venerdì 29 dicembre 2017

Oscuri segreti (Hjorth & Rosenfeldt) - Venerdì del libro

Ammetto di essermi imbattuta nel libro Oscuri segreti per sbaglio. Ero alla ricerca di un altro libro, di altro autore nordico ma non l'ho trovato disponibile in biblioteca così ho ripiegato su questo. E sono proprio contenta di averlo fatto visto che mi sono trovata immersa in una storia che mi ha  tenuta attaccata alle pagine, con personaggi dalla personalità ben delineata, con colpi di scena e una trama ben strutturata con intrecci non troppo complicati ma efficaci.

E poi lui. Sebastian Bergman spunta quasi dal nulla, convinta com'ero che sarebbe stato un personaggio secondario (ho iniziato a leggere la lettura senza sapere nulla della trama) e invece...
Mi sono dovuta ricredere. Bergman è un uomo che porta addosso il peso di un dolore troppo grande per non aver prodotto in lui conseguenze. Ha perso la donna della sua vita, sua moglie, e la loro figlioletta  durante lo tsunami che ha messo in ginocchio l'arcipelago indiano e non è più venuto fuori da quell'immensa perdita. Era abituato a passare da un letto all'altro, prima di conoscere Lily. Poi tutto era cambiato ma non era durato molto. Ovviamente non per sua scelta. Ora, solo e ferito, ha ripreso l'abitudine di tenere occupate le sue notti passando da una donna all'altra e si è anche allontanato dal suo lavoro: è uno psicologo criminale ed ha collaborato parecchie volte con la polizia risolvendo dei casi importanti.

Ora tutti si tengono alla larga da lui. E' sempre stato un uomo dal carattere particolare ed è ancora così. E' un solitario ed intende restare tale.

Ma Sebastian non sa cosa gli riserva il destino e quando si reca nella sua vecchia casa, dopo la morte si sua madre, si imbatte in ex colleghi della squadra Omicidi che stanno indagando sulla morte violenta di un ragazzino gli si presenta l'occasione per fare chiarezza su importanti questioni che lo riguardano da vicino ma anche di rimettersi in carreggiata e fare ciò che sa fare meglio: andare oltre le apparenze, scavare nel fondo della psiche umana per cercare la ragione più nascosta dei gesti compiuti da quei criminali rispetto ai quali i suoi colleghi si limitavano a valutare prove per arrivare alla soluzione.

Sebastian è un personaggio molto particolare ed anche originale: tormentato da un dolore troppo grande per essere gestito e dimenticato, sembra non avere sentimenti nemmeno quando seduce le donne che decide di portarsi a letto. Il sesso è una sorta di terapia, per lui. Una notte nel letto di una donna è una notte in meno in preda agli incubi. E non ne fa mistero. 
Sebastian è un personaggio molto astuto, capace di arrivare a capire ciò che ad altri sfugge. E' un personaggio schietto e apparentemente freddo ma dimostrerà di avere un sensibilità inaspettata. 

E' un protagonista a cui si sommano tanti personaggi che non vengono posti a caso lungo il suo cammino e che, soprattutto, hanno anch'essi una storia da raccontare ed una personalità ben delineata. Tra questi mi ha colpito Billy: la classica ultima ruota del carro, indispensabile per le indagini ma sempre in secondo piano rispetto a tutti gli altri. Un ragazzo alto (così viene descritto) rispetto al quale poco si sa ma che cattura per la sua pazienza e per il suo modo di fare benevolo e sempre attento. Agli autori va riconosciuto il merito di aver messo nelle mani del lettore un giallo ben costruito ma anche diverse storie che si intersecano riservando anche qualche interessante ed inaspettata sorpresa.

Ho molto apprezzato la presenza, nella squadra in cui Sebastian si trova a lavorare, di donne che hanno ruoli importanti. Anch'esse hanno una storia, anch'esse delle fragilità ma anche tanti punti di forza. E questa cosa mi è piaciuta. 

Devo ammettere che questi due autori mi hanno piacevolmente sorpresa: il genere mi piace, ho avuto modo di conoscere da vicino diversi autori nordici ed ho avuto anche stavolta la conferma di quanto possano essere originali ed accattivanti. 

Aver letto più di 500 pagine in due giorni rende l'idea di quanto la storia mi abbia catturata. Ho portato con me il libro ovunque e ci ho anche perso qualche ora di sonno (...siamo in ferie, ce lo possiamo permettere recuperando poi al mattino) e soprattutto nell'ultima parte non vedevo l'ora di arrivare al colpevole... e non solo!
Non dico altro. Suggerisco questa lettura agli amanti del genere per il Venerdì del libro di oggi e partecipo alla Challenge Di che colore sei? nello spicchio giallo (gialli e thriller) per l'obiettivo n. 1, parte di una serie. Si tratta, infatti, del primo capitolo della serie che avrà per protagonista Sebastian Bergman (è specificato anche nel sottotitolo). 
 
Partecipo anche alla challenge Tutti a Hogwarts con le 3 ciambelle per l'obiettivo libro di un autore nordico nella macro-categoria Expecto Patronum.

martedì 26 dicembre 2017

La femmina nuda (E. Stancanelli)

Non è certo una lettura natalizia quella che io, invece, ho avuto per le mani proprio in questi giorni di festa. Non è un racconto dolce, delicato, carico di speranza e di buoni propositi. Tutt'altro. La femmina nuda è il racconto - fatto in prima persona dalla protagonista - reso senza filtri da parte di una donna tradita che, però, non riesce a chiudere il capitolo in modo indolore. Anzi, il dolore è tanto ma lo è anche l'incapacità di dare un taglio ad un ralazione che, oramai è chiaro, non ha motivo di proseguire.

E' un libro che si legge in fretta, io l'ho letto nell'arco di poche ore complice anche il relax festivo, e non posso dire di averlo apprezzato del tutto.

Anna è la protagonista. E' lei che decide di raccontare alla sua migliore amica, Vale, quello che ha passato e che sta passando, realmente, dopo aver scoperto di essere tradita dal suo uomo, Davide E lo fa in una lettera, indirizzata appunto a Vale.
 Dal momento in cui si accorge di non essere l'unica donna nella vita del suo uomo, Anna viene risucchiata in un vortice di emozioni che la portano ad un passo dalla follia. Una donna, in particolare, quella con cui sembra che il suo Davide abbia un rapporto stabile, diventa la sua ossessione. Dopo aver spiato il suo uomo - complici anche le nuove tecnologie - Anna passa all'attacco nei confronti di lei pensando ad una vendetta che, però, tarda ad arrivare.  
L'autrice riesce a trasmettere le sensazioni provate da Anna, il lettore riesce a comprendere quelle assurde situazioni che vengono raccontate - senza risparmiare dettagli che avrebbero pure potuto essere evitati, secondo me - ma questo non è stato sufficiente per rendermi simpatica o, in qualche modo, per farmi affezionare alla protagonista.
Posso comprendere la disperazione, la perdita di ogni riferimento, la morbosità che si scatena in una situazione di questo tipo ma quello che non posso comprendere è il voler continuare a tenere in piedi una relazione che non ha più motivo di esistere. Lei si mette allo stesso livello di lui, a dire il vero, ed entrambi restano legati ad un rapporto oramai deteriorato, logorato del tutto. Che senso ha? Ok, posso comprendere la sofferenza e tutto il resto, ma il voler per forza vendicarsi su di lei lasciando invece sostanzialmente illeso lui... che senso ha? Onestamente non lo comprendo. 

Quello che vive Anna è un dramma vero e proprio, non intendo certo giudicare il suo comportamento. Non capisco, però, perché non chiude definitivamente quel rapporto. I due, così racconta Anna, continuano a vedersi. Continuano a fare l'amore, continuano a litigare anche in modo furioso.  Ma un taglio netto, no! Anna non ce la fa ed, evidentemente, nemmeno lui.

Una scena, in particolare, mi è rimasta impressa: il racconto del compleanno di lei quando si trova ad elemosinare una cena assieme al suo uomo che, però, in fretta e furia nel dopo cena se ne va, per via di un impegno. Un impegno che ha un preciso nome e cognome.  
Una gran tristezza, un senso di vuoto, una sorta di auto-punizione che Anna si infligge e che si somma ai suoi comportamenti al limite del reato, al suo dimagrimento dovuto ad una reazione fisica spropositata (smette sostanzialmente di mangiare o, per lo meno, di fare qualche cosa che possa essere considerato tale), cade sempre più in basso, in modo sempre più veloce. Ma di lui non si libera. 

Ecco, fin qui il mio pensiero a caldo.
Riflettendo ben benino, però, mi rendo conto che non è possibile stabilire come una persona possa reagire ad un tradimento, ognuno lo farà sicuramente a modo suo e, ne sono certa, qualcuno tenterà di stringere ancora di più i nodi che legano il traditore al tradito... Come faccio, allora, a dire di non comprendere le reazioni di Anna? Farei meglio a chiedermi come posso pensare di poter omologare le reazioni di ognuno ad una situazione simile. No, non posso farlo.

La descrizione dei comportamenti di Anna è efficace. Ecco cos'è. Anche nelle situazioni più assurde, nei resoconti più spinti. Ci può stare e all'autrice va dato merito di aver trasmesso emozioni forti al lettore. 

Anna potrebbe essere ognuna di noi, tradita, lasciata a marcire nel dubbio giorno dopo giorno, spinta a compiere il peggio del peggio per cercare di comprendere, per cercare di difendersi, per cercare di attaccare. Non tutti sono capaci di dire basta, di chiudere un rapporto anche davanti al tradimento più palese. Anna non ce la fa. E non mi sento proprio di giudicarla per questo anche se, a caldo, la sua reazione nei confronti di Davide mi è sembrata incomprensibile. 

Un'ultima considerazione a voce alta: mi ha molto colpito la descrizione dei rapporti che ha avuto, Anna, con altri uomini - su questo potrei dire molto ma mi limito - dopo aver scoperto il tradimento (e non aver ancora lasciato Davide). Sono rapporti freddi, ai quali non partecipa affatto, come se si concedesse più per ripicca che per desiderio o piacere...  Ho considerato anche questo un modo per punire se stessa più che per fare un dispetto al suo uomo.

 
Con questa lettura partecipo alla Challenge From Reader to Reader 2.0. Secondo libro utile per il mese di dicembre.

Partecipo, inoltre, alla Challenge Di che colore sei? in quanto libro rientrante nella categoria verde, obiettivo n. 1 (narrativa, autore italiano).
 
Da ultimo, ma non certo per importanza, apro la mia partecipazione alla nuovissima Challenge Tutti a Hogwarts con le 3 ciambelle per l'obiettivo libro ambientato esclusivamente in Italia nella macro-categoria Expecto Patronum. L'intero racconto è ambientato a Roma.

lunedì 25 dicembre 2017

Il buio oltre la siepe (H. Lee)

In questa sera di Natale voglio fare un regalo a quanti passassero di qui: vorrei consigliare un bel libro che ho letto proprio in questi giorni e terminato ieri sera. Si tratta di un libro risalente agli inizi degli anni Sessanta che non avevo trovato dall'elenco telematico dei titoli disponibili nella mia biblioteca di fiducia in quanto versione piuttosto vecchia e archiviata tra i volumi più delicati: Il buio oltre la siepe di Harper Lee. L'edizione che ho avuto io tra le mani è del 1962.

Sono arrivata un po' tardi a leggerlo ma... meglio tardi che mai. E mi sento di suggerirlo a chi ancora non l'avesse preso in considerazione. E' un bel libro, ben scritto, capace di trasmettere molto, di emozionare e lasciare il segno.

A raccontare la storia è Scout, una bambina di sei anni (alla fine della storia ne avrà nove) che vive con suo fratello Jem, suo padre Atticus e la domestica Calpurnia. Jeremy (Jen) e Scout (Jean Louise) Finch sono orfani di madre, vivono in Alabama a Maycomb (località di fantasia) nei primi anni Trenta ed hanno accanto una domestica di colore. 
I due ragazzini sono incuriositi da una figura misteriosa: un vicino che non esce mai di casa, che incute terrore a tutti ma che loro due vorrebbero avvicinare.

Vedono poco Atticus (Scout lo chiama proprio con il suo nome di battesimo, non papà o mio padre) ma il poco tempo che passano insieme è prezioso.
Atticus è impegnato a difendere un giovane di colore (negro, il termine usato in abbondanza nel libro è negro/a/i, in linea con le abitudini di quell'epoca) accusato di violenza carnale da una giovane del posto. 
E' una causa che tutti definiscono persa in partenza ma Atticus difende Tom (questo il nome dell'accusato) con le unghie e con i denti, tanto più se si pensa che il ragazzo si professa innocente. 

Parte da qui una storia che parla di giustizia ed ingiustizia, di pregiudizi, di menzogne, di amicizia, di fedeltà, di discriminazioni.

Il personaggio che mi è rimasto nel cuore è quello di Atticus Finch: un uomo forte ma la cui forza risiede nella conoscenza, nella pazienza e nell'intelligenza più che nel fisico. E' un uomo comprensivo, molto calmo e misurato nelle sue reazioni sia nella vita personale che in quella lavorativa. E' un uomo di sani principi, pronto a lottare per ciò in cui crede, convinto che la giustizia debba vincere su tutto seppur consapevole che quando ci sono in ballo la parola di un bianco e quella di un nero, il secondo è destinato a soccombere sempre e comunque. E' un uomo attento a ciò che gli accade accanto, molto attento alla crescita dei suoi figli ai quali impartisce un'educazione basata sui suoi stessi principi. Ha una bambinaia ne(g)ra e le porta rispetto chiedendo a tutti gli altri di fare lo stesso anche se il costume dell'epoca vede la persona di colore sempre sottomessa a quella bianca.
Maycomb è una località in cui bianchi e ne(g)ri convivono con una certa rassegnazione da parte di questi ultimi ma anche con tanta dignità. 

Ho anche apprezzato la crescita di Jem: il ragazzino che, nell'arco di qualche anno, mostra di essere cresciuto modificando i suoi comportamenti, affinando la sua personalità senza temere di far emergere il suo lato sensibile. Posto che Atticus è al vertice della classifica di gradimento in fatto di personaggi del libro, Jem viene subito dopo, prima ancora di Scout, anche se è la voce narrante.

Mi sono commossa in diversi passaggi, soprattutto alla fine. Ho avuto voglia di prendere a schiaffi qualche personaggio, di tappare la bocca a qualche altro, di abbracciare e consolare qualche altro personaggio ancora.

Atticus è uno di quei personaggi che credo ricorderò a lungo.
Con questo libro partecipo alla Challenge Di che colore sei? in quanto libro recensito da una delle organizzatrici e rientrante nella categoria verde, obiettivo n. 2.
 
Inoltre, partecipo alla Challenge From Reader to Reader 2.0. Primo libro utile per il mese di dicembre.
Ps. non a caso questo libro ha vinto il premio Pulitzer nel 1961 ed è arrivato a noi, oggi, con la stessa carica di contenuto che lo rese subito famoso. E lo consiglio in questo giorno di festa.

martedì 19 dicembre 2017

Il libro dei ricordi perduti (L. Walters)

Una lettera può cambiare tutto quello che credevi di sapere? Certo che sì! Tanto più quando riguarda la tua vita, le tue origini, la storia di qualcuno che non ti ha mai raccontato tutta la verità.
Il libro dei ricordi perduti mi ha emozionata.

La storia, anzi le storie narrate, mi hanno tenuta incollata alle pagine. 

Roberta lavora in una libreria ed oltre ad amare i libri, ama conservare tutto ciò che essi celano: biglietti, lettere, appunti, piccoli pezzetti carta. Quanto le arriva tra le mani una valigia con oggetti appartenuti a sua nonna Dorothea, pluricentenaria, trova anche una lettera. E' la lettera di suo nonno Jan ma i conti non tornano. Ciò che lei sa dei suoi nonni non coincide con quello che legge. Date e circostanze non coincidono. Questa cosa la incuriosisce e la turba allo stesso tempo tanto da portarla sulle tracce di quella che dovrebbe essere la verità sui suoi avi.
Roberta lavora in una libreria ed oltre ad amare i libri, ama conservare tutto ciò che essi celano: biglietti, lettere, appunti, piccoli pezzetti carta. Quanto le arriva tra le mani una valigia con oggetti appartenuti a sua nonna Dorothea, pluricentenaria, trova anche una lettera. E' la lettera di suo nonno Jan ma i conti non tornano. Ciò che lei sa dei suoi nonni non coincide con quello che legge. Date e circostanze non coincidono. Questa cosa la incuriosisce e la turba allo stesso tempo tanto da portarla sulle tracce di quella che dovrebbe essere la verità sui suoi avi.
Il libro si apre proprio con il testo di una lettera: è firmata da Jan Pietrykowsky, nonno di Roberta. E' una lettera trovata all'interno di un'edizione del 1910 del libro I progressi del bambino. Dalla valle della distruzione alla gloria eterna. Un volume che Roberta trova proprio dentro a quella valigia.
Sua nonna, con i suoi alti e bassi, con i suoi momenti di smarrimento alternati ad attimi di lucidità, potrà aiutarla. Ora, poi, che sta perdendo anche suo padre per via di una letale malattia, chi potrà rispondere ai suoi interrogativi?
Nel tentativo di dare un senso a quelle parole che si è trovata a leggere, Roberta verrà a conoscenza di una verità a lei sconosciuta e capace di minare le sue certezze. 
Le due storie, quella di Roberta e quella di Dorothea, proseguono parallele. 
Due donne molto diverse l'una dall'altra, con storie altrettanto diverse ma che hanno in comune molto più di ciò che si potrebbe pensare. 

Delle due storie quella che ho preferito è stata, senza ombra di dubbio, quella di Dorothea che è la vera protagonista del romanzo. E' una donna forte. Vive all'epoca della seconda guerra mondiale e la lettera trovata da Roberta è datata febbraio 1941. A quell'epoca già molto era successo. Si tratta di una lettera con cui si chiude qualche cosa. 

Proponendo la narrazione su due piani temporali, l'autrice offre una formula non proprio originale - spesso capitano romanzi con narrazione al presente ed al passato, per dare conto di due storie che, in un modo o nell'altro, si influenzano - ma è una storia particolare che mi ha tenuta incollata alle pagine. 
Ammetto di avere un debole per le storie di nonnine che mi ricordano la mia. Mentre leggevo la storia di Dorothea, i suoi amori, le sue passioni, le sue paure e le sue sofferenze è stato inevitabile pensare alla mia, di nonnina. E mi pento di non aver mai voluto sapere di più della sua vita, di non averle mai chiesto più di tanto. Non voglio dire che la sua storia sia paragonabile a quella del romanzo ma, mettendo insieme dei frammenti di ricordi che ogni tanto condivideva con me, mi sono resa conto di conoscere poco la sua vita di giovane donna, di fidanzata, di giovane madre.
Chiusa questa parentesi personale, la storia di Dorothea mi ha commossa. Il suo è un amore che non le ha risparmiato sofferenze ma è anche una storia di una maternità sofferta e tutt'altro che semplice. E' la storia di scelte importanti e coraggiose.
La sua storia con Jan è già di per se un romanzo e l’epilogo mi ha commossa, soprattutto quando è lei, la vecchietta, che tira le somme e decide che è arrivato il momento di raggiungere il suo amato.
L’avrei stretta forte forte anche io tra le braccia se fossi stata al posto di Roberta.

Ho letto questo libro in chiusura della Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo LA LUNA NERA. Credo di non aver sbagliato nel riconoscere la copertina che, a dire il vero, è differente da quella dell'edizione che ho avuto io - l'ho ordinata in libreria e si è fatta anche attendere parecchio, tanto da indurmi a leggere il libro in meno di due giorni e sul filo di lana rispetto alla gara - visto che si tratta dell'edizione più recente.
Ebbene, ringrazio Laura e Laura per avermi permesso di chiudere l'esperienza con questa Challenge con un bel libro. Ne avevo proprio bisogno! 

domenica 17 dicembre 2017

Il campo dei papaveri (G. Scortecci)

Questo libro cadeva a pennello come ultimo utile per The Hunting Word Challenge per la parola PAPAVERI che trovo in copertina così come nel titolo. Ammetto di averlo scelto per questo, anche perché mi sarebbe stato utile per la nuova, nuovissima challenge Di che colore sei? come narrativa di autrice italiana.
Due piccioni con una fava con Il campo dei papaveri.

Devo ammettere, però, che non mi è piaciuto più di tanto. Non  me ne voglia l'autrice ma non mi sono trovata in sintonia con nessuno dei personaggi. Si tratta di una storia romantica che mette in gioco l'amore filiale oltre che di coppia. Gli ingredienti sono piuttosto scontati: storie tenute nascoste e svelate in punto di morte dal padre di lei, una madre che ha lasciato marito e figlia molti anni prima e che ricompare quando oramai sua figlia è adulta, un amore che sembra perduto, diversi personaggi le cui storie si intrecciano anche con qualche forzatura.

Ammetto che avrei voluto chiudere una challenge ed iniziarne un'altra con un bel libro. Questo, purtroppo, non rientra nella categoria dei bei libri, almeno per me. Ho trovato i dialoghi troppo costruiti, soprattutto nella prima parte, con una narrazione che, secondo il mio punto di vista, procede con alti e bassi. Ci sono momenti interessanti, che lasciano presagire ad una qualsivoglia svolta ma ce ne sono altri noiosi che ho avuto la tentazione di superare a piè pari. Digressioni che nulla danno alla storia sia nel narrato che nei dialoghi. Continue parentesi aperte nei ricordi, con ricordi nei ricordi, parentesi nelle parentesi.

Viola, la protagonista, diventa un personaggio marginale. I veri protagonisti sono suo padre e sua madre. E' la loro storia d'amore quella che cattura più di tutti ma che, alla fine, lascia l'amaro in bocca per come sono andate le cose.

Non dico di più sulla trama perché in poche righe si potrebbe svelare tutta la storia e non mi sembra giusto nei confronti di chi volesse leggere questo libro. 

Viola, alla morte del padre Paul, si trova tra le mani una particolare eredità: la verità su qualche cosa che lei ignorava, la verità su sua madre che la porterà anche a conoscere la storia d'amore che li ha legati, di cui lei è il frutto.

La storia di Paul e Maddalena, questi i nomi dei genitori di Viola, mi ha catturata fino a poco prima dell'epilogo, lo ammetto. Ad un certo punto non sono proprio riuscita a comprendere ciò che è accaduto. 
Fin dall'inizio Paul dice di avere molto da farsi perdonare, anche Maddalena ha parecchio da farsi personale ma non mi è proprio piaciuto come sono andate le cose tra loro. Non mi è piaciuto come si è comportato lui, non mi è piaciuto come si è comportata lei e mi è sembrato anche un po' troppo semplicistico il riavvicinamento con sua figlia. Ognuno ha le sue colpe ma Viola mi è sembrata un po' troppo accondiscendente.

Ho trovato anche qualche errore - alcuni con l'uso di aggettivi inappropriati (secondo me) , altri con è senza non accentato oppure parole che vanno a capo senza trattini o trattini trauna sillaba e l'altra quando non servivano - piccolezze che però si sono sommate alla sensazione di fondo, quella di personaggi che vogliono essere profondi ma che spesso sembrano forzati... Probabilmente è un mio limite ma non riesco a dare un giudizio positivo se non alla parte del racconto in cui Paul e Maddalena si conoscono e vivono la loro storia d'amore. Un po' poco su quasi trecento pagine.

L'autrice, in una sua intervista parla di questo romanzo come la storia di tanti amori. E' vero: entrano in ballo l'amore tra Paul e Maddalena ma anche quello di Paul (e io aggiungerei anche di Maddalena) per Viola. Sono amori declinati diversamente, di diversa intensità e con diverso epilogo ma pur sempre amori. C'è anche l'amore per una terra, la Toscana, che emerge costantemente. Io ho trovato anche l'amore per una libertà conquistata a fatica, a dire il vero. Nelle intenzioni dell'autrice c'era, senza dubbio, l'idea di proporre storie che lasciano il segno. L'uso di frasi e dialoghi un po' troppo costruiti - e per questo un tantino inverosimili - probabilmente mira a questo: ad insegnare qualche cosa che poi non è così nuovo come si potrebbe pensare. Sono concetti triti e ritriti, proposti in tanti romanzi d'amore. Niente di nuovo insomma. 


Ovviamente la mia è un'opinione personale, non tutto può piacere a tutti. 

venerdì 15 dicembre 2017

Con il vento nei capelli (S. Salem) - Venerdì del libro

Storia vera, verissima quella raccontata dall'autrice nel libro Con il vento nei capelli. Una palestinese racconta.
E' la sua storia ed è lei, Salwa Salem, a narrare in prima persona ciò che ha vissuto sulla sua pelle. E' la storia della Palestina che è rimasta a lungo sconosciuta o poco conosciuta, raccontata con voce ferma e decisa da una donna che è nata in quella terra e che ha sofferto con lei. Teatro di violenti conflitti, l'autrice dovrà allontanarsi dalla sua terra natìa, costretta ad un lungo e doloroso esilio.

Salwa ha otto anni quando è costretta, con la sua famiglia, a lasciare la propria terra: è un atto un esodo di massa eda parte di gran parte della popolazione palestinese, compresa la sua famiglia. 
Dopo il trasferimento a Nablus, la sua nuova terra, quella bambina crescerà in fretta e a 15 anni inizia un percorso di impegno politico che la porterà - all'interno del partito Ba'ath - a spendersi in prima persona per la causa palestinese passando dal volantinaggio all'impegno su più fronti. 

Con il passare del tempo l'autrice non racconta solo le vicende di una famiglia come tante altre ma racconta uno spaccato di storia: viene proposto un quadro storico molto articolato delle vicende di oltre un secolo per arrivare ai giorni nostri, passando per il '48 fino ad arrivare al '67 e, via via, verso gli anni Novanta. Nel libro si parla di conflitti, di scelte di politica internazionale e lo fa un testimone qualificato: lei stessa, protagonista assieme alla sua terra natale in questo romanzo autobiografico. Salwa racconta del suo impegno politico fino a diventare essa stessa un simbolo. Una testimone che, con la forza ed il tormento delle sue emozioni e delle sue esperienze, cattura l'attenzione del lettore portandolo per mano tra un preciso panorama storico e vicissitudini economiche, tra politica e religione, tradizioni e voglia di stare al passo con i tempi. Sempre, fin da bambina, la protagonista lotta per affermare la sua personalità, per essere protagonista della sua vita e non subire in modo passivo gli eventi.

Salwa è una bambina forte, una ragazza decisa, una donna coraggiosa: riuscirà a laurearsi, si sposerà per amore contro ogni tradizione della sua terra, avrà dei figli con i quali vivrà assieme al marito in una terra che non le appartiene e con la quale (inizialmente va a Vienna ma non si trova bene, nonostante le altissime aspettative serbate prima della partenza) non entra in sintonia. Poi arriverà in Italia e sarà un'altra cosa: qui la sua famiglia si sentirà accolta, riuscirà ad integrarsi, a vivere serenamente la distanza dalla vera casa.

Devo ammettere di non aver mai approfondito nulla che riguardasse la storia della Palestina, non ho mai sentito la necessità di farlo, convinta soprattutto di non riuscire a comprendere determinati meccanismi politici, economici e sociali. Guardare quel mondo con gli occhi dell'autrice mi ha permesso di avere una testimonianza viva e vera, mi ha aiutato a comprendere. 

Una particolarità del libro è il finale. Salwa si ammala e non riesce a concludere il lavoro letterario iniziato: per lei, lo concluderanno alcune persone che l'hanno conosciuta e con la quale hanno condiviso la fase finale della sua esistenza. Mentre gran parte del libro è proposto in prima persona quando è lei che racconta, nei capitoli finali si passa alla terza persona con il racconto altrui. Efficace anche questo visto che la figura della protagonista si completa grazie a testimonianze di chi l'ha avuta accanto.

In alcuni punti ammetto di non aver condiviso l'uso dei verbi: in diversi passaggi si passa  dal passato al presente, cosa che non mi è piaciuta.
Mio fratello riuscì a trovarmi un lavoro d'insegnante. Era l'unico lavoro permesso a una donna in Kuwàit. Venni assegnata a una scuola media chiamata al-merkab, da nome della zona. 
La preside mi convoca per un colloquio....
Un dettaglio nell'insieme, lo ammetto, ma l'ho notato. A parte questo dettaglio, ho annotato diversi passaggi interessanti. Ne propongo uno a mo' di esempio.
I ragazzi palestinesi, arabi, non sono mai riusciti a risolvere la loro contraddizione, la loro doppiezza. Sono conigli con la donna europea e padri-padroni con la donna del loro paese: con quella europea sono permissivi, accettano tutti, e in qualche modo sono aperti e ammirano la sua libertà; alla donna del loro paese invece chiedono di seguire le tradizioni, "perchè bisogna restare fedeli alla propria identità culturale". Mi ha sempre offeso questo ragionamento, l'ho sempre considerato una mancanza di maturità, una logica che ferma i tempi.
Ho voluto riportare questo passaggio per dare conto di quanto il giudizio dell'autrice sia schietto, diretto, chiaro, senza filtri.

Lettura molto interessante, quella che propongo per il Venerdì del libro di oggi: non è una lettura leggera, superficiale ma, magrado gli argomenti trattati, scorre e coinvolge il lettore, anche quello che (come me) degli argomenti trattati non sa molto soprattutto dal punto di vista storico e sociale.

Con questa lettura partecipo all'ultima fase della gara di lettura The Hunting Word Challenge. La parola utile per la challenge è CAPELLI che trovo nel titolo così come rappresentata in copertina.

lunedì 11 dicembre 2017

Cuori (e nuvole) a colazione (F. Baldacci)

Non me ne voglia l'autrice ma il romanzo Cuori (e nuvole) a colazione non mi è proprio piaciuto. Scritto bene, non è questo il punto, ma con personaggi piatti, storia banale, ripetitivo e a volte irritante. Come tutte le volte in cui vengono utilizzati dei diminutivi o vezzeggiativi che non solo non danno niente al discorso ma lo penalizzano, secondo me, rendendo la scrittura quasi adolescenziale. Ecco, ora che ci penso, potrebbe essere una lettura per ragazzine romantiche in cerca del principe azzurro: non ci sono passaggi a luci rosse e la storia potrebbe essere a loro misura.

Fanny è irritante di suo. Distratta, ok, ma a volte davvero irritante. 

E' una ragazza distratta per sua natura, Fanny. E' appena uscita - malamente - da una storia importante e al momento il suo cuore è libero anche se non ha del tutto dimenticato il suo ex, Mauro.
Quando decide di iscriversi ad un corso serale di ripasso di materie classiche studiate a scuola, si ritrova con un prof che altro non è se non uno studente della sua stessa scuola, di un paio d'anni più grande. Il tempo è passato e non l'avrebbe mai riconosciuto in altre circostante (proprio come le capita) e, inutile dire, scocca la scintilla. Peccato che lui sia fidanzatissimo con Adele, bella e tutta d'un pezzo, proprio come lui. 
Anche lui, però, Fausto, dimostrerà un certo interesse per Fanny tanto che prende avvio una specie di storia. Ma è davvero così o è solo un incidente di percorso?
Quando, all'improvviso, Mauro torna all'attacco rimescolando le carte, Fanny torna sui suoi passi e ricomincia a frequentare il suo ex considerando Fausto un capitolo chiuso.

Insomma, una ragazza che non solo esce con la giacca del pigiama addosso o con i mollettoni nei capelli ma ha anche una personalità davvero definita: ci mette un attimo a perdere la testa per un uomo fidanzato e un altro attimo per tornare con un ex (anche se non in modo convinto) che fino a qualche momento prima considerava come la peste nera.

Non mi è piaciuta questa storia. Non mi è piaciuta lei ed ho trovato parecchie forzature. Mi dispiace, magari ad altri sarà pure piaciuto, ma questo romanzo non è stato nelle mie corde già dalle prime pagine. 

Un altro appunto, se mi è concesso: andare a capo ad ogni punto mi ha fatto pensare alla volontà di rendere il romanzo di più pagine con un semplice escamotage grafico. Non serviva. Anzi, sembra quasi che ogni concetto sia spezzettato, che manchi di continuità.

Il personaggio più simpatico di tutti, a mio avviso, l'amica di Fanny che lancia imprecazioni a seconda di ciò che ha in mano: si passa da porca spazzola a tutto il resto che le si trova a tiro. Simpatica.

Che altro dire? Consiglio la lettura di questo libro a chi ama le storie romantiche ma solo per potermi confrontare con un giudizio diverso dal mio. Magari non sono entrata in sintonia con i personaggi per un mio limite ma... non è questo il genere di letture che amo.

Con questa lettura partecipo all'ultima fase della gara di lettura The Hunting Word Challenge. La parola utile per la challenge è NUVOLE che trovo nel titolo così come rappresentata in copertina.

sabato 9 dicembre 2017

12 anni schiavo (S. Northup)

E' del 1853 la prima edizione del libro 12 anni schiavo, nel quale Solomon Northup, afroamericano, nato libero all’inizio dell’Ottocento a Saratoga Springs, nello Stato di New York, racconta la sua storia.
Io, ovviamente, non ho letto quell'edizione ma una più recente, peraltro letta in e-book. 
La sua è una storia di sofferenza, di sottomissione, di speranza e di forza di volontà. E' una storia di libertà rubata e dell'impossibilità di riconquistarla se non dopo tanto, troppo tempo di ingiusta sottomissione. Non che la sottomissione di uno schiavo nato tale sia giusta, ci mancherebbe! La schiavitù è in ammissibile punto e basta. Ma quando un uomo perde la sua libertà per via del colore della sua pelle, quando non può dimostrare di essere un uomo nato libero e deve sottomettersi ad un destino fatto di violenza e di soprusi oltre che di fatica e di lavoro, allora la storia prende una piega particolare. Una ingiustizia in un’altra ingiustizia.
Una storia che è stata raccontata a gran voce denunciando un'esperienza drammatica davanti alla quale non si può restare indifferenti.
Noi siamo lontani da quell'epoca per cui non è pensabile assistere alla compravendita di persone, alla loro riduzione in schiavitù in nome di una legge che, comunque, legittimava tale pratica.  
A quei tempi, però, esisteva una categoria di persone che era equiparata agli oggetti: senza diritti, mere proprietà altrui, nate per lavorare ed ubbidire, tenute in condizioni a dir poco pessime, continuamente sottoposte a violenze di ogni genere a fronte, spesso, di un nonnulla... Ecco, questa è la situazione che viene raccontata, vista dagli occhi di chi si trova a perdere, improvvisamente, la propria libertà. 
La scrittura è piuttosto semplice e lineare e più che lo stile, in questo caso, ciò che tocca è il contenuto. In alcuni punti l'autore si dilunga in descrizioni che ritiene necessarie ai fini di una migliore comprensione della situazione: parla della raccolta del cotone, della vita nei campi e tutto il resto. In alcuni tratti ho avuto anche l'impressione che il racconto fosse ripetitivo, lo ammetto.  
In particolare, mi è rimasto in mente un passaggio in cui l'autore, il protagonista della storia, parla dei padroni. Sostiene che la loro crudeltà non è legata, tanto, al loro essere quanto al sistema in cui vivono.
Se lo schiavista è crudele la colpa non è sua, quanto del sistema in cui vive. Egli non può che subire l'influenza delle abitudini e delle regole sociali che lo circondano. Se sin dall'infanzia gli viene insegnato da tutto ciò che vede o sente che la schiena dello schiavo è fatta per ricevere bastonate, non potrà cambiare opinione negli anni della maturità.
Sostiene anche, infatti, che ci sono dei padroni umani, attenti ai loro schiavi dal punto di vista umano.
Possono esserci padroni più umani, come senza dubbio ce ne sono di disumani; possono esserci schiavi ben vestiti, ben nutriti e felici, come sicuramente ci sono quelli malvestiti, affamati e affranti; ciò nondimeno, l'istituzione che tollera i torti e le miserie cui ho assistito è crudele, ingiusta e barbarica.
Il protagonista venne rapito nella città di Washington e venduto come schiavo cambiando poi, nel tempo, diversi padroni prima di arrivare alla libertà. Libertà arrivata grazie ad un uomo buono, un bianco diverso dagli altri, che si prodigò per lui. Si arrivò ad un processo che viene riportato nel libro e che rendere ancor più l'idea di cosa accadeva all'epoca. Se si pensa che non è una storia romanzata ma una storia vera… Bhè, c'è da riflettere un bel po'.  
Si tratta di un libro utile per comprendere cosa è stata la schiavitù, efficace perché non è romanzato da chi può cercare di immaginare quelle situazioni ma da chi, suo malgrado, le ha vissute.

venerdì 8 dicembre 2017

Works (V. Trevisan) - Venerdì del libro


Works è un romanzo autobiografico dell'autore Vitaliano Trevisan che io, lo ammetto, non conoscevo prima di avere questo tomo da 651 pagine tra le mani.
Ho anche avuto occasione di partecipare ad un incontro in cui era presente l'autore per cui mi sono anche fatta un'idea della persona che è la protagonista del libro. 

Trevisan racconta la sua esperienza con il mondo del lavoro da quando era adolescente ad oggi (è nato nel 1960): si tratta di un efficace spaccato del mondo del lavoro con le sue caratteristiche, le sue evoluzioni, le sue debolezze e le sue potenzialità. Un mondo del lavoro che lo accoglie sempre a braccia aperte visto che il protagonista riesce a passare per occupazioni varie per tipologia e per impegno richiesto. 
Tutto ha inizio quando il protagonista, quindicenne, chiede a suo padre una bicicletta nuova: da questo momento viene iniziato al lavoro affinché possa comprendere dove arriva tutto ciò che viene acquistato in casa: dalle fatiche del lavoro quotidiano.
Da quel momento il ragazzino si troverà a cambiare parecchie occupazioni e, crescendo, a rendersi sempre conto di non essere ancora arrivato a ciò per cui si sente veramente portato. Nel suo curriculum lavorativo, a dire il vero, non mancano nemmeno esperienze poco pulite come lo spaccio di droga o il furto perché anche qui, verificherà Trevisan giorno dopo giorno, vigono le stesse regole di mercato che si hanno altrove.
La storia lavorativa dell'autore inizia negli anni Settanta ed arriva ad oggi quando, finalmente, è arrivato alla sua vera vocazione: quella dello scrittore.

Trevisan parla della sua vita ma anche di una società che cambia insieme a lui. Incidenti sul lavoro, operai pagati a nero, rapporti con gli enti superiori, orari impossibili... questo e molto altro viene narrato in parallelo con la sua storia personale. Una biografia, la sua, che è anche il racconto di un'epoca. Il suo non è un percorso lavorativo semplice, lineare. Tutt'altro. Il suo è un racconto molto preciso e dettagliato che offre un interessato spaccato sul mondo del lavoro.

Più che scendere nei dettagli della trama - il libro merita di essere letto con attenzione e non voglio svelare più di quanto non abbia svelato già - mi vorrei soffermare sullo stile utilizzato dall'autore.

Non sono in grado di usare termini tecnici visto che sono una semplice lettrice, non certo un'esperta. Cercherò di rendere, comunque, l'idea.
Fin dalle prime pagine mi sono trovata a leggere una cascata di parole e di pensieri impressi sulle pagine. Periodi molto lunghi, assenza assoluta di dialoghi che vengono sistematicamente inglobati all'interno della narrazione, note e piccole digressioni anch'esse inglobate nella narrazione: ecco, questo è Trevisan in Works.

Devo ammettere di aver fatto un po' di fatica ad abituarmi a questo stile. Geniale ed efficace, senza ombra di dubbio, ma al quale bisogna abituarsi.

I continui cambiamenti di fronte aiutano a superare l'empasse dovuta ad uno stile di questo tipo. Trevisan è diretto, ironico, schietto e fa riflettere su quelli che sono i meccanismi - più o meno palesi - che si innescano nel momento in cui si entra nel mondo del lavoro. Ci si rende conto, soprattutto, di quanto sia difficile fare ciò per cui ci si sente portati senza passare (quando si ha fortuna) per lavori del tutto differenti dall'ambizione di ognuno. Pur di lavorare, insomma... che è diventata una fortuna vera e propria ai tempi d'oggi! 


Suggerisco questa lettura per il Venerdì del libro di oggi a chi ha voglia di immergersi in un argomento delicato come quello del lavoro e a chi abbia tempo da dedicare ad una lettura così che tutto è meno che veloce. Tante pagine, stile particolare, non è certo una lettura leggera.

Con questo libro partecipo anche allo slalom finale della Challenge La ruota delle letture per l'obiettivo che richiede la lettura di un libro con un titolo composto da una sola parola.