lunedì 4 dicembre 2017

La condanna del sangue. La primavera del Commissario Ricciardi (M. De Giovanni)

Ci sono storie. E poi ci sono Storie.
De Giovanni racconta Storie. Quelle che sono capaci di appassionare, quelle che ti fanno affezionare ai personaggi, quelle che ti vengono a cercare nei sogni la notte. Così, vedi quella bellissima donna dannata per via della sua bellezza, vedi quella bambina rimasta sola con il padre soffrire in silenzio, vedi quell'uomo combattuto tra l'amore della sua vita e un amore nuovo, vedi quelle carte consumate per via dell'uso continuo da mani di vecchia. E senti la sofferenza, l'insoddisfazione, l'inquietudine, l'ambizione di tutti quei personaggi che, di quelle storie, sono protagoniste.

Ecco, questo è quanto ho pensato appena ho chiuso il libro di Maurizio De Giovanni La condanna del sangue. La primavera del Commissario Ricciardi.
Avevo avuto modo di conoscere il Commissario Ricciardi - quello che vede i morti - nella sua precedente avventura, quella in cui indagava sulla morte di un tenore. Lo avevo già apprezzato al primo incontro anche se, probabilmente sbagliando, mi era venuto spontaneo un parallelo con un altro Commissario frutto della penna di De Giovanni.

Questa volta Ricciardi si fa conosce ancora di più ai lettori e mostra molto della sua personalità. 

Già nell'introduzione l'autore mi ha rapita. Nel presentare le vite di diversi personaggi, ognuno intento nelle proprie beghe quotidiane, fa subito comprendere come questo libro sia un incontro di tante storie. Storie diverse tra loro ma tutte accomunate da sofferenza, da dolore, da paura. 

Ricciardi si trova ad indagare sulla morte di una donna anziana, conosciuta per essere una benefattrice - così dicono tutti - ma che faceva del bene in modi alquanto singolari: leggeva le carte, la vecchia, ma prestava anche soldi a strozzo. Non come quegli strozzini violenti che alla scadenza ti vengono a cercare per farsi valere con la violenza. No, non è questo il caso. Ma pur sempre di soldi a strozzo si tratta. 
Ecco, dunque, che tante storie si intrecciano nel momento in cui Ricciardi trova ed apre il libretto degli appuntamenti segnati, seppur con una grafia e con un gergo non semplici da decifrare, dalla vecchia.

Ricciardi ha accanto a se il suo fedele collaboratore. Un uomo che ripone fiducia assoluta nel suo superiore ed uno dei pochi che lo sa comprendere appieno. Una figura positiva, quella di Maione, che viene poi approfondita anche grazie ad una post-fazione alquanto originale: alla fine del libro l'autore incontra per strada questo personaggio e, ponendogli delle domando, lo fa meglio conoscere ai lettori attraverso le sue risposte.

I personaggi che ho amato maggiormente sono tre. 
Maione è uno di questi. Un uomo che ha una bella famiglia spezzata, però, dalla morte del figlio Luca. Una tragedia che ha lasciato segni profondi soprattutto nella moglie Lucia che, da quel momento, si è sentita sempre più lontana rispetto alle persone che l'amano.

Ricciardi è l'altro personaggio che ha fatto breccia nel mio cuore di lettrice. I suoi non sono metodi violenti. E' una persona equilibrata, capace di sintetizzare e arrivare alle proprie conclusioni senza doversi ficcare per forza nei guai. Complice il periodo storico ci sono ambientate le sue storie - siamo agli inizi degli anni Trenta - la sua figura mi è rimasta impresso come quella di un personaggio mite e sofferente. La sua sofferenza è la sofferenza altrui, quella delle anime dei morti che ancora vagano per essere viste da chi può vedere. Più che una dote, quella di vedere e sentire i morti, per Ricciardi è un peso. Vive schiacciato dal dolore altrui e questo lo rende lontano dai vivi più di quanto non vorrebbe. Mostra tutta la sua fragilità, il Commissario, e questo lo rende molto umano.
Ricciardi lo osservava. "Non sono io che posso dirti come funziona in una famiglia. Lo sai, io una famiglia non ce l'ho e non ce l'ho avuta nemmeno da piccolo. Sono cresciuto con la mia tata, e ancora sto con lei. Le voglio bene, ma non è una famiglia. Lo sai che penso? Che è facile stare insieme quando va tutto bene. Il difficile è quando si devono superare le montagne, fa freddo e tira vento. Allora, forse, per trovare calore, uno si deve fare un poco più vicino. Te lo dice uno che campa nel freddo. E che non ha nessuno per cui trovare calore".
Filomena: una donna schiava della sua bellezza che, con orgoglio e sempre a testa alta, ha il coraggio di fare le sue scelte che, seppur dolorose, la renderanno libera.
Una donna forte, un bel personaggio secondo il mio parere.

Con questa lettura partecipo all'ultima fase della gara di lettura The Hunting Word Challenge. La parola utile per la challenge è COMMISSARIO.

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