lunedì 11 giugno 2018

Arancia meccanica (A Burgess)

Non è semplice recensire un libro oramai considerato un capolavoro da cui è stato tratto un film, capolavoro anch'esso. E non ho nessuna velleità a tal proposito. La mia voce è un nonnulla nel mare di opinioni di critici blasonati. Come è mia abitudine, però, vorrei lasciare la mia opinione di semplice lettrice che, tra l'altro, il film non l'ha nemmeno visto.

Parlare di Arancia Meccanica vuol dire evocare violenza con la V maiuscola. Questo è assodato. Ed è un libro che trasuda violenza da ogni pagina. Non è stato certo questo a catturare la mia attenzione e spingermi verso questa lettura quanto, piuttosto, la curiosità che è cresciuta in me dopo aver trovato questo volumetto in uno scatolone che mi è stato donato da un'amica che ha liberato una vecchia casa e non aveva posto per sistemare tutti i libri lasciati dalla precedente proprietaria.

Il libro era pressoché intatto, nessun segno di essere stato sfogliato, sgualcito, consumato. Niente di niente. 

Ed ho iniziato a leggerlo. Arrivata a pagina sessanta ho avuto bisogno di smettere. Alex - questo è il nome del protagonista e del narratore - usa un gergo difficile da comprendere, un gergo giovanile di sua invenzione che rende difficile la comprensione delle frasi e mi ha fatto andare a rilento. L'ho abbandonato per qualche giorno, ho letto altro poi sono stata tentata di riprenderlo in mano e pian piano ho iniziato ad abbinare determinati termini e significati che, secondo me, erano i più adatti a dare un senso alle frasi. E pian pianino sono andata avanti. Lettura lenta, molto lenta per questo. Ed anche se procedendo ci si abitua si fa fatica ad andare avanti spediti. Questo è stato il limite maggiore, secondo il mio punto di vista. In alcuni momenti ho dovuto smettere a fronte di un mal di testa che stava lentamente facendosi avanti... mai successo prima!

La storia di Alex è quella di un ragazzino - è appena quindicenne - che rappresenta il picco della criminalità giovanile degli anni Cinquanta quando i giovani, agitati e cattivi, insoddisfatti del mondo del dopoguerra, violenti e distruttivi, si aggiravano per vie e vicoli alla ricerca di qualche cosa da fare. Qualche cosa di violento da fare, aggiungerei. Per puro divertimento, senza un particolare motivo, o per rubare qualche soldo con cui mantenersi. 

Quello che viene narrato nel libro è il tentativo di fare fronte alla crescente criminalità con una terapia nuova, che permetta di risparmiare i soldi dei contribuenti visto che prigione o riformatori a poco servono, e che prevede un facile condizionamento, una specie di terapia del disgusto, che permetta di associare l'atto di violenza con malessere, nausea, rifiuto.

Una terapia, questa, che impedisce al soggetto ogni possibilità di scelta: Alex, da giovane cattivo e violento per scelta, diventa buono per costrizione.

A ben guardare, anche lo Stato compie una violenza su Alex: gli viene applicata una punzione che agisce a livello involontario in modo tale da essere derubato - questo è il termine che usa l'autore - della sua capacità di scegliere. Dopo il trattamento punitivo Alex non può più scegliere, è questa la reale violenza che viene applicata su di lui.
Non voglio scendere in analisi di nessun tipo circa il messaggio che viene trasmesso perchè, come dicevo in apertura, non me ne sento all'altezza. 

Posso dire, però, che la figura di Alex, seppur debitamente caricata (secondo il mio punto di vista) non è poi lontana da quella di tanti bulli di oggi che, magari, sono meno violenti da come viene descritto nel libro ma non per questo meno consapevoli o meno colpevoli di Alex. 
E' un libro che va capito e che offre parecchi spunti di riflessione: i rapporti tra ragazzi difficili e la loro famiglia, i meccanismi punitivi messi in atto da uno Stato che, per essere garante nei confronti della collettività, usa tecniche piuttosto dubbie, il disagio giovanile dell'epoca - la prima stesura del libro risale agli anni Sessanta - ma, di riflesso, anche il disagio di oggi che, seppur con le dovute proporzioni, somiglia molto al disagio di allora.

Trovo che sia un libro non facile sia per l'argomento trattato che per lo stile narrativo utilizzato.

Alex non è un personaggio positivo - anche se il finale lascia spazio ad una certa speranza - così come non è una lettura rilassata. Trasmette una certa inquietudine, questo è sicuro. 

Sono comunque contenta di aver ripreso il libro in mano e terminato la lettura perchè ero proprio curiosa di sapere che fine avrebbe fatto il piccolo Alex
 
Con questa lettura partecipo  alla Challenge Di che colore sei? per lo spicchio verde in quanto libro da cui è stato tratto un film.

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