lunedì 2 gennaio 2023

La bibliotecaria di New York (M. Benedict e V. C. Murray)

Che cosa vuol dire essere una donna afroamericana all’indomani della Guerra Civile, quando la schiavitù era teoricamente fuori legge ma nella realtà il suprematismo bianco, le leggi Jim Crow e i linciaggi prendevano più piede?

In un contesto di questo tipo, cosa deve aver passato una giovane donna ambiziosa e capace a spacciarsi per bianca pur essendo figlia di un uomo che si era impegnato in prima persona per fare in modo che nel mondo tutti gli individui fossero liberi e potessero mostrare con orgoglio le proprie origini?

 

 Non deve essere stato facile. Tutt’altro. 

Ed è ciò che ha fatto Belle da Costa Greene. La sua scelta non è stata causale, tantomeno superficiale. Se, da una parte, suo padre si è sempre battuto per l’uguaglianza, sua madre ha sempre saputo che in un mondo di bianchi, l’unico modo per dare un futuro ai suoi figli fosse quello di fingersi come loro, bianchi.

E Belle, grazie alla sua carnagione chiara, riesce facilmente a nascondere le sue origini, il suo “sangue scuro” come lei stessa dice ad un certo punto. Riesce non solo a non far trapelare le sue origini ma ad emergere in un mondo di bianchi, per lo più in un mondo di uomini bianchi, come può essere quello della cultura e dell’arte agli inizi del Novecento.

Belle è una donna coraggiosa ed anche spocchiosa, a tratti. È sicura di sé, pronta a ritagliarsi un posto ben preciso nella società. Una scelta non facile, la sua. Anche se dimostra di avere un carattere forte supportato da una preparazione invidiabile, tale da farle conquistare un posto di fondamentale importanza nell’alta società newyorkese, le autrici hanno reso alla perfezione tutte le fragilità che si nascondono dietro un’apparente sicurezza, spavalderia anche. Ad un certo punto della sua vita Belle è dilaniata dal dubbio e si interroga su cosa sia più giusto: se continuare a vivere con una maschera e continuare a dare il suo contributo nel mondo dell’arte e della cultura dell’epoca o se gettare via la maschera, rischiando di perdere tutto per impegnarsi, magari, a difendere gli stessi ideali di suo padre a vantaggio del popolo afroamericano. Il lettore è condotto per mano a riflettere con lei, a guardare a quegli anni andando oltre la patina dorata che sembra ricoprire la vita di quella donna diventata, a quel tempo, un’istituzione. 

Devo ammettere che i suoi comportamenti, soprattutto dal punto di vista delle scelte personali, mi sono sembrati discutibili in più momenti: ma chi sono io per giudicare le scelte di vita altrui?

Quello che più mi ha colpita è stata la forza di questa donna di conquistare un posto ben preciso in un mondo nel quale, da afroamericana, quel posto non l’avrebbe mai e poi mai avuto. 

Alcune parti mi sono sembrate un po’ troppo lente e ripetitive ma nel complesso si tratta di una lettura che mi sento di suggerire.

La protagonista è realmente vissuta, è stata realmente braccio destro di JP Morgan diventando, nel 1924, primo direttore della Pierpont Morgan Library. Direttrice, ad essere precisi.

Direttrice afroamericana, a volerlo essere ancora di più. Belle ha dimostrato qualcosa a tutti coloro che consideravano (e purtroppo considerano ancora) i “neri” come persone inferiori. E l’ha fatto dando a tutti una gran bella lezione.

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La bibliotecaria di New York
Maria Benedict e Victoria Christopher Murray
Newton Compton editore
384 pagine
9.90 copertina rigida

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