Visualizzazione post con etichetta autori italini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta autori italini. Mostra tutti i post

martedì 16 marzo 2021

Tutte le volte che ho pianto (C. Fiorello)

Tutte le volte che ho pianto l'ho fatto per amore.

Flora è la protagonista di un romanzo che, devo essere sincera, mi ha trasmesso una profonda tristezza sommata a tante altre emozioni. 

E' una donna che è convinta di aver trovato il suo equilibrio: tradita più volte dal marito Antonio, sposato da giovane e dal quale ha avuto una figlia - Bianca - ha scelto di tenersi alla larga dagli uomini. Ha sua figlia, ha l'anziana madre a cui pensare ed un bar da tirare avanti. Uomini, in questo contesto, non sono contemplati perché portano solo guai, non meritano fiducia... La verità è che Flora non intende darsi una seconda possibilità come donna e a lei sta bene così: nel limbo di un matrimonio finito ma di un sentimento che non è del tutto scomparso verso un uomo che, dice, non è stata capace di tenersi stretto. Ma che, allo stesso tempo, non sente di poter perdonare.

Nella prima parte del libro ho conosciuto una Flora rassegnata, senza prospettive che non vadano oltre la routine quotidiana, senza interessi che travalichino la quotidianità già impegnativa di suo per una donna sola. 

Ed ho anche cercato di capirla: non è semplice dimenticare un uomo con il quale si sono condivisi tanti anni di vita, che si è sempre creduto potesse essere l'uomo della vita, il padre ideale per i propri figli ma, allo stesso tempo, non è semplice perdonarlo per le tante scappatelle che si è concesso durante il matrimonio. 

Ho cercato di darle ragione quando l'ho sentita ripetere più volte che gli uomini andassero tenuti alla larga ma... non ce l'ho fatta a stare dalla sua parte. La Flora della prima parte del libro mi ha irritata, non mi è piaciuta perché sempre più schiacciata sotto il peso dei ricordi, delle responsabilità e di quella sorta di rassegnazione che ho letto tra le righe. Pronta a darsi tante colpe, troppe secondo me.

Lungi da me il pensiero di giudicare chi, dopo una grande delusione, sceglie di chiudere tutte le porte che ha attorno e allontanare ogni tentativo di contatto da parte di chi intendesse fare capolino in quell'esistenza segnata dal dolore. Così come chi si sia trovato a fare i conti con perdite dolorose che non posso nemmeno immaginare... Non intendo giudicare nessuno. Non posso negare, però, che la Flora che ho amato di più è quella della  parte centrale del libro: una Flora che decide di darsi una possibilità, che non allontana lo spiraglio di quella felicità che ogni donna merita. Una scelta non semplice, non lo metto in dubbio e nemmeno priva di ostacoli che, puntuali, si presentano puntuali alla sua porta.

Dopo tante elucubrazioni mentali, tanti interrogativi rimasti senza risposta la protagonista cambia da una pagina all'altra: questo suo percorso di maturazione e consapevolezza passa per altre dolorose situazioni che, ad un certo punto, mi hanno fatto davvero pensare a quanto possa essere sfortunata quella donna. 

A ben guardare, però, non è lei la persona sfortunata perché lei c'è, ha un presente, ha una figlia, una madre, un lavoro... cosa che per altre persone che le sono state accanto non è possibile dire. Non è la sua l'esistenza sfortunata e di questo mi sono augurata che si rendesse conto, prima o poi. Ed è qualcosa su cui ho riflettuto molto anche io, guardando alla mia vita.

Non voglio svelare altro, nemmeno dire se questa consapevolezza arriva. Mi limito a dire che la sua storia potrebbe essere quella di tante altre donne.

Ho pensato a mia madre che ha perso sua sorella maggiore quando era un'adolescente. Ho pensato a mia nonna che ha perso la sua primogenita ed ha convissuto con questo dolore, in silenzio, per tanti anni. Ho pensato a mio nonno venuto a mancare troppo presto. E mi sono emozionata quando questi ricordi, grazie alle vicende di Flora, mi sono tornati alla mente. Mi sono anche chiesta come mia madre o mia nonna abbiano elaborato quel dolore così grande e mi sono resa conto di non averne mai parlato con loro. Con mia nonna, ormai, non posso più farlo ma con mia madre, se vorrà, sì. Ed è merito di Flora se ho avuto questi pensieri. E' merito dell'autrice che mi ha messo tra le mani una storia così. Una storia d'amore, di dolore, di passione, di tradimento, di legami indissolubili ma anche di legami da creare.

Chiudo prendendo in prestito le parole di una donna anziana che Flora incontra nel suo cammino ma alla quale non riesce a dare un nome.

...quando si scende all'inferno, poi si diventa più forti. Nessun dolore è mai inutile.
***
Tutte le volte che ho pianto
Catena Fiorello
Giunti editore
272 pagine
18.00 euro copertina rigida - 9.99 Kindle

giovedì 16 aprile 2020

La malalegna (R. Ventrella)

La copertina mi è subito piaciuta e, a lettura ultimata, posso dire che è anche particolarmente azzeccata per il tipo di racconto che Rosa Ventrella ha voluto consegnare ai lettori.

La voce narrante è quella di Teresa che racconta la storia della sua famiglia, racconta del suo rapporto con sua sorella, del suo rapporto con la sua terra (nel cuore della Puglia) e racconta un periodo storico rimasto scritto sulla pelle di tutti coloro che l'hanno vissuto: la seconda guerra mondiale.
Quella guerra che ha segnato la vita di tante famiglie, che ha portato via mariti, fratelli, figli, amanti e che ha restituito perdite, dolore, povertà.
Un periodo storico narrato senza appesantire il lettore ma trasmettendogli tutta l'angoscia che una famiglia di braccianti, come quella di Teresa e Angelina, può aver vissuto e tutto il peso della diversità tra chi viveva di stenti e chi, invece, aveva il potere di decidere su tutto e su tutti, dall'alto della propria posizione.
E' anche il contrasto, quello che separa nettamente le classi sociali l'una dall'altra, il protagonista di questa storia, dall'inizio alla fine.

Ma, su tutto, la protagonista è la malalegna: il chiacchiericcio, la maldicenza che avverte ovunque, che striscia sotto le porte, tra i vicoli, tra le comari, quella che si appiccica addosso e fa fatica ad andarsene via.
Quella malalegna che accompagna la famiglia di Teresa quando sua madre, rimasta sola con le sue due figlie per via di un marito rubato dalla guerra, ha dovuto fare una scelta per poter portare un tozzo di pane in più sulla loro tavola.
Quella stessa che, più avanti, si appiccicherà addosso ad Angelina, per via di un sogno che la porterà ad allontanarsi dalla sua famiglia in modo definitivo.

L'autrice struttura la narrazione su due piani temporali ed affida a Teresa - la taciturna, l'incompresa, la più schiva tra le due sorelle, la spettatrice - il compito di rammentare, oggi, i tempi che furono e che hanno segnato irrimediabilmente il destino di un'intera famiglia.

Suo nonno Armando aveva il dono della narrazione, sua nonna Assunta quello della saggezza contadina, suo padre aveva il dono del silenzio e sua madre quello della bellezza, trasmesso poi anche a sua sorella Angelina. Entrambe dannate dalla bellezza: questo è quello che traspare dal racconto, come se fosse una condanna avere un bel corpo, un volto incantevole, movenze sensuali e modi aggraziati. E lei, Teresa? Lei non ce l'aveva un dono? Ha passato gran parte della sua infanzia a chiederselo, Teresa, restando a guardare tutti gli altri come se fosse una spettatrice, chiedendosi se e quando sarebbe mai diventata la protagonista di una vita che avverte come chiusa tra quattro mura. Mura figurate, non tanto quelle della loro casa, quanto quelle di un'esistenza limitata, perchè così deve andare: un'esistenza che Teresa accetta ma che ad Angelina va stretta.

Tra i personaggi che vengono nominati avrei tanto voluto conoscere Armando: lui che con le parole ci sapeva fare, che ammaliava tutti con le sue storie, è un personaggio che vorrei incontrare davvero. Non avrà certo studiato, Armando: a quell'epoca quella della narrazione era una dote non una conoscenza acquisita. Quella dote che, pur non rendendosene conto, Teresa eredita da lui dal momento in cui decidere di raccontare la storia sua e dei suoi cari. 

E' un racconto commovente, scritto in uno stile particolare che usa anche il dialetto e che non mi è dispiaciuto affatto. E' uno stile ricercanto, che non risparmia l'uso di termini ricercati (ho notato più volte l'utilizzo, ad esempio, del termine dagherrotipo che mi ha tre volte colpita, in tre diverse fasi del racconto, diventando quasi ridondante tanto era particolare).  E mi è piaciuto. Mi sono emozionata, mi sono sentita in sintonia con Teresa, ho letto tanto sentimento in tutte quelle frasi non dette tra lei e sua sorella, tra lei e sua madre, tra lei e suo padre. Un non detto che non è mai un vuoto, anzi! 
Mi è piaciuta quella complicità fatta di sguardi tra i vari personaggi, quei gesti lievi, quelle movenze accennate che lasciano spazio alla fantasia. 
Bel libro.

***
La malalegna
Rosa Ventrella
272 pagine
Mondadori Editore
18.00 euro copertina rigida - 9.99 Kindle

martedì 7 aprile 2020

La collezionista di meraviglie (V. Cebeni)

Ci sono storie che mi capita di leggere e dimenticare in fretta. Lettura piacevole, storia accattivante, personaggi ben delineati ma poi, dopo qualche tempo, mi accorgo di averle pressoché dimenticate.
Ci sono anche storie che non mi lasciano niente e che hanno il sapore di una gran perdita di tempo (purtroppo capita).

Poi ci sono storie che sembra quasi vogliano toccarmi nell'anima. 
Quelle che sento strisciare sottopelle con emozioni reali, concrete, vive. 
Quelle che mi svegliano la notte perché vedo immagini e situazioni lette poco prima, qualche minuto prima della buonanotte. 
Quelle che mi catturano a tal punto da non vedere l'ora di riprendere le fila del discorso per tornare ad essere quel personaggio, a vivere quelle emozioni, a soffrire o gioire con intensità. 
Con quei personaggi che mi sembra di aver conosciuto o che vorrei tanto aver conosciuto per condividere un percorso, un'emozione, una paura, una gioia con loro.
Con quelle ambientazioni che mi sembra di vedere scorrere sotto gli occhi.
Con quei piccoli rumori, con quei suoni armonici che mi volto a cercare all'improvviso mentre i miei occhi scorrono tra le righe e i miei sensi sembrano avvertire davvero.

La collezionista di meraviglie è una di queste. E' una storia che somma un pizzico di magia e suggestione a storie emozionanti, a personaggi difficili da dimenticare.
Avrei tanto voluto conoscere Dafne: quella ragazzina che è cresciuta in un nido d'amore accanto a due nonni che hanno fatto di tutto per non farle sentire la mancanza di quella mamma che troppo presto è stata strappata alla vita.
Avrei voluto conoscere la Dafne cresciuta, che si è lasciata alle spalle quella giovane che amava le storie e i fiori, che leggeva Emily Dickinson bevendo litri di thè all'arancia e cannella. Quella giovane che ad un certo punto ha perso le ali e la cui schiena ne portava le cicatrici, diventata oramai donna. Avrei voluto conoscerla, sì, e magari scambiare con lei un abbraccio silenzioso, di quelli che non hanno bisogno di parole per trasmettere conforto, coraggio, speranza.
Avrei tanto voluto conoscere Levante: quel nonno che ha preso una bambina per mano aiutandola a diventare una giovane donna con dei sani principi e consapevole che la bellezza può celarsi anche dietro a qualcosa che nessuno vuole più. Quel nonno che ha lasciato sola Clelia, sua moglie: una donna che ha saputo trasformare le perdite che la vita le ha imposto in concime prezioso per una vita messa frutto nella memoria di tutti coloro che ha avuto modo di amare. Nel momento in cui Dafne torna da lei, nella loro casa d'infanzia, dopo un periodo di lontananza, Clelia sente che un piccolo tassello della sua vita, e di quella di sua nipote, torna al suo posto.
Avrei tanto voluto conoscere Milan: un uomo imperfetto, ruvido, segnato da un passato che ha relegato nel profondo del suo cuore ed al quale non intende dare alcuno spiraglio. Un uomo che arriva nella vita di Dafne senza un perché o, forse è questo il caso, perché niente succede per caso.

Nel momento in cui Dafne decide di riaprire la bottega di suo nonno, quella in cui gli oggetti dimenticati trovano una nuova vita, qualche cosa cambia in lei. Si rende conto di avere un dono e di riuscire a conoscere le storie che sono celate dietro ognuno di quegli oggetti. A volte sono storie dolorose, a volte sono storie a lieto fine ma, in ogni caso, hanno bisogno di lei per arrivare ad un compimento.
E cosa c'entra Milan in tutto questo? In un crescendo di emozioni, ho conosciuto una donna tenace, coraggiosa, pronta a tutto per avere le risposte che cerca ma anche una donna segnata nel profondo, con una sofferenza interiore che cerca di nascondere dietro ad un sorriso e ad un'instancabile attività ma che, prima o poi, è destinata ad aprirsi un varco nella sua vita.

E' una storia di ricerca, una storia di verità che vengono a galla con forza ma è anche una storia di segreti rimasti conservati sul fondo dell'anima di chi ha tentato di ignorarli senza rendersi conto che, alla fine, anche i segreti hanno bisogno di vedere la luce.

Bello, molto bello. Il libro di Valentina Cebeni - questo libro, perch è il primo che leggo di questa autrice ma sicuramente non l'ultimo - è scritto in punta di penna. Valentina usa le parole con rispetto: è rispettosa della vita dei personaggi e delle loro storie anche quando narra vicende che fanno male. Il suo è un tocco leggero, come se volesse raccontare quelle storie in un battito d'ali. 
La sua capacità di trasmettere emozioni arriva anche dal suo stile. Non sono un critico letterario per cui, probabilmente, non sono capace di usare i termini giusti ma la narrazione mi è sembrata armoniosa, mai smielata, efficace ed intensa, capace di tramettere tenerezza, paura, gioia, disperazione, smarrimento a seconda delle scene raccontate. 

Credo di poter dire che fino ad ora sia uno dei più bei libri letti quest'anno. Di questo genere senza dubbio il più bello! E so che mi resterà nel cuore per un sacco di motivi. 

Lo consiglio caldamente a chi non l'avesse ancora letto e volesse lasciarsi andare alle emozioni in modo autentico ed intenso.
Bello.
Gran bel libro!

Ps. bella e azzeccatissima la copertina, bellissimi i nomi scelti per i personaggi. E' la prima volta che mi trovo a fare questa osservazione ma anche la scelta dei nomi mi ha positivamente colpita.
***
La collezionista di meraviglie
Valentina Cebeni
Garzanti Editore
464 pagine
18.60 euro copertina rigida - 9.99 e-book

mercoledì 22 gennaio 2020

Mahut (M. Madonia)

Mattia Madonia racconta la vita di esseri umani che inizialmente spiazzano, poi catturano. Sono persone che non nascondono le loro fobie, le loro debolezze, le loro fragilità. Anzi, si mostrano al lettore in modo franco, diretto, senza filtri apparendo anche un tantino indisponenti perché, diciamolo, davanti ad una persona in difficoltà ci si indispone subito, anche se poi si fa finta di interessarsi o di prestare attenzione all’altro.

E’ la vita che ci pone davanti persone come Bianca, Livio o Paride ma noi ce ne accorgiamo? Ci accorgiamo della solitudine degli altri, della difficoltà alle relazioni interpersonali, del malessere legato al condividere esperienze, pensieri e paure con qualcuno di reale?
Questa è la riflessione che ho fatto dopo aver letto le storie dei tre personaggi che Madonia racconta in modo diretto, crudo, vero. Senza sconti.

Bianca è una donna sola, provata dalla sofferenza e dalla fatica che derivano dall’aver perso la madre e dal dover accudire un padre malato.  Quante volte ci soffermiamo a tendere la mano a chi, nel suo silenzio o nel suo modo di schivare il resto del mondo, chiede aiuto? Non un aiuto materiale, non una mano a fare qualcosa di concreto, ma una mano nell’essere ascoltato, compreso. Bianca mi ha dato l’impressione di essere una persona profondamente sola non per scelta ma per via di una serie di circostanza che l’hanno portata a circoscrivere la sua vita tra le quattro mura di casa, un padre inerte, un impegno costante nei suoi confronti. L’epilogo della sua storia è di una tristezza disarmante ma tale da colpire al cuore di un lettore attento.

Livio è un giovane – non saprei dargli un’età precisa – che vive la sua vita tra le mura di casa per scelta. Teme il contatto con gli altri tanto da farne una fobia. Non esce dallo spazio che si è cucito addosso, non fa più passi di quelli che sono necessari per andare a fare la spesa o per prendere un caffè. Ha Igor accanto: un amico immaginario con il quale tenta di spingersi oltre i propri limiti tanto da arrivare oltre la sua comfort zone. Arriva ad un parco e conosce una persona. Una persona, un’unica persona, che gli sconvolge la vita con una fretta quasi inaccettabile. Un segno, questo, di quanto sia facile rompere un equilibrio così delicato come quello che una persona che vive sulla sua pelle la fobia sociale può aversi costruito attorno.

Paride è il personaggio che mi ha sconvolta maggiormente. Non che gli altri due mi abbiano lasciata indifferente… tutt’altro. Paride, però, incarna il prototipo della persona-fantasma: lui che non è mai al centro dell’attenzione, che lavora tra tante altre persone ma che non ha amici, che vive in un mondo fatto di ombre dove si confonde con facilità. Una persona che tutti definirebbero normale ma che cela, sotto quell’apparente normalità, un animo inquieto, sofferente, solo. Nemmeno il suo gemello immaginario può aiutarlo più di tanto. O meglio, lo guida in alcune scelte che, però, non possono certo essere dette positive per lui. La sua è la storia più sconvolgente ma che, a ben guardare, non è poi così lontana da tante altre storie di cui si sente davvero nella vita reale.

A Madonia - che ho conosciuto grazie alla mia collaborazione in corso con Thrillernord e che mi ha permesso di leggere questo libro - devo riconoscere il merito di aver reso alla perfezione i suoi personaggi. Ad un iniziale smarrimento – quando, davvero, mi sono chiesta dove l’autore voleva arrivare – ho ben presto sostituito la consapevolezza di quanto sia fragile l’essere umano e di quanto, ognuno di noi, potrebbe essere Bianca, Livio o Paride senza che nessuno se ne accorga. Come nessuno, a ben guardare, si è accorto di loro.
 ***
Mahut
Mattia Madonia
Baldini & Castoldi
150 pagine
9.99 euro Kindle
17.00 euro copertina flessibile

lunedì 27 maggio 2019

L'amore che ho dentro (S. Di Sciullo)

Ho appena terminato di leggere L'amore che ho dentro, un romanzo M&M che ha per protagonisti Mario e Claudio. Due uomini che si incontrano e le cui vite si agganciano l'una all'altra quasi senza accorgersene per vivere una storia d'amore intensa, delicata, romantica.

Devo ammettere che non è un genere che amo e che ho letto questo libro per completare gli obiettivi della challenge Le quattro cavaliere dell'Apocalisse a cui sto partecipando. In precedenza mi sono imbattuta, sempre nell'ambito della challenge, in altri libri di questo genere e devo ammettere di esserne uscita un po' disgustata. 

Non certo per via del fatto che i due protagonisti della storia d'amore fossero due uomini - non è questo il punto - quanto per le descrizioni eccessive delle scene di sesso che ho trovato tra le pagine. Mi avrebbero disgustata anche se i protagonisti fossero stati un uomo e una donna. Opinione personale, ovviamente. Magari a qualche lettore è proprio questo che piace. Non è il mio caso.

E qui va il primo punto a favore di questo libro: in questa storia non si arriva mai a tanto. Vengono narrati anche momenti di sensualità e di sesso tra i due protagonisti ma in modo delicato e lasciando che il lettore interpreti la situazione in base alla sua sensibilità. Ho detto più volte che non serve dipingere scene erotiche estreme o con eccessivi particolari per rendere l'idea di quanto possano essere legate due persone, di quanto possa essere forte il desiderio a livello fisico tra i due, di dove possa arrivare la passione carnale. 
Serena Di Sciullo è brava in questo: nel rendere il desidero, la totalità del dono reciproco a livello fisico senza mai esagerare. 

Altro punto a favore del libro: è molto scorrevole e si legge bene.
Anche se... i nomi dei protagonisti, secondo il mio parere, vengono ripetuti troppe volte. Mario e Claudio, Claudio e Mario, Mario, Claudio, Claudio, Mario... in certi paragrafi mi è sembrato davvero che la narrazione ne risultasse appesantita però, si sa, sono una lettrice pignola per cui...
Anche se... purtroppo mi sono imbattuta in parecchi errori che - mi auguro - siano stati corretti per la versione cartacea.
Si parla di post-it rosa.
"Vero(nica) gli ha trovati nella mia borsa"
 le sue labbra calda sul collo

godendosi un'esplosioni di sapori in contrasto

 dove si trovassero la maggior parte delle cose
 ....
Sono pignola, ok... però...

Nel merito della trama, devo dire che la loro storia è una specie di favola romantica nella quale si incontrano due diverse sensibilità, due uomini che erano in attesa del rispettivo principe azzurro nonostante i precedenti (di uno dei due... perchè di Claudio si conosce davvero poco circa il suo passato) e che viene tutto narrato come se fosse davvero tutto molto semplice. 

Mario ha tre figli: due gemelli maschi di dieci anni ed una bambina più piccola. Un matrimoni fallito alle spalle, un giornale da dirigere, una vita da far funzionare come padre e come uomo di successo. Non c'è spazio per l'amore perchè deve stare attento a non dare un'altra delusione ai ragazzi (ed anche a se stesso) dopo i precedenti con la loro madre e deve salvaguardare i delicati equilibri che ha costruito non senza fatica. E' un padre single, è un lavoratore, è un uomo attento a far funzionare tutto al meglio. Sul lavoro è anche un tantino freddo e distaccato.

Non lo è, però, con Claudio. E' uno stagista nel suo giornale e ben presto tra i due scoppia un'attrazione alla quale fanno fatica a resistere. 

Viene descritto tutto come molto semplice, soprattutto il fatto che i bambini accettino senza battere ciglio che il loro padre abbia accanto un uomo e non una donna. Lo ripeto, non ho alcun pregiudizio in merito a storie omosessuali, ma sarebbe davvero una favola se ragazzini così piccoli (ed uno anche un po' problematico) fossero davvero maturi al punto tale da accettare una nuova persona nella loro vita con tanta facilità e maturità. Mi auguro che anche nella vita possa essere così per quelle persone che vogliono rifarsi una vita pur avendo dei figli a carico ma non so se davvero è tutto così rose e fiori. Consideriamola una speranza, un augurio, un auspicio che possa realizzarsi davvero. 
E' descritto tutto come molto facile: sia l'arrivo di Claudio nella vita di quella famiglia che aveva raggiunto il suo equilibrio ma anche il discorso dell'accettare l'omosessualità che, come si vedrà andando avanti, non riguarda solo Mario e Claudio.

Migliore rispetto agli altri dello stesso genere che ho letto fino ad ora, è un storia un po' scontata che non mi ha fatto innamorare ma, se non altro, mi ha addolcito un paio di giornate con una favola rosa un pochino sdolcinata ma che può essere adatta per chi abbia voglia di sognare.

Ps: ho apprezzato la copertina. Spesso, in libri di questo genere, vengono usate immagini di uomini palestrati mezzi nudi in atteggiamenti stuzzicanti. Stavolta no - anche se Claudio, in particolare, con il fisico che si ritrova (almeno secondo l'idea che mi sono fatta dalla descrizione dell'autrice) non avrebbe nulla da invidiare a quei tipi super palestrati e tartarugati... invece no! La copertina è romantica, delicata... ho apprezzato la scelta.
***
L'amore che ho dentro
Serena Di Sciullo
Independently published
330 pagine
Kindle Unlimited