Ne sono sempre più convinta: tra me e gli autori orientali non c'è feeling. Ci ho provato diverse volte ma ho sempre fatto tanta fatica.
In questo caso, il libro La vegetariana di Han Kang non è stato difficile da leggere (piuttosto scorrevole e dai concetti estremamente chiari) ma non riesco ancora a decifrare quello che mi ha lasciato.
In 177 pagine sono concentrate la disperazione di una donna che decide di non mangiare più carne animale, la reazione della sua famiglia davanti al suo lento deperimento ma anche una cultura che faccio fatica a comprendere.
Il libro è diviso in tre parti.
Nella prima la protagonista assoluta è lei, Yeong-hye ma lo è anche il suo matrimonio, il suo rapporto con suo marito. Emergono i tratti di una donna considerata ordinaria nell'ambito di un matrimonio ordinario. Una donna silenziosa, rispettosa del suo uomo, che non fa mai niente al di fuori dalle righe, che non ha una vita che non sia quella domestica. Nel momento in cui decide di scegliere si scatenano reazioni molto dure da parte di chi le sta accanto. Nessuno, però, si è mai curato più di tanto di lei, nessuno l'ha mai ascoltata, nessuno l'ha mai considerata una persona prima che una moglie servile. Alla voce del marito che ammette candidamente di aver sposato una donna che non ha mai amato e di averla scelta proprio perché persona anonima, remissiva e docile, che non avrebbe mai dato problemi si alterna la voce di quella donna che sente la necessità di privarsi di alimenti di origine animale non per uno scopo di purificazione quanto come reazione a qualche cosa di violento che le è scoppiato nell'anima e si è manifestato sotto forma di sogno. Ecco, dunque, che racconta episodi di quando era bambina, che altro non sono se non pura violenza imposta da una cultura che, lo ripeto, non riesco a comprendere. Una violenza che in quel momento non le è sembrata tale ma che riaffiora alla sua mente in tutta la sua gravità.
In questa prima parte la donna, che è spinta da una grande forza di volontà capace di andare oltre il suo aspetto fragile, manifesta chiari segni di anoressia nervosa e chi le sta attorno cerca, in modo violento, di costringerla a tornare sui suoi passi.
Nella seconda parte l'attenzione si sposta su suo cognato e lei si trova a subire delle scelte che non tengono conto del fatto che si trova in una situazione delicata, in un equilibrio mentale precario, incapace più che mai di fare delle scelte consapevoli.
Nella terza parte la donna, abbandonata da tutti, ha solo sua sorella accanto. Una sorella che la vede lottare fino alla fine delle sue forze per non alimentarsi e non essere alimentata. Quella che è sempre stata considerata un'anoressia nervosa diventa sempre più legata a doppio filo con una forma di schizofrenia che si manifesta in maniera estrema con il desiderio di tornare alla terra, convinta com'è di essere un albero.
Resta uno squarcio nel petto del lettore davanti ad una storia fatta di scelte drastiche, è vero, ma anche di silenzi, di sottomissione, di negazione di una qualsivoglia personalità che ad una donna non è concessa.
Resta sospeso l'interrogativo: ma quanto fa paura la morte? Sarà poi così male?***
La vegetariana
Hang Chang
Adelphi editore
177 pagine
10.00 euro copertina flessibile, 4.99 euro Kindle
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