sabato 31 luglio 2010

Il codice Rebecca (Ken Follett)

Sono un padrone, un nazista, un beduino egiziano, un dominatore nato.
Si definisce così Alex Wolff, alias Achmed Rahmha, il protagonista dell'ultimo romanzo di Ken Follett che ho appena terminato di leggere.
Una spia. Un uomo sicuro di se, senza scrupoli, pronto a tutto per la causa. Pronto a mentire, ad uccidere, a rapire un bambino, ad infliggere sofferenze psicologiche pur di raggiungere il suo scopo: carpire informazioni militari che, riferite ai suoi superiori, permetteranno ai nazisti di vincere la guerra.

Corre l'anno 1942, la seconda guerra mondiale è in corso. Alex Wolff è l'arma segreta del generale Rommel che, in Nord Africa, sta collezionando vittorie, una dietro l'altra contro gli inglesi. Ed è oramai questione di pochissimo prima che arrivi la vittoria schiacciante.
L'asso nella manica di Rommel risponde al nome di Alex Wolff... Mezzo egiziano e mezzo tedesco, ha tutte le carte in regola per potersi infiltrare senza troppi problemi tra nelle retrovie del fronte alleato al Cairo dove riesce ad impadronirsi di segretissimi piani di battaglia che vengono puntualmente trasmessi grazie ad una comunicazione in codice, per radio. Un uomo spietato, determinato, astuto, dal sangue freddo. Questa è l'immagine che viene data di un personaggio che può vantare anche una buona dose di fortuna dalla sua parte.
William Vandam è alle sue costole. E' l'ufficiale inglese che ha il compito di scovare Wolff, trovare il codice di trasmissione della spia e fare in modo che arrivino ai tedeschi informazioni che possano determinare - a loro insaputa - il capovolgersi delle sorti della guerra.
Vandam è vedovo, ha un figlio - Billy - che pur comparendo nella storia con un ruolo marginale ben presto diventerà molto importane nello svolgersi dell'avventura.

Accanto ai due personaggi principali, anche due personaggi femminili daranno un importante contributo allo svolgersi delle situazioni:
Sonja, un'affascintante danzatrice del ventre che farà il gioco di Wolff e lo aiuterà nella più e più volte
Elène, molto bella, egiziana, da sempre si fa mantenere dagli uomini con cui stringe relazioni che puntualmente colano a picco. Convinta com'è di voler cambiare vita, si trova lungo la strada di Vandam e diventerà una pedina importante nel gioco d'astuzia messo a punto per catturare Wolf.
Si tratta di un romanzo di spionaggio che agli inizi mi è sembrato un po' lento, soprattutto nelle spiegazioni di piani di battaglia, colloqui militari e via dicendo. Lentezza che va via via scomparendo quando la storia entra nel suo pieno sviluppo per accelerare e subire un'impennata verso l'alto nelle ultime pagine.
Un romanzo meticoloso, nel quale l'autore mi è sembrato molto attento nei particolari, molto preciso nel dipingere con le parole gli scenari in cui si ambientano i vari momenti.

Io ho letto un'edizione uscita nel 2004 in un'edizione speciale per Repubblica, su licenza Mondadori: era in vendita con il quotidiano ed io l'ho trovato in biblioteca. Sul retro copertina è indicato il prezzo di 5.90 + il prezzo del quotidiano, da vendersi esclusivamente in abbinamento con Repubblica. Complessivamente la storia si snoda su 387 pagine e devo dire che la parte più coinvolgente è arrivata - almeno secondo il mio punto di vista - più o meno a pagina 250... La prima parte mi è sembrata ricca di personaggi (per lo più militari) con ruoli da memorizzare, incarichi, linguaggio militare... più avanti mi è sembrato di arrivare nel pieno del romanzo.
Non ho letto molti altri libri di Ken Follett per cui non posso fare confronti tra l'uno e l'altro titolo. Posso dire che Il codice Rebecca - titolo originale The key to Rebecca - propone una buona dose d'avventura e di tensione, una buona cura per i personaggi ed una capacità descrittiva che più volte mi ha fatto immaginare davvero quel deserto, quelle piramidi, quella casa galleggiante...
Nell'edizione che ho letto io la copertina è diversa dall'edizione ufficiale Mondadori e devo dire che è anche più accattivante dell'altra. Dovrebbe essere uscita anche un'edizione che comprende un doppio titolo e non dovrebbe essere altro che un doppio romanzo, questo ed un altro libro di Ken Follett in un'unica edizione ma non so dire nulla in merito perchè ho solo visto una copertina con doppio titolo on line, nulla di più.

Il personaggio di Alex Wolff, in particolare, viene descritto come un uomo dalle diverse sfacettature... Un uomo senza scrupoli, freddo e calcolatore al quale, però, non manca un profilo più umano. Più volte Ken Follett ne mette in risalto le paure, le sensazioni, l'animo che, secondo l'immagine che ne fornisce la corazza della spia, sembrerebbero inesistenti in lui.
In un periodo di guerra - il romanzo è ispirato ad una storia vera - le storie personali dei personaggi si intrecciano con i loro ruoli in seno all'organizzazione militare di cui rispettivamente fanno parte. Storie di vita che debbono necessariamente adeguarsi alla prospettiva di una possibile sconfitta... di un'invasione... di un dominio avversario... Vandam è un ufficiale inglese da cui possono dipendere le sorti della guerra ma allo stesso tempo è un padre che si trova a dover fare una scelta importante per la vita di suo figlio.

Sarebbe stato terribile per il bambino, spaventoso, ma la cosa peggiore era ormai avvenuta; vivere sotto il regime nazista, con suo padre in un campo di concentramento, sarebbe stato ancora più spaventoso.

I personaggi femminili non sono personaggi di secondo piano malgrado in alcune descrizioni si faccia riferimento alla cultura del posto secondo la quale in treno sono gli uomini ad accomodarsi sui posti a sedere mentre le donne siedono a terra con i bambini e, si dice nessuno l'avrebbe aiutata non solo perchè era egiziana ma perchè era una donna. E le donne, come i cammelli, andavano picchiate di tanto in tanto.
Vabbè, stendiamo un velo pietoso su questa cosa che non è certo un'invenzione dell'autore quanto una trista realtà che va ben oltre una storia di spionaggio militare in periodo di guerra!

Oltre a colui che viene presentato fin dall'inizio della storia come spia ci sono altri personaggi che mostrano una condotta alquanto dubbia. Un turbinio di interessi, mosse e contromosse, tradimenti e atti di coraggio si alternano donando un certo spessore alla storia.
Lo stile di scrittura è scorrevole (anche se ho notato alcuni errori di trascrizione di alcune parole ma la colpa non è certo dell'autore quanto, credo, di chi ha curato l'edizione italiana) e ricco di dettagli. Un linguaggio semplice ma non per questo sterile.
Il finale è prevedibile? Non del tutto, anche se ad un certo punto ho caldamente sperato che finisse così...
La seconda parte è ricca di sorprese... un po' meno la prima. E' comunque un romanzo che - per chi ama il genere - si lascia leggere senza intoppi.
***
Il codice Rebecca
Ken Follett
La biblioteca di Repubblica, licenza Mondadori
387 pagine

giovedì 22 luglio 2010

La Mucca Moka fa il burro (Agostino Traini)

Con la Mucca Moka si possono imparare tante cose e non è un semplice modo di dire collegato alla valenza educativa di un libro.
La Mucca Moka è un personaggio frutto della fantasia e delle penna di Agostino Traini che ha dato vita ad un personaggio simpatico, colorato, che si fa volere bene e che è diventato presto molto familiare ai miei bimbi.

L’ultimo libro che abbiamo preso in biblioteca in ordine di tempo, riguardante le avventure della Mucca Moka, vede la nostra amica impegnata ad imparare a fare il burro: La Mucca Moka fa il burro.

La nostra simpatica mucca impara aiutando anche i piccoli lettori a seguirla nelle sue avventure, fornendo loro lo stimolo giusto per seguire con le immagini la storia che un adulto legge loro (perché si tratta di libri pensati per bambini troppo piccoli e non ancora capaci di leggere da soli).
Le immagini aiutano molto ed i bimbi memorizzano in fretta tanto che alla fine seguono il racconto completando loro le frasi lette da mamma o da papà.

Dopo aver imparato a fare il gelato, la Mucca Moka vuole a tutti i costi imparare a fare il burro. E quando si vuole imparare qualche cosa come si fa? Si va a scuola. Nel caso di Moka, alla scuola del burro!

Detto fatto, la maestra svela i segreti dell’arte del fare il burro e non si tratta di una storia inventata e di fantasia… No no, di fantasioso c’è solo la Mucca Moka perché la breve narrazione delle fasi di produzione del burro rispecchia la realtà così come i termini usati in particolare per quanto riguarda lo “strumento” che viene usato materialmente per preparare il burro.
Nemmeno io sapevo come si chiamasse. Cosa? La “zangola”… E lei che permette al latte di diventare burro e la maestra di Moka spiega con pochi, semplici passaggi quali sono le tappe da seguire.

Frasi semplici ed essenziali, linguaggio immediato, il tutto concentrato in un libro di piccole dimensioni, con copertina lucida e pagine in cartoncino. Molto colorate le varie immagini che si aggiungono ai brevi testi e, come per tutti gli altri libri della serie, al termine dell’avventura sono proposte delle pagine gioco con delle semplici attività come seguire un percorso, cercare gli errori, disegnare ciò che manca…

Fa parte della collana “Prime PagineEmme Edizioni ed è un libro consigliato per bambini dai cinque anni in su. Io devo dire che anche il piccoletto di casa, che di anni ne ha tre, ama le storie della Mucca Moka e si diverte un mondo quando leggiamo libricini come questo per cui sull’età consiglio di non essere eccessivamente rigidi.
Il prezzo di copertina è di 6.00 euro: non poco per un libricino così piccolo, soprattutto se si confronta questo prezzo con quelli di libri “da grandi” che magari di pagine ne anno qualche centinaio e costano poco di più di questo.

Chi volesse scrivere alla Mucca Moka può farlo inviando un messaggio di posta elettronica ad un apposito indirizzo indicato sulla seconda di copertina: i miei bimbi sono troppo piccoli per farlo ma se, quando saranno più grandi, dovessero esprimere il desiderio di farlo vi saprò dire se la Mucca Moka risponderà oppure no alla loro email.
Un libricino piccolo piccolo che educa, avvicina i bimbi alla lettura ed insegna loro cose nuove. Lo consiglio, anche come piccolo regalino.
***
La Mucca Moka fa il burro
Agostino Traini
Prime Pagine – Emme Edizioni
6.00 euro

martedì 20 luglio 2010

La casa degli amanti indecisi (Chris Killen)

Probabilmente non sono capace di cogliere l’originalità e la genialità di un racconto così. Evidentemente è un mio limite. Sicuramente sono una lettrice più classica (anche se a dire il vero non mi ritengo affatto tale visto che mi piace stimolare il mio intelletto con letture che spaziano da un genere all'altro e senza pregiudizi di partenza).
Fatto sta che il romanzo La casa degli amanti indecisi, dell’esordiente Chris Killen non mi è piaciuto.

Trovo che sia un romanzo frammentario, confuso, scritto quasi in modo frettoloso: probabilmente è uno stile ben preciso quello che si vuole presentare al lettore ma a me non è risultato per niente gradevole.
Il fatto che sia strutturato in capitoli brevi alleggerisce un po’ la pena visto che non si deve portarla più di tanto per le lunghe… Capitoli che si leggono in fretta e che, lo ammetto, lasciano la voglia di leggere quello successivo ma per il semplice fatto che ci si interroga su dove vorrà andare a parare l’autore.

La storia… Onestamente faccio fatica a trovarla. La storia di un amore che sembra non avere spina dorsale fin dall’inizio. Una storia monocorde, poco avvincente, pesante a tratti. Per di più raccontata saltando da un personaggio all’altro, da un racconto in prima persona ad uno in terza per far intersecare le vite dei personaggi in uno strano modo l’una all’altra. In alcuni punti mi sono persa e ci ho capito ben poco.
Già la scelta dello stesso nome per due personaggi della storia mi è sembrata sulle prime poco originale. Poi, per darmi un motivo per andare avanti con la lettura, ho pensato che magari era un modo per costringere il lettore a stare attento a ciò che leggeva, individuando due diverse personalità in modo netto, differenziando due personaggi molto diversi tra loro. E sono andata avanti con la lettura (anche perché non è mia abitudine lasciare i libri a metà).

WillWilliam è un ragazzo che ha uno strano rapporto con il mondo. Una personalità piuttosto piatta e insulsa, incapace di esprimere i propri sentimenti, incapace di parlare quando sarebbe il momento di parlare e di tacere quando invece le parole sarebbero di troppo. E’ alla ricerca disperata di un amore. Tanto disperata che, quando arriva, non sa proprio come nutrirlo, quell’amore. Un personaggio apatico, pessimista, immotivato…
Alice è la sua ragazza. Una ragazza che arriva all’improvviso nella sua vita e con la quale trascina in avanti un amore che arriva ben presto a saturazione. E arrivano i silenzi, le cose non dette, i pensieri che non diventano mai argomento di comunicazione. Il vuoto. Un vuoto assordante. Di quelli che lasciano senza fiato. Lei si rende conto di ciò che sta accadendo, tra i due manca il dialogo: un copione molto sfruttato quello del silenzio, del “niente da dirsi”….
WillWilliam è un amico (o ex amico) di Will. E’ un artista. Ha avuto molto più successo di lui ed è apprezzato e stimato per la sua originalità. Quella stessa originalità che a Will dà quasi sui nervi. Si frequentano ogni tanto fino a che – poco originale pure questo – non inizia a fare coppia fissa con la sua ragazza, quella che ben presto diventerà la sua ex ragazza.

Una storia che ha poco da dire, che si fa fatica a mettere in ordine, che non mi è sembrata una storia da ricordare. Probabilmente più che sulla storia in quanto tale l’autore ha voluto calcare la mano sulla psicologia dei personaggi. Il tormento di Will, le sue paranoie, le sue indecisioni, le sue fantasie… E in parallelo quelle di Helen – un personaggio che somiglia molto a Will, e non certo dal punto di vista fisico – anche lei continuamente immersa in un mondo fatto di immaginazione, di rifiuto, di incertezze. Magari i tratti di questi personaggi vengono pure dipinti in modo efficace (l’uso delle frasi che sembrano quasi mozziconi di sigarette fumate per metà mi fa pensare a quel carattere instabile e proprio lineare che l’autore descrive nei vari personaggi) ma questo non basta a farmi dire che si tratta di un bel romanzo. Non l’ho ritenuto tale fin dalle prime pagine e probabilmente la prima impressione ha poi vincolato tutto il resto.

Tra l’altro, la narrazione è farcita di volgarità , scene di sesso (consumato anche tra Will e Alice davanti agli occhi del suo ex ragazzo… volutamente davanti agli occhi del suo ex ragazzo senza che lui riesca a dire una parola… e ad un certo punto mi sono pure detta: ma questo è scemo o ci fa?), perversioni di diverso tipo che introducono un altro (strano) personaggio… Helene, ragazza contattata on line da Will per girare un filmato porno e pagata per questo. Mha. Una forzatura anche questa, secondo me.

Non sono riuscita a cogliere la genialità di questo autore. Un giovane autore esordiente - classe 1981 – che onestamente mi ha lasciata con l’amaro in bocca. Non ho proprio travato nulla di ciò che viene detto in presentazione del libro, sull’ultima di copertina:
Chris Killen tocca con grazia le corde di coloro che vivono l’innamoramento come estasi e tormento, tutti accomunati dall’inevitabilità di declino, caduta e fine di un amore.
Mha. Io non ci ho trovato nessuna grazia. Quale grazia nell’usare termini volgare a sproposito? Quale grazia? Nessuna.

Oppure:
Un debutto narrativo abile e brioso. Un romanzo che pulsa energia. ( The indipendent ).
Energia? Ma quale energia arriva da un personaggio che passa tutto il giorno davanti alla tv o davanti al computer a guardare filmati porno? Ma dai… Il mio concetto di energia evidentemente è diverso da questo… (a dirla tutta ha un motivo per cercare tra i filmati pornografici inseriti in rete... ma per affrontare il problema che gli si è posto credo che si potrebbe fare altro, non visionare forsennatamente tutto ciò che la rete proprone con quel contenuto... leggendo la soria si riesce a capire meglio, questo si, lo si capisce).

E poi lo stile di scrittura imperfetto, come se le parole volessero sfidare il lettore in una gara di chi è più rapido… Rapido a trasmettere concetti… Rapido a leggere… Fresi minime, brevissime… E anche qualche scorrettezza grammaticale, di quelle che proprio mi danno sui nervi. Virgole fuori posto, trattini… Niente virgolette nei discorsi diretti (non sempre… ma quando capita è irritante!), pensieri che si alternano a dialoghi fatti a voce alta senza che vi sia nessun segno grammaticale che faccia capire la differenza…

Un solo esempio, già nelle prime pagine:
Will chiama al telefono fisso. Alice risponde. Diventa un’altra. E’ in piedi nel corridoio e le tramano le ginocchia. Ride tre volte. – Sarebbe meraviglioso, - mi dice dopo, - con Will. Devo trovare qualche cosa di carino da mettermi.
Va in bagno e apre l’acqua della vasca ….
Insomma… vi sembra una punteggiatura corretta? Che rende più gradevole la lettura? A me non risulta affatto più gradevole, anzi.

La casa degli amanti indecisi – che nel suo titolo originale The Bird Room e dalla lettura si capisce perchè... nulla di volgare, però! - nell’edizione che ho io fa parte della collana Stile libero Big di Einaudi editore. La copertina propone un fondo che simula il tronco di un albero con dei buchi dai quali si vede l’immagine di una donna che, però, viene presentata in modo misterioso. Prezzo di copertina 15.50 euro per 168 pagine.
Per fortuna l’ho preso in biblioteca altrimenti credo che mi sarei pentita di aver speso 15.50 euro per un libro così. Pur volendo concedere l’attenuante dell’autore alle prime armi, della sua giovane età, della possibile maturazione che possa avere da qui in avanti, ciò non mi ha aiutata ad apprezzare di più il suo libro. Un autore acerbo e frettoloso che, comunque, non boccio del tutto perché riesce a dare un suo stile alla scrittura con una buona dose di coraggio. Magari sarà un modo per differenziarsi dal "volgo" di aspiranti scrittori... magari sarà pure un nuovo stile, uno stile modeno che non sono riuscita ad apprezzare appieno.

A chi potrebbe piacere un romanzo così?
Me lo sono chiesta. E mi sono detta che, probabilmente, questo genere potrebbe piacere a chi ama i racconti particolari, i romanzi fuori dalle righe, lontani dal classico stile narrativo dei grandi della letteratura moderna ma anche passata. Chissà, magari prima o poi diventerà pure un autore di grido... Resta il fatto che a me la sua opera prima non è piaciuta!
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La casa degli amanti indecisi
Chris Killen
Stile Libero Big - Einaudi Editore
168 pag.
15.50 euro

mercoledì 14 luglio 2010

La custode di mia sorella (Jodie Picoult)

E’ arrivato a casa mia a seguito di un singolare dono che ho voluto fare a due mie amiche: ho comprato tre libri, uno per ciascuna di noi, poi abbiamo estratto a sorte quale dei tre fosse destinato ad ognuna. La custode di mia sorella era destinato a me. Io l’ho scelto nel momento dell’acquisto (18,60 euro il prezzo di copertina per 428 pagine, edizione Corbaccio 2009) ma poi è stato lui a scegliere me.
Ero un po’ reticente, sulle prime. Non mi sentivo pronta per una lettura che sapevo non mi avrebbe lasciata indifferente e mi avrebbe toccata nel mio essere madre oltre che donna e figlia. Evidentemente era giunto il momento di abbattere le mie resistenze ed affrontare una lettura che, ora lo so, non dimenticherò.

Kate è una bambina come tante. Ha un fratellino più grande, una madre e un padre che si amano e l’adorano, una vita davanti. Kate non sa, però, che la vita che l’aspetta è fatta di sofferenze profonde nel corpo e nello spirito, quelle che solo una malattia terribile come la leucemia che colpisce una bimba di due anni può portare. Da quando arriva la malattia la sua vita cambia. Cambia la vita della sua famiglia. Cambia la sua famiglia.

Sara è la mamma di Kate. Una mamma che si trova ad affrontare con tenacia una lotta impari, quella di una madre contro la malattia di una figlia per la quale è disposta a tutto. Una donna pronta a fare scelte importanti per la sua bambina. Pronta a tutto. Anche a pensare di concepire un figlio che possa essere compatibile con Kate in modo da salvarla in vista di un dono (in termini medici) che nessun altro può farle.

Brian è il papà di Kate. Fa il pompiere di mestiere. E’ abituato a salvare vite. Ma quando si tratta di doversi adoperare per salvare la vita di sua figlia il nemico non è il fuoco, non è il fumo, non è un’emergenza improvvisa. Tutta la sua vita, accanto a Kate, è in perenne emergenza. Si troverà accanto ad una moglie che non è più quella conosciuta ai tempi della scuola. Si trova a vivere una vita che tutto è tranne che normale.
Jesse è il figlio primogenito di Sara e Brian. E’ un ragazzino che – malgrado nessuno lo abbia fatto volontariamente – si trova a crescere nell’ombra. Nell’ombra di una sorella in pericolo di vita, di una famiglia troppo impegnata a gestire l’emergenza per poter vivere nella normalità. Non è compatibile con la sua sorellina e può poco per salvarle la vita, anche se vorrebbe rendersi utile non può più di tanto. Donare il midollo osseo, donare sangue, piastrine… poco può fare.

Anna. Anna è la sorellina minore di Kate e Jessie. Non nasce per caso ma per necessità. Per il bisogno di dare a Kate una possibilità di salvezza. E’ la figlia che Sara e Brian concepiscono in modo “programmato” affinché sia davvero compatibile con la bimba sofferente.
Anna ha un destino segnato. Segnato da aghi, anestesie, ematomi, degenze in ospedale non per suoi problemi ma per i problemi di Kate. Perché solo lei può lasciarsi prelevare il sangue che può essere utile a sua sorella. Solo lei può mettere a disposizione il suo midollo osseo per tentare di combattere la “bestia”, solo lei potrà donare un rene per salvare sua sorella: ultima tappa di un percorso che la vede arrivare a tredici anni con la maturità di una donna, più che di quella di una bambina. La maturità di un’adolescente che è dovuta crescere troppo in fretta in relazione alle esigenze di Kate.

Campbel di mestiere fa l’avvocato e va in giro con un cane guida di cui nessuno ravvede la necessità. Eppure è li, fedele e pronto, ogni volta in cui si dovesse manifestare una situazione di bisogno. E’ l’avvocato che Anna sceglie per intentare una causa molto particolare: contro i suoi genitori, per avere quell’emancipazione medica che le permetterà di decidere come disporre del suo corpo in relazione a sua sorella. Anna chiede di poter decidere liberamente se sottoporsi a trattamenti, effettuare donazioni che la possono segnare per sempre nel corpo. Chiede di smettere di essere considerata, a prescindere dalla sua volontà, in funzione della vita di sua sorella.

Julia entrerà nella vita di tutti i personaggi della storia perchè scelta da un giudice per dare un giudizio "da esperta" sulla famiglia di Anna. Entrerà nella vita di questa famiglia per tentare di capire ciò che le risulterà difficile mettere poi nero su bianco per dare un giudizio tecnico circa l'opportunità o meno di riconoscere le ragioni di Anna. Ma entrerà - anzi, rientrerà - anche nella vita di Campbel...

Jodie Picoult, l’autrice di questo libro (che porta, nell’edizione che ho io, in copertina le stesse immagini che richiamano il film che io non ho visto e che dal libro è tratto) affronta una questione dolorosa, delicata, toccante e commovente. Affronta la sofferenza di una famiglia, di una bambina malata ma anche di tutti coloro che gravitano attorno a lei. Racconta la difficile vita di una madre che si trova a dover fare delle scelte importanti e tutt’altro che semplici. Scelte dolorose, ogni volta, per il bene di sua figlia. Della sua figlia malata.
Lo stile di scrittura è fluido e scorrevole. Non un racconto come tutti gli altri, che ha un inizio narrativo, un corpo ed un finale. L’autrice struttura il suo romanzo in capitoli che altro non sono se non il punto di vista dei protagonisti. Ogni volta dell’uno o dell’altro protagonista. I capitoli portano, nel titolo, il nome di colui o colei che l’autrice fa parlare in quel momento o i cui pensieri vengono sviscerati e messi nero su bianco.
All’inizio ho fatto difficoltà ad entrare nel meccanismo poiché conoscevo poco i personaggi. Inquadrarli uno ad uno sulle prime mi è sembrato un po’ macchinoso. Ma questa impressione è durata davvero poco.
Non posso non riconoscere all’autrice il merito di aver saputo dare a tutti i personaggi pari importanza. C’è un protagonista – una protagonista – questo è vero. Ma si tratta solo della figura centrale attorno alla quale non vi sono personaggi secondari, almeno secondo il mio punto di vista. Nemmeno il cane di Campbel, Judge, lo è. Anzi, anche la sua sarà una figura importante nello sviluppo della storia.

Ho fatto fatica in più punti ad andare avanti. Dal punto di vista emotivo, però, perché toccata nel mio essere madre da una situazione così. Un figlio sofferente ti strappa il cuore al solo pensiero. Inutile dire cosa accade se è morente, in continuo bilico tra la vita alla morte. Tutto passa in secondo piano. Forse troppo.
Anzi, tolgo il forse. Tutto passa in secondo piano. Troppo.
Passa in secondo piano la vita di Sara e Brian ma anche quella di Jesse e della stessa Anna. Anna che è sempre al centro dell’attenzione ma non in quanto bambina o adolescente bisognosa della sua dose di attenzioni e di amore (che pur non le manca, anche se “di rimando”). No, lo è come unica chance per Kate.
La storia non è così semplice e lineare come potrebbe sembrare. Le motivazioni che sono alla base del gesto di Anna – motivi egoistici di una bambina ribelle? – sono molto più complesse di quallo che si può pensare e ce se ne rende conto solo a lettura inoltrata.

Una lettura che mi ha lasciata senza fiato negli ultimi capitoli più di quanto non avesse fatto nelle more della storia. Uno stile di scrittura scorrevole ed incisivo. Nelle descrizioni, nei dialoghi, nelle pause.
Ciò che mi ha maggiormente colpita, oltre alla sofferenza di Sara e alla decisione (così come il comportamento di Anna), è stata la lucidità di Kate. Una bambina sopravvissuta alla malattia più di quanto si sarebbe pensato. Adolescente, in molti suoi dialoghi, suoi comportamenti ho letto una lucidità che mi ha fatto rabbrividire. Rispetto alla sua condizione, alla sua vita in continuo pericolo, rispetto alla sofferenza.
Per non parlare di Jesse: un ragazzo che è apparso ai miei occhi come una cartina al tornasole di una situazione familiare difficile.

E’ un romanzo, è vero. Ma non ho fatto fatica ad immaginare reali situazioni di sofferenza – molto più comuni di quanto si possa pensare – e l’ombra del romanzo ha lasciato il posto alle sofferenze vere di situazioni così. Anche perché non si tratta di una storia del tutto inventata ma “plasmata” su una storia vera.
Una lettura che mi ha anche cambiata e non esagero nel dire ciò.
Mi ha fatto capire quanto sia precaria la condizione umana e lo ha fatto con la delicatezza e l’immediatezza di un racconto efficace e profondo. Mi ha fatto riflettere su quante conseguenze inimmaginabili possano avere le scelte di un genitore rispetto ai propri figli. Mi ha fatto pensare a quante occasioni sprecate possono trasformarsi in rimpianti in un battito d’ali.

Il finale mi ha sconvolta. Toccata, ancor di più di tutto il racconto, forse, per quanto possibile. Mi ha commossa al punto da avere la sensazione di soffrire in prima persona per quanto stava accadendo. Imprevedibile, inaspettato, struggente. Un finale che avevo immaginato del tutto diverso ma che sarebbe stato scontato, in quel caso.
Uno dei più bei libri che abbia letto fino ad ora. Un libro che consiglio senza riserve tranne che, forse, nel caso in cui si stia vivendo una situazione analoga perché in quel caso farebbe molto male obbligando a riflettere su aspetti “scomodi” di una situazione che di comodo ha ben poco.

venerdì 9 luglio 2010

La principessa sul pisello (H. Christian Andersen, Roberto Piumini)

Un libriccino piccolo piccolo, che sembra quasi voler essere poco ingombrante per non farsi notare più di tanto. La principessa sul pisello è una storia che Andersen scrisse senza la minima malizia che un titolo del genere potrebbe alimentare!
E' cosa risaputa che non si tratta di un racconto a luci rosse (e che pensavate???) ma un racconto per bambini, storia di regine, principi e principesse, nata per i piccoli tanto tempo fa. La versione che abbiamo noi è un po' particolare.

E' un piccolo libro della collana Una fiaba in tasca EL Edizioni. E' un testo di Roberto Piumini tutt'altro che nuovo ad esperienze di questo tipo, rivolte ai lettori più piccoli. Testo ovviamente tratto dall'originale di Andersen al quale tiene fede. Questa volta Piumini non ha sconvolto più di tanto la storia che resta praticamente fedele all’originale.
Come tutta la collana si tratta di un librettino indicato per bambini dai quattro anni in su ma io devo dire che apprezza molto anche il mio bimbo più piccolo che di anni ne ha quasi tre.

Ho comprato questo libro spinta fondamentalmente dal piccolo prezzo a cui era proposto: 3.50 euro di copertina che, in virtù di uno sconto che operavano nel reparto dei libri del mio supermercato di fiducia, sono diventati 2.95. Non era nemmeno mia intenzione comprare libri, quel giorno, al supermercato, ma mi hanno attirata e non ho resistito. Un prezzo decisamente accessibile anche se l'assortimento dei titoli rimasti non era il massimo: dei 12 titoli che compongono la collana ne erano disponibili un paio o poco più.

Il libricino è sottile e di una grandezza media. Non un libro dalle dimensioni standard ma nemmeno piccolo piccolo: 14x18 cm sono le sue dimensioni e lo spessore è quello di poco più di trenta paginette. Trenta pagine complessivamente perchè il testo – che è distribuito solo nelle pagine di destra come per tutte le altre storie della collana – riempirà una decina di pagine in tutto. A differenza di altri libri per bambini - questa è una novità per la mia bimba – la storia è narrata con un carattere di scrittura diverso dal solito, perché di solito il carattere usato è lo stampato piccolo o grande, a seconda dei casi. Il corsivo, invece, richiede una certa padronanza nel riconoscere le parole da parte del lettore, ammesso che a doverlo leggere fosse un bimbo piccolo.
Nel nostro caso essendo la mamma a leggere, nessun problema si è posto se non quello, per la mia bimba, di non riuscire a riconoscere nemmeno una letterina visto che inizia ad avere familiarità con le lettere stampate. E probabilmente per quando arriverà il momento di leggere da sola la saprà già a memoria (visto che non è lunghissima) e le sarà facile leggerla da se!

La qualità di stampa è buona, secondo il mio parere. Una carta di media pesantezza, con copertina plastificata, testi che si distribuiscono tra i dialoghi diretti ed il racconto. Ed una versione della storia, dicevo nelle prime righe, che è molto fedele al racconto di Andersen con Piumini che questa volta si è limitato a metterci poco di suo per dare spazio alla tradizione.
La storia non è molto lunga adattata al formato "Una fiaba in tasca". Sono riportati i passaggi essenziali senza giri di parole o eccessivi arricchimenti.
Tutte le storie sono concepite graficamente allo stesso modo anche se, all'interno, cambia lo stile delle immagini, perché cambiano le "mani" che le creano. Ogni storia è identificata anche da un colore che, nel momento in cui tutti il libri venissero sistemati in libreria, appare sotto gli occhi per fare in modo - credo - che il bimbo possa abbinare un certo colore alla storia che cerca in modo tale da trovarla tra tutte anche senza la necessità di andare a leggere il titolo. Almeno credo, perchè con i miei bimbi capita così. Già dando un'occhiata sanno cosa devono prendere in mano.

Avere tra le mani una storia che inizia e finisce in poche pagine è stato l'altro motivo che mi ha indotta a comprarlo perché con due bambini piccoli non si può pensare di affrontare letture troppo lunghe o da leggere in momenti diversi per iniziare e finire la storia: la loro soglia di attenzione è ancora piuttosto bassa e, soprattutto, è necessaria la presenza di immagini per stimolare la loro fantasia ed anche curiosità.
Rispetto ad altre storie della stessa collana, in questo caso trovo molto particolari le immagini. Ancor più di quanto non lo siano quelle di un libro recensito di recente, della stessa collana: Biancaneve.
E’ diversa la mano di chi ha illustrato i due libri ma in entrambi i casi si tratta di immagini un po’ particolari. Forse in questo caso ancor più particolari. Se nel caso di Biancaneve sembrano più delle caricature, che strappano anche qualche sorriso ad un lettore adulto, in questo caso onestamente mi piacciono meno.
Sembrano immagini artistiche, con delle prospettive e proporzioni che hanno un po' lasciato interdetta la mia bimba abituata ad immagini più chiare, semplici e di immediata comprensione per lei, giovanissima lettrice.
Sono illustrazioni di Eva Montanari che, spero non me ne voglia, non ho mai sentito nominare prima d'ora. I colori usati sono per lo più l'arancione, il rosso, il marrone, diversi toni del verde ma sono comunque, nel complesso, poco allegre come immagini. Questa è la sensazione che ho avuto io. E alla mia bimba piacciono davvero poco. E' come se i personaggi fossero ritratti dall'alto, o da una prospettiva particolare per cui anche le loro proporzioni sono particolari. Un esempio su tutti: quando la principessa bussa al portone del castello ed il re va ad aprire, lui è ritratto in dimensioni piuttosto grandi, ricurvo su se stesso... si affaccia alla porta e della ragazza si vedono solo i piedi. Un'immagine particolare, con un soggetto rappresentato a metà (anzi, forse qualche cosa di meno di metà). Non sono usuali per bimbi abituati alla linearità e semplicità d'immagini.

La storia è piuttosto nota, credo. Un principe che cerca moglie ma non vuole una principessa qualunque. Ne vuole una speciale. Una notte nel mezzo di un temporale si presenta all'uscio del castello una giovane che dice di essere una principessa ma che, bagnata com'è, sembra tutt'altro. La regina, piuttosto selettiva a quanto pare, vuole metterla alla prova e prepara un letto con trenta materassi, sotto l'ultimo del quale posiziona un pisello. Solo una principessa dalla pelle particolarmente delicata potrebbe accorgersi della presenza del pisello... Insomma... Una regina che sceglie la sposa per suo figlio sottoponendola alla... prova del pisello!!!.
Ovviamente nel raccontarla - oramai la mia bimba l'ha memorizzata e ci si mette pure lei a raccontarla al fratellino anticipando ciò che io devo leggere una pagina dopo l'altra - trovo che sia fondamentale il ruolo dell'adulto che legge. Una lettura frettolosa, monotona, "piatta" e senz'anima da parte di un adulto distratto non può certo entusiasmare un bambino e farlo avvicinare nel giusto modo, e con il giusto piacere, alla lettura.

Con libri come questi, aventi le caratteristiche di un carattere grande e chiaro, non troppo lunghe e facili da memorizzare, prodotte in un formato comodo da tenere in mano e da portare con se anche in borsa se necessario, si riesca a stimolare i più piccoli alla lettura..

L'autore è Roberto Piumini, uno dei maggiori e prolifici interpreti della letteratura per l'infanzia. Anche stavolta ha preso in prestito una storia classica, di Andersen, per riproporla a modo suo.

Trovo che questo libro sia un prodotto editoriale interessante e che, grazie al prezzo, sia davvero alla portata di tutti. Pian pianino e visto l’interesse della mia bimba, ho preso quasi tutti i libri di questa collana, quelli editi nel 2009 almeno.
Perché dal gennaio di quest’anno sono arrivate altre sei storie ad arricchire la collana: per il momento delle nuove ne abbiamo solo una.
In merito alla reperibilità, io l'ho preso in un supermercato che ha un reparto libri piuttosto fornito ma si tratta di una collana reperibile anche in libreria, sia essa tradizionale oppure on line.

Un libro che consiglio, come tutti gli altri della collana tenendo presente, però, che le immagini potrebbero non piacere ai più piccini, più abituati a disegni più allegri, meno "artistici" e più colorati.

***
La principessa sul pisello
H. Christian Andersen, Roberto Piumini
EL Edizioni
3.50 euro prezzo di copertina

lunedì 5 luglio 2010

Marina (Carlos Ruiz Zafon)

E io che sulle prime avevo pensato che la cosa più inquietante del libro fosse quella casa... La casa di Marina. Descritta alla perfezione come un luogo misterioso, oscuro, con l'uso di parole che - una pennellata dopo l'altra - me l'hanno dipinta davanti, quella casa... La casa di Marina (quella della copertina del libro, ho immaginato!) e di suo padre Germàn. La casa in cui Oscar verrà attirato da un silente richiamo, impalpabile, invisibile, silenzioso eppure così forte, tale da fargli perdere la cognizione del tempo e dello spazio.

Tutti noi custodiamo un segreto chiuso a chiave nella soffitta dell'anima. Questo è il mio.Parole di Oscar che inizia a racconatare e già dal modo in cui lo fa mi sono sentita "colpita" nel modo giusto da questo autore.
Oscar è il personaggio che prende vita nel romanzo di Carlos Ruiz Zafòn che ho appena terminato di leggere: Marina.
Per me si tratta del primo libro di questo autore che conoscevo solo di nome e di fama. Non mi sono mai chiesta, però, quale fosse il genere di lettura nella quale mi stavo ad addentrare limitandomi a seguire la curiosità che era stata alimentata in me dalla recente lettura di alcune recensioni in merito (contrastanti tra loro, a dire il vero) ma anche da quella misteriosa copertina, così inquietante (mi sembrava). Non sapevo che era il luogo più tranquillo - o quasi - di tutto il romanzo perché il bello (o il peggio, dipende dai punti di vista) sarebbe arrivato più avanti, in altro luogo. O meglio, in altri luoghi.

Marina è un romanzo non facile da definire.
L'autore propone una storia di sentimenti, di amicizia ma anche di amori profondi e tormentati. Ma è anche un thriller che si sviluppa verso direzioni inimmaginabili.

* Ciò che meno mi è piaciuto sono i risvolti un po' troppo inverosimili della storia. Trovo che l'autore abbia premuto un po' troppo l'acceleratore sulla fantasia creando situazioni che sono difficili da immaginare anche in fase embrionale, a dire il vero. Ciò permette al romanzo di calzare a pennello anche la definizione di fantasy allo stato puro. Il tutto senza risparmiare dei colpi di scena che tengono il lettore attaccato ad ogni singola parola con una voracità tale da consumare quasi la storia, una frase dopo l'altra. Credo che ciò sia dovuto agli esordi narrativi dell'autore - che ha scritto dei libri per ragazzi - che si è fatto contaminare da una buona dose di fantasia che stacca di molto questo romanzo dal reale e lo fa in modo netto e sfrontato, senza timori.

* Ciò che invece ho maggiormente apprezzato è la capacità narrativa e descrittiva dell'autore. Parole che si alternano come pennellate armoniose di colori (più o meno brillanti, a seconda della scena descritta) mi hanno permesso di immaginare realmente ciò che stavo leggendo. Una narrazione scorrevole anche nelle more del racconto più intricato e negli ingranaggi più macchinosi della storia. Viene descritta una Barcellona d'altri tempi oltre a stati d'animo dei protagonisti che sembrano pulsare tra le pagine.
Devo riconoscere il merito, all'autore, di avermi tenuta incollata alla lettura anche quando dentro di me risuonava una voce che mi diceva: "...ma dai... no... questo è troppo!!".

La storia.Nella Barcellona di fine anni '70 il giovane Oscar frequenta un collegio che è diventato quasi la sua casa vista la lontananza - affettiva oltre che fisica - della sua famiglia. E' un adolescente che non ha molti amici, ama stare per conto suo e si allontana di tanto in tanto dal collegio per le sue passeggiate solitarie. E' nel corso di una di queste passeggiate - che somigliano più ad una vera e propria fuga dall'ambiente del collegio - che viene attirato da una musica che arriva da un'abitazione molto singolare. Misteriosa. Oscar riesce ad entrare e senza rendersene conto entra in possesso di un orologio che sarà, il giorno successivo, il prestesto per tornarvi.

Inizia la sua avventura.
Marina e suo padre Germàn vivono in quella casa. Quella che ho immaginato fosse la casa che si vede nella copertina del libro. Vivono al buio perché non hanno elettricità. Vivono da soli perchè la mamma di Marina è scomparsa prima ancora che la sua immagine potesse fissarsi nei ricordi della sua piccola. Di notte girano per casa al lume di candela. Fare la loro conoscenza vorrà dire dare un taglio netto alla sua vita precedente. Si troverà a fare i conti con una storia più grande di lui: il sentimento per la bella Marina (un sentimento che lo sconvolge ma non gli impedisce di stringere con lei una profonda amicizia) ma, soprattutto, il prendere conoscenza di una storia ancor più misteriosa di quella degli abitanti di quell'abitazione. Una storia di amore, di morte, di sfida, di follia. Una storia che sembrava lontana ma che, invece, è viva e pulsante. Tanto viva da coinvolgere Oscar e Marina in modo così profondo da segnare per sempre la loro vita.

Marina è un romanzo triste. Ciò che mi è rimasto addosso dopo la lettura di questo libro è una profonda tristezza. Triste la storia di Marina e di suo padre. Triste la storia di Oscar che - seppur non narrata in modo analitico - viene lasciata intendere chiaramente da molteplici descrizioni. Triste la storia nella quale Oscar e Marina verranno coinvolti: triste e folle, inverosimile a dire il vero, carica di tensione e di inquietudine, di personaggi che arrivano dal buio, portati in vita da una folle mente che anela la vita a tutti i costi. Ed è pronta a fare tutto pur di continuare a vivere.
Triste l'epilogo: un finale - lungi da me il pensiero di svelarlo - triste su più fronti, anche laddove la tensione di alcuni passaggi porta ad auspicare un epilogo di questo tipo. A ben vedere, però, anche laddove le circostanze portano a desiderare un epilogo di un certo tipo, c'è tristezza in tutto ciò che accade, negli ingranaggi che fanno girare la macchina della storia.
E' una tristezza latente, di quelle impalpabili eppure vive e - a modo loro - pulsanti. Una tristezza che affiora pian piano, durante la lettura e che personalmente mi è rimasta addosso quando sono arrivata all'ultima frase. Non per questo, però, il libro non mi è piaciuto. Anzi. Le pennellate lessicali utilizzate da Zafòn per descrivere stati d'animo, paure, tensioni riescono a toccare le corde della sensibilità del lettore. Con me è stato così. E quella tristezza di fondo emerge con chiarezza tanto più ci si lascia andare con la lettura e ci si addentra nei meandri di una storia che si richierebbe di leggere con superficialità se non si ama il fantasy, nella parte centrale del racconto.
L'edizione che ho trovato io in biblioteca è del maggio 2009, Mondadori Editore, e il prezzo di copertina è di 19.50 euro. Non ho elementi per fare confronti con altri libri di Carlos Ruiz Zafòn perché non ne ho letti altri, per il momento. Posso dire che, a parte l'assurdità della storia in cui Oscar e Marina vengono risucchiati, si tratta comunque di un romanzo ben scritto e capace di toccare i sentimenti del lettore. Che sia paura o tenerezza, vengono alimentate sensazioni pulsanti in chi legge.

I personaggi principali sono Oscar, Marina e suo padre ma di personaggi ve ne sono altri, che si avvicendano nella storia una pagina dopo l'altra ma l'autore ha l'abilità di descriverli senza creare confusione alcuna anche mentre annoda più e più volte il filo della storia creando dei legami che donano un tocco di suggestione in più al racconto. C'è una storia nella storia e va scoperta mettendo insieme diversi pezzi, diverse tessere che vengono messe pian piano a disposizione del lettore.
Ho intenzione di leggere anche gli altri romanzi di questo autore che mi ha saputa incuriosire. Con qualche eccesso nella trama, ma comunque mi ha "presa" nel modo giusto.

E pensare che Zafòn aveva iniziato la sua carriera scrivendo due libri per ragazzi!!!
***
MarinaCarlos Ruiz Zafon
Mondadori Editore
19.50 euro

giovedì 1 luglio 2010

Attraverso il tuo corpo (Alberto Bevilacqua)


Bello. Il libro di Alberto Bevilacqua che ho cercato, aspettato e letto di recente mi è proprio piaciuto.

Una storia delicata e profonda al tempo stesso. Di quelle che possono stupire, ammaliare ma anche sconvolgere in modo profondo. I protagonisti prima che il lettore. Loro, i protagonisti consapevoli o inconsapevoli di una storia che sfugge ad ogni controllo. O che sembra sfuggire ad ogni controllo.
Attraverso il tuo corpo è un romanzo scritto da Bevilacqua nel 2002. Un romanzo che prende le mosse da personaggi realmente esistiti e che riesce a mantenere i contorni del vissuto e, allo stesso tempo, a trasmettere la vicenda con un puro stile narrativo che non è mai eccessivo, mai volgare, mai pesante.

Una penna delicata, quella di Bevilacqua. Un autore che non amo particolarmente e del quale ho letto, non molto tempo fa, un altro romanzo che però non mi è molto piaciuto. Proprio per via della delusione precedente – uno stile narrativo che non mi era piaciuto affatto – temevo che avrei archiviato un’altra delusione. Non è stato così e mi sembra giusto dare merito all’autore di aver saputo coinvolgermi in una lettura che mi ha permesso di conoscere la personalità di personaggi che avevo creduto di conoscere sotto un’altra luce, vestiti con abiti diversi.
Li avevo conosciuti, quei personaggi, leggendo L’amante di Lady Chatterley di D.H. Lawrence. Diversi i loro nomi, non proprio identiche le loro storie, ma erano loro. La storia che viene narrata da Bevilacqua è la storia da cui poi avrà origine lo scandaloso romanzo di Lawrence. Scandaloso all’epoca della pubblicazione (è un romanzo di inizio novecento) e che alla luce di ciò che rivela Bevilacqua lo sarebbe ancor di più di quanto non lo sia stato all’epoca.

L’autore incontra un uomo, Angelo Ravagli, che apparentemente nulla ha a che vedere con quella storia. Niente di più ingannevole! Angelo Ravagli è un italiano, un prestante bersagliere che fu il reale amante della signora Lawrence, Frieda. Dalla storia nata tra i due Lawrence trae ispirazione per il suo scandaloso romanzo.
Ma non è tutto così semplice come può sembrare. Un tradimento come tanti che induce il tradito a scrivere una storia che si struttura attorno ad una vicenda reale. Troppo facile. Troppo poco per dare origine a quel romanzo che, subito dopo aver letto L’amante di Lady Chatterley ho cercato con tanta insistenza, spinta dalla curiosità di conoscere un altro punto di vista. Ed ho scoperto che non si tratta di un punto di vista diverso bensì di una storia – vera – nella storia.
In soldoni: David H. Lawrence si trova a vivere un periodo particolarmente delicato della sua vita. Malato nel fisico (soffre di tubercolosi, malattia che oltre a consumarlo giorno dopo giorno lo rende anche impotente sessualmente) e nell’anima (si sente svuotato sia nei confronti di una devota moglie alla quale non riesce più a stare accanto come vorrebbe ma anche svuotato nel suo essere scrittore visto che gli manca l’ispirazione per dare concretezza alla sua fama di scrittore di successo).
Una situazione pesante, dalla quale è difficile venire fuori se non mettendo in pratica un disegno perverso e stimolante al tempo stesso. Un disegno che lo vede protagonista assieme a sua moglie Frieda (del tutto accondiscendente e comunque devota nei suoi confronti) e, suo malgrado, al bel bersagliere. Angelo Ravagli è il suo nome.
Bevilacqua narra di un incontro con questo italiano realmente esistito, oramai anziano nell’età ma non certo deperito nel fisico, e con lui percorre quei sentieri che nessuno ha mai percorso prima di quel momento, alla scoperta della reale storia che originò il romanzo di Lawrence.
Bevilacqua si è documentato a fondo ed ha delle rivelazioni importanti da fare ad Angelo, tanto quanto spera che lo siano le rivelazioni che il bel bersagliere vorrà fare a lui. Ne nasce un romanzo scritto in prima persona ma non solo. E’ il racconto di un incontro ma è anche l’affiorare di ricordi narrati in prima persona dal protagonista, Ravagli, ed un continuo svelare dettagli fino a quel momento inconfessati.

Dal romanzo di Bevilacqua esce fuori una realtà ben diversa da quella che si può pensare nel leggere L’amante di Lady Chatterley. Un romanzo autobiografico, si era detto, di un uomo malato, tradito ed abbandonato. Ma David H. Lawrence è malato, è vero… Tradito dal punto di vista fisico, è vero. Ma si tratta di un tradimento da egli stesso architettato facendo in modo che Frieda e Angelo si incontrassero secondo i suoi piani e, soprattutto, che i momenti di intimità che si consumeranno tra i due non siano un vero e proprio tradimento quanto un modo – un po’ sadico, a dire il vero – di avere in cambio ciò che lui non può più dare e avere allo stesso tempo. Il pensiero di Angelo e Frieda, i racconti che sua moglie gli farà di ogni incontro (con dovizia di particolari) saranno viatico per una ritrovata energia che lo porterà non solo a meglio sopportare la sua malattia e il suo non essere in grado di soddisfare la sua donna, ma che lo indurrà anche a ritrovare l’ispirazione. Un disegno assurdo. Eppure realizzato da quelli che poi diventeranno i personaggi chiave del suo romanzo-scandalo: il guardiacaccia Mellors (in origine il bersagliere Ravagli) e sua moglie Connie (in origine la sua vera moglie Frieda).
Bevilacqua si fa narratore di una storia non sua ma egli stesso resta sorpreso dello svolgersi degli eventi.
Ravagli, da parte sua, si racconta come uno sciupafemmine che stringe una forte amicizia con David e Frieda. Non sa del disegno del suo amico su di lui e il tradimento consumato ogni notte, ad ogni incontro, è per lui una ferita inferta ad un uomo debole ed indifeso. Ma Angelo non sa di essere la pedina di un gioco studiato a tavolino alle sue spalle… Almeno fino ad un certo punto. Perché, qui sta la sorpresa, non sarà sempre così e il rapporto tra i due amanti si vela di mistero oltre che di un nuovo entusiasmo e di una nuova esplosione dei sensi.
Il bel bersagliere ha una moglie e tre figli. Una vita da cui però è lontano ed un passato, oltre che da bersagliere, soprattutto da amante instancabile ai piedi del quale ogni donna vorrebbe cadere. Dal fisico atletico e prestante anche ora che è anziano, ha una vita costellata di storie durante poche ore, tra le lenzuola e poco più… fino a che non arriva Frieda. Con lei è diverso fin dall’inizio. E lo sarà ancor più andando avanti con la storia.

Frieda è una moglie devota. Incontra il suo amante per accontentare il suo uomo oltre che per soddisfare i suoi desideri che, senza il disegno di David, sarebbero rimasti sopiti in lei. E’ una donna tanto remissiva nei suoi confronti quanto passionale con il suo amante. Un amante che a sua volta tradisce quando lo usa a sua insaputa ma del quale finirà per innamorarsi, corrisposta.
David H. Lawrence è l’artefice di tutto. Un uomo che trova vigore in un modo tanto subdolo quanto indelicato, che ama sua moglie ed anche l’amante che sceglie per lei, a suo modo. Perché ciò che lo lega ad Angelo è una forma di amore che lo porterà a diventare suo amico e ad accoglierlo in casa sua, alla sua mensa oltre che nel letto di sua moglie!

Barbara è una delle due figlie di Frieda. Figlie di primo letto perché Frieda era stata sposata con un altro uomo, più anziano di lei, da cui si era poi separata. Barbara è la più snob, la più difficile ed è da lei che arriverà un importante tassello della storia al cospetto di Angelo…
E poi c’è Bianca. Non è un personaggio che arriva dai ricordi di Angelo ma esiste nel presente, nel momento del racconto e…

Ho trovato questo romanzo molto coinvolgente. Lo scrivere in prima persona dell’autore, il dare voce ai ricordi e alle sensazioni di Angelo facendone un racconto appassionato ma anche il far parlare lui, Angelo, dei tempi che furono, delle sue sensazioni, di come andarono le cose mi è sembrata una tecnica narrativa che non annoia chi legge ma lo tiene vigile ed attento.
A differenza dell’altro libro di Bevilacqua – che proprio non mi scorreva e rispetto al quale ho avuto anche le idee un po’ confuse dal metodo narrativo adottato – in questo romanzo ho fatto fatica a staccare gli occhi dalle pagine e a sospendere la lettura fino a quando non l’avrei ripresa magari il giorno dopo. L’autore ha saputo alimentare in me la curiosità, la voglia di conoscere risvolti e sviluppi che mi hanno permesso di dipingere un quadro molto particolare della storia di David H. Lawrence e della Connie, protagonista de L’amante di Lady Chatterley.

C’è una frase che vorrei riportare, scritta da Lawrence in una lettera consegnata ad Angelo prima di morire.
Attraverso il tuo corpo, amico mio, ho ritrovato l’ultima vita del mio corpo,
attraverso il tuo corpo, Frieda, ho ritrovato l’ultimo splendore dei sensi che tu hai vissuto attraverso il corpo di Angelo,
e attraverso il mio corpo voi avete dato ai vostri corpi il senso di un Dio che è desiderio d’amore.
E' sintetizzato in queste parole il senso di ciò che Lawrence ha messo in atto, raccontato in228 pagine. E devo dire che mi ha anche fatto tenerezza quest'uomo...
La lettura di questo libro mi ha invogliata a leggere altro… Non di Bevilacqua ma di Lawrence. Ora che lo conosco in modo così profondo, ora che ho conosciuto gli spigoli del suo carattere, l’intensità delle sue emozioni, la fatica delle sue scelte, sono curiosa di leggere altro di lui… Uscito dalla sua penna, uscito dalla sua anima prima che dalla sua fantasia!
***
Attraverso il tuo corpo
Alberto Bevilacqua
Arnoldo Mondadori Editore
Edizione del 2002
pagine 228
16.00 euro