C’è molta fantasia nel libro Il
giardino delle farfalle che mi ha tenuto compagnia nella mia breve ma intensa
pausa vacanziera.
E per fortuna! (Per fortuna che c'è tanta fantasia, intendo).
E per fortuna! (Per fortuna che c'è tanta fantasia, intendo).
La protagonista è Maya, una delle
ragazze rapite da uno sconosciuto e finita, assieme alle altre, all’interno del
suo giardino con delle ali tatuate sulle spalle e questo nome che non le
appartiene ma che, da quel momento, la identificherà nelle sua nuova vita.
Quello che lei e le altre
chiameranno Il Giardiniere altro non è se non un pazzo squilibrato, stupratore
ed assassino, che all’interno di una serra trasformata in un bellissimo
giardino (questa è l’idea che se ne ha dalle descrizioni) da trent’anni tiene
prigioniere ragazze rapite attorno ai 15/16 anni e segregate fino al
ventunesimo anno di età quando per loro la vita finisce: una vita breve, come
quella delle farfalle.
La sua è una vera e propria collezione
di farfalle destinate alla stessa fine che i collezionisti più tradizionali
fanno fare loro: conservate per sempre dentro ad una teca. Allucinante! Tutta
la storia è allucinante e davvero inverosimile. Ragazze rapite con estrema
facilità da un uomo che, con altrettanta facilità, ha una doppia vita
(ovviamente in quella reale e finta ha una moglie ed anche due figli) e che ama
le sue creature ovviamente a modo suo. Le tatua a suo piacimento, le stupra, le
usa ogni volta che vuole e le conserva quando arrivano al ventunesimo anno di
età. Ovviamente vengono uccise. Ma la morte può sopraggiungere anche per altre
cause: mai e poi mai una farfalla difettata potrebbe finire in una collezione,
per cui…
Il Giardiniere è un assassino, un
abile tatuatore visto che fa tutto da solo, dispone di droghe e sostanze
chimiche a volontà, di un giardino
tecnologicamente perfetto (con tanto di pannelli, teche, telecamere, annessi e
connessi) che, a quanto pare, nessuno si accorge di nulla di tutto ciò che
questo giardino cela agli occhi dei più. Qualcuno l’avrà pur costruito quel
luogo, o no?
Ed ha anche due figli che
condividono il suo segreto. Il maggiore è ancora peggio del padre, ammesso che
possa esserci qualche cosa di peggio di uno stupratore, rapitore ed assassino.
L’altro, il minore, è un codardo. Così viene definito, così si definisce lui
stesso visto che nel momento in cui viene a conoscenza degli orrori che si
consumano in quel giardino (per un lungo periodo ne resta all’oscuro) invece di
ribellarsi ad un così assurdo stato di cose decide di tacere. Avrà una parte
importante nella storia - succederà qualcosa che, a quanto pare, lo toccherà più di quanto tutto ciò di cui è venuto a conoscenza non abbia potuto fare - ma questo non giustifica affatto il suo modo di
comportarsi.
Maya in tutto questo è una delle
vittime ma assumerà un ruolo particolare, diverso dalle altre. Il suo
carattere, il suo modo di essere, il suo passato che l’ha forgiata più di ogni
altra: tutto ciò le sarà utile per ritagliarsi un ruolo diverso da quello delle
altre. E’ una vittima anche lei ma si troverà ad aiutare le altre e a diventare
una sorta di preferita.
Questa è la storia.
Una storia che viene raccontata
da Maya durante un lungo interrogatorio. Fin dalle prime pagine il lettore
capisce che il giardino verrà scoperto dalla polizia, che ci saranno delle
sopravvissute e che il colpevole non va cercato ma è già stato trovato ed ha
già un nome ed un cognome. Ad interrogare la ragazza sono gli agenti dell’FBI
Victor Hanoverian e Brandon Eddison che si trovano a dover gestire una vittima
che sembra avere molto da dire, molto più di quello che, pian piano, in effetti
rivela. Durante
l'interrogatorio si mira anche a capire se, a suo carico, possano
esserci delle responsabilità e cosa, davvero, nasconde.
E’ lei a condurre il gioco: è ferita, sotto shock ma questo non le
impedisce di mostrare un carattere forte nonché la capacità di stabilire lei
regole. Victor la lascia fare mentre Brandon è molto più scettico e meno
diplomatico del collega. Hanno due modi diversi di relazionarsi con lei pur
avendo un obiettivo comune: la necessità di avere informazioni, il più
possibile precise, che possano permettere di identificare le altre ragazze
sopravvissute e formulare accuse dettagliate per quell’uomo che dovrà
rispondere delle sue azioni.
Mi è piaciuto? A dire il vero
preferisco maggiore azione.
Mi piace essere condotta per mano
verso la soluzione del caso quando ci sono di mezzo degli assassini ma in
questo caso mi sono trovata davanti ad un mero racconto che, seppur
sconvolgente, poteva solo promettere efferatezze sempre maggiori ma nessun
brivido sul fronte dall’azione. Ciò che maggiormente ho odiato è stato quel
senso di accettazione e di rassegnazione che quelle ragazze hanno mostrato.
Come si può accettare di diventare un oggetto da collezione, assecondare le
voglie di un mostro (e pure di suo figlio) essere accondiscendente e restare a
fare il conto alla rovescia che porterà ognuna in una teca? Come ci si può abituare? Mha… mi è sembrata
davvero un’assurdità eccessiva anche se devo dire che lo sforzo creativo dell’autrice
non è da poco.
Certamente si tratta di un
racconto inquietante, terrificante, inammissibile ma la mancanza di quella
tensione e di quella ricerca che di solito mi catturano quando leggo libri di
questo tipo hanno ridotto di molto il mio gradimento.
Originale l’idea, originale il
voler partire da un caso già risolto ma non posso che esprimere una certa riserva in fatto di gradimento.
L’agente di polizia che ha il
ruolo più importante – Victor – non mi ha lasciato niente. E’ un personaggio
marginale del quale poco si sa e che resta secondario dall’inizio alla fine. Ed è un peccato!
Con questa lettura - che peraltro è la prima dell'anno 2018 - partecipo alla Challenge Di che colore sei? in quanto libro suggerito dalle organizzatrici.
Inoltre, partecipo alla challenge Tutti a Hogwarts con le 3 ciambelle per l'obiettivo libro pubblicato nel 2017 nella macro-categoria Expecto Patronum.
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