venerdì 11 giugno 2021

Gli ultimi giorni dei nostri padri (J. Dicker)

Dopo aver sentito tanto parlare di Dicker e dopo essermi sempre sentita un pesce fuor d'acqua per non aver letto nulla di suo ho voluto fare la sua conoscenza.

 L'ho fatto partendo dall'inizio, dal suo libro d'esordio.

Non mi sono fatta influenzare da niente e da nessuno. Non ho letto recensioni, così come non ho letto opinioni di nessun tipo in merito a Gli ultimi giorni dei nostri padri e mi sono trovata tra le mani una storia di uomini e donne che partivano di casa come ogni altro soldato - siamo all'epoca della Seconda Guerra Mondiale - senza immaginare cosa realmente avrebbero dovuto fare: addestrati per uno scopo ben preciso, per essere paracadutati dietro le linee nemiche, nel cuore di un paese occupato, e combattere i tedeschi dall'interno. Una missione molto delicata, molto particolare, molto pericolosa.

Sono sincera: non sapevo dell'esistenza del SOE - Special Operation Executive - un'organizzazione britannica messa in piedi per addestrare agenti segreti con il compito di collaborare con la resistenza e i gruppi partigiani, disturbare gli invasori nazisti, distruggere strade, boicottare le comunicazioni, distribuire munizioni, esplosivi, armi, per essere paracadutati da aerei britannici e americani su campi segreti individuati nella massima segretezza dagli stessi agenti. Il tutto con la massima copertura, senza contatti con le rispettive famiglie e, dal termine dell'addestramento in poi, andando ognuno per la propria strada.

Da qualche approfondimento che mi sono sentita di fare mi sono resa conto che si tratta di un capitolo di quella storia segreta della Seconda Guerra Mondiale che in pochi raccontano.

Nella prima parte del libro il lettore vive sulla sua pelle l'addestramento dei protagonisti ed impara a conoscerli. Segue le tappe dell'addestramento che viene fatto da ogni candidato (perché poi c'è anche una selezione) per irrobustire il proprio corpo, familiarizzare con l'arte della guerra, imparare la tecnica del lancio con il paracadute, prendere familiarità con le strategie e imparare a fare scelte importanti anche sotto pressione. Dalla seconda in avanti la storia inizia ad aggrovigliarsi con le emozioni, con i sentimenti, con la parte umana di una guerra che poco ha avuto di umano, da qualunque punto di vista la si voglia guardare.

Gli agenti segreti - di diversa età e provenienza, per lo più uomini ma anche donne, persone normalissime diventate però popolo dell'ombra per salvare l'umanità in pericolo - nonostante un addestramento severo, duro e pur avento imparato ad essere pronti a tutti nella parte finale del libro mostrano il loro essere uomini e donne con le proprie fragilità, le proprie tentazioni, il proprio orgoglio. 

La guerra piace, all'inizio. L'idea di fare gli agenti segreti è eccitante, coinvolgente, adrenalinica. Ma da una pagina all'altra, con il passare del tempo e il susseguirsi degli eventi che hanno segnato quell'epoca, l'eccitazione lascia il posto allo smarrimento, il coinvolgimento a gesti meccanici e dovuti, l'adrenalina lascia il posto all'incapacità di riconoscersi dietro quei gesti, quelle scelte, quelle azioni. 

Ho detto più volte di non amare particolarmente i romanzi storici o, comunque, quelli in cui la storia ha un grande ruolo: mi sono ricreduta strada facendo, nel corso del tempo, ma ammetto di non avere un grande senso critico da quel punto di vista per cui non è mia intenzione parlare di ciò che non conosco. Evito, dunque, di dare un giudizio sulla ricostruzione storica delle vicende. Ciò di cui mi sono resa conto è stato, comunque, che il fatto di raccontare la storia di agenti segreti di cui si è sempre saputo molto poco, proprio per via del loro essere segreti, non dev'essere stato facile e per un autore esordire (esordiente era Dicker all'epoca) con un romanzo di questo tipo credo sia stata una scelta coraggiosa. E con una buona riuscita, secondo il mio punto di vista.

Nelle parti più tecniche mi sono trovata più in difficoltà (armi, piani di guerra, azioni) ma ben presto mi sono trovata coinvolta - ed emozionata - accanto a Pal e suo padre, a Laura, a Gros e a tutti gli altri. Mi sono emozionata, eh già! Lo ammetto. 

La storia invita a riflettere su tanti argomenti. La guerra, in primis, e tutto ciò che ha portato compreso quel senso di smarrimento provato dagli agenti segreti quando si rendono conto che, a guerra finita, non hanno un posto nel mondo e non hanno relazioni autentiche al di fuori di quell'esperienza.

Ma mi sono trovata anche a riflettere sull'amicizia, la fedeltà, l'amore di un figlio per suo padre e viceversa, il senso della vita e della morte.

Cercherò altro di questo autore: il suo stile mi piace ed essendo partita dal suo esordio non posso che aspettarmi una crescita stilistica: partendo già da un buon livello, sarà un piacere!
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Gli ultimi giorni dei nostri padri
Joël Dicker
Bompiani editore
464 pagine
9.90 copertina flessibile, 6.99 Kindle

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