Carlo Alberto Marchi mi sta simpatico. Perché è un giornalista, prima di tutto. E perché è un giornalista onesto, cosa non secondaria soprattutto in un ambiente che - lo dico per esperienza - spesso premia chi troppo onesto (o di parola) non è.
Mi è simpatico anche perché è curioso. Molto curioso. Una dote, quella della curiosità, fondamentale per ognuno, tanto più in un giornalista che dimostra, con la sua curiosità, di non volersi appiattire sul lavoro facile.
Mi piace come Gigi Paoli pone il suo personaggio di punta con semplicità, senza ricercatezze letterarie o efferatezze dal punto di vista descrittivo ma anche in modo estremamente efficace.
Un giornalista, si diceva, che nella vita lavora e fa il papà. Fa il papà e lavora. Si rende conto perfettamente di aver perso una qualsivoglia dimensione sociale tra gli impegni di lavoro e quelli legati a sua figlia. E lo posso comprendere: avendo fatto la giornalista per tanto tempo so cosa vuol dire non avere orari, veder cambiare ogni parvenza di programma quotidiano all'improvviso, feste che saltano per un'urgenza di cronaca, ore ed ore passate a cercare qualche cosa che non arriva. Lo capisco, Marchi, eccome. Ed anche per questo mi è ancora più simpatico perché mi sono rivista parecchio in lui anche se, va detto, all'epoca non avevo una figlia a carico... non avevo proprio figli!
Detto ciò, la storia narrata per una buona metà del libro sembra non portare da nessuna parte, quasi come se si avvitasse su sè stessa tanto da lasciar dubitare che possa esserci davvero qualche cosa di interessante da scrivere, dal punto di vista giornalistico intendo (e, di riflesso, dal punto di vista del lettore).
Poi piano piano qualche cosa si muove fino ad arrivare alla grande sorpresa finale che nobilita definitivamente tutto il resto.
Un incidente stradale che assume contorni piuttosto strani con il passare delle ore; molte morti per overdose nell'arco di poche ore; un suicidio bollato come tale piuttosto in fretta... qualche cosa non torna. Tutto troppo semplice.
E se, invece, ci fosse un legame tra ciò che sta accadendo a Firenze? Se ci fosse qualche cosa di diverso da ciò che sembra?
Mosso dalla sua innata curiosità e con una buona dose di humor e autoironia, Marchi arriverà ad avere delle informazioni molto preziose, forse troppo, tanto da diventare vera e propria materia che scotta nelle mani di un giornalista. Quando, però, il giornalista è una persona onesta può anche accadere che il buonsenso abbia la meglio sulla voglia di fare uno scoop e la necessità di salvaguardare determinati contatti imponga di seguire una strada meno sensazionalistica.
L'esperienza dell'autore sul fronte della cronaca giudiziaria rende tutto molto credibile: i contatti di chi si occupa di giudiziaria, la necessità di salvaguardare le fonti, i tempi passati dietro a telefonate, auspicati appuntamenti, informazioni che non arrivano... tutto molto realistico e che mi ha fatto fare un tuffo nel passato.
Il caso è intricato ma ben strutturato senza quella violenza sulla quale, in libri di questo genere, spesso si calca la mano per impressionare maggiormente il lettore.
Il respiro delle anime
Gigi Paoli
Giunti editore
pag. 382
13.00 euro copertina flessibile, Kindle Unlimited
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