Lei e Mattia erano uniti da un filo elastico ed invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere solo fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra.
La solitudine dei numeri primi si sintetizza qui, in questa frase che arriva a pagina 272 del libro ma che si intuisce presto, molto prima che gli occhi del lettore possano trovare stampate tali parole, nero su bianco. E' quella solitudine che è fatta di silenzi, di parole non dette, di indecisioni. Fatta di schermi, più o meno forti, contro tutto il mondo esterno. Fatta di sofferenza, di sottomissione. Di paure.
Quella solitudine che non è facile riconoscere perché talmente evidente da poter essere scambiata per qualcosa di diverso. O perché talmente palese da mettere paura a chi vi si imbattesse anche solo per un momento.
E' la solitudine di Mattia Balossino, un ragazzino dotato di una particolare intelligenza, tale da compensare l'handicap di sua sorella gemella, Michela. Identici nel fisico ma del tutto squilibrati per tutto il resto. Molto dotato, riflessivo, più maturo degli altri bambini della sua età, lui. "Con qualche rotella fuori posto", lei. Persa in un mondo tutto suo, incapace di stare al passo con i bambini della sua età rispetto ai quali è rimasta molto indietro, come catturata in una bolla di sapone. Tocca a Mattia fare di tutto per adeguarsi a sua sorella, anche subire le umiliazioni che nello spietato mondo dei bambini - che non volendo sono capaci di tanta cattiveria soprattutto davanti a qualcuno che non è uguale a loro - sono oramai quotidiane. E sarà proprio Mattia a fare una scelta che lo segnerà per tutta la vita: invitato ad una festa assieme a sua sorella, la abbandona in un parco "...giusto il tempo della festa poi ritorno, tu non muoverti di qui". Convinto che lei, così incapace di rendersi conto anche del passare del tempo, l'avrebbe aspettato senza problemi. Ma non sarà così. Michela al ritorno di Mattia non c'è.
La solitudine dei numeri primi si sintetizza qui, in questa frase che arriva a pagina 272 del libro ma che si intuisce presto, molto prima che gli occhi del lettore possano trovare stampate tali parole, nero su bianco. E' quella solitudine che è fatta di silenzi, di parole non dette, di indecisioni. Fatta di schermi, più o meno forti, contro tutto il mondo esterno. Fatta di sofferenza, di sottomissione. Di paure.
Quella solitudine che non è facile riconoscere perché talmente evidente da poter essere scambiata per qualcosa di diverso. O perché talmente palese da mettere paura a chi vi si imbattesse anche solo per un momento.
E' la solitudine di Mattia Balossino, un ragazzino dotato di una particolare intelligenza, tale da compensare l'handicap di sua sorella gemella, Michela. Identici nel fisico ma del tutto squilibrati per tutto il resto. Molto dotato, riflessivo, più maturo degli altri bambini della sua età, lui. "Con qualche rotella fuori posto", lei. Persa in un mondo tutto suo, incapace di stare al passo con i bambini della sua età rispetto ai quali è rimasta molto indietro, come catturata in una bolla di sapone. Tocca a Mattia fare di tutto per adeguarsi a sua sorella, anche subire le umiliazioni che nello spietato mondo dei bambini - che non volendo sono capaci di tanta cattiveria soprattutto davanti a qualcuno che non è uguale a loro - sono oramai quotidiane. E sarà proprio Mattia a fare una scelta che lo segnerà per tutta la vita: invitato ad una festa assieme a sua sorella, la abbandona in un parco "...giusto il tempo della festa poi ritorno, tu non muoverti di qui". Convinto che lei, così incapace di rendersi conto anche del passare del tempo, l'avrebbe aspettato senza problemi. Ma non sarà così. Michela al ritorno di Mattia non c'è.
E' la solitudine di Alice Della Rocca che, a sette anni, ha un brutto incidente in montagna: costretta a sciare da suo padre, lei che non ama affatto questa pratica sportiva ma che è incapace di opporsi alla volontà di lui, si ritrova immobilizzata in mezzo alla neve dopo essere finita fuori pista, allontanatasi dal suo gruppo. Un incidente che lascerà un segno profondo in lei e non solo nel fisico. Le resterà addosso un'insicurezza che la porterà a rifiutare anche se stessa, il suo corpo, per mezzo del cibo.
Bambini che diventeranno adolescenti segnati profondamente dalle loro storie. Adolescenti che si incontreranno quasi per caso e che si accorgeranno fin da subito di essere legati da un filo speciale, quello che - come dice Mattia nella sua mente matematica - lega quei numeri speciali che in matematica vengono chiamati "numeri primi gemelli". Sono due numeri primi separati da un solo numero pari, tanto vicini quanto impossibilitati a toccarsi.
Due storie che si portano appresso tutta la loro drammaticità che si incontrano e si riconoscono silenziosamente. Sanno di essere profondamente simili ma non arrivano mai a fondere le loro vite restando sempre a debita distanza. Forse per la paura di scoprirsi troppo. Forse per la certezza che tanto l'atro non ha bisogno di parole per capire. E' così che tante parole restano non dette, soffocate in gola e represse fino nel fondo dell'anima. E' così che le loro strade si separano, proseguono su binari paralleli per poi ricongiungersi, anche solo per un momento.
E' una storia pervasa da una tristezza di fondo che attanaglia i vari personaggi che compaiono - siano essi i due protagonisti principali che coloro che stanno loro accanto - ed è una tristezza silente, di quelle che si incarniscono nell'anima ma che vengono nascoste dietro una parvenza di normalità, che però normalità non riesce mai ad essere.
Mattia ed Alice vivono in famiglie che non riescono a sopportare il peso del confronto, che non affrontano il problema pur sapendo che un problema c'è.
E sono in entrambi i casi dei problemi che si manifestano in modo inequivocabile ma che lasciano sia Mattia che Alice sempre più soli. Tanto da pensare di poter contare solo l'uno sull'altro, malgrado ciò non venga mai palesato più di tanto. Stanno nella stessa stanza a lungo, Alice e Mattia. Ma stanno in silenzio, rispettando ognuno il silenzio altrui mentre l'io di entrambi vorrebbe dire e fare molto più che stare in silenzio. Condividono momenti di divertimento, Alice e Mattia, ma sono sempre momenti "ovattati" da quello strato di silenzio che non permette loro di condividere davvero quelle esperienze.
Anche la loro separazione sarà consumata in silenzio, lasciando molto in sospeso. Tutto ciò che negli anni a venire, malgrado ognuno percorra una strada diversa, continua a pendere dall'alto sulle loro teste come un aquilone invisibile che li ha seguiti, senza fare rumore, per tutto quel tempo.
Si ritrovano cambiati, cresciuti, ulteriormente provati dalla vita. E si riconoscono appena l'uno nell'altra...
La solitudine di numeri primi è l'opera prima di un giovane autore, Paolo Giordano, che ha meritato appieno tutti i premi che ha ottenuto con questo romanzo. Un romanzo che trovo ben scritto, profondo, toccante, mai superficiale. Anzi, a volte trovo che l'autore calchi un po' la mano su alcune problematiche che emergono con violenza e senza fare sconti. Ma non lo trovo un difetto perché si tratta pur sempre di un romanzo e qualche accelerazione la si può concedere.
A ben vedere non sono storie così assurde come potrebbe sembrare in alcuni punti. La fotografia che Giordano fa dei due bambini, giovani poi, è una fotografia che non viene tratteggiata con i toni del rosa ma che viene mostrata con i suoi toni naturali, un tantino scuriti verso il grigio. Il suo è un romanzo che fa riflettere sulla solitudine, sulla difficoltà di relazionarsi con i propri coetanei ma anche - e soprattutto - con i membri delle rispettive famiglie. L'anoressia, l'autolesionismo, il bullismo, il bisogno di sicurezza scambiato per amore sono problematiche che emergono chiaramente dalla lettura di questo romanzo e costringono a pensare.
Il finale non è quello che mi sarei aspettata ma devo dire che non mi è dispiaciuto affatto. Sarò una voce fuori dal coro ma secondo me è un finale positivo, che lascia un senso di quella speranza che a tratti ho invocato nel proseguire da un capitolo all'altro ma che non ho mai trovato. Il finale che avevo immaginato io sarebbe stato troppo scontato. Il finale di Giordano è doloroso... Ma trovo che non sia un finale negativo.
Bambini che diventeranno adolescenti segnati profondamente dalle loro storie. Adolescenti che si incontreranno quasi per caso e che si accorgeranno fin da subito di essere legati da un filo speciale, quello che - come dice Mattia nella sua mente matematica - lega quei numeri speciali che in matematica vengono chiamati "numeri primi gemelli". Sono due numeri primi separati da un solo numero pari, tanto vicini quanto impossibilitati a toccarsi.
Due storie che si portano appresso tutta la loro drammaticità che si incontrano e si riconoscono silenziosamente. Sanno di essere profondamente simili ma non arrivano mai a fondere le loro vite restando sempre a debita distanza. Forse per la paura di scoprirsi troppo. Forse per la certezza che tanto l'atro non ha bisogno di parole per capire. E' così che tante parole restano non dette, soffocate in gola e represse fino nel fondo dell'anima. E' così che le loro strade si separano, proseguono su binari paralleli per poi ricongiungersi, anche solo per un momento.
E' una storia pervasa da una tristezza di fondo che attanaglia i vari personaggi che compaiono - siano essi i due protagonisti principali che coloro che stanno loro accanto - ed è una tristezza silente, di quelle che si incarniscono nell'anima ma che vengono nascoste dietro una parvenza di normalità, che però normalità non riesce mai ad essere.
Mattia ed Alice vivono in famiglie che non riescono a sopportare il peso del confronto, che non affrontano il problema pur sapendo che un problema c'è.
E sono in entrambi i casi dei problemi che si manifestano in modo inequivocabile ma che lasciano sia Mattia che Alice sempre più soli. Tanto da pensare di poter contare solo l'uno sull'altro, malgrado ciò non venga mai palesato più di tanto. Stanno nella stessa stanza a lungo, Alice e Mattia. Ma stanno in silenzio, rispettando ognuno il silenzio altrui mentre l'io di entrambi vorrebbe dire e fare molto più che stare in silenzio. Condividono momenti di divertimento, Alice e Mattia, ma sono sempre momenti "ovattati" da quello strato di silenzio che non permette loro di condividere davvero quelle esperienze.
Anche la loro separazione sarà consumata in silenzio, lasciando molto in sospeso. Tutto ciò che negli anni a venire, malgrado ognuno percorra una strada diversa, continua a pendere dall'alto sulle loro teste come un aquilone invisibile che li ha seguiti, senza fare rumore, per tutto quel tempo.
Si ritrovano cambiati, cresciuti, ulteriormente provati dalla vita. E si riconoscono appena l'uno nell'altra...
La solitudine di numeri primi è l'opera prima di un giovane autore, Paolo Giordano, che ha meritato appieno tutti i premi che ha ottenuto con questo romanzo. Un romanzo che trovo ben scritto, profondo, toccante, mai superficiale. Anzi, a volte trovo che l'autore calchi un po' la mano su alcune problematiche che emergono con violenza e senza fare sconti. Ma non lo trovo un difetto perché si tratta pur sempre di un romanzo e qualche accelerazione la si può concedere.
A ben vedere non sono storie così assurde come potrebbe sembrare in alcuni punti. La fotografia che Giordano fa dei due bambini, giovani poi, è una fotografia che non viene tratteggiata con i toni del rosa ma che viene mostrata con i suoi toni naturali, un tantino scuriti verso il grigio. Il suo è un romanzo che fa riflettere sulla solitudine, sulla difficoltà di relazionarsi con i propri coetanei ma anche - e soprattutto - con i membri delle rispettive famiglie. L'anoressia, l'autolesionismo, il bullismo, il bisogno di sicurezza scambiato per amore sono problematiche che emergono chiaramente dalla lettura di questo romanzo e costringono a pensare.
Il finale non è quello che mi sarei aspettata ma devo dire che non mi è dispiaciuto affatto. Sarò una voce fuori dal coro ma secondo me è un finale positivo, che lascia un senso di quella speranza che a tratti ho invocato nel proseguire da un capitolo all'altro ma che non ho mai trovato. Il finale che avevo immaginato io sarebbe stato troppo scontato. Il finale di Giordano è doloroso... Ma trovo che non sia un finale negativo.
***
La solitudine dei numeri primi
Paolo Giordano
Mondadori
14.40 euro
304 pag.
Ciao Stefania...ma sai che io questo libro l'ho letto grazie al passaparola di amici e parenti che lo lodavano e invece a me non è piaciuto affatto?
RispondiEliminaAddirittura volevo interrompere la lettura, poi alla fine l'ho terminato ma ripeto, non mi è piaciuto affatto! :S
Laura
In effetti ho letto recensioni contrastanti. Molti lo danno come sopravvalutato... Questione di gusti....
RispondiEliminaE' vero molti lo hanno criticato dicendo che il suo successo sia da attribuirsi soprattutto a un'ottima campagna pubblicitaria. A me, campagna pubblicitaria o meno, è piaciuto e anche io l'ho trovato ben scritto.
RispondiEliminaAlla prossima!
Spero di leggerlo presto, grazie Stefania per averlo presentato così bene.
RispondiEliminaa me è piaciuto moltissimo, la tua presentazione è stata ottima.
RispondiEliminaciao
Il finale più che apprezzarlo o no, ho dovuto leggerlo due volte per capirlo!
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