venerdì 15 dicembre 2017

Con il vento nei capelli (S. Salem) - Venerdì del libro

Storia vera, verissima quella raccontata dall'autrice nel libro Con il vento nei capelli. Una palestinese racconta.
E' la sua storia ed è lei, Salwa Salem, a narrare in prima persona ciò che ha vissuto sulla sua pelle. E' la storia della Palestina che è rimasta a lungo sconosciuta o poco conosciuta, raccontata con voce ferma e decisa da una donna che è nata in quella terra e che ha sofferto con lei. Teatro di violenti conflitti, l'autrice dovrà allontanarsi dalla sua terra natìa, costretta ad un lungo e doloroso esilio.

Salwa ha otto anni quando è costretta, con la sua famiglia, a lasciare la propria terra: è un atto un esodo di massa eda parte di gran parte della popolazione palestinese, compresa la sua famiglia. 
Dopo il trasferimento a Nablus, la sua nuova terra, quella bambina crescerà in fretta e a 15 anni inizia un percorso di impegno politico che la porterà - all'interno del partito Ba'ath - a spendersi in prima persona per la causa palestinese passando dal volantinaggio all'impegno su più fronti. 

Con il passare del tempo l'autrice non racconta solo le vicende di una famiglia come tante altre ma racconta uno spaccato di storia: viene proposto un quadro storico molto articolato delle vicende di oltre un secolo per arrivare ai giorni nostri, passando per il '48 fino ad arrivare al '67 e, via via, verso gli anni Novanta. Nel libro si parla di conflitti, di scelte di politica internazionale e lo fa un testimone qualificato: lei stessa, protagonista assieme alla sua terra natale in questo romanzo autobiografico. Salwa racconta del suo impegno politico fino a diventare essa stessa un simbolo. Una testimone che, con la forza ed il tormento delle sue emozioni e delle sue esperienze, cattura l'attenzione del lettore portandolo per mano tra un preciso panorama storico e vicissitudini economiche, tra politica e religione, tradizioni e voglia di stare al passo con i tempi. Sempre, fin da bambina, la protagonista lotta per affermare la sua personalità, per essere protagonista della sua vita e non subire in modo passivo gli eventi.

Salwa è una bambina forte, una ragazza decisa, una donna coraggiosa: riuscirà a laurearsi, si sposerà per amore contro ogni tradizione della sua terra, avrà dei figli con i quali vivrà assieme al marito in una terra che non le appartiene e con la quale (inizialmente va a Vienna ma non si trova bene, nonostante le altissime aspettative serbate prima della partenza) non entra in sintonia. Poi arriverà in Italia e sarà un'altra cosa: qui la sua famiglia si sentirà accolta, riuscirà ad integrarsi, a vivere serenamente la distanza dalla vera casa.

Devo ammettere di non aver mai approfondito nulla che riguardasse la storia della Palestina, non ho mai sentito la necessità di farlo, convinta soprattutto di non riuscire a comprendere determinati meccanismi politici, economici e sociali. Guardare quel mondo con gli occhi dell'autrice mi ha permesso di avere una testimonianza viva e vera, mi ha aiutato a comprendere. 

Una particolarità del libro è il finale. Salwa si ammala e non riesce a concludere il lavoro letterario iniziato: per lei, lo concluderanno alcune persone che l'hanno conosciuta e con la quale hanno condiviso la fase finale della sua esistenza. Mentre gran parte del libro è proposto in prima persona quando è lei che racconta, nei capitoli finali si passa alla terza persona con il racconto altrui. Efficace anche questo visto che la figura della protagonista si completa grazie a testimonianze di chi l'ha avuta accanto.

In alcuni punti ammetto di non aver condiviso l'uso dei verbi: in diversi passaggi si passa  dal passato al presente, cosa che non mi è piaciuta.
Mio fratello riuscì a trovarmi un lavoro d'insegnante. Era l'unico lavoro permesso a una donna in Kuwàit. Venni assegnata a una scuola media chiamata al-merkab, da nome della zona. 
La preside mi convoca per un colloquio....
Un dettaglio nell'insieme, lo ammetto, ma l'ho notato. A parte questo dettaglio, ho annotato diversi passaggi interessanti. Ne propongo uno a mo' di esempio.
I ragazzi palestinesi, arabi, non sono mai riusciti a risolvere la loro contraddizione, la loro doppiezza. Sono conigli con la donna europea e padri-padroni con la donna del loro paese: con quella europea sono permissivi, accettano tutti, e in qualche modo sono aperti e ammirano la sua libertà; alla donna del loro paese invece chiedono di seguire le tradizioni, "perchè bisogna restare fedeli alla propria identità culturale". Mi ha sempre offeso questo ragionamento, l'ho sempre considerato una mancanza di maturità, una logica che ferma i tempi.
Ho voluto riportare questo passaggio per dare conto di quanto il giudizio dell'autrice sia schietto, diretto, chiaro, senza filtri.

Lettura molto interessante, quella che propongo per il Venerdì del libro di oggi: non è una lettura leggera, superficiale ma, magrado gli argomenti trattati, scorre e coinvolge il lettore, anche quello che (come me) degli argomenti trattati non sa molto soprattutto dal punto di vista storico e sociale.

Con questa lettura partecipo all'ultima fase della gara di lettura The Hunting Word Challenge. La parola utile per la challenge è CAPELLI che trovo nel titolo così come rappresentata in copertina.

1 commento:

  1. Affascinante. Anch'io non so nulla di Palestina e palestinesi, ma le autobiografie di donne secondo hanno un mofo particolarissimo di presentarti un intera società in sezione, e le leggo sempre volentieri. Grazie del suggerimento ^_^

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