Me lo sono chiesta leggendo il libro Il Killer della neve, in collaborazione con Thrillernord, nel quale una mano assassina colpisce in concomitanza con le nevicate che rendono l’ambiente soave, ma solo in apparenza. Non è un caso se quella mano agisce proprio con la neve. Ad essere difficile da capire è, invece, se davvero quella mano possa aver lasciato correre cinquant’anni prima di tornare a colpire e cosa abbia determinato questa scelta.
Il detective Barton e la sua squadra non riescono a venire a capo di ciò che sta accadendo loro attorno. Non riescono a mettere insieme i pezzi di quel puzzle che non combaciano affatto. O, almeno, questa è la sensazione che se ne ha. Eppure sono tanti i segnali che potrebbero portare il detective verso una precisa direzione, tanti i dettagli che gli sfuggono o che gli dicono qualcosa ma non riesce a capire bene cosa sia.
Devo ammettere che per gran parte del libro ho avuto la sensazione che Barton e la mano assassina si trovassero su piani destinati a non incontrarsi mai pur essendo sostanzialmente molto vicini, più di quanto si potesse pensare.
Non manca il colpo di scena, questo va detto, ma va anche detto che nel complesso le indagini mi sono sembrate rese in modo tale da dare l’impressione che si girasse continuamente in tondo.
Posta qualche pecca del punto di vista dell’evoluzione della storia, però, devo dire che le vicende mi hanno fatto riflettere molto e non è cosa così usuale in un thriller dove l’obiettivo, in genere, non è certo quello di far riflettere più di tanto.
Innanzitutto i pregiudizi, o i facili giudizi… quanto incidono nelle scelte di ognuno? Siano essere scelte positive che negative (in questo caso sono piuttosto negative e definitive). La convinzione che una persona resti per sempre ancorata al suo passato, agli errori commessi in passato, quanto influenza la capacità di giudizio di ognuno nei confronti dell’altro?
E poi la vendetta. Il “piatto che va gustato freddo”, la voglia di riscatto. Non è vero che il passare del tempo cura le ferite, anche le più profonde. Ce ne sono, di ferite, che non smettono mai di sanguinare e per arrestare il flusso costante di dolore che provocano richiedono scelte drastiche, anche a distanza di tempo.
Per finire, nessuno può dire veramente di conoscere del tutto le persone che ha accanto. Dietro ad un sorriso, ad un paio d’occhiali da miope, ad un bastone per correggere una zoppia può esserciqualche cosa di diverso da ciò che si può pensare. Barton lo scoprirà dopo un bel po’ dall’avvio delle indagini ma alla fine ci arriva.
Posti alcuni errori nel testo (che mi auguro vengano superati nella versione cartacea visto che ho letto l’ebook), la fatica maggiore è stata quella di non poter dare una mano a Barton tutte le volte in cui ho avuto la sensazione che avesse bisogno di un aiutino.
***Il killer della neve
Ross Greenwood
Newton&Compton
352 pagine
9.90 euro copertina rigida - 4.99 Kindle
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