Non è semplice recensire un libro oramai considerato un capolavoro da cui è stato tratto un film, capolavoro anch'esso. E non ho nessuna velleità a tal proposito. La mia voce è un nonnulla nel mare di opinioni di critici blasonati. Come è mia abitudine, però, vorrei lasciare la mia opinione di semplice lettrice che, tra l'altro, il film non l'ha nemmeno visto.
Parlare di Arancia Meccanica vuol dire evocare
violenza con la V maiuscola. Questo è assodato. Ed è un libro che trasuda
violenza da ogni pagina. Non è stato certo questo a catturare la mia attenzione
e spingermi verso questa lettura quanto, piuttosto, la curiosità che è
cresciuta in me dopo aver trovato questo volumetto in uno scatolone che mi è
stato donato da un'amica che ha liberato una vecchia casa e non aveva posto per
sistemare tutti i libri lasciati dalla precedente proprietaria.
Il libro era pressoché intatto, nessun segno di essere stato
sfogliato, sgualcito, consumato. Niente di niente.
Ed ho iniziato a leggerlo. Arrivata a pagina sessanta ho
avuto bisogno di smettere. Alex - questo è il nome del protagonista e del
narratore - usa un gergo difficile da comprendere, un gergo giovanile di sua
invenzione che rende difficile la comprensione delle frasi e mi ha fatto andare
a rilento. L'ho abbandonato per qualche giorno, ho letto altro poi sono stata
tentata di riprenderlo in mano e pian piano ho iniziato ad abbinare determinati
termini e significati che, secondo me, erano i più adatti a dare un senso alle
frasi. E pian pianino sono andata avanti. Lettura lenta, molto lenta per
questo. Ed anche se procedendo ci si abitua si fa fatica ad andare avanti
spediti. Questo è stato il limite maggiore, secondo il mio punto di vista. In
alcuni momenti ho dovuto smettere a fronte di un mal di testa che stava
lentamente facendosi avanti... mai successo prima!
La storia di Alex è quella di un ragazzino - è appena
quindicenne - che rappresenta il picco della criminalità giovanile degli anni
Cinquanta quando i giovani, agitati e cattivi, insoddisfatti del mondo del
dopoguerra, violenti e distruttivi, si aggiravano per vie e vicoli alla
ricerca di qualche cosa da fare. Qualche cosa di violento da fare, aggiungerei.
Per puro divertimento, senza un particolare motivo, o per rubare qualche soldo
con cui mantenersi.
Quello che viene narrato nel libro è il tentativo di fare
fronte alla crescente criminalità con una terapia nuova, che permetta di
risparmiare i soldi dei contribuenti visto che prigione o riformatori a poco
servono, e che prevede un facile condizionamento, una specie di terapia del
disgusto, che permetta di associare l'atto di violenza con malessere,
nausea, rifiuto.
Una terapia, questa, che impedisce al soggetto ogni
possibilità di scelta: Alex, da giovane cattivo e violento per scelta, diventa
buono per costrizione.
A ben guardare, anche lo Stato compie una violenza su Alex:
gli viene applicata una punzione che agisce a livello involontario in modo tale
da essere derubato - questo è il termine che usa l'autore - della sua capacità
di scegliere. Dopo il trattamento punitivo Alex non può più scegliere, è questa
la reale violenza che viene applicata su di lui.
Non voglio scendere in analisi di nessun tipo circa il
messaggio che viene trasmesso perchè, come dicevo in apertura, non me ne sento
all'altezza.
Posso dire, però, che la figura di Alex, seppur debitamente
caricata (secondo il mio punto di vista) non è poi lontana da quella di tanti
bulli di oggi che, magari, sono meno violenti da come viene descritto nel libro
ma non per questo meno consapevoli o meno colpevoli di Alex.
E' un libro che va capito e che offre parecchi spunti di
riflessione: i rapporti tra ragazzi difficili e la loro famiglia, i meccanismi
punitivi messi in atto da uno Stato che, per essere garante nei confronti della
collettività, usa tecniche piuttosto dubbie, il disagio giovanile dell'epoca -
la prima stesura del libro risale agli anni Sessanta - ma, di riflesso, anche il disagio di oggi che, seppur con le dovute proporzioni, somiglia molto al disagio di allora.
Trovo che sia un libro non facile sia per l'argomento trattato che per lo stile narrativo utilizzato.
Alex non è un personaggio positivo - anche se il finale lascia spazio ad una certa speranza - così come non è
una lettura rilassata. Trasmette una certa inquietudine, questo è sicuro.
Sono comunque contenta di aver ripreso il libro in mano e
terminato la lettura perchè ero proprio curiosa di sapere che fine avrebbe
fatto il piccolo Alex.
Con questa lettura partecipo alla
Challenge Di
che colore sei? per lo spicchio verde in quanto libro da cui è stato tratto un film.
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