mercoledì 19 febbraio 2014

Avevo 12 anni, ho preso la bici e sono partita per andare a scuola... "S. Dardenne"


Sabine è una ragazza come tante. Una ragazza che ha dei sogni, dei progetti, una famiglia, un compagno e dei ricordi. Terribili ricordi di un'esperienza vissuta, suo malgrado, da bambina. Lei è una delle vittime di colui che è stato definito "il mostro di Marcinelle". Lei è sopravvissuta così come Laetitia. Altre bambine, invece, no.

Racconta la sua storia nel libro "Avevo 12 anni, ho preso la mia bici e sono partita per andare a scuola...". Ora Sabine di anni ne ha  31, li compirà ad ottobre: il libro lo ha scritto dieci anni fa (è stato finito di stampare nel novembre del 2004).

Come lei stessa dice in coda al libro, è una ragazza che ha deciso di raccontare la sua esperienza non certo per cavalcare l'onda dell'eco che la sua vicenda ha avuto, quanto per fare in modo che la gente la smetta di guardarla in modo strano, come se fosse un fenomeno da baraccone... affinchè più nessuno le faccia più domande e, soprattutto, affinchè la giustizia non lasci mai più in libertà un pedofilo per "buona condotta".

Ecco cos' è stato Marc Dutroux: uno psicopatico, un pedofilo, condannato come tale, ma rilasciato per buona condotta. Una condotta talmente buona che è tornato a dedicarsi alla sua occupazione preferita: sequestrare, torturare e seviziare ragazzine... alcune delle quali hanno sono finite sotterrate vive su un campo... Una storia terribile, quella raccontata da Sabine: lei, sopravvissuta al mostro di Marcinelle e tornata dalla sua famiglia dopo ottanta giorni di prigionia... lei che credeva di essere tra le mani di qualcuno che la stesse "salvando" da qualche cosa di peggiore... lei che era stata indotta a credere di avere delle colpe per meritarsi tutto ciò.
Eh si, perchè dal racconto di Sabine emergono violenze psicologiche continue, sottili e capaci di insinuarsi così in profondità nella mente di una bambina dodicenne tali da fare male tanto quanto quelle fisiche, altrettanto terribili ed inaudite.

Chi si aspetta delle descrizioni precise soprattutto delle violenze fisiche andrà deluso. Lo scopo di Sabine - questo è quel che ho capito io - non è stato quello di voler sconvolgere con dettagli troppo forti... non che il suo racconto non sia forte, intendiamoci... è che in lei ho visto quella delicatezza nel voler evitare le descrizioni più terribili che, comunque, sono finite agli atti del processo perchè messe nere su bianco su delle lettere che credeva fossero state inviate a sua madre ma che, dopo la cattura del mostro, sono state ritrovate nel covo. 

Come ben sanno quanti hanno seguito la cronaca di quei tempi - era il 28 maggio del 1996 - Sabine venne rapita mentre era in bici e si stava dirigendo a scuola. Di lei non si seppe nulla per 80 giorni. Ottanta lunghi giorni di prigionia, di violenze e di sevizie, costretta a vivere in un buco nascosto in cui mancava l'aria ed in cui mancava tutto... In primis, la libertà.
Nella prima parte del libro, quando Sabine racconta della sua prigionia, emerge con chiarezza la pressione psicologica subita dalla bambina tanto che il racconto, a volte ripetitivo ed anche poco lineare, mi ha dato l'impressione di riflettere appieno la sofferenza che tali ricordi evocano, anche a distanza di anni. Per non parlare delle violenze fisiche: non è mai stata picchiata, ma legata al letto sì, così come violentata fisicamente, ripetutamente da un uomo che si faceva passare come il suo salvatore... 
Ad un certo punto subentra un terzo elemento. Sabine chiede al suo aguzzino di avere compagnia e lui... le porta un'altra ragazzina. Una circostanza, questa, che rappresenterà la vera svolta per lei visto che è proprio a seguito dell'arrivo di Laetitia che si arriverà all'arresto del mostro e alla liberazione delle due ragazzine. Ma rappresenta una svolta anche perchè in Sabine sale il senso di colpa per aver desiderato una compagnia senza pensare che, questo, avrebbe voluto dire che un'altra bambina sarebbe stata privata della sua libertà e sarebbe stata soggetta alle stesse "attenzioni" riservate a lei.
Nella seconda parte del libro, dalla liberazione delle ragazzine in avanti, la narrazione è più lineare, meno compulsiva... Sabine racconta della sua famiglia ma anche delle vicende collegate al processo, fino alla condanna. Parla anche della sua vita privata, del suo lavoro... Ma quel che resta in primo piano è la sua voglia di isolamento "...per mettere insieme i pezzi di questo gigantesco e spaventoso puzzle, in mezzo al quale ero sopravvissuta - dice nelle ultime righe del libro - Voglio classificarlo nella mia memoria a modo mio, in un modo che spero definitivo. Solo un libro sullo scaffale. E poterlo dimenticare molto presto".

Ammiro Sabine per la sua forza... per il suo coraggio...

Da madre, poi, affiora in me una gran rabbia al pensiero che possano esserci in circolazione persone così schifosamente meschine da ridurre in schiavitù una bambina, che possano strapparle la fanciullezza dal punto di vista psicologico così come fisico. Ed è terrificante il pensiero che un uomo, condannato per aver fatto tutto questo, pedofilo conclamato, possa essere rilasciato per buona condotta... Terrificante....

Ps. in copertina, sotto al titolo, c'è scritto "Il diario degli 80 giorni con il mostro di Marcinelle". Ebbene, chi si aspetta un diario canonico, con il racconto di ogni giorno in modo sistematico ed organico... si sbaglia. Sabine racconta la sua storia... quel che ricorda, quel che è stato... ed è davvero terribile. Lei, però, è una ragazzina forte, testarda, caparbia... ed ha trovato la forza per reagire.
***
Avevo 12 anni, ho preso la mia bici e sono partita per andare a scuola....
Sabine Dardenne
Bompiani Overlook
14.00 euro 

2 commenti:

  1. Di certo non è una lettura leggera, e di certo non è stato facile scriverlo, ma meriterebbe molta più visibilità...

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