Nel momento in cui Nalin incontra quell’uomo gentile, incrocia i suoi occhi con quello sguardo carico di sentimento, immagina che sia arrivato il momento di prendere una decisione che le cambierà la vita. E sarà proprio così, lei non può immaginare quanto.
Perché la scelta di scappare con quell’uomo per sposarlo non le cambia la vita solo perché la vede andare via dal suo villaggio (e non scendo in considerazioni legate alla sua cultura di appartenenza e alle modalità con cui le famiglie affrontano il discorso matrimonio) e dalla sua famiglia per affrontare una vita da donna sposata, in una famiglia tutta sua ma, soprattutto, perché poco tempo dopo il fatidico “sì” sarà la violenza a cambiarle la vita.
Quella che si troverà a subire ogni giorno da quell’uomo che tanto gentile le era sembrato tempo prima e che ha la capacità di trasformarsi in un mostro tra le mura di casa, quando decide di scaricare su di lei tutta la sua rabbia.
E’ una storia che nessuno vorrebbe raccontare ma che, purtroppo, è più comune di quel che si possa pensare.
La storia di Nalin viene raccontata in modo semplice e lineare da due operatori che la donna ha incontrato nel suo cammino quando ha deciso di dire basta e di farsi aiutare. Due operatori che non hanno certo velleità di romanzieri ma che fanno da tramite tra la voce di Nalin e il mondo, affinchè si conosca la sua storia e possa essere d’aiuto per tante altre donne nella sua stessa situazione.
La prima cosa che ho pensato è che il libro è finito troppo in fretta. Non perché avessi voluto conoscere maggiori dettagli dell’agonia vissuta dalla protagonista, non è questo il punto, ma proprio perché la rapidità con cui il libro finisce sembra lasciare qualche cosa di incompiuto nel lettore, come se non fosse sufficientemente strutturato. Come se non ci fosse molto altro da dire oltre alla rapida descrizione dei tre periodi: la speranza di una vita migliore, la violenza, la sopravvivenza.
Ma forse è solo la coscienza di ognuno che viene messa a nudo davanti a situazioni di questo tipo tanto in fretta quanto in modo profondo.
Perché se è vero come è vero che quanto scritto somiglia più ad un racconto breve che non ad una storia meglio strutturata è anche vero che non servono troppi fronzoli per trasmettere il messaggio che si legge chiaramente: non è più possibile che vengano perpetrate violenze di quel tipo tra le mura di quello che dovrebbe essere un sicuro focolare domestico. La violenza va sempre condannata, è vero, ma qui stiamo parlando di un contesto specifico quello che, per antonomasia, dovrebbe essere il più sicuro e protetto: la famiglia.
E non si può più pensare che una donna continui a considerarsi responsabile dei gesti violenti di un uomo perché
“…magari me lo sono meritato perché ho parlato a sproposito, mi sono mossa a sproposito, l’ho provocato”...
Non è semplice, soprattutto quando ci sono anche dei figli… ma è necessario. Ogni uomo violento va denunciato, allontanato, isolato e le sue scuse, le sue suppliche, i suoi “…non lo farò più” debbono cadere nel nulla. Ogni donna va aiutata a venire fuori da situazioni di questo tipo.
***Tre. Una storia vera di violenza e rinascita
Alberto Panciroli – Lorena Spohr
Bookabook
136 pagine
11.00 euro copertina flessibile - Kindle Unlimited
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