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venerdì 21 aprile 2023

Lettere persiane (Montesquieu)

  

Una premessa è d'obbligo: non vengo da studi classici per cui la mia opinione in merito al libro Lettere persiane di Montesequieu sarà quella di una semplice lettrice che ha voluto avventurarsi in una storia che mai avrei immaginato di voler approfondire.

Ho iniziato a leggere le Lettere persiane per dare una mano a mia figlia che sta studiando degli approfondimenti con l'insegnante di lettere e la curiosità di capire dove quei racconti andassero a parare è stata più forte di me.

Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu ha diffuso la sua opera inizialmente in forma anonima e fuori dalla Francia, sua terra d'origine, per evitare la censura. Grazie alla rapida diffusione del testo, ben presto l'identità dell'autore verrà svelata: si tratta di un romanzo polifonico ed epistolare. Le vicende vengono narrate secondo diversi punti di vista, quelli degli autori delle lettere che sono, appunto, più d'uno.

I protagonisati sono due uomini persiani: si tratta di Usbek (un uomo più maturo) e un giovane di nome Rica. Entrambi hanno dovuto lasciare la loro terra perchè entrati in contrasto per questioni politiche con éle posizioni dello Scià. Hanno così dovuto lasciare i loro amici, le loro famiglie verso una terra lontana: la Francia. Usbek, in particolare, ha lasciato anche le sue cinque mogli che pure avranno un ruolo nella vicenda narrata.

I due persiani, da ciò che raccontano, trovano ospitalità presso un aristocratico francese ed hanno quindi l’occasione di conoscere la cultura di quella terra, la civiltà e la società francese, la religione di Francia. Di queste loro scoperte raccontano ai loro corrispondenti rimasti in Persia quindi alle loro rispettive mogli, ai loro confidenti. 

Così si snoda il romanzo: tra la meraviglia per un mondo nuovo che si apre ai loro occhi e considerazioni legate, invece, alla vita che hanno lasciato nella loro terra.

Quello che Montesquieu getta verso l'oriente è uno sguardo occidentale, non lo si può dimenticare. L'autore fa le sue considerazioni rispetto ad una cultura che di fatto non conosce e critica, per bocca di due personaggi orientali, quella che invece conosce bene.

Nell'edizione del libro che ho letto io è presente un'introduzione che riporta anche l'elenco di coloro che si scambiano lettere per aiutare il lettore nella comprensione così come sono presenti note che facilitano la lettura. 

Da lettrice contemporanea posso dire che mi sono lasciata incuriosire dagli scambi di considerazioni tra i vari interlocutori senza scandalizzarmi di niente. E' evidente che per i lettori francesi dell'epoca, invece, la situazione debba essere stata differente visto che ciò che l'autore racconta  dell'oriente è inconcepibile per un francesce cattolico del 1700 a partire dalla poligamia, tanto per citare un esempio.

Già Montesquieu mi apparso simpatico nell'incipit quando dice chiaramente che il suo libro se è buono verrà letto, senza necessità di troppe introduzioni, così come se non è buono non sarà letto e di ciò lui non si curerà. Insomma, lui ha qualche cosa da raccontare: se il pubblico gradisce bene, altrimenti non ci sono problemi di nessun tipo. Promette di non prendersela, insomma. Simpatico!

Non potendo raccontare nel dettaglio tutto ciò che viene narrato, mi limito a dire che se da una parte emergono gli usi e costumi della Francia, decisamente differenti da quelli Persiani, dall'altra si pone l'attenzione sulla vita del serraio che altro non era se non il posto in cui vivevano le mogli di Usbek, in attesa del suo ritorno. Si tratta di una zona chiusa all’interno della grande abitazione principale in cui, oltre alle mogli, potevano accedere solo altre donne che erano le serve, la madre del signore stesso e gli eunuchi cioè degli schiavi evirati che dovevano custodire la moralità di queste donne occupandosi della loro sicurezza. 

Tramite le parole dei suoi protagonisti Montesquieu ironizza sulle usanze e sul modo di vivere dei francesi senza risparmiare né le istituzioni né gli uomini dell'epoca. Allo stesso tempo, però, se Usbek si pone in modo critico nei confronti della società francese, ben presto si scopre che lui stesso, nella sua terra, altro non è se non un despota in particolare per ciò che accade all'interno del serraio...

Senza voler scendere in considerazioni letterarie (non sono proprio il tipo) devo dire che immaginavo una lettura più pesante per un'opera che ho sempre guardato da molto lontano. Probabilmente il merito va alla moderna traduzine che ho trovato nell'edizione Feltrinelli.
***
Lettere persiane
Montesquieu
Feltrinelli editore
448 pagine
13.00 euro copertina flessibile, 2399 Kindle

mercoledì 7 dicembre 2022

Se solo il mio cuore fosse pietra (T. Marrone)

Lettura scelta per via della copertina e del titolo, senza cercare nemmeno un accenno di recensione o una riga di trama.



Scelta "a pelle" azzeccata.

Libro bellissimo, anche se è sempre difficile definire così storie che hanno per protagonisti bambini, in determinate situazioni.

In questo casi i protagonisti soni i bambini sopravvissuti ai campi di concentramento, ospitati in una struttura nella quale un team di persone sensibili, prima che professionali, si prende cura di loro consapevoli dei traumi che li hanno segnati.

Perché sono sopravvissuti, è vero. Ma cosa hanno visto i loro occhi? Cosa hanno ascoltato le loro orecchie? Di quali violenze sono stati testimoni? Quali distacchi traumatici li hanno segnati per sempre? Quali perdite?

Nel leggere questa storia è inevitabile chiedersi quale sia stata la sorte peggiore: quella di chi da Auschwitz non è mai uscito o quella di chi è sopravvissuto ma è rimasto solo? Un interrogativo terribile, lo so, ma secondo me inevitabile.

L'autrice propone una storia vera, sotto forma di romanzo, offrendo al lettore una diversa prospettiva: quella vista dagli occhi dei sopravvissuti. Dei bambini sopravvissuti.

Ospitati nella grande villa di campagna di sir Benjamin Drage (siamo nel 1945), dove a prendersi cura di loro c'è un'equipe straordinaria, coordinata da Anne Freud - figlia del famoso Sigmund - e dalla sua collaboratrice Alice Goldberg, bambine e bambini sono messi in condizione di seguire un percorso terapeutico che mira a riportarli alla vita, a recuperare l'umanità perduta. Incubi, immagini mostruose, suoni e urla strazianti, sguardi vuoti, visi scavati... gli operatori sanno di avere a che fare con bambini fortemente provati e dimostrano una straordinaria sensibilità nel relazionarsi quotidianamente con loro e con e loro paure.

Appare lampante il gran lavoro di ricerca e documentazione che è alla base del romanzo: emerge a chiare note l'importanza del recupero della sfera umana nell'ambito di rapporti con chi ha vissuto esperienze tanto traumatiche. Quell'umanità che può aiutare ad allontanare l'orrore da quei piccoli occhi, la morte e le violenze vite, purtroppo, da testimoni innocenti.
Nella penna dell'autrice ho trovato profondo rispetto per quelle esistenze così duramente segnate. É stata una lettura difficile, perché storia vera. Ma sapere che c'è stato chi si è preso cura di quelle giovani anime con tanta umanità mi ha reso più leggero il peso della storia.

É un libro che consiglio caldamente anche a lettori più giovani. Per conoscere, per non dimenticare. Per apprezzare la vita e il tanto che si ha nel quotidiano. 
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Se solo il mio cuore fosse pietra 
Titti Marrone
Feltrinelli editore
240 pagine
17.50 euro copertina flessibile, 11.99 Kindle

venerdì 21 ottobre 2022

La stanza delle mele (M. Righetto)

Quello delle Dolomiti bellunesi è un ambiente che non conosco se non per il poco che ho studiato sui libri di geografia, da ragazzina. Nel leggere il libro La stanza delle mele mi sono trovata immersa in descrizioni che mi hanno permesso di riempire la mia lacuna lasciando lavorare l'immaginazione.

Perché le descrizioni degli ambienti, così come delle situazioni, sono a dir poco efficaci anche quando alcuni termini mi sono sembrati lontani da me, alcuni cognomi in particolare con suoni molto strani per le mie orecchie (a partire dal protagonista, quel bambino di 11 anni che risponde al nome di Giacomo Nef e che vive in una piccola frazione di Livinallongo del Col di Lana, località di cui non sapevo nemmeno l'esistenza).  

 

Siamo nell'estate del 1954 e Giacomo vive con i nonni assieme ai due fratelli maggiori dopo aver perso i genitori. La vita è dura, per lui più che per gli altri. Il nonno è convinto che sia il figlio di un amore clandestino di sua nuora: tanto basta per avere un comportamento estremamente rigido con quel bambino che, con i suoi capelli biondi ed i suoi occhi vispi, ispira tenerezza fin dalle primissime pagine. Oramai Giacomo sa che la stanza delle mele è il luogo in cui sistematicamente verrà chiuso in punizione e quell'ambiente diventa, volente o nolente, il suo piccolo regno, il suo laboratorio, il luogo del suo cuore.

A sconvolgere ancora di più la vita del ragazzino sarà il ritrovamento, in una notte in cui infuria il temporale, del cadavere di un uomo appeso al ramo di un albero del Bosch Negher dove il nonno lo aveva mandato a cercare una roncola. Una scena che non lo abbandonerà mai e che, tra varie vicissitudini, lo accompagnerà fino a 40 anni dopo...

Nella seconda parte del libro, quella della maturità, ha inizio una nuova storia che si intreccia con quella di quel ragazzino chiuso spesso nella stanza delle mele ed il mistero di allora scivola tra le dita dell'uomo che Giacomo è diventato.

Rispetto alla prima ho provato emozioni differenti ma sempre intense. Se nella prima parte è stata la tenerezza che mi ha trasmesso Giacomo a farmi venire voglia di entrare nel libro per fermare quel nonno così burbero e duro, per stringere in un abbraccio quel ragazzino, nella seconda le emozioni sono state differenti ma comunque trasmesse da un personaggio reso alla perfezione (non posso dire di più, non sarebbe corretto nei confronti dei lettori... ho detto già troppo). 

La storia mi ha emozionata, credo di non aver letto storie così ben rese dal punto di vista descrittivo sia degli ambienti che della psicologia dei personaggi e devo ammettere di non aver letto altro di un autore che è stata una piacevole scoperta e che cercherò di recuperare prossimamente.

Il personaggio che mi è piaciuto più di tutti in assoluto è quello di quell'anziana solitaria considerata da tutti una strega, la strega di Rovei. Personaggio suggestivo, capace di catalizzare l'attenzione del lettore (per lo meno la mia) fin dalla sua prima apparizione. E poi le leggende, i misteri del bosco, i suoi spettri ma anche la sua magia: trovo che il bosco sia anch'esso un personaggio fondamentale - concedetemelo - di una storia che altrove non avrebbe potuto essere la stessa.
***
La stanza delle mele
Matteo Righetto
Feltrinelli editore
240 pagine
18.00 euro copertina flessibile, 11.99 Kindle