giovedì 3 giugno 2010

Memorie di una Geisha (Arthur Golden)

Un mondo a me sconosciuto. Una realtà che avevo sentito solo nominare vagamente ma comunque molto lontana da me: quella delle Geishe. Ho imparato a conoscere – secondo il punto di vista dell’autore (che è un uomo e non è una Geisha) – una cultura affascinante e misteriosa di cui, in precedenza, non sapevo nulla.
Memorie di una Geisha è un libro che ho letto con curiosità ed interesse. Pagina dopo pagina la storia di Sayuri – protagonista del romanzo – è stata raccontata a mo’ di racconto in prima persona. L’autore ha scelto di far parlare lei, dandole voce e prestandole la penna, affinché fossero le parole dirette della protagonista a narrare quanto le è accaduto nel corso della sua vita.
Sayuri racconta la sua storia da anziana Geisha trapiantata nel mondo occidentale. Un’anziana Geisha che gira in kimono per le vie di New York e che porta con se quell’eleganza, quella classe e quel mistero che hanno segnato la sua vita quando – dopo una serie di vicissitudini – è diventata una delle più belle e richieste Geishe di Gion.
Chiyo era il suo nome. Il nome di una bambina che – venduta assieme a sua sorella – approda in una casa di geishe nel più rinomato quartiere di Geishe. Gion, appunto.
Nel momento in cui le si aprono davanti aglio occhi le porte dell’okiya Nitta, questo il nome dalla sua nuova casa, le si apre davanti agli occhi un mondo nuovo, fatto di bellezza, di grazia, ma anche di obbedienza e cattiveria. Nulla le sarà risparmiato e nulla le sarà regalato a cuor leggero. Lungo la sua strada troverà ostacoli troppo grandi per una bambina della sua età – la consapevolezza di essere stata strappata alla sua famiglia e alle sue origini, la separazione da sua sorella, la cattiveria di Hatsumomo, fino a quel momento indiscussa e quotatissima Geisha dell’okya Nitta.

Bella. La piccola Chiyo è una bellissima bambina dagli occhi grigio-blu che le permetteranno di farsi notare anche nelle piccole cose di ogni giorno, nei gesti più innocenti e comuni ad ogni bambina. In lei è nascosta, fin da quella tenera età, una sensibilità ed una grazia che ne fanno una potenziale minaccia per Hatsumomo che, consapevole di tutto ciò, non si risparmia in cattiverie pur di farle (più o meno sottilmente) del male.
Tenterà di scappare per tornare alla sua vita… Un tentativo che le costerà caro.
Un incontro importante, invece, segnerà per sempre la sua vita: lei lo ha sempre saputo, fin dal primo momento, ed anche se con il passare degli anni quella presenza le sembra sfuggire sempre più da lei, ben presto si accorgerà che non è così.
Anche l’incontro con un’altra Geisha (già rivale di Hatsumomo) le segnerà la vita. Sarà Mameha ad aiutarla a diventare una Geisha e le sarà accanto in ogni momento della sua vita fino a che non sarà capace di cavarsela da sola.

Siamo nel periodo della guerra. A cavallo tra gli anni 30 e la fine della seconda guerra mondiale: il Paese – e il quartiere di Gion – passa da una situazione di benessere ad uno di crisi profonda…
Non svelo il resto della storia perché si tratta di un romanzo che va gustato una pagina dopo l’altra...

Mi limito a fare qualche considerazione.

Intanto si tratta di un romanzo che, seppur tratto dalla storia di una vera Geisha, è pura invenzione dell’autore. Quanto narrato è una storia inventata che ben rappresenta la vita a quei tempi. Quel tipo di vita…
Vengono tracciati a chiare note i profili di donne più o meno belle, educate a servire l’uomo, compiacerlo, intrattenerlo fino ad arrivare all’aspirazione massima di ogni Geisha: avere un “danna”, cioè un uomo che possa mantenerla.

Il quartiere di Gion non è un quartiere di prostitute – questo viene sottolineato più e più volte anche in contrasto con altri quartieri della zona in cui, invece, vivono donne che offrono sesso a pagamento – ma un quartiere di “artiste” chiamate nelle varie sale da the per intrattenere per lo più uomini importanti, danzare per loro, conversare con loro. Il fine ultimo di ogni Geisha, però, non è quello di vivere in questo modo per sempre – pur riuscendo a guadagnare bene non è questa la loro massima aspirazione – quanto quella di avere un “danna” che non avrà particolari privilegi (se non quelli di sopportare spese per il loro mantenimento ed averle a loro disposizione ogni volta che volessero) soprattutto perché in genere sono già uomini sposati che si posso permettere una Geisha ma non certo a tempo pieno. E una Geisha vergine ha un valore inestimabile per il danna che avrà l’onore di averla per se.
Dico “valore”, perché tutto il mondo delle Geishe ruota attorno al denaro. Denaro che non sempre finisce nelle loro tasche ma in quelle di chi gestisce l’okiya che ha tutto l’interesse ad educare una bella e “appetibile” ragazzina fino a farla diventare una sicura fonte di entrata (perché, c’è da dire, che una volta ottenuto un “danna”, costui continuerà a versare soldi alla casa di provenienza della Geisha… che continua ad essere, dunque, fonte di guadagno).

Un mondo a parte. Una cultura a parte. Raccontati da un autore - Arthur Golden - che in appendice al libro è lieto di ringraziare colei che – vera Geisha di Gion – ha ispirato il romanzo e lo ha anche aiutato con i suoi racconti. Si tratta di tal Mineko Iwasaki. Ma Golden si accorgerà solo dopo la pubblicazione del romanzo che ci sono grane all’orizzonte: Mineko lo denuncerà per diffamazione e violazione di contratto. Non solo il suo nome è stato svelato in appendice al libro (rendendola così chiaramente riconoscibile) ma alcuni passaggi del romanzo non le sono proprio andati giù come la questione della verginità che viene raccontata come “venduta al migliore offerente” visto che il mizuage viene proprio comprato dal miglior offerente. Un affronto alla reputazione di Mineko che, sostiene, in questo modo è stata paragonata ad una prostituta. Respinte al mittente tali affermazioni, la Geisha ha querelato Golden ma dopo diverse controversie i due sono giunti ad un accordo stragiudiziale: la donna ha ritirato la sua querela a fronte del pagamento, da parte di Golden, di una somma il cui importo non è mai stato rivelato.

Un particolare, questo, che ho voluto riportare per mettere in guardia sui contenuti nel senso che è bene tener presente che – malgrado Sayuri parli in prima persona e sia molto credibile nei suoi racconti, tanto da lasciar pensare ad una vera biografia di un personaggio realmente esistito – si tratta pur sempre di un’invenzione e molti dettagli che vengono citati con minuzia di particolari potrebbero (dico potrebbero perché io non posso certo sapere come stanno realmente le cose) essere frutto di un’interpretazione sbagliata da parte dell’autore.
In tutta risposta a quanto accaduto, Mineko Iwasaki ha a sua volta pubblicato un libro in cui fornisce la sua verità, la verità di una vera Geisha di Gion, ma l’opera non è stata tradotta in italiano. Peccato! L’avrei letto volentieri il suo libro.

Al di là delle controversie, questa lettura mi ha molto coinvolta. Perché se è pur vero che si tratta di un romanzo e che le vicende sono dipinte con i colori messi in campo dall’autore per rendere più interessante la sua opera, mi ha permesso di conoscere un mondo che non mi era affatto familiare.

Ho anche apprezzato il fatto che a fondo libro sia stato inserito un piccolo glossario in cui viene ricordato il significato dei termini giapponesi inseriti all’interno del racconto: termini che, comunque, sono sempre stati ben spiegati durante la narrazione e che mai sono risultati incomprensibili.
Ho molto apprezzato lo stile di scrittura di Golden: scorrevole, chiaro, semplice, elegante e leggero come una farfalla anche nel racconto di momenti particolari, delicati e intensi. Mi è sembrato davvero di toccare con mano le atmosfere narrate, di sentire i profumi, gli odori, i rumori che hanno dato vita alla narrazione. Mi è sembrato di vedere i kimono che ogni volta vengono descritti in ogni dettaglio. E lei, Sayuri, mi è ha anche fatto una gran tenerezza in quel suo modo di fare, così infantile anche quando lei una bambina non era più ma allo stesso tempo così lucido e attento.
Un passaggio mi ha particolarmente colpita. Una frase detta alla bella Sayuri da Mameha durante il suo periodo di apprendistato:
Non diventiamo Geishe perché vogliamo che la nostra vita sia felice ma perché non abbiamo altra scelta.
Mi ha fatto riflettere. In effetti i sentimenti di quelle ragazze passano in secondo piano rispetto ai loro doveri… E una giovane di venti anni diventa vecchia più in fretta – nell’animo più che nell’aspetto – quando deve reprimere sempre e comunque i suoi sentimenti.

***
Memorie di una Geisha
Arthur Golden
"I grandi" - Tea Editrice
567 pagine
10.00 euro

10 commenti:

  1. Questo libro mi ispira moltissimo! Non so praticamente quasi nulla sul Giappone, figuriamoci poi sulle Geishe. Me lo segno! Grazie

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  2. A me è piaciuto molto... L'ho letto in pochissimi giorni e non sono poche le pagine da leggere! Però la storia merita e si fa "divorare" con interesse! Un bacio, mia cara... E se deciderai di leggerlo, fammi sapere che impressione ne hai avuto!

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  3. piacere di conoscerti! Hai un blog interessante. Memorie di una geisha mi ha sempre incuriosito, adesso vado a leggermi la tua opinione!

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  4. Ti farò sapere di sicuro! L'ho ordinato oggi su IBS :-)

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  5. bene bene... spero di averti dato un buon consiglio!

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  6. Quasi finito! :-) L'ho scelto come LIBRO DEL VENERDI' di domani. Un'iniziativa di HomeMadeMamma. Avevi ragione, scorrevole e molto interessante

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  7. L'hai letto in fretta! Anche a me ha fatto questo effetto! Un bacio mia cara

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  8. Ciao questo libro è stupendo. Ma se è semplicemente un romanzo chi è la Sayuri di cui parla lo storico Jakob Haarhuis come curatore all'inizio del libro?

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  9. Sayuri è un personaggio inventato... L'autore è stato ispirato da una gheisha vera ma ha avuto anche qualche grana per averla ringraziata alla fine del libro....

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  10. Questo libro ha conquistato anche me e non sapevo della controversia legale

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