Ho letto Veronika decide di morire di Paolo Coelho in un periodo poco felice e ad un certo punto ho odiato questo racconto. Ho odiato la leggerezza con cui l'autore racconta la decisione della ragazza, quasi come se fosse la cosa più normale del mondo.
In questi giorni nella mia zona due uomini hanno deciso di farla finita - un imprenditore poco più che cinquantenne ed un giovane di 32 anni - e leggere un libro in cui la protagonista decide di farla finita è stato un pugno nello stomaco in più di quelli ricevuti nella vita vera.
Poi, però, ho capito andando avanti nella lettura che l'autore voleva trasmettere qualche cosa di diverso dal "male di vivere" e l'ho davvero apprezzato.
E' vero, Veronika decide di farla finita ed assume delle pillole che dovrebbero aiutarla in ciò. Ma non è così. Veronika viene salvata e spedita in un posto un tantino diverso da un ospedale: si tratta di una struttura che ospita i matti. Villete è una struttura che, nel tempo, aveva avuto altro utilizzo. Non era un manicomio ma lo è diventata. E non è un manicomio come tanti visto che accoglie sia persone che hanno davvero problemi mentali che persone che vogliono far credere di averne (o che si sono convinte di averne) e che decidono di essere ospitate in una struttura di questo tipo per non affrontare la vita e vivere in un ambiente tutto sommato protetto.
Qui dentro ho vissuto con due tipi di persone: gente che non ha la possibilità di tornare nella società, e gente che è perfettamente guarita, ma che preferisce fingersi folle per non dover affrontare le responsabilità della vita.
Qui si ritrova Veronika.
E qui incontra persone che hanno una storia da raccontare, proprio come lei. Perchè anche lai ha una storia da raccontare, pur essendo convinta di avere una vita sempre uguale a se stessa, una vita in cui non ha mai deciso niente e nella quale ha sempre subito gli eventi. Anche questa non storia è una storia.
E qui incontra persone che hanno una storia da raccontare, proprio come lei. Perchè anche lai ha una storia da raccontare, pur essendo convinta di avere una vita sempre uguale a se stessa, una vita in cui non ha mai deciso niente e nella quale ha sempre subito gli eventi. Anche questa non storia è una storia.
Il medico della struttura la salva, è vero, dai sonniferi che ha ingoiato in quantità ma le riscontra una malattia sopraggiunta che la porterà alla morte entro una settimana. E glielo dice. Così, lei sa che non ha più molto tempo pur non essendo morta come avrebbe voluto e in questa settimana si troverà a riscoprire ciò che, fino a quel momento, aveva sempre tacitato: la voglia di vivere, di avere un futuro.
Desidero... Ho bisogno di volermi bene di nuovo; devo convincermi che sono in grado di assumermi le mie responsabilità. Non posso sentirmi spinta verso cose che non ho scelto io.
Il suo cambiamento è dovuto non solo alla consapevolezza di avere le ore contate ma anche alle persone che si trovano accanto a lei e che con le loro storie la segnano nell'anima.
Storie di sofferenza, di rassegnazione, di delusione. Storie.
Storie di sofferenza, di rassegnazione, di delusione. Storie.
Anche la sua, di storia, provocherà un certo effetto sugli altri. Veronika non sarà la sola a ritrovare la voglia di vivere. Ci sarà qualcuno che comprenderà di avere un posto nel mondo, di avere una vocazione a cui ha sempre messo il bavaglio: aiutare gli altri.
Ho voglia di ricominciare a vivere, Eduard: commettendo gli errori che ho sempre desiderato e che non ho mai avuto il coraggio di compiere, affrontando il panico che potrebbe assalirmi ancora, ma la sui presenza mi darà solo stanchezza, perchè ormai so che non morirò o perderò i sensi durante la crisi. Voglio farmi dei nuovi amici, per insegnare loro ad avere quella dose di follia che consente di essere saggi. Dirò loro di non seguire le regole del buon comportamento, di scoprire la propria vita, i propri desideri, le proprie avventure: li spronerò a vivere!
L'autore invita a riflettere sulla vita ma anche su altri argomenti importanti. In particolare, invita a riflettere sulla diversità.
Colui che è definito matto e confinato in strutture come Villete, sopposto a trattamenti alquanto discutibili per essere tenuto calmo, lo è davvero?
Chi decide i parametri della pazzia?
Chi stabilisce il confine tra una vita che non si omologa alle altre ed una vita pericolosamente fuori dalle righe tanto da essere definita la vita di un pazzo? Chi è pazzo e chi, più semplicemente, una persona originale, o un genio?
Con questo romanzo partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 5: un libro con un nome proprio femminile nel titolo.
Colui che è definito matto e confinato in strutture come Villete, sopposto a trattamenti alquanto discutibili per essere tenuto calmo, lo è davvero?
Chi decide i parametri della pazzia?
Chi stabilisce il confine tra una vita che non si omologa alle altre ed una vita pericolosamente fuori dalle righe tanto da essere definita la vita di un pazzo? Chi è pazzo e chi, più semplicemente, una persona originale, o un genio?
"Tu sei una persona diversa, che vuole essere uguale. E questo, dal mio punto di vista, è considerato una malattia grave".E' un libro che consiglio, nonostante la mia avversione iniziale. Nel narrare la storia di Veronika l'autore si ispira anche alla sua esperienza personale visto che ha vissuto per tre anni in un ospedale psichiatrico in cui venne rinchiuso solo perchè considerato "diverso".
"E' grave essere diversi?".
"E' grave sforzarsi di essere uguali: provoca nevrosi, psicosi, paranoie. E' grave voler essere uguali, perchè questo significa forzare la natura, significa andare contro le leggi di Dio che, in tutti i boschi e le foreste del mondo, non ha creato un'unica foglia identica a un'altra. Ma tu ritieni che l'essere diverso sia una follia, e perciò hai scelto di vivere a Villete. Perchè qui, visto che tutti sono diversi, diventi uguale agli altri".
Con questo romanzo partecipo alla terza tappa della Challenge Le Lgs sfidano i lettori, per l'obiettivo n. 5: un libro con un nome proprio femminile nel titolo.
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