Il distopico è un genere che non
mi ha mai attirata più di tanto.
Troppo fantascientifico per i miei gusti. Proprio come Hunger Games che, invece, mi sono trovata ad apprezzare seppur in netto ritardo rispetto agli entusiasmi che sono stati manifestati su più fronti quando il primo libro della serie è uscito.
Devo ammetterlo, però: non avrei
mai deciso di leggerlo se non avessi visto la prima puntata della serie tv che,
contro ogni mia aspettativa, mi è piaciuta.
Le caratteristiche della storia sono proprie di ogni distopico che si rispetti: un governo violento che si impone a modo suo, una realtà spaventosa, una sorte ingiusta, un futuro incerto, un presente fatto di sottomissione per i più. E poi morti, tanti morti ed una considerazione pari quasi a zero per la vita umana.
Ho iniziato, come più si conviene, dal principio: Hunger Games è il primo libro dell'omonima trilogia nata dalla penna di Suzanne Collins, una serie di romanzi distopici ambientata in un'America post-apocalittica dove si vive in 12 distretti controllati da Capitol City, che ogni anno organizza gli Hunger Games, un reality show dove 24 giovani concorrenti, due per ogni Distretto, di un’età compresa tra i 12 e i 18 anni, debbono sfidarsi in un’arena ed eliminarsi a vicenda fino a che non ne sopravviva solo.
I partecipanti a questo massacro vengono estratti a sorte, anno dopo anno. Quando per il distretto 12 esce il nome della sorellina di Katniss, lei si fa avanti come volontaria pure di salvarla. Inizia qui la sua avventura accanto a Peeta, estratto a sorte come partecipante maschile per il suo stesso distretto.
Viste le premesse è facile immaginare come si sviluppi la storia. Mi aspettavo molta violenza, scene macabre, situazioni estreme ma in questo devo dire che l’autrice è stata brava. Muoiono in tanti, sì. Questo sì. Ma se non altro le descrizioni non sono poi così meticolose.
Lo stile è scorrevole, la scrittura efficace senza eccessi, anche quando la situazione lo richiederebbe e questo, devo ammetterlo, mi ha permesso di apprezzare l’idea di avere quella tipologia di lettura tra le mani. Fuori dalla mia comfort zone, senza ombra di dubbio, ma non mi è dispiaciuto affatto.
Ovviamente, l’idea della spettacolarizzazione della morte fa rabbrividire. La facilità con cui si uccide, altrettanto. E il fatto che tutto questo debba ripetersi anno dopo anno, a danno di ragazzini (sarebbe la stessa cosa se avvenisse a danno di adulti, siamo chiari… ma si parla anche di dodicenni ammazzati in modo feroce per puro spettacolo… del tutto inaccettabile) è uno scenario che rientra appieno nel genere ma che non è per niente piacevole. Quando dico, dunque, che la lettura mi è piaciuta, non intendo dire che mi sono piaciute le situazioni descritte. Tutt’altro.
Ho provato tanta rabbia, la voglia di alzarmi e sbattere il libro contro un muro… quella stessa rabbia che in un modo o nell’altro inizia a respirarsi, da un certo punto in avanti, quando vengono introdotti elementi che fanno pensare ad una ribellione. Tema che, ne sono certa, caratterizzerà i volumi successivi.
Ora capisco perché questa storia è piaciuta tanto agli estimatori del distopico, del fantascientifico.
Il finale lascia le porte aperte al prosieguo della storia anche se non sono riuscita a capire bene cosa possa ancora succedere…
Appuntamento al volume II.
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Hunger Games
Suzanne Collins
editore Mondadori
pag. 418