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venerdì 21 marzo 2025

Portami a casa (S. Fitzek)

 

Arrivata all’ultima parola dell’ultima riga mi sono detta: ma qui sono tutti matti. Libro lontanissimo dall’essere credibile. Situazioni assurde. Un serpente che si morde la coda. Un’assurdità dopo l’altra. Tessere sparse ovunque che sembrano andare ognuna al loro posto salvo, poi, ritornare in una confusione tale da far perdere la testa.

Ero pronta a sconsigliare la lettura a persone sane di mente che volessero restare tali.

Poi sono arrivata alla post-fazione dell’autore e… alzo le mani!

Eh, sì perché, se la storia ha dell’assurdo, se la protagonista femminile mi ha fatto venire il nervoso per il suo modo di essere vittima sempre e comunque, se il colpo di scena finale mi ha fatto dire “….ma daiiiiiiiiii”, poi lui, l’autore, ci ha messo del suo.

L’autore – nella postfazione del libro - ammette di essere stato spesso criticato per la mancanza di realismo nei suoi romanzi. E io stessa, a quanto pare, glielo riconosco anche qui, in questa lettura. Ma lui si dice perfettamente consapevole del fatto che molti dei crimini che narra sono estremamente improbabili, prodotto esclusivo della sua immaginazione così come ammette di scrivere per intrattenere, non per descrivere nel dettaglio la vera sofferenza. Ammette di mettere con piacere i suoi personaggi in situazioni critiche, in difficoltà ma in situazioni inverosimili, immaginarie, anche difficili da ipotizzare come concrete e reali perché poi, nel concreto, il piacere di vedere persone in difficoltà scompare quando si passa alla realtà che non ritiene possa essere considerato un terreno fertile per l’intrattenimento legato al genere thriller.

Io devo dire che a tutto questo non avevo pensato. Leggo thriller da sempre e mai, nemmeno una volta, ho preso in considerazione questo punto di vista… l’ho fatto questa volta e devo dire che l’autore non ha tutti i torti.

Per questo, se trovo inverosimile che un servizio telefonico di aiuto a persone in difficoltà non possa attivare una qualsivoglia ricerca automatica del luogo da cui la persona chiama, se la nostra protagonista si trova a vivere situazioni assurde così come si trova appesa ad una telefonata in circostanze piuttosto inverosimili… se il protagonista che dovrebbe avere il compito di aiutarla non è poi ciò che sembra, se la storia si sfilaccia e se ne va in mille direzioni diverse… beh, nell’ottica di quanto detto dall’autore in coda al libro tutto ci sta.

Allora che dire?

Che siamo a Berlino, in una qualsiasi serata dopo le 22. Un uomo è al telefono in sostituzione di un amico che lavora per una linea telefonica che mira ad aiutare donne in difficoltà. Quelle che hanno paura a tornare a casa di notte, quelle che potrebbero aver bisogno di una voce amica prima di rientrare. Jules, questo il nome dell’uomo al telefono, parla con Klara. Non si capisce bene come mai quella donna abbia chiamato. Inizialmente. Poi si apre il sipario su una storia fatta di violenza, di torture, di sottomissione, di morte. Ed ha inizio un incubo. Per lei. Ma anche per lui.

Si tratta di un thriller psicologico ad altissima tensione dove tutto è il contrario di tutto. Chi è la vittima? Chi è il carnefice? Difficile da dire.

Quello che è certo è che molto gravita attorno alla violenza sulle donne, in particolare consumata tra le mura di casa. Tutto ruota attorno a ciò. Non vengono risparmiate scene piuttosto crude e violente, di questo bisogna essere consapevoli. Ed io ammetto anche che avrei voluto prendere a schiaffi quella donna che, seppur messa davanti ad un mostro, continuava ad amarlo e a tornare da lui… però questa mia non vuole essere un’osservazione giudicante, assolutamente. So che nella realtà non sono situazioni facili dalle quali venire fuori. E so anche che nel libro è tutto reso estremo (mi piace pensare così… anche se i fatti di cronaca troppo spesso dicono che la realtà può superare l’immaginazione, a volte).

In conclusione, se lo consiglio? Sì, a chi ha letto questi miei pensieri dall’inizio alla fine e voglia affrontare una lettura del genere con la consapevolezza di quello che troverà. Violenza, sangue, morte, tensione psicologica, tradimenti, follia, vendetta… ma tutto talmente estremizzato da essere palesemente esagerato e finto. Per scelta dell’autore.
***
Portami a casa
Sebastian Fitzek

Pag. 353
Fazi editore

martedì 18 aprile 2023

L'inventario delle nuvole (F. Faggiani)

La montagna torna ad essere protagonista nell’ultimo romanzo di Faggiani

Una montagna che non fa sconti ma che entra nell’anima dei suoi protagonisti che vi sono legati in modo indelebile.

L’autore racconta un mestiere antico, quello della raccolta dei pels, i capelli. Un mestiere che porta i Cordero a diventare una famiglia di riferimento nel nucleo sociale in cui vive. Giacomo è il piccolo della famiglia ma ammetto di aver fatto fatica a dargli un’età… o mi è sfuggito o proprio non sono riuscita ad inquadrarla.

La sua è una famiglia composta da sua madre Lunetta, sua nonna Desideria e suo nonno Girolamo. Ed è proprio Girolamo il pilastro della famiglia nonché il cuore pulsante di quel mestiere che Giacomo eredita senza pensarci troppo. 

E’ una famiglia benestante, rispettata, nel cuore di tutti (o quasi) per il modo in cui Girolamo ha imparato nel tempo a relazionarsi con gli altri. Ha bisogno degli altri per poter comprare (barattare per lo più) capelli ma allo stesso tempo è sempre pronto a prendersi cura delle persone con cui ha a che fare, soprattutto quelle che sono in maggiore difficoltà, le più bisognose, quelle con le quali la vita non è stata generosa.

E’ anche questo che Giacomo si trova ad ereditare: un modo di essere, prima ancora che un modo di fare. Un modo di essere che non conquista solo imitando il nonno, perché certi atteggiamenti non si possono imitare, vanno sentiti, fatti propri. Ecco, dunque, che assistiamo alla crescita di quel ragazzino che matura in fretta, a dire il vero, ma che a ben guardare non può fare altrimenti.

Ciò che mi ha maggiormente conquistata di tutto il racconto sono state le descrizioni: luoghi impervi, è vero, con un clima che non è certo favorevole ma con quel fascino che solo ambienti di montagna possono offrire.
La montagna è viva ed è anch’essa protagonista accanto a Giacomo e a tutti coloro che gli gravitano attorno. Ciò che avrei preferito venisse maggiormente approfondito sono le personalità di alcuni personaggi secondari che, secondo il mio parere, avrebbero avuto molto da dire.

Scrittura scorrevole, storia che incuriosisce e cattura anche nei passaggi più legati alla tradizione locale e probabilmente sconosciuti ai più.

La montagna riscalda l’anima anche quando, per via delle temperature descritte, trasmette quel freddo che fa compagnia ai personaggi nella loro quotidianità, nella loro solitudine (perché la vita di montagna, la vita dei raccoglitori di capelli, impone anche questo).

Una contraddizione in termini?

Così può apparire, ma la lettura trasmette qualche cosa di diverso di una contraddizione.
***
L'inventario delle nuvole
Franco Faggiani
Fazi Editore
296 pagine
18.50 copertina flessibile

giovedì 13 gennaio 2022

La signorina Crovato (L. Boccardi)

Luciana è una bambina che impara presto a fare i conti con le difficoltà della vita. 

Vive in un periodo storico particolare, siamo a Venezia nel 1936, e in una famiglia che si trova a vivere diverse vicissitudini in un contesto sociale in continuo cambiamento. 

Si troverà ben presto a fare i conti con quella che sarà definita, da tutti, la disgrazia: un incidente che segnerà la vita di suo padre e di tutta la famiglia, di riflesso, con una madre che è costretta ad arrangiarsi per tirare avanti e lei che vuole fare la sua parte imparando a fare di tutto. 

Si tratta di un romanzo di formazione che racconta la crescita, non solo fisica, della bambina: a segnare la sua infanzia e la sua adolescenza saranno una serie di distacchi, di separazioni che le bruciano sulla pelle come veri e propri abbandoni. Un libro autobiografico che - per ammissione della stessa autrice - è il primo di una trilogia e lo si capisce alla perfezione visto che il finale lascia nel lettore la necessità di sapere altro, di conoscere quale sarà la strada che si spiana davanti a quella bambina.

Luciana si sente sola e ogni volta che riesce a trovare un legame, una sintonia con la realtà familiare con cui entra in contatto, all'improvviso quel legame viene reciso come se non potesse meritare un equilibrio o qualche cosa di simile a quella famiglia che sente di aver perduto.

Ma è davvero così? Luciana ha davvero perduto al sua famiglio o ogni allontanamento è una sorta di protezione dagli effetti che la disgrazia possono provocare anche su di lei? Non è semplice dare una interpretazione di questo tipo a ciò che le accade soprattutto tenendo conto che si tratta di una bambina. E proprio perché è lei la voce narrante la sua storia è raccontata in modo semplice e lineare, anche con quel pizzico di ingenuità che, se fosse mancato, avrebbe reso artefatto un racconto di questo tipo.

Ho molto gradito i capitoli brevi, i titoli esplicativi ed il punto di vista della bambina che cerca di dare un perché a ciò che le accade. Così come ho molto gradito la presentazione che l'autrice fa dei tanti personaggi che entrano in scena con indicazione di parentele e caratteristiche dell'uno o dell'altro. Una presentazione d'obbligo, questa, per non perdersi tra i tanti personaggi che vengono citati. 

Cresce, Luciana, e dimostra di essere in grado di sfruttare al meglio i suoi talenti affrontando prove che non dovrebbero presentarsi ad una bambina così piccola. La sua è un'infanzia rubata me è anche la consapevolezza che ognuno ha un posto ben preciso nel mondo e che nulla accade per caso così come nulla arriva dal cielo. Non un lavoro, non la stabilità economica ma nemmeno un gesto d'affetto, una carezza.

Il libro è un racconto molto personale che arriva dalla stessa autrice-protagonista che, purtroppo, è venuta a mancara ieri: un viaggio nei ricordi della sua famiglia che mi ha fatto pensare alle tante storie analoghe che ognuno dei nostri nonni potrebbe raccontare.

Nelle intenzioni dell'autrice, La Signorina Crovato doveva essere "...il primo libro di una trilogia che va da metà '800 ai suoi 18 anni. Poi dai 19 anni ai 60 anni come ha raccontato in 'Dentro la vita' e infine alla vecchiaia".

Ps. bellissima la copertina, autoritratto dell'autrice del 1934, immagine che ho ritrovato tra le pagine, nelle precise descrizioni offerte con quei due occhioni pronti a mordere la vita pur nelle difficoltà.

***
La signorina Crovato
Luciana Boccardi
Fazi Editore
340 pagine
18.00 euro copertina flessibile, 9.99 Kindle

giovedì 17 dicembre 2020

L’ultima nave per Tangeri (K.Barry)

La ricerca (piuttosto statica, a dire il vero) di una ragazza scomparsa, l’attesa, il viaggio nei ricordi, il presente molto diverso da ciò che è stato e da ciò che ci si era aspettati allora.

E ci sono loro: Maurice e Charlie che – in un contesto fatto di flashback in cui i ricordi si scontrano e si rincorrono, facendo a pugni con un presente molto più grigio del previsto – mostrano di essere molto diversi da come le rispettive esperienze di vita li ha forgiati.

Ex trafficanti, amici da anni, due figuri considerati pericolosi per dei trascorsi tutt’altro che tranquilli, i due cinquantenni si trovano a stazionare nei pressi del porto di Algeciras – città situata nella provincia di Cadice nella comunità autonoma dell’Andalusia, in Spagna – alla ricerca della figlia di Maurice che manca da tre anni.

Più che una ricerca io l’ho avvertita come un’attesa.

Anche piuttosto triste come situazione, devo dire.

Ciò che maggiormente colpisce, prima ancora della storia, è lo stile narrativo proposto dall’autore con un continuo flusso di pensieri che tende anche a spiazzare un lettore poco avvezzo ad una tecnica di questo tipo. Io ammetto di aver fatto fatica ad entrare nella storia proprio per questo: continui flashback che si alternano a dialoghi e pensieri portando il lettore avanti e indietro nel tempo in alcuni momenti anche in modo confuso, dialoghi formalmente privi di punteggiatura e lasciati alle mercé del lettore che sente quelle parole come se gli venissero buttate addosso in flusso continuo. Un po’ spiazzante, per me, ma senza ombra di dubbio originale.

Sono dei tipi loschi, è vero, hanno avuto entrambi dei trascorsi di cui non andare fieri ma ne portano i segni addosso, con un dolore latente che emerge pian piano, andando avanti con la lettura.Maurice e  Charlie hanno fatto delle scelte, in passato, che li hanno segnati e che hanno lasciato delle cicatrici apparentemente non visibili, apparentemente mimetizzate ma, a ben guardare, ben presenti nella loro anima. E pulsanti!

Il racconto dei loro trascorsi non mi è piaciuto più di tanto, lo ammetto. Viene proposto con una certa spocchia, ma credo che siano proprio le circostanze che lo richiedano. Un racconto che poi si scontra con il presente in cui si confrontano due persone che fanno i conti con dei vuoti profondi, difficili da riempire.

E se, in passato, i due ex trafficanti hanno vissuto senza preoccuparsi del futuro, in barba ad ogni regola ed ogni morale, arriva poi il momento di cambiare rotta e invertire quella marcia che, oramai, ha segnato un percorso rispetto al quale non sono ammessi ripensamenti. Si trovano, così, a fare i conti con un presente incerto ed un futuro ancora più incerto, fatto di solitudine e di mancanze.

Ho letto questa in questa vicenda una sorta di parabola discendente della vita: l’accelerazione massima nel momento della gioventù verso la maturità, quando non si ha paura di niente e di nessuno, quando si vive di eccessi e di spavalderia, quando si sceglie una strada che sembra adatta a spalancarne chissà quante altre per arrivare, pian piano, a scendere verso il basso quando si arriva a perdere quella spocchia di una volta per fare i conti con un destino che non restituisce altro che non sia solitudine e vuoto.

Su una panchina.

Quella del porto in cui parte la nave per Tangeri.

E’ un libro che consiglio a chi non si lascia spaventare da uno stile fuori da ogni convenzione. Uno stile originale di un autore che mette alla prova il lettore al quale non consegna un classico romanzo lineare e semplice da comprendere ma al quale consegna due vite.

E la vita, si sa, non è mai così lineare e chiara come si vorrebbe!
***
L'ultima nave per Tangeri
Kevin Barry
Fazi Editore
246 pagine
18.50 copertina flessibile - 12.99 Kindle

martedì 7 gennaio 2020

Di niente e di nessuno (D. Levantino)

Ora che l'ho finito lo posso dire: bel libro!

Se mi avessero chiesto un giudizio a metà lettura probabilmente non sarei stata tanto entusiasta perchè ho trovato la narrazione di Levantino troppo di pancia. 
Ora, però, è proprio questa scrittura di pancia che mi permette di dire che la storia di Rosario arriva dritta al cuore del lettore. Al mio, almeno, è arrivata.
E' arrivata la storia di un ragazzino che si trova a crescere troppo in fretta lungo le strade di una Palermo che non fa sconti.
Un ragazzino che si trova a fare scelte più grandi di lui e a subire le regole di un ambiente in cui ha la meglio chi mena più forte le mani, non chi lo merita.

Rosario è un ragazzino alle prese con il primo amore ma anche con la prima esperienza con una grande passione che apprende di aver ereditato dal nonno: il calcio. O meglio, fare il portiere. Per lui è naturale volare da un palo all'altro per ancorare a terra un pallone e nemmeno lui si rende conto come fa ad arrivare a scalzare il primo portiere nella squadra di calcio del suo quartiere. 
Nel momento in cui si rende conto di avere un talento innato deve però fare i conti con la legge del più forte. Lui, l'ultimo arrivato, che minaccia il posto del capitano!
E' questa la prima grande prova che deve affrontare Rosario e ad essa seguiranno prove di altro genere ma tutte importanti ed anche capaci di cambiargli la vita, anche se sul momento non se ne rende conto.

Quella di Rosario è la storia di una famiglia che vive in un equilibrio precario per un sacco di motivi.
E' una storia di bullismo e di violenza di strada. Quella che fa crescere, nonostante tutto.
E' una storia d'amore, di passione, di promesse. Di scelte.
E' una storia di crescita. 

Rosario è un ragazzino che scopre sulla sua pelle di essere capace di fare scelte coraggiose, di avere quella forza che serve per camminare a testa alta in quel quartiere Brancaccio in cui è tanto difficile crescere. 
Io non sono mai stata a Palermo e non ne conosco da vicino le caratteristiche ma ciò che mi ha trasmesso la storia raccontata da Levantino è un senso di appartenenza, a quella terra, da parte di tutti i personaggi, più forte di quanto si possa pensare. Perchè il quartiere identifica le persone, nel bene e nel male, e tutti ne sono consapevoli.

In alcuni punti ho messo in discussione il passaggio disinvolto da un tempo verbale all'altro, da parte dell'autore, ma l'effetto che fa questa scelta narrativa - perchè tale la considero - è nell'insieme della situazione molto azzeccata.
***
Di niente e di nessuno
Dario Levantino
Fazi Editore
160 pagine
17.50 euro