Quella raccontata da Carmine Mari, nel libro che ho letto in collaborazione con Thrillernord, è una storia di intrighi, misteri e suggestioni di un’epoca, siamo nel XVI secolo, che è già affascinante di suo, per complessità e fascino.
Un’epoca che rivive nelle descrizioni attente e meticolose dell’autore, nelle abitudini raccontate, negli abiti descritti con dovizia di particolari, nei vicoli che sembrano emanare quell’afrore dovuto alla vita di strada e al passaggio dei cavalli davanti alle bettole cittadine.
La trama è piuttosto intricata ma si dipana in modo piacevole, coinvolgendo il lettore e portandolo ad accrescere la voglia di capire come si arriverà a smascherare il colpevole che, a ben guardare, non fornisce colpi di scena quanto alla sua identità, piuttosto quanto alla direzione e alla svolta che riguarderanno le indagini.
Ad indagare è un uomo, Héctor dell’Estremadura, di cui si conoscono solo in parte i tormenti e che si presenta al lettore sotto le vesti di capitano di una nave ma che, ben presto, dimostrerà le sue capacità investigative accettando un incarico che non comporta mettersi al timone di una nave ma che richiede la ricerca di indizi, di testimonianze e di prove per smascherare il colpevole di una morte misteriosa. E non solo di quella, a dire il vero.
La narrazione è molto ricca e sono tanti i termini che vengono utilizzati per rendere appieno le suggestioni dell’epoca. Io sono sincera, ho dovuto prendere nota per capire bene termini che non mi erano familiari ma il bello sta anche in questo, nell’arricchire il proprio vocabolario!
Allo stesso tempo sono tanti i personaggi che entrano in gioco sia nelle more dell’indagine che attorno alla vita dei personaggi principali. Non è un libro che si può leggere di fretta, almeno per me è stato così, perché si rischierebbe di perdere dei passaggi importanti.
Devo ammettere di non aver affrontato la lettura con spirito eccessivamente critico dal punto di vista della ricerca storica: mi sono affidata completamente all’autore per cui non ho niente da dire a tal proposito se non che il lavoro di ricostruzione storica delle dinamiche dell’epoca, dei personaggi, delle abitudini sociali dev’essere stato sicuramente molto profondo. Me lo sono goduto, assaporando il piacere di essere catapultata in una vita a me lontana ma molto intrigante.
Certo, le vicende narrate non sono del tutto piacevoli (e non solo per via della morte attorno alla quale si indaga) soprattutto se si pensa a determinate pratiche comuni a quel tempo e decisamente inaccettabili (non dico altro per non spoilerare) ma sono consapevole che erano altri tempi e che, purtroppo, vigevano abitudini terribili.
Parallelamente alle indagini viene proposto anche l’aspetto umano di un’esistenza, quella di Héctor, che pur burbero e spietato, mostra un lato fragile, una voglia di riscatto dovuta a vicende passate che lo hanno toccato nel profondo.
Le figure femminili sono molto interessanti, su tutte quella di Costanza: una donna tenace, coraggiosa, bellissima ma dibattuta sulle questioni di cuore. Le esistenze di Héctor e Costanza si incontrano sia sul fronte delle indagini che dal punto di vista personale e le vicende che li riguardano, al di là della soluzione o meno del caso, mi inducono a pensare (o a sperare) che possa esserci un seguito alla storia. Sono curiosa, veramente curiosa.
Detto ciò non posso
negare, però, che in alcuni punti ho trovato delle sviste e degli errori che,
secondo il mio parere, un più attento lavoro di editing avrebbe potuto evitare
e rendere la lettura ancora più gradevole e spedita. Resto comunque in attesa
di un possibile seguito. La storia si chiude, è vero, ma volendo si potrebbe
anche guardare al futuro sia con una nuova indagine per Héctor che con nuovi risvolti dal lato personale.
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Il fiore di Minerva
Carmine Mari
Marlin editore
432 pagine
18.00 euro copertina flessibile
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