domenica 26 febbraio 2017

Il miglio verde (S. King)

Premessa obbligata: è il primo libro di King che leggo. L'ho sempre considerato - basandomi su commenti altrui - un autore un po' troppo forte per i miei gusti per questo me ne sono sempre tenuta alla larga. Sbagliavo, e di grosso. Con Il miglio verde King mi ha emozionata, mi ha fatto commuovere, arrabbiare, innervosire, provare tanta pietà. 

Conoscevo solo a grandi linee la storia: non ho mai visto il film ma, per via della pubblicità che ne è sempre stata fatta, non ero del tutto all'oscuro della trama. Non ne conoscevo i particolari, questo va detto. 
Così, mi sono avvicinata a questo libro con delle scarse cognizioni di base che, comunque, non hanno affatto intaccato il piacere della lettura.
Non credo sia necessario parlare della trama per cui ne faccio un breve accenno.
Siamo nel braccio della morte del penitenziario di Col Mountain. Nel Braccio E per la precisione. Qui vengono trattenuti coloro che attendono l'esecuzione della pena capitale a loro carico. Andranno alla sedia elettrica dopo aver percorso quel corridoio che viene chiamato Miglio Verde per via del colore del linoleum che lo ricopre. 
La storia è sempre la stessa, per tutti: uomini che si sono macchiati dei più orribili crimini verranno accompagnati a friggere sulla sedia elettrica da guardie che, oramai, ne fanno una routine. 
Paul Edgecombe è uno di questi ed è lui che, a distanza di anni, anziano e confinato in una struttura per persone della sua età, racconta ciò che accadde. Perché ad un certo punto il fragile equilibrio raggiunto nel Braccio E viene a vacillare con l'arrivo di un nuovo condannato: si tratta di John Coffey (che si pronuncia come il caffè in inglese ma non si scrive allo stesso modo), accusato di aver rapito, violentato ed ucciso due gemelline. E' un omone grande e grosso che, però, ha qualche cosa di particolare. Nasconde un mistero che fin dal primo minuto del suo arrivo nel Braccio E salterà agli occhi di Paul. 
Si verificano dei fatti straordinari dopo l'arrivo di John e Paul ne sarà testimone. Ma come giustificare quanto accade? Una manifestazione terrena del male o le azioni di un essere differente che è venuto al mondo con una particolare missione.

La voce narrante è quella di Paul che, oramai anziano, cerca di mettere in ordine i pensieri e trascriverli per lasciare una testimonianza di ciò che ha vissuto e che, ancora, porta tatuato nel cuore e nell'anima. I suoi sono pensieri a tratti poco lineari, con delle ripetizioni che potrebbero risultare poco graditi se non fossero proprio una caratteristica del libro. Paul è anziano, molto anziano, la sua memoria fa dei brutti scherzi e dimentica spesso le cose. Non quanto accaduto nel '32, però. Quando fa un tuffo nel passato i ricordi arrivano chiari, nitidi e dolorosi più che mai. Così, quella narrazione un po' sconnessa rende ancora più credibile il personaggio.
Va anche detto che King ha presentato questo libro sotto forma di racconti, all'epoca, per poi raccoglierli in un unico libro che - per sua stessa ammissione - avrebbe dovuto subire dei ritocchi per poter essere più omogeneo. La struttura in racconti richiede che alcuni passaggi vengano ripresi (e da qui le ripetizioni) per poter rendere più semplice il compito al lettore. Un aspetto che non mi è dispiaciuto affatto.

I personaggi vengono resi con maestria. Sia le guardie che i condannati a morte vengono presentati al lettore con intensità e vigore: King sa emozionare anche solamente nel descrivere la semplicità e la meraviglia di un detenuto che riesce ad addomesticare un topo. 
Sarà anche quel topo un protagonista fondamentale del racconto: mi è sembrato, in diversi momenti, che il mio stesso sguardo si perdesse in quelle due goccioline di petrolio, come vengono descritti i suoi occhi!

John... cosa dire di John! Un assassino che merita la morte, così viene presentato. Ma nulla è come sembra, Paul lo capirà presto. Ecco, dunque, che la sua enorme figura, quel suo essere così gigante e allo stesso tempo mansueto tocca le corde del cuore. Avrei voluto poter fare qualche cosa per lui, proprio come Paul. Anche lui avrebbe voluto poter cambiare le cose ma John porta su di se tutto il dolore del mondo e questo incide, in un modo o nell'altro, nella sua sorte.

Paul narra anche alcune vicende del suo presente, testimonianza di come la cattiveria non abbia dei limiti temporali ne' spaziali. E questo mi ha fatto pensare alla condizione di molti anziani, purtroppo, che si trovano a subire le angherie di chi, invece, dovrebbe pensare alla loro cura e alla loro salute.

Ho pianto nel leggere la storia di Paul e di John e non mi capitata da moltissimo tempo. Di piangere nel leggere un libro, intendo. Molto bello nella sua tragicità, nell'irrimediabilità di un futuro segnato per colpe altrui.

E' un libro che non dimenticherò e che consiglio, senza riserve, sia agli amanti di King (a cui, credo, che non serva il mio consiglio per leggerlo) che a tutti coloro che vogliano emozionarsi e partecipare - perché è questa la sensazione - in modo diretto a quanto raccontato.

Un piccolo appunto: io ho preso l'edizione disponibile in biblioteca (è un volume Euroclub) ed ho trovato alcuni errori di traduzione ma nel complesso sono davvero poca cosa.

Questa lettura mi permette di partecipare alla challenge La ruota delle letture: un libro da cui sia stato tratto un film. 
Inoltre, mi permette anche di partecipare alla challenge di Chiara del blog La lettrice sulle nuvole.

2 commenti:

  1. ciao Stefania anche io mi sono cimentata con King in questo periodo, sempre per una challange! Di questo avevo visto il film che ho trovato favoloso e le tue parole incoraggiano

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    1. Mia cognata ha un'intera collezione di King. Credo proprio che ne approfitterò, prima o poi. Questo è davvero bello!!!

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