Prima di leggere Il regalo conoscevo Danielle Steel solo di
fama. Da più parti mi era capitato di leggere che fosse l'autrice dei record,
con milioni di copie dei propri libri vendute in tutto il mondo. Lunghissimo
l'elenco dei suoi romanzi e, di questi, Il regalo è il primo che mi è capitato
tra le mani.
Forse ho iniziato con quello sbagliato visto che non mi è
piaciuto più di tanto. O meglio, ben scritto, scorrevole, il romanzo ha
evidenziato alcune lacune ai miei occhi che, nel complesso, hanno inciso
negativamente sulla mia valutazione finale di quanto letto.
La storia, in estrema sintesi: Annie è una bambina di poco
più di cinque anni che improvvisamente viene a mancare. La sua famiglia, una
normale famiglia degli anni '50 del Midwest - padre, madre ed un fratello
maggiore, cade nella disperazione. I rapporti tra i tre si raffreddano al punto
tale da diventare quasi indifferenti l'uno all'altra. Improvvisamente nella
loro vita arriva una presenza, quella di una ragazza che aspetta un bambino, si
è allontanata dalla sua famiglia per questo - cacciata via dal padre - e questa
presenza influenzerà la vita di tutti e tre. Positivamente.
La traccia è quella di un libro da ombrellone. Niente di
più. E non ci sarebbe niente di male sia perché siamo nel periodo giusto sia
perché a me piace spaziare tra i generi e non disdegno letture di questo tipo.
Dopo aver letto di morti misteriose qualche cosa di leggero ci poteva stare.
Allora qual è il problema?
Non mi permetterei mai di giudicare la reazione di una
famiglia alla perdita di un bambino. Mai.
Ma nella storia ci sono alcuni aspetti un po'
"forzati". Senza dilungarmi troppo, mi limito a sottolinearne uno
collegato alla gravidanza della ragazza e a ciò che poi accade a suo figlio.
Lei ha sedici anni, viene cacciata da casa da un padre
severo ed inflessibile che le permetterà di rientrare solo dopo essersi
"sbarazzata" del frutto del peccato.
Intanto il fatto che la ragazzina sia rimasta incinta la
prima volta che ha fatto sesso e perso la verginità mi ha fatto un po'
sorridere. Può capitare, ci mancherebbe, ma mi è sembrato che l'autrice volesse
sbrigarsi alla svelta a portare avanti la trama del suo libro: Maribeth, questo
è il nome della ragazzina, è stata educata con rigidità in famiglia e la prima
volta che esce per un ballo va a finire a letto (in macchina) con il belloccio
di turno che, guarda un po', dopo due settimane si sposa con la sua fidanzata
di sempre.
Maribeth incontra Tommy, il fratello di Annie, e tra i due
scocca la classica scintilla che li porterà a legarsi di un amore profondo e
puro. Sono giovanissimi - entrambi sedicenni - eppure vivono un amore
maturo e su questo l'autrice insiste parecchio.
Maribeth non vuole tenere suo figlio e vuole darlo in
adozione: qui si apre una parentesi delicata.
Io non so quali leggi regolassero all'epoca l'adozione in
quella zona ma mi è sembrato assurdo che una coppia potesse scegliere in
quattro e quattr'otto di adottare un bambino, prenderselo, portarselo a casa,
chiamare un legale e sbrigare il tutto in un paio di giorni. Funzionava così in
quegli anni? Mha... Mi è sembrato un altro aspetto un tantino sbrigativo. Mi
verrebbe da dire che si è trattato di un romanzo fugace, che l'autrice ha
voluto sviluppare in fretta senza troppe preoccupazioni.
L'ho trovato anche ripetitivo: decine di volte si ripetono
discorsi inerenti la volontà di Tommy di sposare Maribeth e la maturità di lei
che non accetta per non indurre entrambi a commettere un errore.
Si insiste sul fatto che la ragazza voglia "dare via" suo figlio perchè non si sente in grado di garantirgli un futuro, perchè vuole avere lei un futuro, perchè con un'altra famiglia starebbe meglio... Su questo avrei mooooolto da dire ma anche in questo caso non mi permetto di scendere nei dettagli di situazioni che vanno vissute per poter essere giudicate anche se, ovviamente, ho un'idea tutta mia in merito.
Mi limito a dire che, pur avendone apprezzato le intenzioni e la delicatezza con cui è stato fatto passare il concetto, io non credo proprio che si possa considerare un bambino come un "regalo" da mettere sotto l'albero di Natale... perchè alla fine è questo che capita nel libro... questa cosa mi ha fatto storcere un po' il naso, seppur motivata da buone intenzioni.
Ci sono alcuni passaggi ben assestati per colpire al cuore del lettore, questo va detto.
Mi limito a dire che, pur avendone apprezzato le intenzioni e la delicatezza con cui è stato fatto passare il concetto, io non credo proprio che si possa considerare un bambino come un "regalo" da mettere sotto l'albero di Natale... perchè alla fine è questo che capita nel libro... questa cosa mi ha fatto storcere un po' il naso, seppur motivata da buone intenzioni.
Ci sono alcuni passaggi ben assestati per colpire al cuore del lettore, questo va detto.
Secondo lei alcune persone compaiono nella nostra vita per un breve momento solo per lasciarci in dono qualcosa, come Annie... prova la stessa cosa riguardo al suo bambino, sente di doverlo mettere al mondo ma non di dover far parte della sua vita a tutti i costi.
Insomma, per questo Venerdì del libro il mio non è un grande
consiglio di lettura, anzi. Non so se tutti i romanzi della Steel sono così ma
a me in questo caso è rimasto l'amaro in bocca. L'unica consolazione è che si
tratta di un romanzo ben scritto e che l'autrice aveva delle buone, buonissime
intenzioni nel proporre l'arrivo di Maribeth in una famiglia che aveva bisogno
di una presenza di questo tipo per riprendersi dalla morte di Annie. Credo,
però, che l'argomento potesse essere sviluppato meglio ed in modo meno scontato
e frettoloso. Non me ne voglia l'autrice.
Mhm, su questo temo di passare, it's not my cup of tea...
RispondiEliminaNon ti perdi molto ;-)
EliminaNemmeno io ho mai letto niente di questa autrice e forse rimarrò con questa lacuna...anche se prima o poi succederà di incappare in qualcosa vista la popolarità. Probabilmente non sarà questo libro! Grazie dell'avvertimento.
RispondiEliminaIn effetti sono rimasta con la curiosità di capire se ho sbagliato libro o se ho proprio sbagliato autrice... ;-)
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