Finire in galera per colpa della propria penna… e delle proprie fantasie erotiche. E’ quello che è capitato all’autore di uno dei più noti romanzi a sfondo sessuale della storia, John Cleland, scrittore inglese passato alla storia per quello che è stato additato, all’epoca, come uno scandaloso romanzo pornografico.
Tanto da costargli la galera. Tanto da costargli nuovamente la galera, aggiungo, visto che vi era già finito per non aver saldato un debito. Fu proprio durante la sua prima prigionia che diede libero sfogo alla sua fantasia erotica scrivendo quel romanzo che, poco più tardi dalla sua scarcerazione, lo ricondusse dietro le sbarre assieme agli editori e agli stampatori di Fanny Hill. Romanzo pubblicato in due parti: l’una nel novembre 1748 e nel febbraio 1749. Non è difficile immaginare quanto, a quell’epoca, un romanzo in cui scene di sesso vengono descritte in modo molto preciso - seppur con un colorito linguaggio metaforico - possa aver dato scandalo. Tanto più per le circostanze in cui tali incontri di piacere venivano allocati!
Il titolo completo del romanzo è Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere.
Sesso, dunque, ancor più aggravato dal fatto che sia mercenario. L’edizione che ho letto io propone una traduzione diversa del titolo: Fanny Hill. Ricordi di una donna di piacere. Questo è quanto scritto in copertina dell’edizione che ho trovato io in biblioteca, la prima edizione del 1978 edita da BUR (Biblioteca Universitaria Rizzoli).
Sono diverse le edizioni in circolazione per un romanzo travagliato nella sua esistenza. Tanto travagliato quanto scandaloso. Durante il processo che lo vide imputato per le sue sconcezze – tanto per rendere conto di cosa intenda per travagliato Cleland disconosce il suo romanzo e si augura – pubblicamente – che venga seppellito e dimenticato. Così, almeno, si racconta. Successivamente al processo il libro venne ritirato dal mercato e non più in circolazione. Legalmente. Perché malgrado non verrà più pubblicato per un centinaio d’anni, ne sono sempre circolate molte edizioni “pirata” reperibili sul mercato nero senza troppi problemi. Come ogni cosa che dà scandalo, più è la censura nei suo confronti, più è il suo successo. E così è avvenuto.
Nel periodo in cui sono circolate molte edizioni pirata, una di queste venne messa in circolazione con un capitolo nuovo, non presente nel manoscritto originale.
Un capitolo in cui si narra un episodio di piacere omosessuale maschile, capitolo che Cleland non ha mai sottoscritto come di propria matrice.
Nel 1750 l’autore propone una nuova versione della storia, anche questa censurata dalle autorità dell’epoca ma con minori conseguenze per l’autore. Nuova censura, nuovo processo. Non è chiaro se questa seconda censura fosse dovuta a nuovi capitoli ancor più spinti – si è anche parlato di una scena di sodomia fortemente censurata – ma stavolta l’autore non finisce di nuovo in galera visto che le accuse contro di lui vengono fatte cadere e il romanzo resta regolarmente in circolazione.
Si narra, però, che nel necrologio comparso in occasione della sua morte, si disse che il governo aveva accordato a Cleland una rendita annuale purché non scrivesse più oscenità…
Una premessa dovuta, questa, per fare chiarezza sulle difformità delle edizioni in circolazione all’epoca ed anche su una certa differenza tra le varie in circolazione oggi (stampe più o meno recenti) oltre che sulla mia incapacità di dire se il libro che ho letto io sia una versione integrale oppure no.
Posso solo dire che per quanto riguarda due delle circostanze più eclatanti – la scena di sodomia e quella di omosessualità maschile – nel libro che ho letto io se ne ha traccia in diversa entità.
Per quanto riguarda il capitolo aggiunto all’insaputa di Cleland non se ne trova traccia. Si legge solo un leggero passaggio nel quale si racconta di un tentativo di andar per la strada sbagliata da parte di uno degli uomini di cui è farcito il racconto nei confronti di una collega di Fanny ma l’atto non solo non viene descritto nella sua esplicitazione ma si fa subito intendere che si sia trattato di un incidente di percorso rimasto come tale.
Quanto alla scena di omosessualità maschile si narra di un incontro amoroso tra due uomini che viene spiato da Fanny ma, mentre in altre circostanze la descrizione che viene fatta di quanto accade è molto minuziosa ed esplicita, in questo caso l’autore si limita a dare atto di quell’incontro che viene definito come comportamento criminale con conseguente censura netta e decisa da parte di chi concepisce come innaturale tutto ciò che non avvenga entro i canoni della sessualità intesa come rapporto fisico tra uomo e donna.
Fanny (Frances) Hill. E’ lei la protagonista di un così tanto chiacchierato libro. Una giovane ragazzina di campagna rimasta orfana a poco meno di quindici anni e destinata a cavarsela da sola in un mondo che le è sconosciuto e che affronta con quell’ingenuità che è propria di una ragazzina della sua età, per di più proveniente da un ambiente rustico come quello in cui è nata e cresciuta.
Il libro è strutturato in due parti che altro non sono se non due lettere scritte da una Fanny oramai matura che racconta ad una Signora, per mezzo di due lettere distinte ma consequenziali l’una all’altra, i tratti che hanno segnato la sua vita di ragazzina ingenua prima, di giovane donna di piacere poi.
Non ancora quindicenne si trova in una nuova città, una Londra della metà del 1700, a cercare un lavoro per mantenersi. Si imbatte subito in una signora che i suoi occhi di ragazzina di campagna vedono come una benevola datrice di lavoro alla quale portare rispetto ed essere riconoscente per averla tolta da un destino incerto. Sarà proprio questo il suo primo contatto con un mondo che solo più avanti le diverrà familiare. Sarà proprio in questo ambiente che inizierà a conoscere gli istinti più intimi del suo corpo in fiore, conoscerà le attenzioni di una donna nei suoi confronti e scoprirà i suoi primi desideri carnali. Desideri che rischiano di venire sprecati alla mercé di un galantuomo a lei poco gradito, pronto a cogliere il più fresco frutto della sua giovinezza senza che lei riesca a rendersi conto, del tutto, di ciò che la sua salvatrice sta concordando (con notevole guadagno economico) alle sue spalle. Riuscirà a sfuggire a questa circostanza grazie all’incontro della sua vita: Fanny incontra un giovane – il bel Charles – che sarà il suo amore eterno anche se non eternamente vicino a lei. Un giovane di cui si innamora nell’arco di pochi attimi e grazie al quale riesce a scampare ad una sorte che sembrava già segnata.
Ma il destino non è benevolo con la giovane Fanny che ben presto si troverà – per cause di forza maggiore – a vivere nuove esperienze amorose pur avendo sempre nel cuore il suo adorato Charles fino a che… prenderà consapevolezza del suo destino di donna pubblica, donna di piacere. Fanny, forte di un fisico perfetto, nel fiore degli anni, e sempre capace di lasciar trasparire la sua indole di ingenua ragazza di campagna, avrà un gran successo ed anche un pizzico di fortuna…
Non svelo la trama se non a brevi accenni per non togliere il gusto della lettura.
Intanto si tratta di un racconto fatto da un uomo che non può che immaginare tutto ciò che Fanny sente o prova sia dal punto di vista sentimentale che fisico. Un uomo che descrive il desiderio femminile e la sua soddisfazione sempre con l’obiettività maschile. Ecco, dunque, che si legge un’attenzione esagerata alle misure del sesso maschile (quasi come se l’autore volesse sottolineare da una parte la sempre più accentuata prestanza fisica del sesso forte e, allo stesso tempo, il desiderio delle protagoniste femminili di imbattersi in uno strumento di piacere di taglia strong per ottenere la massima soddisfazione). Tutti i protagonisti – tranne uno – sono straordinariamente dotati, prestanti, capaci di soddisfare più e più volte la donna del momento.
La donna viene descritta sempre come in posizione di svantaggio nei confronti di qualcuno a cui sottomettersi o essere riconoscente. Fanny si sente obbligata nei confronti della signora che le offre un lavoro, prima, del giovanotto che la salva dalla vita di donnaccia poi e altre volte ancora, da lì in avanti, si rivolgerà ai vari uomini con cui avrà a che fare definendoli come suoi padroni, coloro a cui appartenere e coloro da servire. Una eterna riconoscenza che viene vista sempre con gli occhi di una innocente giovane (è poco più che diciannovenne quando è nel pieno del suo esercizio di donna di piacere, per cui giovanissima). Infondo è una mantenuta, a prescindere dal fatto che accetti questa condizione con accondiscendenza o meno.
La condizione di donna di piacere viene sempre descritta come una condizione accettata di buon grado, ogni incontro sessuale viene descritto come di massimo piacere e massima gratificazione per entrambi i partners, mai una volta che si descriva la reticenza di Fanny o delle sue compagne nei confronti di qualcuno tranne che nella prima, traumatica, esperienza da quindicenne. Sempre, anche nei casi più estremi, Fanny si trova in una situazione piacevole, Fanny è riconoscente per il desiderio placato dal suo cavaliere, Fanny è compiacente senza riserve. Quasi come se vendesse il suo corpo per necessità fisica più che economica.
La condizione di mantenuta viene descritta come una condizione molto comune all’epoca e probabilmente anche questo, oltre che le descrizioni meticolose dell’atto sessuale, suscitò tanto scalpore soprattutto perché erano uomini facoltosi (non necessariamente di una certa età) a potersi permettere una mantenuta.
E poi sono sempre minorenni le giovani che vengono indirizzate – in un modo più o meno consapevole – alla vita di donna di piacere… Tanto che la carriera di Fanny inizia a 15 anni e finisce (per sua fortuna) a 19.
Fanny – cosa che mi ha innervosita in più punti – viene descritta come un’ingenua cronica, che rasenta la stupidità soprattutto nella parte iniziale del racconto. Anche davanti all’evidenza vede tutto ciò che le accade come avvolto da una patina dorata. E l’accettazione riconoscente di ciò che le accade mi ha davvero innervosita!
Il linguaggio utilizzato è metaforico, mai volgare ma sempre molto preciso e capace di dipingere ogni scena con i colori più vivi e più accesi del desiderio e della soddisfazione. L’atto sessuale viene esaltato nella sua accezione più positiva e giocosa. Sempre. E viene fatto passare come una necessità femminile alla quale le protagoniste non riescono a sottrarsi mai. Nemmeno quando si sta perpetrando un abuso bello e buono. Si perdona l’abuso, si perdona la violenza, si accetta il dolore in nome della necessità di soddisfare i propri improrogabili istinti sessuali. A prescindere dal fatto che si stia parlando di donne di piacere, ho avuto l’impressione che Cleland abbia voluto calcare parecchio la mano su questo aspetto.
Delle donne di piacere esce un profilo positivo. Capaci di nascondere al meglio la loro occupazione principale, sono donne che riescono a trarre vantaggio da ogni situazione e ad uscire sempre a testa alta anche dalle situazioni più difficili ed imbarazzanti.
Trovo esagerate, in alcuni passaggi, le descrizioni degli atti sessuali che portano alla perdita della verginità delle protagoniste. Descrizioni enfatizzate, frutto della pura fantasia di un uomo che nulla può sapere di ciò che, realmente, voglia dire per una donna passare della condizione di illibata a quella di donna. Nulla può sapere, tra l’altro, di ciò che realmente voglia dire avere un rapporto fisico con un uomo se non il riflesso di ciò che può immaginare un uomo alla luce della sua esperienza. Ma esperienza di uomo è, ed esperienza di uomo resta!
Il libro che ho letto io costava, all’epoca, 1.800 lire! In 255 pagine viene celebrato il piacere come massima aspirazione di ogni donna (oltre che di ogni uomo): anelato, cercato, desiderato, il piacere è quell’obiettivo che si ha fisso in mente e che nel momento in cui viene raggiunto provoca un tale turbinio di sensazioni da indurre spesso i protagonisti allo svenimento. Eccessi che donano colori ancora più accesi ad un dipinto realizzato in punta di penna, con un lessico armonioso e musicale, spinto ma mai volgare.
Un passaggio "tranquillo", a mo’ di esempio.
A mio avviso, avrebbe dimostrato di non essere assolutamente una buongustaia una donna che non fosse stata disposta a pranzare di buon appetito con un piatto che la natura pareva aver fatto esclusivamente per una dieta ristretta di piacere.
Fanny Hill ha rappresentato per tanto tempo uno scandalo letterario. Censura dopo censura, tanti furono i lettori che, più o meno alla luce del sole, lo lessero e ne trassero scompiglio!
Letto in tempi moderni, non vi trovo nulla di pornografico. Di erotico, quello si. Ma comunque rispettoso e di un valore letterario imprescindibile. Credo che la pornografia sia altro! Ma lo dico oggi, lettrice del 2010. Tre secoli fa non avrei mai potuto pensare di leggere qualche cosa di tanto sconveniente e sconvolgente per una giovine donzella!
***
Fanny Hill. Ricordi di una donna di piacere
BUR Editore(Biblioteca Universitaria Rizzoli), 1978
pag. 255
Tanto da costargli la galera. Tanto da costargli nuovamente la galera, aggiungo, visto che vi era già finito per non aver saldato un debito. Fu proprio durante la sua prima prigionia che diede libero sfogo alla sua fantasia erotica scrivendo quel romanzo che, poco più tardi dalla sua scarcerazione, lo ricondusse dietro le sbarre assieme agli editori e agli stampatori di Fanny Hill. Romanzo pubblicato in due parti: l’una nel novembre 1748 e nel febbraio 1749. Non è difficile immaginare quanto, a quell’epoca, un romanzo in cui scene di sesso vengono descritte in modo molto preciso - seppur con un colorito linguaggio metaforico - possa aver dato scandalo. Tanto più per le circostanze in cui tali incontri di piacere venivano allocati!
Il titolo completo del romanzo è Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere.
Sesso, dunque, ancor più aggravato dal fatto che sia mercenario. L’edizione che ho letto io propone una traduzione diversa del titolo: Fanny Hill. Ricordi di una donna di piacere. Questo è quanto scritto in copertina dell’edizione che ho trovato io in biblioteca, la prima edizione del 1978 edita da BUR (Biblioteca Universitaria Rizzoli).
Sono diverse le edizioni in circolazione per un romanzo travagliato nella sua esistenza. Tanto travagliato quanto scandaloso. Durante il processo che lo vide imputato per le sue sconcezze – tanto per rendere conto di cosa intenda per travagliato Cleland disconosce il suo romanzo e si augura – pubblicamente – che venga seppellito e dimenticato. Così, almeno, si racconta. Successivamente al processo il libro venne ritirato dal mercato e non più in circolazione. Legalmente. Perché malgrado non verrà più pubblicato per un centinaio d’anni, ne sono sempre circolate molte edizioni “pirata” reperibili sul mercato nero senza troppi problemi. Come ogni cosa che dà scandalo, più è la censura nei suo confronti, più è il suo successo. E così è avvenuto.
Nel periodo in cui sono circolate molte edizioni pirata, una di queste venne messa in circolazione con un capitolo nuovo, non presente nel manoscritto originale.
Un capitolo in cui si narra un episodio di piacere omosessuale maschile, capitolo che Cleland non ha mai sottoscritto come di propria matrice.
Nel 1750 l’autore propone una nuova versione della storia, anche questa censurata dalle autorità dell’epoca ma con minori conseguenze per l’autore. Nuova censura, nuovo processo. Non è chiaro se questa seconda censura fosse dovuta a nuovi capitoli ancor più spinti – si è anche parlato di una scena di sodomia fortemente censurata – ma stavolta l’autore non finisce di nuovo in galera visto che le accuse contro di lui vengono fatte cadere e il romanzo resta regolarmente in circolazione.
Si narra, però, che nel necrologio comparso in occasione della sua morte, si disse che il governo aveva accordato a Cleland una rendita annuale purché non scrivesse più oscenità…
Una premessa dovuta, questa, per fare chiarezza sulle difformità delle edizioni in circolazione all’epoca ed anche su una certa differenza tra le varie in circolazione oggi (stampe più o meno recenti) oltre che sulla mia incapacità di dire se il libro che ho letto io sia una versione integrale oppure no.
Posso solo dire che per quanto riguarda due delle circostanze più eclatanti – la scena di sodomia e quella di omosessualità maschile – nel libro che ho letto io se ne ha traccia in diversa entità.
Per quanto riguarda il capitolo aggiunto all’insaputa di Cleland non se ne trova traccia. Si legge solo un leggero passaggio nel quale si racconta di un tentativo di andar per la strada sbagliata da parte di uno degli uomini di cui è farcito il racconto nei confronti di una collega di Fanny ma l’atto non solo non viene descritto nella sua esplicitazione ma si fa subito intendere che si sia trattato di un incidente di percorso rimasto come tale.
Quanto alla scena di omosessualità maschile si narra di un incontro amoroso tra due uomini che viene spiato da Fanny ma, mentre in altre circostanze la descrizione che viene fatta di quanto accade è molto minuziosa ed esplicita, in questo caso l’autore si limita a dare atto di quell’incontro che viene definito come comportamento criminale con conseguente censura netta e decisa da parte di chi concepisce come innaturale tutto ciò che non avvenga entro i canoni della sessualità intesa come rapporto fisico tra uomo e donna.
Fanny (Frances) Hill. E’ lei la protagonista di un così tanto chiacchierato libro. Una giovane ragazzina di campagna rimasta orfana a poco meno di quindici anni e destinata a cavarsela da sola in un mondo che le è sconosciuto e che affronta con quell’ingenuità che è propria di una ragazzina della sua età, per di più proveniente da un ambiente rustico come quello in cui è nata e cresciuta.
Il libro è strutturato in due parti che altro non sono se non due lettere scritte da una Fanny oramai matura che racconta ad una Signora, per mezzo di due lettere distinte ma consequenziali l’una all’altra, i tratti che hanno segnato la sua vita di ragazzina ingenua prima, di giovane donna di piacere poi.
Non ancora quindicenne si trova in una nuova città, una Londra della metà del 1700, a cercare un lavoro per mantenersi. Si imbatte subito in una signora che i suoi occhi di ragazzina di campagna vedono come una benevola datrice di lavoro alla quale portare rispetto ed essere riconoscente per averla tolta da un destino incerto. Sarà proprio questo il suo primo contatto con un mondo che solo più avanti le diverrà familiare. Sarà proprio in questo ambiente che inizierà a conoscere gli istinti più intimi del suo corpo in fiore, conoscerà le attenzioni di una donna nei suoi confronti e scoprirà i suoi primi desideri carnali. Desideri che rischiano di venire sprecati alla mercé di un galantuomo a lei poco gradito, pronto a cogliere il più fresco frutto della sua giovinezza senza che lei riesca a rendersi conto, del tutto, di ciò che la sua salvatrice sta concordando (con notevole guadagno economico) alle sue spalle. Riuscirà a sfuggire a questa circostanza grazie all’incontro della sua vita: Fanny incontra un giovane – il bel Charles – che sarà il suo amore eterno anche se non eternamente vicino a lei. Un giovane di cui si innamora nell’arco di pochi attimi e grazie al quale riesce a scampare ad una sorte che sembrava già segnata.
Ma il destino non è benevolo con la giovane Fanny che ben presto si troverà – per cause di forza maggiore – a vivere nuove esperienze amorose pur avendo sempre nel cuore il suo adorato Charles fino a che… prenderà consapevolezza del suo destino di donna pubblica, donna di piacere. Fanny, forte di un fisico perfetto, nel fiore degli anni, e sempre capace di lasciar trasparire la sua indole di ingenua ragazza di campagna, avrà un gran successo ed anche un pizzico di fortuna…
Non svelo la trama se non a brevi accenni per non togliere il gusto della lettura.
Intanto si tratta di un racconto fatto da un uomo che non può che immaginare tutto ciò che Fanny sente o prova sia dal punto di vista sentimentale che fisico. Un uomo che descrive il desiderio femminile e la sua soddisfazione sempre con l’obiettività maschile. Ecco, dunque, che si legge un’attenzione esagerata alle misure del sesso maschile (quasi come se l’autore volesse sottolineare da una parte la sempre più accentuata prestanza fisica del sesso forte e, allo stesso tempo, il desiderio delle protagoniste femminili di imbattersi in uno strumento di piacere di taglia strong per ottenere la massima soddisfazione). Tutti i protagonisti – tranne uno – sono straordinariamente dotati, prestanti, capaci di soddisfare più e più volte la donna del momento.
La donna viene descritta sempre come in posizione di svantaggio nei confronti di qualcuno a cui sottomettersi o essere riconoscente. Fanny si sente obbligata nei confronti della signora che le offre un lavoro, prima, del giovanotto che la salva dalla vita di donnaccia poi e altre volte ancora, da lì in avanti, si rivolgerà ai vari uomini con cui avrà a che fare definendoli come suoi padroni, coloro a cui appartenere e coloro da servire. Una eterna riconoscenza che viene vista sempre con gli occhi di una innocente giovane (è poco più che diciannovenne quando è nel pieno del suo esercizio di donna di piacere, per cui giovanissima). Infondo è una mantenuta, a prescindere dal fatto che accetti questa condizione con accondiscendenza o meno.
La condizione di donna di piacere viene sempre descritta come una condizione accettata di buon grado, ogni incontro sessuale viene descritto come di massimo piacere e massima gratificazione per entrambi i partners, mai una volta che si descriva la reticenza di Fanny o delle sue compagne nei confronti di qualcuno tranne che nella prima, traumatica, esperienza da quindicenne. Sempre, anche nei casi più estremi, Fanny si trova in una situazione piacevole, Fanny è riconoscente per il desiderio placato dal suo cavaliere, Fanny è compiacente senza riserve. Quasi come se vendesse il suo corpo per necessità fisica più che economica.
La condizione di mantenuta viene descritta come una condizione molto comune all’epoca e probabilmente anche questo, oltre che le descrizioni meticolose dell’atto sessuale, suscitò tanto scalpore soprattutto perché erano uomini facoltosi (non necessariamente di una certa età) a potersi permettere una mantenuta.
E poi sono sempre minorenni le giovani che vengono indirizzate – in un modo più o meno consapevole – alla vita di donna di piacere… Tanto che la carriera di Fanny inizia a 15 anni e finisce (per sua fortuna) a 19.
Fanny – cosa che mi ha innervosita in più punti – viene descritta come un’ingenua cronica, che rasenta la stupidità soprattutto nella parte iniziale del racconto. Anche davanti all’evidenza vede tutto ciò che le accade come avvolto da una patina dorata. E l’accettazione riconoscente di ciò che le accade mi ha davvero innervosita!
Il linguaggio utilizzato è metaforico, mai volgare ma sempre molto preciso e capace di dipingere ogni scena con i colori più vivi e più accesi del desiderio e della soddisfazione. L’atto sessuale viene esaltato nella sua accezione più positiva e giocosa. Sempre. E viene fatto passare come una necessità femminile alla quale le protagoniste non riescono a sottrarsi mai. Nemmeno quando si sta perpetrando un abuso bello e buono. Si perdona l’abuso, si perdona la violenza, si accetta il dolore in nome della necessità di soddisfare i propri improrogabili istinti sessuali. A prescindere dal fatto che si stia parlando di donne di piacere, ho avuto l’impressione che Cleland abbia voluto calcare parecchio la mano su questo aspetto.
Delle donne di piacere esce un profilo positivo. Capaci di nascondere al meglio la loro occupazione principale, sono donne che riescono a trarre vantaggio da ogni situazione e ad uscire sempre a testa alta anche dalle situazioni più difficili ed imbarazzanti.
Trovo esagerate, in alcuni passaggi, le descrizioni degli atti sessuali che portano alla perdita della verginità delle protagoniste. Descrizioni enfatizzate, frutto della pura fantasia di un uomo che nulla può sapere di ciò che, realmente, voglia dire per una donna passare della condizione di illibata a quella di donna. Nulla può sapere, tra l’altro, di ciò che realmente voglia dire avere un rapporto fisico con un uomo se non il riflesso di ciò che può immaginare un uomo alla luce della sua esperienza. Ma esperienza di uomo è, ed esperienza di uomo resta!
Il libro che ho letto io costava, all’epoca, 1.800 lire! In 255 pagine viene celebrato il piacere come massima aspirazione di ogni donna (oltre che di ogni uomo): anelato, cercato, desiderato, il piacere è quell’obiettivo che si ha fisso in mente e che nel momento in cui viene raggiunto provoca un tale turbinio di sensazioni da indurre spesso i protagonisti allo svenimento. Eccessi che donano colori ancora più accesi ad un dipinto realizzato in punta di penna, con un lessico armonioso e musicale, spinto ma mai volgare.
Un passaggio "tranquillo", a mo’ di esempio.
A mio avviso, avrebbe dimostrato di non essere assolutamente una buongustaia una donna che non fosse stata disposta a pranzare di buon appetito con un piatto che la natura pareva aver fatto esclusivamente per una dieta ristretta di piacere.
Fanny Hill ha rappresentato per tanto tempo uno scandalo letterario. Censura dopo censura, tanti furono i lettori che, più o meno alla luce del sole, lo lessero e ne trassero scompiglio!
Letto in tempi moderni, non vi trovo nulla di pornografico. Di erotico, quello si. Ma comunque rispettoso e di un valore letterario imprescindibile. Credo che la pornografia sia altro! Ma lo dico oggi, lettrice del 2010. Tre secoli fa non avrei mai potuto pensare di leggere qualche cosa di tanto sconveniente e sconvolgente per una giovine donzella!
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Fanny Hill. Ricordi di una donna di piacere
BUR Editore(Biblioteca Universitaria Rizzoli), 1978
pag. 255
1.800 lire (all'epoca)
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