Mea
culpa: Il mastino dei Baskerville è il primo libro in assoluto che leggo di Doyle
e che ha come protagonisti Sherlock Holmes ed il suo fedele Watson. Ed il
merito va a mia figlia. O meglio, alla sua insegnante di italiano del liceo che
le ha dato da leggere questo libro il mese scorso, incuriosendo anche me.
Per
lei l’ho trovato in biblioteca in una raccolta di racconti piuttosto datata:
caratteri piccini e volume un po’ pesantino. Io l’ho letto in ebook e se ciò mi
ha favorita con il formato e con i caratteri mi ha però penalizzata per via di
errori che hanno reso la lettura meno scorrevole.
In
particolare, ho trovato molti errori sugli è accentati, soprattutto nelle maiuscole
e questa cosa mi ha dato un po’ fastidio. E’ un intoppo in cui non è incorsa mia
figlia ma anche per lei la lettura è proceduta un po’ a rilento. Non ha molto
gradito – mi par di capire che preferisca qualche cosa di più moderno - ed ha
ammesso di essersi persa già nelle prime pagine.
Io
devo dire che ho rilevato uno stile narrativo intrigante, semplice e
accattivante anche se comprensibilmente datato.
Siamo
nella seconda metà del 1800 e i due investigatori sono alle prese con un
mistero legato alla morte di un anziano signore, tale Charles Baskerville, ritrovato
cadavere nel giardino della sua villa e la cui morte, secondo quanto viene
raccontato, sarebbe legata ad una creatura arrivata dritta dall’inferno, con le
sembianze di un mastodontico mastino. Sarebbe sua la colpa della morte di Charles
Baskerville e la maledizione a lui collegata sarebbe pronta a colpire anche il
prossimo erede della famiglia che si ritrova proprietario di quella stessa
villa in cui l’anziano venne trovato cadavere.
Una
vicenda che incuriosisce Holmes al punto tale da inviare Watson ad effettuare
delle indagini dandogli di fatto un incarico molto delicato, in sua assenza.
Una
scelta che mi ha fatto subito pensare: questo Holmes manda in prima linea il
suo fedele collaboratore e lui intanto cosa fa? Si limita a fare deduzioni dai
report che Watson gli invia? Per gran parte del racconto resta in seconda linea.
E’ la sua assenza che si nota anziché la sua presenza. Non conoscendo il personaggio
mi sono lasciata guidare dalla curiosità per meglio capire come operasse e
quale fosse, in concreto, la strategia messa in campo per venire a capo di un
mistero legato – secondo quanto detto – a qualcosa di soprannaturale.
E’
stato piacevole seguire lo sviluppo delle indagini ed anche arrivare alla
svolta che spiega il ruolo di Holmes in tutto questo. Un personaggio capace di
sorprendere pur non rubando la scena a nessuno.
Il
finale mi è piaciuto, mi ha piacevolmente sorpresa e la lettura non mi è dispiaciuta
affatto.
Rispetto
a gialli più moderni lo stile è differente, meno cruento, con una suspense più
sottile che non ha bisogno di violenza su violenza (certo… ci sono dei morti ma
meglio non svelare troppo), di sangue che scorre a fiumi o di parole pesanti,
volgari nei dialoghi come spesso a accade…
L’autore
ha la capacità di prendere per mano il lettore come se fosse lui fisicamente
presente in quella brughiera che così tante volte viene nominata da diventare
la protagonista principale di tutto il racconto. Non il cadavere, non l’erede,
non gli investigatori e nemmeno il mastino. E’ la brughiera la protagonista con
i suoi silenzi e i suoni spaventosi, con i suoi antri scuri e i viottoli
difficili da percorrere. E’ la brughiera che sempre affascinare tutti i protagonisti,
in un modo o nell’altro, anche lo stesso Holmes. Questa almeno è l’impressione
che ho avuto io. L’ambientazione viene resa in modo così vivido che ora, ripensando
alla trama, è proprio la brughiera la prima cosa a cui penso.
Ps:
questo spaventoso mastino esisterà davvero oppure no?
E se esiste… è davvero così diabolico oppure…
E se esiste… è davvero così diabolico oppure…
Se
posso permettermi, è il personaggio che mi ha fatto più tenerezza di tutti, nel
complesso!
***
Il
mastino dei Baskerville
Arthur
Conan Doyle
Newton
Compton Editori
169
pagine
Kindle
Unlimited
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