mercoledì 27 febbraio 2019

Antonio Manzini - Rien ne va plus - Incontri con l'autore

Incontrare Antonio Manzini è come imbattersi in un fiume in piena: non sai mai dove l'acqua possa insinuarsi durante il suo cammino.
Ed è un bell'incontro.
Ne sono testimone.

Ho avuto occasione di partecipare alla presentazione del suo ultimo libro Rien ne va plus che ha per protagonista Rocco Schiavone ed è stata davvero una bella serata.

L'occasione è stata propizia per ripercorrere le tappe che hanno portato Schiavone a diventare un personaggio prima letterario poi televisivo ma anche per conoscere meglio l'autore dal lato personale.

Come nasce Rocco Schiavone?
Le sue avventure non sono nate come una serie. In origine ho iniziato a scrivere per il teatro. Sangue marcio, invece, divenne un libro. Stesso discorso per La giostra dei Criceti.
Feci leggere il primo racconto con Rocco Schiavone ad un'amica che mi chiese se poteva farlo avere a Sellerio. Dopo sei mesi divenne un libro, venne pubblicato e tutto ebbe inizio. Quando mi chiesero il secondo libro fu necessario ponderare maggiormente il personaggio.

Rocco è nato povero, con una formazione ed un'etica stradaiola. Sa che legge e giustizia spesso percorrono due binari diversi e che raramente si incontrano. Ha degli amici che hanno fatto un percorso diverso dal suo: quando giocavano a guardie e ladri c'era chi faceva il ladro e lui faceva la guardia. Ebbene... i ruoli non sono cambiati molto, nel tempo.

E' sempre stato così, Rocco, fin da quando era solo nei tuoi pensieri?
A dire il vero, no. Feci leggere la primissima stesura a mia moglie e lei mi chiese di cambiarlo, di modificare alcune cose e l'ho fatto diventare quello che è.

Da Roma ad Aosta. Come mai Rocco fa questo percorso?
Aosta è un luogo di punizione per lui. Ce l'ho mandato perchè mi serviva un luogo in cui fosse un personaggio scomodo, un luogo funzionale a questo. E' una città che conosco bene e Rocco vi finisce anche per questo, volevo mandarlo in un luogo che mi fosse familiare. E poi c'è una somiglianza tra Aosta e Rocco. Aosta non appare come posto accogliente a chi vi arriva. E' un luogo che invita ad allontanarsi, proprio come fa Rocco con gli altri. Sembra poco accogliente proprio come Rocco sembra respingerti ma entrambi custodiscono dei gioielli che vanno cercati e trovati.
Rocco non lo sa, ma con quella città in cui è stato mandato in punizione si somiglia molto.

Come sono strutturate le storie che lo hanno come protagonista?
Sono tutti capitoli di un unico, grande romanzo. Non mi è mai piaciuto avere dei personaggi fissi nel tempo per cui per i miei personaggi il tempo passa e ciò ha conseguenze anche nei loro confronti, come per tutti. Il tempo è un elemento fondamentale nella narrazione. 

Negli ultimi due libri Rocco ha a che fare con la ludopatia. Una scelta forte...
Bhè, la ludopatia è una forma di dipendenza molto grave e, purtroppo, molto attuale. Anche la ludopatia è una dipendenza autodistruttiva come lo può essere la tossicodipendenza, il fumo ed è un fenomeno grave, serio che va affrontato come tale. Sono in crescita le famiglie che si rovinano per il gioco, per i grattini. Credo che il problema vada affrontato seriamente, a livelli più alti. Non si può lasciare che il problema si risolva dal basso: è una guerra tra i poveri.

Nel tempo la vita di Rocco si è popolata di tanti personaggi, pur essendo un tipo solitario.
Bhè sì. Forse ho anche un po' esagerato nel mettergli tanti personaggi attorno. Tra l'altro sono tutti personaggi che hanno molto da raccontare e prima o poi dovrò raccontare la vita di ognuno di loro. Deruta, ad esempio... non vedo l'ora di raccontare la sua storia. Dal teatro ho imparato che qualsiasi personaggio che interviene in un libro ha una sua storia. Io la storia di tutti i personaggi la conosco, ce l'ho in mente con chiarezza. La più complessa è Caterina: capiremo meglio i suoi comportamenti quando sarà raccontata la sua storia. 
Ora che ci penso credo proprio di aver messo troppi personaggi. Qualcuno prima o poi dovrà morire.

Lunga vita a Rocco Schiavone?
Bhè, la vita di Rocco finirà nel momento in cui mi annoierò nello scrivere le sue avventure. Quando non ce la farò più a scrivere di lui, Rocco morirà.
Per il momento vorrei scrivere altro. Schiavone sta un po' in garage per ora. Sono due anni che scrivo le sue storie e mi sono un po' stancato. Mi piacerebbe scrivere altro prima di tornare a lui. 

Hai accennato all'esperienza fatta a teatro...
Sì, per 25 anni ho fatto teatro. Poi il teatro stava morendo, mi chiamò la televisione ed andai fino a che non ho deciso di smettere. Ora scrivo.
Dal teatro ho imparato che sia mettere in scena un personaggio che scrivere di un personaggio vuol dire mettere in atto una metamorfosi. Devi essere capace di pensare come lui entrando in un mondo che non ti appartiene. Invece di giudicare sei lì a capire. Non mi paice giudicare, mi piace capire.

Un episodio che ti è rimasto impresso delle presentazioni che hai fatto in giro per l'Italia, o anche fuori?
Ricordo un lettore che si arrabbiò molto con me perchè non condivideva la tipologia di tutore della legge che proponevo con Schiavone. Ho compreso il suo disappunto ma io non volevo raccontare un'etica storta quanto, piuttosto, di un personaggio provato. Quel signore mi fece notare in modo molto colorito il suo disappunto per alcuno comportamenti e metodi di Rocco.

Che ci dici della trasposizione televisiva? Hai mai pensato di interpretare tu Schiavone?
I personaggi non sono proprio come io li descrivo nei libri. Basta pensare a Lupa, tanto per fare un esempio, che nella fiction diventa un barboncino quando, nella mia storia, si accoppia con un lupo. E' una razza decisamente diversa... vedremo un po' come faranno quando arriveremo all'episodio in cui si accoppia! 
Io Schiavone? No... Io ho già dato e non ce la posso fare. Poi c'è Marco Giallini che è bravissimo e bellissimo in quella veste. Va più che bene così.

Antonio Manzini ci ha raccontato molto altro, come la sua esperienza all'Accademia di Arte Drammatica quando c'era Camilleri alla regia, e quando fu proprio lui il primo ad avere l'onore di leggere la stesura de La forma dell'acqua

Un bell'incontro per un autore interessante ed una serie altrettanto interessante. Da leggere. Da amare.

sabato 23 febbraio 2019

Nessun giorno della settimana (S. Aguirre)

Ho iniziato la lettura del libro Nessun giorno della settimana il giorno di San Valentino e gli ho dedicato una foto a tema. Mi ispirava, la copertina mi aveva fatto pensare ad una storia romantica così l'ho immortalato in quell'occasione. 
Impressione sbagliata. 
Di romantico non ho trovato nulla. Di incoerente, tutto!
Sono arrivata a leggere fino all'ultima pagina solo perchè questo libro mi è utile per la Visual Challenge Upgrade a cui sto partecipando. Non fosse stato per questo, avrei abbandonato prima della metà.

Intanto il titolo: non ho capito proprio cosa abbia a che fare con la storia. Magari mi è sfuggito ma, secondo il mio parere, non c'entra per niente.

E poi il resto.
La protagonista è Sofía, una donna di 42 anni che vive a Madrid con i due figli adottivi.
Mi chiamo Sofía Miranda e non mi pettino, ho una calligrafia orribile, dico un sacco di parolacce, odio cucinare, guardo film spazzatura e ho le braccia flaccide. Mi capita di dimenticarmi di fare la ceretta e a volte mi mangio le unghie. Ah, accumulo un sacco di piatti sporchi perché detesto svuotare la lavastoviglie.
Si presenta così. E a me non è piaciuta affatto.

E' una mamma single che si rende conto di avere una vita che non la rende felice. Sente il bisogno di dare una svolta. Riesce a trovare una propria dimensione nella scrittura e sarà proprio la scrittura ad offrirle un'occasione.

Non scendo in maggiori dettagli sulla trama perchè, magari è un mio limite, mi è sembrata una tantino confusa e rischierei di dire qualche stupidaggine. Ho anche fatto confusione, non per colpa mia, però, sulla figura del marito che una volta viene chiamato ex-marito, una volta mio migliore amico come se fossero due figure diverse. Che confusione! Magari è un mio limite però in alcuni passaggi mi sono letteralmente persa.

Quello che mi ha subito colpita è il suo modo di concepire la maternità. Parla dei suoi due figli solo di passaggio, per dire che li lascia dai nonni o da un'amica quando deve uscire per serate che vanno sempre a finire con un'ubriacatura - più o meno marcata a seconda dei casi - e nel letto di qualcuno. 
Fin dalle prime pagine l'autrice rende il suo personaggio piuttosto scurrile: magari potrà essere un modo per renderlo simpatico alle lettrici che, superati i 40, si sentono ancora delle ragazzine e inneggiano alla libertà assoluta. A me, sono sincera, questo modo di essere ha dato sui nervi fin dall'inizio. 
L'incoerenza più assoluta arriva quando parla dei figli. Dice di amare da morire i suoi figli ma li lascia a destra e a manca - per un mese intero con i nonni sarebbe il minimo... è tutto il resto che mi ha dato sui nervi - e non parla mai di loro se non per spot, giusto per ricordare ai lettori (o a se stessa) che è una madre ed ha delle responsabilità. Eppure, dice chiaramente che la sua idea di libertà è legata all'assenza assoluta di responsabilità nei confronti di chiunque. Allora, se hai dei figli che peraltro hai scelto tu di adottare, come la mettiamo? Insegui la libertà o ti senti responsabile per loro? A giudicare dalla storia che viene raccontata direi la prima ipotesi, anche se poi - come accennavo - ogni tanto fa una dichiarazione d'amore verso i suoi figli che non è per niente coerente con i suoi comportamenti. 

Sofía cerca un nuovo equilibrio ma, onestamente, non ho ben capito se l'ha trovato o no. La protagonista delle ultime pagine è diversa da quella delle prime, non lo nego. Ma questo non è bastato a rendermela simpatica nemmeno un po', anche quando cerca di essere ironica - e lo fa spesso - o di sdrammatizzare.

Ad un certo punto dice che uno dei suoi figli le fa capire che sta bene con i nonni, anche senza di lei. Non sono mica stupidi i ragazzini!!! Se ne rende conto pure lei...

Il personaggio che mi è piaciuto di più tra i tanti che vivono attorno alla protagonista è quello di Marina. Il suo modo di non dare troppo peso a ciò che le accade, di vivere normalmente alienata da tutto il resto me l'ha resa gradevole.

Peccato. Mi ero aspettata qualche cosa di diverso. Mi ero imbattuta in recensioni a dir poco entusiasmanti di questo romanzo: mi tocca fare la voce fuori dal coro, ma che ci posso fare? Non tutto piace a tutti...
***
Nessun giorno della settimana
Sol Aguirre
Newton Compton Editori 
271 pagine (che mi sono sembrate 10.500... non finivano mai!)
1.99 euro formato Kindle

venerdì 22 febbraio 2019

Avrò cura di te (M. Gramellini, C. Gamberale)

Lasciata dal marito (che lei ha tradito), Gioconda, detta Giò, si sente smarrita, abbandonata, rifiutata, inutile senza di lui.
Nella casa dei suoi nonni, nella quale si trova a vivere dopo la loro morte avvenuta a distanza di sei mesi l'uno dall'altra, trova un biglietto che sua nonna scrisse ad un Angelo Custode.
Un biglietto curioso che la spinge a fare la stessa cosa. Scrive anche lei un bigliettino al suo, di Angelo Custode. Da qui ha inizio una corrispondenza con Filèmone che si prende l'incarico di avere cura di lei.
Giò si racconta, si mette a nudo, gli offre la sua debolezza e la sua sofferenza su un piatto d'argento. Quale sarà la reazione dell'Angelo? In che modo le sarà accanto? Come farà a prendersi cura di lei?

Inutile dire che le parti di Giò nel libro Avrò cura di te siano state scritte dalla Gamberale e quelle dell'Angelo Custode da Gramellini. 

Da un lato Giò solleva dubbi, uno dopo l'altro, uno sull'altro. 
Dall'altro lato c'è Filèmone che ha una risposta a tutto e che trova sempre il modo di far riflettere una donna che mi è sembrata decisamente pesante, ridondante, noiosa. 
Mi spiace, ma non ho trovato alcun feeling con Gioconda (che era sposata, guarda un po', con Leonardo) ed ho trovato i suoi sfoghi ripetitivi e... pesanti.

L'Angelo Custode, da parte sua, è prodigo di frasi ad effetto che inducono a cercare una penna per appuntarle da qualche parte - sono le classiche citazioni che spuntano dai libri - distribuite a man bassa anche quando i contenuti diventano difficili da digerire per la protetta. Perchè, in estrema sintesi, la storia parla di una lei protetta dal suo Angelo Custode che sta portando avanti un compito ben preciso per potersi elevare, alla fine, al livello superiore.

E' una favola che prende le mosse da una storia che potrebbe essere comune a molte donne, mogli che hanno avuto una debolezza e che hanno bruciato, così, anni di felicità. La storia di Gioconda è molto concreta, molto attuale, molto circostanziata. La favola arriva con la figura di un Angelo Custode che parla alla sua protetta scrivendole. Le scrive realmente, prende carta e penna in mano e non nega la sua identità raccontandole anche la sua storia. Sul finale si arriva ad una sorpresa che svela anche un legame tra i due.

Ciò che ho apprezzato di più di questo libro sono proprio le frasi ad effetto, devo ammetterlo.
Per il resto devo dire che non mi è sembrato nulla di eccezionale. Oltre ad aver provato antipatia per Giò, non mi è piaciuto nemmeno il suo modo di esprimersi. E pur non avendo un grosso feeling con Gramellini, il suo modo di fare - nelle vesti dell'Angelo Custode - mi è piaciuto più di quanto non mi sia piaciuta lei, nonostante alcuni passaggi smielati e decisamente poco originali.

Ovviamente la mia è un'opinione personale. 
Magari a qualcun altro questo libro è piaciuto più di quanto non sia piaciuto a me.

Ho apprezzato la copertina ed anche il titolo che, lo ammetto, mi hanno attirata nello sceglierlo per partecipare alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro scritto da più autori. E propongo questa lettura per il Venerdi del libro di oggi: magari qualcuno avrà tempo e voglia di convincermi che Gioconda non è poi così antipatica ed indisponente come è sembrata a me!

Al di là dei personaggi, pensando nel complesso al rapporto epistolare tra Giò e Filèmone mi sono detta che sarebbe bello poter dialogare con il proprio Angelo Custode. 
Sarebbe bello avere la certezza di averne uno che si prende cura di noi. Aiuterebbe un bel po' come ha aiutato la protagonista che, lei stessa lo ammette, alle fine ha aperto gli occhi ed ha in qualche modo messo in discussione alcuni suoi punti fermi che, a ben guardare, così fermi non lo erano più di tanto.

Chiudo con una citazione, concedetemelo (ne ho trascritte tante!) che viene riportata anche nell'ultima di copertina.
Non posso impedirti di inciampare. Però posso medicare il tuo piede ferito. E prenderti in braccio, fino a quando non sarai in grado di camminare sulle tue gambe.
***
Avrò cura di te
Massimo Gramellini, Chiara Gamberale
Longanesi Editore
187 pagine
€ 16.00

lunedì 18 febbraio 2019

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare (S. Basile)

Salvatore Basile mi ha nuovamente catturata con la sua scrittura, con i suoi personaggi racchiusi nel libro La leggenda del ragazzo che credeva nel mare

Ho letto il libro tutto d'un fiato. Mi sono emozionata, ho sofferto, mi sono innervosita, ho avuto la voglia di infilarmi fisicamente tra le pagine per arrivare a toccare i personaggi in alcuni frangenti, per poterli abbracciare, scuotere, accarezzare.
Basile è capace di toccare i sentimenti e ammetto che, in alcuni punti, ho pensato che fosse fin troppo sensibile per essere un uomo. Non me ne voglia, ma l'ho pensato.
Già con il suo primo libro, Lo strano viaggio di un oggetto smarrito, avevo avuto occasione di apprezzare questo autore e stavolta ho amato ancora di più i personaggi e la storia proposta.

Marco è un ragazzo rifiutato da suo padre dopo che sua madre morì nel darlo alla luce. Non ha mai conosciuto la sua storia: è passato da una famiglia affidataria all'altra fino a che non ha raggiunto la maggiore età, restando solo.
Fa le pulizie in una piscina ma ammira, dal basso, gli atleti che si tuffano dai trampolini ogni giorno. Sente il richiamo dell'acqua e prova anche lui scoprendo un talento innato, anche se mai coltivato.
Per via di un incidente legato proprio all'acqua, al mare, incontrerà Lara: una fisioterapista che avrà un ruolo importante nella sua vita, non solo dal punto di vista del suo lavoro.
Lara lo aiuterà a riprendersi e lo farà portandolo in un paesino in cui si vive di pesca, un paesino in cui il mare è l'elemento dominante, con i suoi odori, i suoi suoni, i suoi colori ma anche con la sua gente.
Marco si fida di Lara: una donna che si sa imporre quando serve ma che lo sa anche ascoltare. Una donna che, però, non è del tutto sincera con lui: non gli racconta come mai la terapia potrà avere più successo in quel paesino, in riva al mare. Ha un piano in mente e vuole aiutarlo a conoscere meglio se stesso scoprendo le proprie radici. E' un piano rischioso, perchè ha a che fare con i sentimenti di Marco e di altre persone. Ma Lara agisce a fin di bene ed è pronta ad assumersi le sue responsabilità.

Quella raccontata dall'autore è una storia intensa, carica di emotività fin dalle prime pagine.
La figura di Marco mi ha subito colpita per imprimersi ancor più nella mia mente e nel mio cuore andando avanti con il racconto. Marco cambia, diventa meno scettico, meno pessimista, si apre agli altri e cresce imparando a riacquistare fiducia in se stesso. 
Non sa che lo aspetta una importante verità ed avrei voluto abbracciarlo nei momenti più delicati della storia. L'ho immaginato in più circostanze: l'ho immaginato specchiarsi negli occhi di un uomo che non conosce e che non sa essere suo padre, l'ho visto tremare davanti ad una sconvolgente verità, l'ho visto soffrire per una mano che non risponde ai comandi.

L'altra figura maschile che mi ha toccata è stata quella di Antonio. Un pescatore che ha detto addio alla sua vita nel momento in cui ha perso sua moglie ed ha rinnegato suo figlio. Un uomo silenzioso, burbero, indurito dalla sofferenza ma capace di sentimenti profondi. E' un uomo che si protegge con un guscio d'indifferenza per tutto ciò che ha attorno, come se nulla più lo interessasse, e la sua sofferenza è palpabile. E' un uomo burbero che mi ha fatto tanta tenerezza...
L'arrivo di Marco lo cambia fin dal primo incontro, dal primo sguardo, anche se non riesce a capire perchè.

Se penso a Lara mi viene in mente subito l'aggettivo coraggiosa. L'ho trovata coraggiosa nel decidere di rischiare per aiutare Marco ma anche se stessa perchè, anche se all'inizio non è ben chiaro, anche lei ha bisogno di liberarsi di un peso.

Poi ho amato la mamma di Lara: una donna malata di Alzheimer che, seppur fisicamente presente, è lontana da tutti con la sua mente. Proprio lei con le sue incursioni strampalate, con le sue affermazioni fuori luogo mi ha emozionata fino alla fine. E' un personaggio secondario la cui presenza fa capolino con discrezione ma che ha un ruolo importante nella parte finale del libro. Ho apprezzato la scelta dell'autore di inserire un personaggio di questo tipo.

Avrei un paio di appunti da fare, però. 
Il titolo. Non l'ho trovato calzante. Il ragazzo protagonista, Marco, solo all'inizio sente un forte richiamo per il mare poi ne ha paura ed arriva ad odiarlo. Il grosso del racconto lo vede odiare il mare più che crederci. Ovviamente è un dettaglio ma ammetto di averci pensato. E poi perchè la leggenda? Semmai la storia...
Bella, invece, la copertina. Mi è piaciuta molto. 

Inoltre, nella versione digitale che ho letto avrei preferito un maggiore uso delle interlinee. Mi spiego: spesso l'autore passa da una situazione all'altra senza che ciò sia sottolineato da uno spazio tra un paragrafo e l'altro. Io avrei preferito che ci fosse qualche interlinea in più per dare l'idea del cambio di scenario, del cambio di personaggio.
E' una stupidaggine anche questa ma è un'osservazione che mi sono trovata a fare.

Comunque, a parte queste due sciocche annotazioni - lo riconosco - il libro è molto bello e sono contenta di avere avuto l'occasione di leggerlo nell'ambito della Challenge Dalle tre Ciambelle.
Lo consiglio a tutti coloro che volessero leggere una bella storia che tocca i sentimenti senza essere sdolcinata, scritta in punta di penna, scorrevole e capace di catturare fin dalle prime pagine.
***
La leggenda del ragazzo che credeva nel mare 
Salvatore Basile
Garzanti editore
278 pagine
formato e-book € 9.90

sabato 16 febbraio 2019

Non è tutto oro (V. Corciolani)

Mi ero ripromessa di leggere la seconda avventura che ha per protagonisti Alma e Jules ed eccomi qui, a tirare le somme.

Valeria Corciolani torna, con Non è tutto oro, a proporre un mistero attorno al quale si trova ad indagare l'ispettore Jules Rosset che, già dall'avventura precedente, ha una collaboratrice molto particolare: una colf che vorrebbe tanto restare fuori dalle vite degli altri, soprattutto quando c'è di mezzo un delitto, ma che non riesce proprio a restare indifferente davanti alle intuizioni che le arrivano semplicemente nell'analizzare i dettagli di ciò che trova attorno a lei.
Odori, particolari, oggetti spostati rispetto al solito posto, pattumiere più o meno piene: una donna come lei, abituata a conoscere da vicino la vita delle persone per cui lavora, viene guidata da una specie di dono, da intuizioni e deduzioni che sfuggono ad altri. 
Ed è per questo che l'ispettore Rosset la vuole accanto, per poter godere di quel punto di vista in più che nella sua squadra manca. 

Da una finestra un'anziana signora insonne nota qualche cosa di strano in strada, dopo essersi affacciata dalla finestra. Che sia un cadavere di donna, con un luccicante paio di scarpe ai piedi, quello che spunta dallo sportello di una bella auto bianca che si trova proprio a portata dei suoi occhi di lince?

Una donna, Elena, non fa ritorno a casa per la notte e suo marito, l'antiquario Nestor, teme che se ne sia andata da lui, che abbia deciso di lasciare quella casa in cui si sente quasi un'ospite, tanto poca è l'affezione che prova non solo per il mobilio ma anche per l'uomo che l'ha sposata.
 
Il giorno dopo, un pescatore vede abboccare al suo amo non un pesce ma un cadavere di donna. 

Jules Rosset si trova a mettere assieme i pezzi di un mosaico che sembrano non combaciare affatto. C' è sempre qualche cosa che non torna. 

Durante il racconto emerge la storia di una giovane Elena che si è lasciata alle spalle una vita difficile ma che aveva un presente che le andava stretto. Emerge il lato familiare dell'ispettore Rosset che desidera passare del tempo con suo figlio ma che è terrorizzato dall'idea di cosa fare insieme. Emerge anche con maggiore incisività di quanto non abbia fatto - almeno secondo il mio parere - la figura dell'Alfonsina, suocera di Alma che con quel suo modo di fare diretto e chiaro non solo si dimostrerà anch'essa molto attenta a ciò che le capita attorno, ma darà anche un aiutino nel corso delle indagini. Più di uno, a dire il vero. E' una vecchietta simpatica: mi fa sorridere con quel suo modo di immischiarsi di fatti che non la riguardano come se fosse un suo dovere dire la sua e mi fa sorridere anche il pensiero di vederla scorrazzare da una parte all'altra della casa sul suo girello, come se fosse una bambina!

Torna lo stile ricercato di un'autrice che, secondo me, ha appesantito un po' alcuni dialoghi ma che è comunque molto gradevole da leggere. Lettura scorrevole, Alma che rientra appieno nella parte che l'autrice le ha assegnato fin dall'inizio della serie, Rosset che ad un certo punto mi ha un po' innervosita a furia di sventolare in aria la mano (parecchie volte questo gesto viene ripetuto nell'arco di poche pagine).

Il finale viene svelato quasi senza che il lettore se ne accorga, con una naturalezza tale da annullare tutti i pensieri che hanno arrovellato la mente dell'ispettore. Epilogo prevedibile, comunque l'unico possibile secondo me.

Questa coppia strampalata mi piace. Questo ispettore ossuto e spigoloso (l'autrice lo sottolinea spesso) mi incuriosisce sempre di più e credo che non mi lascerò scappare la prossima avventura accanto ad Alma.
***
Non è tutto oro
Valeria Corciolani
Amazon Publishing
371 pagine
letto nell'ambito dell'abbonamento Kinlde Unlimited

venerdì 15 febbraio 2019

L'albero dei desideri (K. Applegate) - Venerdì del libro

E' una storia delicata ma potente quella che Katherine Applegate racconta nel libro L'albero dei desideri. E lo fa rivolgendosi ai più piccoli - si tratta di un libro per ragazzi - ma il messaggio arriva forte e chiaro a lettori di ogni età.

La voce narrante è quella di un albero. Si chiama Rubra, è una grande quercia rossa che sorge tra due casine colorate e nelle sue cavità ospita simpatiche famigliole di animaletti di diverse specie.
E' l'albero dei desideri. Così la considerano tutti, in paese: il primo di maggio arriva gente di ogni età per lasciare sui suoi rami bigliettini, pezzetti di stoffa o simili su cui ognuno scrive dei desideri.
Sono i desideri più strani che si possano immaginare ma ce ne sono anche tanti semplici e molti commoventi. Lo è, ad esempio, il desiderio di Samar: una bambina arrivata da lontano, trasferitasi in una delle due casette colorate da poco. Lei vorrebbe tanto avere un amico.
Non è facile, per Rubra, aiutare Samar a realizzare il suo desiderio ma ci prova.
Peccato che qualcuno abbia pensato di incidere sulla sua corteccia un messaggio intimidatorio che sembra indirizzato proprio alla bambina e alla sua famiglia.
Da quel momento la situazione in paese diventa piuttosto tesa ed inizia ad aleggiare nell'aria la volontà di abbattere Rubra, per salvaguardare le abitazioni, per non avere più tante ghiande per terra e per chissà quale altro motivo.

E' una storia di amicizia che narra anche la difficile convivenza tra persone di diversa cultura ma che lascia anche aperta una porta sulla speranza di un mondo migliore, un mondo in cui gli uomini possano vivere nel rispetto reciproco rispettando anche la natura, gli animali, il creato. 

Rubra dice che non è una favola, quella che racconta, ma una storia vera.
Così come è vero che gli alberi hanno sempre qualche storia da raccontare. 
Rubra non ha dubbi. Ne è la prova vivente visto che lei stessa ha una storia da raccontare.
Una storia importante rimasta sepolta per tanti anni ma che lei ricorda bene e che potrà ribilanciare la situazione in un villaggio in cui, fino a quel momento, si è sempre vissuto in armonia.

E' una bellissima storia di amicizia: quella che lega Rubra ai tanti animaletti a cui fornisce un riparo nella sua vecchia corteccia o tra i suoi rami ma è anche l'amicizia tra due bambini, capaci di andare oltre ogni pregiudizio.
E' un libro che fa riflettere e lo fa in modo melodico, poetico, grazie anche ad alcune immagini che arricchiscono la lettura, grazie ad una scrittura semplice ma non banale e capace di arrivare al cuore di grandi e piccini.

Samar è una figura dolcissima. Quando si siete ai piedi di Rubra con la sua coperta rende un'immagine davvero molto dolce e significativa.

I personaggi più simpatici in assoluto? I procioni che si chiamano Tu, Tu, Tu e Tu (le madri dei procioni sono smemorate quindi non si prendono il disturbo di dare a ognuno un nome tradizionale).

Un libro che consiglio senza ombra di dubbio e che ho letto con estremo piacere. Lo segnalo per il Venerdì del libro di oggi e se qualcuno lo ha letto mi farebbe piacere sapere cosa ne pensa.
***
L'albero dei desideri
Katherine Applegate
Mondadori
€ 16.00

martedì 12 febbraio 2019

La costola di Adamo (A. Manzini)

Vicequestore. Non commissario. Non ispettore. Vicequestore.
Rocco Schiavone ci tiene e pure tanto a non essere confuso con altre cariche che non siano la sua. E lo ripete con i suoi modi rudi e diretti a tutti coloro che cadono in errore.

Il vicequestore della polizia (squadra mobile di Aosta) Rocco Schiavone ed i suoi uomini (uomini ed una donna, a dire il vero) è alle prese con uno strano suicidio. Si tratta del secondo libro della serie che lo ha come protagonista ed io, anche stavolta, non ho seguito l'ordine giusto. Ho letto il primo e il terzo ed ora recupero il secondo.
In ogni caso si tratta di una storia autoconclusiva disseminata però di elementi che permettono di mettere meglio a fuoco l'uomo, prima che il vicequestore.

Una donna viene trovata impiccata in casa sua ma è tutto troppo semplice per essere vero. 
Suicidio non è. 
Il vicequestore non ci mette molto a capirlo.
Ecco il caso attorno al quale si trova ad indagare usando i suoi metodi sempre un po' sopra le righe. Dovrà venire a capo di un caso che si va complicando ora dopo ora e che riserverà una sorpresa finale. Una triste sorpresa.

Ciò che più mi è piaciuto di questa seconda storia è l'aspetto umano che emerge sia per quanto riguarda la figura del vicecommissario che della vittima.
Rocco torna con il suo umore altalenante, con i suoi modi un po' sopra le righe, con quella sua abitudine di porsi nei confronti tutt'altro che piacevole. Rocco è così. 
Non lo è, però, quando parla con la sua Marina. La sua donna, l'amore della sua vita, la moglie che lo ha lasciato troppo giovane - qualche elemento in più su quanto le accadde lo troviamo nel libro successivo - e che ritrova nella sua mente ogni volta che torna a casa quando ha l'impressione di parlare veramente con lei. 
Lei che, però, ha lasciato un letto tristemente vuoto.
E' un uomo convinto di dover  scontare la colpa della sua morte, Rocco.
E' un uomo che a volte dimentica di essere un rappresentante delle forze dell'ordine e crede di potersi fare giustizia da solo. 
E' un uomo solo. 
E' la parte che fa emergere tutto ciò che mi è piaciuta più di tutte. Ovviamente è interessante anche il caso ed io - non è la prima volta - non sono riuscita a capire cosa abbia fatto scattare nell'ispettore la molla giusta per arrivare al colpevole. Ogni tanto si assiste alla scena di un Rocco Schiavone che, mentre fa cose abitudinarie, normali, resta folgorato da quel particolare che in precedenza mancava. Un'intuizione che, spesso, porta alla soluzione del caso.

Il passato torna a bussare alla sua porta. A quella dell'uomo Rocco Schiavone. 
E lui non ci pensa due volte a rispondere a modo suo.

Poi c'è la vittima. Una donna che riserva delle sorprese legate a doppio filo alla scoperta del colpevole. Una figura che mi ha molto incuriosita pur restando ai margini della vicenda. Perchè se è vero che la vittima è lei è anche vero che la sua storia di donna e di moglie viene a galla solo verso la fine del libro. Prima si dà spazio ad altri, non a lei.

Ho molto apprezzato il formato. Oramai non è una novità e credo di averlo detto più volte: i Sellerio mi piacciono, li porto in borsa comodamente, mi piacciono i caratteri, le pagine. 
Un libro che consiglio, senza dubbio. Consiglio anche di leggere nell'ordine d'uscita le varie avventure di Rocco Schiavone: pur essendo storie autoconclusive, ogni volta viene aggiunto un nuovo tassello utile per mettere meglio a fuoco i protagonisi ed è bene andare in ordine.

Mi permetto di concludere con un'osservazione che Manzini affida ai ringraziamenti:
Al 21 novembre dell'anno 2013, anno in cui ho scritto il libro, i casi di femminicidio in Italia sono stati 122. Finchè il numero non si azzererà, non potremo definirci un paese civile.
Ad oggi, purtroppo, devo tristemente constatare che non siamo ancora un paese civile.

Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro disponibile in cassa.
***
La costola di Adamo
Antonio Manzini
Sellerio Editore
281 pagine
€ 14.00

lunedì 11 febbraio 2019

Ellie all'improvviso (L. Jewell)

Non è un thriller in senso stretto. 
O, almeno, non solo quello.
Ellie all'improvviso è un libro diverso. Una storia originale con personaggi che sembrano persone qualsiasi, che potrebbero essere persone  qualsiasi ma che hanno delle storie terribili da raccontare. 
E lo fanno. 
Sì che lo fanno. 
Le raccontano, ognuno secondo il loro punto di vista: l'autrice permette ad ognuno dei personaggi principali di dire la sua fornendo, così, una serie di versioni della storia che fa da canovaccio all'intero libro.
Ed è una storia terribile, qualunque sia il punto di vista di cui si volesse tener conto.

E' la storia di Laurel e di Ellie: madre e figlia. Una figlia scomparsa dieci anni prima e rispetto alla quale Laurel ancora non è riuscita a rassegnarsi.

E' la storia di Laurel e Paul, i cui rapporti si sono deteriorati dopo la scomparsa della loro figlioletta tanto da indurre lui a rifarsi una vita altrove, con un'altra donna.

E' la storia di Floyd e Poppy: un uomo e la sua figlioletta, la sua figlioletta prediletta, che piombano nella vita di Laurel senza un apparente perchè, come una boccata d'acqua fresca che però, alla lunga, è talmente fresca da togliere il fiato. 

E' la storia di Laurel e Poppy che scoprono di avere molto in comune, molto più di quanto si potesse immaginare.

E' la storia di Laurel e Floyd: un'attrazione immediata, un rapporto fin troppo sereno, tanto da apparire sospetto.

Il sospetto. E' questo ciò che mi ha tenuta attaccata alle pagine. 
Sospetti che l'autrice ha sapientemente alimentato senza offrire grossi colpi di scena - onestamente non li ho trovati - ma catturando il lettore mettendogli in mano tante tessere che combaciavano l'una con l'altra, anche se offerte in ordine sparso.

Ho molto apprezzato lo stile dell'autrice, Lisa Jewell: riesce a tenere il ritmo della narrazione molto alto anche quando sembra che non ci sia niente di strano, di particolare, niente da notare. Nulla è trasmesso al lettore a caso. Non viene nemmeno celata la sorte della ragazzina, non è questo il punto. Il punto sta nel comprendere cosa, a distanza di dieci anni, stia capitando a quella donna che ancora non si rassegna alla perdita della sua bambina. Cosa hanno a che fare quelle persone con la sua storia personale?

La figura che più di tutte mi ha colpita è quella di Poppy. Una bambina che mi è sembrata troppo costruita in alcuni passaggi, con modi da donnina fatta e finita nonostante la sua età. Quell'entusiasmo smisurato nei confronti di Laurel mi è sembrato esagerato in più passaggi e un pochino mi ha disturbata, lo ammetto.

Nel complesso, comunque, ho molto apprezzato questa lettura: non posso dire, l'ho già detto in altri casi, che sia una bella storia perchè non riesco proprio a considerare belle storie che raccontano di violenze nei confronti di bambini o ragazzini. Non che la violenza nei confronti di persone più adulte renda bella una storia, ci mancherebbe... La violenza sempre violenza è. Nel caso di minori è ancora peggio!
Posso dire però che, secondo il mio parere, l'autrice sia stata capace di donare un tocco di originalità ad una storia che avrebbe potuto essere simile ad altre (una bambina scomparsa, una madre che non perde la speranza... una canovaccio piuttosto sfruttato in libri di questo genere) ma che non lo è ne' per i contenuti ne' per la scelta di far parlare i vari protagonisti da un capito all'altro. 

Anche Ellie racconta ciò che le accade visto che l'autrice struttura la storia su due piani temporali e devo ammettere che sono proprio le parti in cui parla la ragazzina le più dure da accettare.
Almeno per me.

Con questa lettura - terribile e dolorosa - partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro strutturato su più piani temporali ed anche alla challenge Le quattro cavaliere dell'Apocalisse.
***
Ellie all'improvviso
Lisa Jewell
Neri Pozza editore 
297 pagine
€ 18.00

venerdì 8 febbraio 2019

Non sai quanto sei forte (M. Contrafatto) - Venerdì del libro

Ammetto la mia ignoranza: prima di avere tra le mani questo libro - comprato su indicazione di mia madre che ama leggere storie vere - non sapevo chi fosse Monica Contrafatto.
Ora lo so. E' una militare e atleta paralimpica italiana che ha un obiettivo ben preciso davanti a se: le Paralimpiadi di Tokyo del 2020, quando avrà 39 anni. Donna coraggiosa e tenace.
Per il momento l'appuntamento del 2020 è un punto di arrivo ma non si sa: Monica il suo futuro non l'ha ancora disegnato del tutto ed ha intenzione di mordere la vita un boccone dopo l'altro, senza mollare mai.

La sua storia, narrata nel libro Non sai quanto sei forte, la vede prima bambina un po' ribelle poi ragazzina di carattere e giovane pronta a vestire con convinzione la divisa militare. Monica è un bersagliere. Ha scelto con convinzione questa strada che, seppur non semplice ne' del tutto serena per via dei rischi che le missioni comportano, l'hanno fatta sentire realizzata. E' stato proprio durante una missione in Afghanistan, nel marzo del 2012, che - svolgendo il proprio mestiere - Monica ha visto cambiare la sua vita. A seguito di un attentato mentre era in forza al I Reggimento Bersaglieri in qualità di Caporal Maggiore dell'Esercito, pur riuscendo a schivare le prime bombe, resta gravemente ferita con le successive. Da qui la sua vita ha una svolta. 
Perde una gamba, riporta altre ferite ma è viva. 

Monica racconta in prima persona la sua storia senza nascondere di essere stata - ed essere ancora - una ragazza con un carattere particolare. Dal grande cuore, però, anche se a volte un po' scostante, irritabile, poco incline ai rapporti interpersonali. Monica è una guerriera, le scorre nelle vene il sangue del soldato ed è questo che mi ha colpito maggiormente di tutta la sua storia: la forza che le è rimasta cucita addosso dopo l'esperienza militare, quella stessa forza che l'ha aiutata a non crollare sotto il peso di un oggi di gran lunga diverso da suo ieri ed un futuro incerto.
Monica si descrivere come una persona che ha sempre sorriso alla vita, anche con il rischio di essere considerata con i piedi poco per terra: quel suo modo di sorridere alla vita, quella grinta che ha saputo tirare fuori nei momenti più difficili la caratterizzano ed emergono nelle more di un racconto che, seppur non ricercato dal punto di vista stilistico, colpisce proprio per il netto distacco tra la Monica di prima e la Monica di dopo l'attentato. Ma attenzione, la differenza non va ricercata nel suo modo di affrontare di petto la vita. No, la differenza sta nel fatto che prima Monica svolgeva un lavoro che amava e dopo si trova a doverne fare forzatamente a meno. Questo emerge con chiarezza: il dispiacere di non poter più fare appieno ciò per cui si sente vocata.
Però la vita riserva grandi sorprese e così è capitato anche a lei quando ha fatto capolino l'atletica nella sua sfera vitale. Lo sport: non direi tanto un'ancora di salvezza - perchè non è una donna che vuole essere compatita o commiserata in alcun modo - quanto un nuovo stimolo ed un nuovo grande obiettivo per una persona abituata a fare il massimo. 

Non nasconde le sue debolezze, Monica. Non nasconde il dispiacere provato per aver sentito addosso gli sguardi di chi vedeva la sua disabilità prima che la sua persona... no, non lo nasconde, così come non nasconde, però, il suo modo di voler camminare in mezzo alla gente a testa alta con la certezza di essere più fortunata di tanti altri che, a differenza sua, una vita da vivere non ce l'hanno più.

Ho trovato un po' noiose le descrizioni di situazioni che, secondo il mio parere, nulla hanno dato al racconto e potevano essere tranquillamente omesse ma considerando che non si tratta di un romanzo ma del racconto di una storia vera credo che si possa essere tolleranti.

Ora, se qualcuno mi dicesse: sai chi è Monica Contrafatto? 
Io non direi di certo la bersagliera con una gamba sola... ne' l'atleta disabile... 
Per me Monica Contrafatto è una bersagliera ed un'atleta con un bel caratterino!!!  

Ps: nel guardare la copertina del libro - bella secondo me - non mi ero nemmeno accorta della protesi... La mia mente l'aveva vista come un dettaglio grafico...

Con questa lettura - che suggerisco per il Venerdì del libro di oggi - partecipo alla challenge Le quattro cavaliere dell'Apocalisse in quanto libro che ha per protagonista un personaggio famoso.
***
Non sai quanto sei forte 
Monica Contrafatto
Mondadori Editore
159 pagine
€ 18.00

martedì 5 febbraio 2019

9 Novembre (C. Hoover)


Fallon è una ragazza di diciotto anni che ha un rapporto difficile con suo padre da quando, anni prima, un incendio le ha lasciato segni evidenti su gran parte del corpo.
Fallon attribuisce a suo padre la colpa di quanto è successo e da allora, da due anni prima, le cose tra di loro sono cambiate.
Anche quando tenta di comunicargli in modo civile, in occasione di una cena che cade proprio nel giorno dell'anniversario di quel terribile avvenimento - il 9 di novembre - la sua scelta di trasferirsi a New York per cercare di riprendere la carriera da attrice che all'epoca venne interrotta, le cose non vanno come dovrebbero.
Solo l'intervento di un ragazzo suo coetaneo, Ben, fino a pochi attimi prima uno sconosciuto per lei, risolleva la serata e traccia un netto segno rosso nella vita di Fallon. 
Da quella sera il 9 novembre non è più solo l'anniversario dell'incidente ma anche quello del loro incontro.

Fin da subito tra i due giovani accade qualche cosa di importante ma Fallon sta per partire per rincorrere un sogno, per crearsi un futuro e, anche sulla scorta delle parole di sua madre secondo cui una ragazza dovrebbe decidere di impegnarsi con qualcuno non prima dei 23 anni, i due decidono di rivedersi l'anno dopo, e l'anno dopo ancora, sempre il 9 di novembre, senza avere mai contatti di altro tipo. 
Nessun numero di telefono, nessuna email, niente di niente.

Quante cose possono accadere in un anno? Quante parole non dette, quanti sguardi non scambiati ma, soprattutto, quanta vita vissuta l'uno lontano dall'altra?
Magari la mamma di Fallon avrà avuto le sue motivazioni per consigliare a sua figlia di non creare legami fino ai 23 anni (mi chiedo, si può mettere un timer all'amore?) ma la scelta dei due ragazzi di non tenersi in nessun modo in contatto per vedersi una volta l'anno, per cinque anni consecutivi mi è sembrata un'assurdità.
Non ci sono riferimenti temporali particolari per cui nulla mi ha fatto pensare che si trattasse di un'epoca lontana dalla nosrta: ai tempi di internet, dei social, della condivisione assoluta di messaggi, video, documenti e pezzetti di vita mi è sembrato davvero assurdo che due diciottenni potessero comportarsi in quel modo.

Questa è stata la mia prima sensazione, a pelle, fin dai primi capitoli.

I due - pur essendosi lasciati liberi di fare la propria vita e seguire ognuno le proprie aspirazioni - di anno in anno vedono crescere un sentimento che, nella normalità dei casi, non potrebbe essere vissuto nel modo in cui lo vivono loro. Eppure, Fallon e Ben hanno continuato a non vedersi ne' sentirsi se non per un giorno all'anno, per diversi anni.

I personaggi? 
Benton James Kessler. Ben, così lo chiamano tutti, mi è sembrato... troppo! Troppo bravo ragazzo, troppo dolce, troppo intelligente, troppo profondo, troppo rispettoso, troppo onesto. Troppo tutto per essere vero e per essere capitato, in modo apparentemente casuale, nella vita di una ragazza che proprio di un ragazzo come lui aveva bisogno.
E invece... Porta sulle sue spalle il peso di un grande segreto che avrà una indubbia influenza sul suo rapporto con Fallon.
Lei, Fallon (nome che non mi è piaciuto affatto) è una ragazza forte soprattutto alla luce di quanto le è successo ma sotto il suo modo di prendere di petto le situazioni nasconde un profondo bisogno di punti fermi, nasconde l'insicurezza legata alle sue cicatrici, nasconde le debolezze che possono essere rimaste sotto la superficie di una giovane donna che, nell'età della tarda adolescenza, ha dovuto fare i conti con una prova importante. 

La storia evolve tra colpi di scena e scelte discutibili da parte dell'uno e dell'altra e la trama in alcuni punti mi è sembrata un po' troppo forzata. 
Quello che, però, ho amato più di tutti in assoluto, più della storia stessa, è stato lo stile dell'autrice. Uno stile accattivante, delicato ma intenso al tempo stesso, soprattutto nel delineare la figura di Ben, ragazzo che si fa amare ma che riserva qualche sorpresa.
Nel complesso la storia - seppur con le sue forzature ed assurdità - mi è piaciuta. L'autrice somma una buona dose di tragicità con un'altrettanta buona dose di romanticismo. Il tutto, scritto in modo accattivante. 
Ho amato le lettere scritte da Ben a Fallon, i suoi discorsi, le sue argomentazioni, il suo modo di strappare una risata, di dimostrare il suo affetto, la sua passione. Ed il merito va all'autrice che, lo ammetto, non conoscevo. E' lui il personaggio che mi è piaciuto di più anche se, come ho detto, mi è sembrato tutto troppo bello per essere vero. Mi è piaciuto, comunque, più di Fallon che, in alcuni punti, avrei preso letteralmente a schiaffi!

Una sorpresa è stata la figura della mamma di Ben che non sembrava dovesse avere un ruolo importante nella storia. Invece...

Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto lettura libera.
***
9 Novembre
Colleen Hoover 
Leggereditore
pagine 308
letto nell'ambito dell'abbonamento Kindle Unlimited

domenica 3 febbraio 2019

Le stelle di Lampedusa (P. Bartolo)

Un libro molto attuale quello di Pietro Bartolo, Le stelle di Lampedusa
Attualissimo, direi. L'autore, un medico in prima linea nel soccorso dei migranti, racconta la storia di una bambina arrivata con un barcone, da sola, alla ricerca della mamma. Una storia che ne rappresenta tante, tantissime, e che ha per protagoniste una bambina e la sua mamma che si trova lontana e con la quale la piccina spera di potersi ritrovare. 

Una storia che ha anche dell'assurdo se si pensa che la piccina ha affrontato un viaggio lungo e duro, tutta sola, alla ricerca di una madre che si trova in Europa, in un luogo per lei non meglio identificato. Nella sua mente la piccina ha gli occhi della mamma ed un numero di telefono imparato a memoria ma del quale le cifre sembrano ricorrersi, cambiarsi di posto, accavallarsi l'una all'altra. Sembra assurdo, ma a volte la realtà sa essere più che assurda!

Anila, questo il suo nome, si imbatte nel dottor Bartolo che la nota in un angolino subito dopo lo sbarco tra tante altre persone e che, incapace di restare distaccato davanti a quegli occhioni scuri, si fa coinvolgere in prima persona nella sua vicenda.

Quello che più colpisce, oltre alla tragedia legata al costante arrivo di migranti, è il taglio che l'autore dà al suo libro. Non è un racconto asettico di ciò che accade, non è una storia costruita su altri ma prima di tutto su se stesso.
Questo, almeno, è quello che è saltato agli occhi a me: con profonda umanità, quel dottore che dovrebbe essere abituato a tutti svela la sua debolezza, la nausea che prova ogni volta che si trova a fare un esame autoptico anche su bambini piccoli, a coprire corpi con un telo bianco, a curare ferite atroci spesso provocate a quella povera gente da coloro che si sono trasformati in veri e propri aguzzini.
Bartolo soffre nel prestare soccorso.
Svolge in modo irreprensibile il suo lavoro ma non nasconde la difficoltà di andare avanti, un giorno dopo l'altro, in quella missione che da anni oramai lo vede impegnato a Lampedusa nel centro che accoglie i migranti appena arrivati sull'isola. Non si tira mai indietro, è il primo che accorre quando necessario ma tutto questo lo segna profondamente a livello umano.

Ed è proprio questo, l'aspetto umano, che secondo me emerge dalla storia di Amila. 
Ciò che sottolinea Bartolo in più passaggi è che i migranti, prima di essere tali, sono uomini, donne e bambini. Sono persone che hanno dei sogni, delle aspettative, che si portano dietro la sofferenza del distacco dalle rispettive famiglie, la paura di un oggi difficile e di un domani incerto.
Sono persone. A ben guardare si tratta di un'affermazione piuttosto scontata... purtroppo, però, la realtà dei fatti ci dimostra che tanto scontata non è.

Questo è ciò che più mi ha colpito, al dì là della storia personale di Anila e di sua madre (comunque terribile): il fatto che ci si abitua all'arrivo di questi migranti come il corpo si abitua a certi antibiotici che, a forza di assumerli, non funzionano più.
Si finisce per dimenticare che davanti agli obiettivi, in mezzo al mare, sugli scogli, a bordo delle motovedette, ci sono persone. Padri, madri, figli. Uomini, donne, bambini. Unici e preziosi come ogni essere uamno. Con dei legami, dei sentimenti, dei ricordi e delle prospettive. Nomi e cognomi... e storie.
Queste considerazioni, fatte senza voler strumentalizzare nulla - secondo il mio parere - sono ciò che fa maggiormente riflettere, riportano l'attenzione su un aspetto che spesso si tende a dimenticare.

Mi ha molto colpito, nelle more del racconto, la reazione del dottore all'intervento di un relatore ad un convegno in cui si parlava di immigrazione: sciorinava numeri e statistiche con freddezza - racconta Bartolo - e lui, microfono in mano, ha reagito con il cuore.
Ho dovuto fare cose terribili. Cose a cui non ti abitui mai, e che ti persguitano la notte, negli incubi. Ho sempre paura quando mi appresto a fare un'ispezione cadaverica: piango, vomito, ma solo facendola posso capire, conoscere la storia di quelle povere salme e restituire loro dignità, perchè non sono corpi inerti ma persone, con una dignità anche da morte. Non vi chiedo di fare altrettanto. Ma io pretendo, l'umanità pretende, che non trattiate questa gente con tanta freddezza.

E' un argomento scomodo, lo so bene, ma l'autore fa sentire la sua voce con coraggio, senza tirarsi indietro davanti alle sue responsabilità.
Il libro è ben scritto, è scorrevole e non risparmia il racconto di situazioni tragiche e drammatiche ma senza mai ricamarci sopra, senza voler spettacolizzare nulla.

L'unica cosa che mi ha un po' disturbato, a livello lessicale, è l'uso - anchre ripetuto di E, però, ad inizio di alcune frasi... Personalmente non mi piace proprio, non mi suona bene e nell'isieme ha stonato un po'. Niente di che, comunque.

Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro il cui titolo inizia per S.
***
Le stelle di Lampedusa
Pietro Bartolo
Mondadori Editore
168 pagine
€ 18.00