Il Barone di Malomonte, Luigi Alfredo Ricciardi, il commissario triste, ha nuove responsabilità che si sommano alle vecchie ma è sempre lui: torna con un nuovo caso da seguire e con la vita da affrontare da una nuova prospettiva. Ora è un padre, non è più solo un commissario. Ha una responsabilità grande anche se, va detto, viene aiutato nel suo compito educativo dalla fedelissima Nelide e da Bianca, un’amica fidata, cara, personaggio noto ai fedelissimi delle sue avventure.
Marta, la sua bambina, gli riempie la vita nonostante tutto: nonostante la morte gli aliti attorno ogni giorno, nonostante le vittime continuino a parlargli e a manifestarsi sui luoghi della loro dipartita, nonostante Garzo che fa sempre pressioni a modo suo e nonostante il periodo storico tutt’altro che particolare.
Questa volta anche il delitto è legato, o per lo meno si pensa che possa essere così, a ciò che sta accadendo a livello sociale in quel preciso momento storico: la seconda guerra mondiale è alle porte anche se, ovviamente, i nostri protagonisti non lo sanno. Vivono in un periodo cupo, difficile soprattutto dal punto di vista sociale, con persone che scompaiono dall’oggi al domani, con missioni punitive delle quali non si riesce a comprendere i motivi e le necessità, con il regime che incombe sempre più sul popolo con le sue regole e le sue convinzioni.
Un periodo per niente facile. Lo sa Ricciardi e lo sa anche il suo amico di sempre, quel Bruno Modo che tempo prima rischiò grosso proprio al cospetto del regime e che non ha cambiato affatto idea anche se i suoi capelli si sono ingrigiti. È ancora impegnato, più convinto che mai, nella sua campagna antifascista e questo suo ruolo sarà determinante nel dare un nome ed un cognome ad uno dei due giovani che vengono trovati uccisi in un palese momento di intimità.
Il giovane faceva da tramite tra i prigionieri al confino e le famiglie che non ne avevano ricevuto più notizie dei loro ragazzi: Modo lo sa bene, cosa faceva quel ragazzo, perché era proprio lui il suo interlocutore. Indubbia la matrice del duplice delitto, secondo Modo: sono state le camicie nere e questo preoccupa Ricciardi anche per la sicurezza e la vita dell’amico. Se così fosse, ne è convinto Ricciardi, anche tutti coloro che gravitavano attorno alla vittima sono in pericolo.
Il commissario, però, vuole vederci chiaro. Non si lascia influenzare neppure dalle convinzioni del suo migliore amico e va dritto per la sua strada arrivando ad un verità molto triste. Ovvio che ogni morte porta tristezza, ma una volta scoperta la mano assassina stavolta resta davvero l’amaro in bocca.
Sempre ben tratteggiati i
personaggi, l’autore questa volta mette in mano al lettore degli sviluppi
particolari: dove è finita Livia, delusa da ciò che le è accaduto accanto a
Ricciardi? Quale ruolo ha Bianca al suo fianco? Ma soprattutto, la piccola
Marta ha ereditato oppure no la dannazione di suo padre?
Tante le risposte che vengono fornite ma altrettante le porte che restano aperte per un prosieguo che, ne sono certa, prima o poi arriverà. Un prosieguo che io attendo già con una certa ansia.
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Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni
Einaudi editore
280 pagine
19.00 euro copertina flessibile, 10.99 Kindle
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