venerdì 17 febbraio 2023

Il giorno della civetta (L. Sciascia)

Non so se mio figlio sia pronto a leggere e comprendere questo libro. Seconda liceo, poco più di 15 anni, lettura assegnata dall'insegnante di italiano. Non so... Non so se è pronto a comprendere il messaggio dell'autore. Se sia pronto a comprendere cosa voglia dire che in un certo periodo della Storia il Governo (siamo nell'estate del 1960 quando questo libro venne scritto) non solo si disinteressava al fenomeno della mafia ma esplicitamente lo negava. Così come lo negava la gente comune.

Non so se riesca a rendersi conto che quanto riportato tra queste pagine è in parte vero. Perché se è vero che si tratta di un romanzo, nella parte finale viene riportata una riposta vera data dal Governo ad una interrogazione sull'ordine pubblico in Sicilia. Non so nemmeno se riuscirà - con il suo senno di quindicenne di oggi un po' svagato e fondamentalmte disinteressato alla cronaca - a rendersi conto che quello che dà il la alla storia è un evento realmente accaduto visto che l'autore prende ispirazione dall'uccisione di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista, avvenuto nel gennaio del 1947 per mano di Cosa Nostra.

Sciascia racconta una Sicilia soggiogata dalla mafia, abituata al suo potere ma il messaggio che arriva - ad un lettore adulto, per lo meno - secondo il mio parere è che la parte peggiore dell'Italia, quella che crede che l'illegalità sia un vantaggio per tutti e che l'omertà sia la strada migliore per garantirsi la sopravvivenza abbia purtroppo allargando nel tempo i suoi confini.

Per parlare di questo fenomeno l'autore usa il romanzo giallo. Parte da una morte, quella di Salvatore Colasberna, piccolo imprenditore di un paesino siciliano ucciso a colpi d'arma da fuoco mentre sale su un autobus diretto a Palermo. Il Capitano Bellodi è incaricato di portare avanti le indagini. Testimoni? Molti, si può pensare, visto che l'uomo stava salendo su un mezzo di trasporto pubblico. No, due. Solo due: l'autista e il bigliettaio che negano di conoscere quell'uomo e negano pure di aver assistito ad un omicidio. Da qui hanno inizio indagini difficili, in un mondo omertoso. Il capitano Bellodi, però, non molla: seppur posto davanti ad un muro di gomma riesce a trovare indizi che legano quella morte violenta alle organizzazioni mafiose locali e alle forze politiche al potere. Quella morte riuscirà ad avere giustizia? Verrà dato un nome all'assassino? E al suo mandante? 

Io trovo che l'autore abbia fatto una scelta coraggiosa nel trattare il tema che ha trattato. E mi spiace dire che, seppur con i dovuti distinguo, in alcune zone d'Italia è una storia ancora attuale.

Un passaggio che mi ha colpita è quello relativo al cane di un contadino. Un cane cattivo, dice lui. Ed è un cane che si chiama Bargello, come il capo degli sbirri. Un passaggio breve che non passa però inosservato visto che rende l'idea di quello che era, all'epoca il rapporto tra i siciliani e le istituzioni.

Tanti gli spunti di riflessione sui quali mi auguro che l'insegnante di mio figlio voglia aprire un dibattito piuttosto che assegnare un compito in classe come se si trattasse di un qualsiasi romanzo giallo. 

Non lo è.
***
Il giorno della civetta
Leonardo Sciascia
Edizione allegata al Corriere della Sera - collana I grandi romanzi
pag. 143

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