sabato 6 agosto 2016

Cari mostri (S. Benni)

Credo di essere stata la prima in assoluto a leggere il libro Cari mostri, di Stefano Benni, che ho preso in prestito dalla biblioteca del mio comune. Quello specifico volume, intendo, visto che mi è sembrato nuovissimo, mai sfogliato. Probabilmente - questo ho pensato - dev'essersi trattato di uno degli ultimi arrivi visto che si tratta di una pubblicazione piuttosto recente.

E' il primo libro che ho letto di questo autore e non so bene da dove cominciare. Ho tante idee in testa ma faccio fatica a trovare un filo logico da seguire nel dire ciò che ha alimentato in me la lettura delle 25 storie che l'autore propone in questo libro.

Partiamo da qui. Si tratta di venticinque racconti... e a me i racconti non piacciono molto. Io amo leggere storie, sì, ma non strutturate in singoli racconti che - come in questo caso - non hanno personaggi in comune e apparentemente sono slegati del tutto l'uno dall'altro.
Poi, a ben guardare, un filo conduttore ce l'hanno pure: sono i mostri, intesi non necessariamente come esseri dalle fattezze orripilanti o dai comportamenti fuori dal normale ma intesti come espressioni del male inteso in senso ampio. Molto ampio.

Ed è proprio questa la particolarità del libro. Benni propone una carrellata di situazioni da cui emerge il lato mostruoso dei vari personaggi proposti, delle situazioni paventate. Sono storie per lo più violente ma anche in questo caso la violenza viene proposta sono diverse accezioni.

Benni scrive bene, su questo non ci sono dubbi. Ma scrive in modo molto particolare, partendo da situazioni immaginarie, per lo più inverosimili, per indurre il lettore ad una riflessione su ciò che si nasconde dietro alla quotidianità di ognuno, dietro alla normalità dei comportamenti, ai sorrisi tirati o alle situazioni abitudinarie. 
Benni lascia emergere il lato più oscuro dei personaggi che propone e strappa anche qualche sorriso. Sono situazioni per lo più violente nelle quali il male emerge senza troppa fatica. Alcuni racconti hanno lasciato intendere troppo facilmente l'epilogo, altri sono un tantino più complessi, altri ancora proprio non li ho capiti, ne non ho capito il senso. Probabilmente è un mio limite.

A metà lettura ho pensato anche di gettare la spugna ed abbandonare ma poi la curiosità mi ha spinta ad andare avanti. E di questo non posso che dare merito all'autore: avermi indotta, pur non apprezzando il genere e lo stile così particolare, ad andare avanti e ad arrivare fino all'ultima riga. Non è forse questo l'obiettivo di un autore, quello di incuriosire il lettore - in un modo o nell'altro - e farlo arrivare fino alla fine? 

Ed io alla fine ci sono arrivata. Non è un libro che rileggerei ma ammetto che alcune situazioni mi sono ronzate per la testa a lungo, anche quando il libro era chiuso e nonostante la particolarità della narrazione che mi ha lasciato l'amaro in bocca.

Benni mi incuriosisce un bel po' e credo proprio che leggerò altro di suo, se non altro per capire se è proprio questo il suo stile o se si è trattato dell'ultimo esperimento narrativo punto e basta.

Con questa lettura partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 3: un libro recensito nel blog Desperate Bookswife.

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