Ho avuto occasione di conoscere Roberta Bruzzone ad un incontro nel corso del quale si parlava di femminicidio e violenza contro le donne. L'altra autrice di questo libro non la conosco ma ho ritrovato, tra le pagine di Favole da incubo, la lucidità, la chiarezza e quel modo diretto di dire le cose che ho trovato nella Bruzzone, in quell'occasione.
Ed ho trovato tanto dolore tre queste pagine.
Il dolore delle donne morte un giorno dopo l'altro, sotto la minaccia costante di uomini che, alla fine, le hanno punite. Le hanno uccise nella gran parte dei casi ma, in altri, le hanno mutilate dal punto di vista emotivo togliendo loro ciò che avevano di più caro.
Ho trovato il dolore dovuto all'indifferenza di una società che non è capace di vedere o che, quando vede, fa finta che non sia affar suo. Quello dovuto alla sordità di quelle istituzioni che, anche davanti a denunce circostanziate, raccomandano alle vittime di "fare le brave" non tenendo conto di ciò che viene denunciato se non quando, oramai, è troppo tardi.
Tutto molto doloroso. Così come è dolorosa l'analisi di come i media hanno dato conto dei vari fatti di cronaca che, a ben guardare, sono una piccola goccia in un immenso oceano di violenze che purtroppo vengono continuamente perpetrate. La cronaca di questi giorni ne è la prova.
Il libro non è un romanzo. No. E' l'analisi di storie vere finite in tragedia. Di femminicidi di cui dare conto in modo oggettivo, senza fronzoli e senza ipotesi dovute al chiacchiericcio di paese che, pure, in situazioni così dolorose ha il suo peso accanto all'indifferenza collettiva.
Il femminicidio è, prima di tutto, frutto di un retaggio culturale di cui si fa fatica a liberarsi. E non è un problema che riguarda solo le donne. No. Riguarda tutti indistintamente, comprese quelle piccole vittime che sono i figli di coppie in cui si consumano violenze e che, spesso, subiscono i riflessi di tutto ciò. Anche di questo si parla in un libro che vuole raccontare per fare in modo che situazioni di questo tipo non si verifichino più.
Dieci storie (più una) di femminicidi da raccontare per impedire che accadano ancora. Nel sottotitolo del libro è indicata la spiegazione del contenuto.
Alcune delle storie narrate le ricordavo dai resoconti avuti dalla tv però ammetto che presto sono storie che cadono nell'oblio dei più, dimenticate dopo poco, soppiantate da nuove storie, da nuove violenze, da nuove morti. Purtroppo è quello che accade.
Ho avvertito il bisogno di guardare negli occhi quei mostri ma anche di incontrare lo sguardo delle vittime e durante la lettura ho cercato informazioni aggiuntive. Tutto troppo vero, purtroppo. Mi sono sentita piccola piccola davanti a tragedie tanto grandi. E mi sono chiesta come sia possibile tanta indifferenza attorno a tanto dolore, prima che tutto si trasformasse ogni volta in tragedia!
Noemi Durini: massacrata, accoltellata e sepolta viva da Lucio Marzo il 3 settembre del 2017.
Guerrina Piscaglia: uccisa da Gratien Alabi, viceparroco che ne ha occultato il cadavere il primo maggio 2014.
Elena Ceste, uccisa dal marito Michele Buoninconti il 24 gennaio 2014.
Barbara Cicioni, strangolata dal marito Roberto Spaccino all'ottavo mese di gravidanza, tra il 24 e 25 maggio del 2007.
Arianna Flagiello, istigata a suicidarsi gettandosi dal balcone dal convivente Mario Perrotta, il 19 agosto 2015.
Roberta Ragusa. Scomparsa. Il marito Antonio Logli è stato condannato per omicidio e occultamento di cadavere, 13/14 gennaio 2012.
Valentina Pitzalis, bruciata dal marito Manuel Piredda, sopravvissuta. 16/17 aprile 2011.
Ilaria Palummieri, uccisa assieme al fratello Gianluca da Riccardo Bianchi, ex fidanzato di lei ed amico di lui, 23 giugno 2011.
Andrea e Davide, dodici e nove anni, soffocati e bruciati dal padre, Pasquale Iacovone, per vendetta nei confronti della madre, Enrica Patti, 16 luglio 2013.
Maria Cristina Omes, uccisa insieme ai figli Giulia e Gabriele, quattro anni e venti mesi, dal marito e padre Carlo Lissi, 14 giugno 2014.
A loro si somma l'undicesima storia... quella di un bambino che ha visto papà uccidere mamma e che ne porta tutt'ora i segni psicologici addosso.
Ho voluto riportare i loro nomi perché sono storie concrete, che non possono essere sottintese parlando di vittime, di donne uccise... Sono persone che hanno sofferto prima ancora di essere uccise e contro le quali si è continuato, in gran parte dei casi, a gettare fango e insinuare dubbi anche dopo la morte.
Il libro, oltre a raccontare i fatti nei vari capitoli, propone un approfondimento sugli stereotipi che si concretizzano nei vari casi (e che spesso si ripetono e si integrano tra loro) ma racconta anche come si è comportata la stampa nei vari casi e che tipo di immagine ha restituito ai lettori oltre che un'analisi degli insegnamenti che possono arrivare dai singoli casi.
Un libro duro, doloroso ma necessario. Perchè solo parlando di tutto ciò, solo contribuendo ad alimentare la consapevolezza di quanto il femminicidio sia un problema di un'intera società e non di un singolo si può sperare che tutto ciò non accada ancora.
Da leggere.
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Favole da incubo
Roberta Bruzzone, Emanuela Valente
De Agostini editore
304 pagine
15.90 euro copertina flessibile - 7.99 Kindle
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