una moglie ed una madre devota. E' una donna
indiana che incarna il prototipo di una donna di quel Paese: il suo pensiero,
come viene indicato nella presentazione "ha la stessa presa di un insetto
su una lama d'acciaio" e ne è perfettamente consapevole. La sua è una vita
passiva fino a che, però, non arriva ad una svolta. Decide di lasciare suo
marito pur dovendo pagare un prezzo altissimo visto che ha accettato (anche in
questo caso traspare il carattere accondiscendente della donna) un accordo
"consensuale" che le impone condizioni economiche pesanti soprattutto
in fatto di tasse... Suo marito è un uomo ricco, molto ricco... che ha
intestato alla moglie un enorme capitale azionario per risparmiare sulle tasse
ma che ha destinato a suo figlio, uno solo dei suoi numerosi figli, ma che potrà
goderne sono al raggiungimento del 25° anno d'età. Fino a quel momento, sua
madre sarà letteralmente strangolata dalle tasse. Questa, in soldoni, la
storia di Simrit. Una donna che, in questo contesto, aiutata da un amico
fidato, cercherà di alzare la testa e rivendicare il suo diritto di esistere.
Ho trovato la storia un po' troppo ripetitiva e piatta per i miei gusti. L'autrice si dilunga spesso su aspetti economici legati alle vicende del marito della protagonista ma anche su questioni politiche che introducono personaggi che, secondo me, poco danno alla storia. Probabilmente sono io a non averne ben capito il valore: probabilmente si vogliono tracciare i contorni di diversi aspetti della storia e della cultura indiana attraverso i personaggi. Fatto sta che ho avuto la tentazione di saltare più e più pagine... tentanzione alla quale ho ceduto senza fatica.
Nelle more del racconto emergono caratteristiche della
cultura indiana che si deducono da considerazioni che vengono fatte dai
personaggi. Un esempio calzante è quello relativo al divorzio. Nel momento in
cui Raj, l'amico di Simrit, cerca una consulenza per capire come poter
alleggerire il peso economico che grava sulle spalle dell'amica, si sente dire:
"... ma il divorzio non appartiene alla nostra tradizione (...). Accade di rado. Dopotutto, ci si accorda pensando che il matrimonio durerà, senza prevedere l'eventualità del divorzio. Perciò era senz'altro opportuno lasciare le cose come stavano".
Pur non volendo addentrarmi maggiormente nella trama, segnalo un passaggio che, pur nell'insieme deludente, mi è piaciuto. E' una frase... non di più... un po' pochino per poter dire di aver apprezzato il libro ma vorrei comunque riportarla.
Distesa, assolutamente immobile, si rifiutava di ridiventare parte di un ordinario segmento di vita.
Un passaggio che rende bene l'idea della scelta di Simrit. Complessivamente, comunque, devo dire che la lettura non mi ha entusiasmata più di tanto...
I libri ci aiutano a vivere e a riflettere.
RispondiEliminaAnche quando non ci convincono del tutto, o non sono nelle nostre corde.
Un sorriso per il fine settimana.
^__^
Hai ragione... ogni lettura lascia qualche cosa...
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