mercoledì 16 gennaio 2019

La bambina nel buio (A. Boralevi)

Non può essere definito bello un libro in cui ci sono dei bambini che subiscono violenza. 
Non riesco proprio a definirlo tale. 
La storia narrata da Antonella Boralevi nel libro La bambina nel buio è terribile. 
Non dirò mai che è un bel libro. Non posso. 

Quello che posso dire è che la storia narrata all'inizio mi ha un po' spiazzata per via di una serie di personaggi a cui non sono riuscita a dare un volto ne' una precisa collocazione ed anche per un avvio della trama che non lasciava pensare a nulla di buono. Oltre le 150 pagine, però, devo dire che il ritmo narrativo ingrana la marcia giusta.

L'autrice usa due piani temporali per sovrapporre due storie.

Nel 1985, al termine di una festa di anniversario di matrimonio, scompare una bambina. E' Moreschina Zanca: una bimbetta adorabile, luce degli occhi per papà Paolo e quasi una spina nel fianco di mamma Emanuela. Questo, almeno, è quello che ho pensato nel leggere l'atteggiamento della madre durante la festa, quasi come se quella bambina fosse un fastidio più che altro. 
Per Paolo no. 
Per Paolo quella bambina è davvero un motivo di orgoglio, una creatura adorabile da presentare a tutti come il gioiellino di famiglia, da portare al braccio in mezzo agli ospiti.
Quando, al termine della festa, la bambina scompare, Villa La Favorita che fino a poco prima era un contenitore di allegria diventa un tetro ambiente di disperazione. 
Quella di Paolo. 
Quella di Manuela.
Quella di tutti coloro che cercano di mettersi subito sulle tracce della bambina, senza alcun esito.
Di Moreschina non c'è più alcuna traccia.

Nel 2017, 32 anni dopo, una ragazza proveniente da Londra arriva a Venezia, ospite del Conte Bonaccorso Briani. Ha un passato da dimenticare Emma - questo è il suo nome - e vorrebbe farlo nella laguna veneta. Ma la sorte le riserva qualche sorpresa tanto da vederla immischiata nelle indagini relative ad un mistero bello e buono. 

Per un bel pezzo non si capisce bene quali possano essere i legami tra le due storie ma pian piano alcuni nodi vengono sciolti e la trama - ecco cosa intendevo sopra - coinvolge un bel po'.

Non mi sono piaciute alcune scelte stilistiche dell'autrice. Opinione molto personale, ovviamente. 
Il ripetuto utilizzo dell'aggettivo ghiaccio (non sostantivo) per rendere l'idea di una serata fredda, un ambiente freddo etc... non mi è piaciuto affatto. 
Il foglio tremava tra le dita ghiacce di Emma.
Non che non sia corretto, non dico questo. Solo che a me non è proprio piaciuto.

E poi alcuni altri dettagli che, da pignola quale sono, un pochino hanno stonato nel complesso della narrazione che, comunque, è fluida e ricca di dettagli soprattutto nelle descrizioni di una Venezia perennemente avvolta dalla nebbia, tetra, misteriosa.
Il commissario Alfio Mancuso aveva appena relazionato il questore sull'interrogatorio....
Mmm.... non suona bene, almeno alle mie orecchie. Non si relaziona forse al questore?

E poi nel riportare le ore, non mi è proprio piaciuto le ore una... All'una l'avrei visto molto meglio. Piccolezze... vabbè, però ci ho fatto caso ed è stato un po' come sentire una nota stonata in una melodia armoniosa.
...sono le una passate non si può sentire!!! Almeno per me è così.

Ho trovato alcune incongruenze (che evito di elencare per non cedere alla tentazione di fare spoiler ma mi limito a pensare ad alcune fughe da luoghi che avrebbero dovuto essere super protetti e super sicuri ma dai quali i personaggi scappano via con una certa facilità) ma nel complesso trovo che sia una trama ben imbastita per una storia che, lo ripeto, non è affatto bella e che, proprio per questo, colpisce il lettore con un pugno nello stomaco ben assestato. 
Una storia che fa soffrire, che prende alla gola come se mancasse l'aria soprattutto nel finale quando, finalmente, si comprende cosa è successo a quella povera bambina.

Il personaggio che avrei voluto capire un po' meglio è quello della governante del Conte. Non si capisce che fine faccia e la sua figura - comunque non di secondo piano - resta in sospeso. 

Il personaggio che mi è piaciuto di più è l'agente Cecchin. E' un personaggio secondario ma ho letto molta umanità nei suoi comportamenti ed è quello che, a dispetto del ruolo principale assegnato ad altri, mi è piaciuto di più.

Ho notato un particolare, e di questo va dato merito all'autrice: il contrasto descrittivo... Mi spiego. Nel parlare di Moreschina l'autrice usa dei vezzeggiativi che la rendono davvero adorabile. Il visino, il vestitino, le manine... una dolcezza, quella che viene cucita addosso alla piccina, che rende ancora più orrendo il crimine che viene commesso nei suoi confronti. Le dolci descrizioni della bambina stridono con tutto il resto in maniera violenta. 

No. Non è una bella storia perchè una storia così non può proprio essere definita bella. 
Però, nonostante la tematica e alcune perplessità, è un libro che ho divorato tanto da arrivare a leggere anche 200 pagine tutte d'un fiato. 
Non è una bella storia, ma cattura.

Molto interessante il suggerimento, alla fine del libro, di tracce musicali da abbinare ai vari capitoli per chi volesse fare un'esperienza multisensoriale. Peccato che me ne sia accorta solo verso la fine. Se l'indicazione dei brani musicali fosse stata data all'inizio sarebbe stato meglio per chi, come me, non va a sfogliare la fine del libro per non lasciarsi andare alla tentazione di leggere la frase conclusiva.

Con questa lettura partecipo alla Challenge Dalle tre Ciambelle in quanto libro con almeno 500 pagine ed anche alla Visual Challenge Upgrade.
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La bambina nel buio 
Antonella Boralevi
Baldini & Castoldi Editore
588 pagine
€ 20.00

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