martedì 30 dicembre 2014

Una lacrima mi ha salvato (A. Lieby)

Più volte ho avuto occasione di parlare della mia nonna lettrice e dei libri che, nel tempo - soprattutto nell'ultimo anno - ho comprato per lei. Da quando se n'è andata i suoi libri sono tutti qui con me ed ogni volta che i miei occhi ne incrociano uno non posso fare a meno di pensare a lei.
E a lei ho pensato leggendo ogni pagina di Una lacrima mi ha salvato, testimonianza resa da Angèle Lieby con la collaborazione di Hervé de Chalendar. Un libro che mia nonna mi aveva chiesto di comprare per lei dopo aver visto la presentazione in tv e... un libro che mi ha fatto male... mi ha fatto riflettere a lungo attorno ad una delicatissima questione: l'eutanasia ma anche la sofferenza che prova chi si trova in un letto di ospedale senza potere ne' muovere ne' parlarsi pur essendo cosciente.

E' quello che è capitato ad Angèle: colpita da una misteriosa malattia, nell'arco di pochi giorni è stata trasformata in un "non morto"... un corpo su un letto, incapace di muoversi, di parlare, di respirare, di fare qualsiasi cosa. Lei, però, era cosciente. Sentiva tutto, era viva ed avrebbe voluto trasmettere tutto ciò all'esterno... cosa che per diverso tempo non è riuscita a fare.
A soli quattro giorni dal suo ricovero i medici parlavano già di "staccare la spina" e sollecitavano il marito ad adoperarsi affinché le pratiche per la sepoltura di sua moglie fossero a posto... e lei sentiva tutto, impotente... 
E' un libro che si legge in fretta ma non certo perché superficiale. Ben scritto, in modo lineare e diretto, ha dato voce ad una donna che, a sua volta, vuole farsi portavoce di tutti coloro che non possono comunicare. 
Dopo la mia vicenda non si potrà mai più sostenere che una persona non soffre perché è immobile. (...) finché una persona si trova in un letto e non in una bara, bisogna considerare che è ancora capace di sentire le cose buone e quelle cattive, i benefici ed i danni.
Angèle lo dice con cognizione di causa perché quando veniva sottoposta a dolorosissime prove - che avrebbero dovuto valutare una sua reazione - lei il dolore lo sentiva eccome... anche se non riusciva a farlo trasparire all'estero e comunicarlo agli altri.  
Angèle parla anche di un sistema sanitario che a volte - anche se non in modo assoluto - è superficiale e tende a prestare poca attenzione ai pazienti, soprattutto quando si trovano in condizioni considerate "disperate". La sua non vuole essere una condanna ma una testimonianza che possa evitare che situazioni come la sua possano ripetersi.

Ammetto che il libro mi ha colpita particolarmente anche per via del fatto che mia nonna sia morta da poco e che abbia avuto anche lei un'esperienza ospedaliera. Chissà se mentre era tra le lenzuola di quel letto avrà pensato a quanto accaduto ad Angèle, di cui aveva letto poco tempo prima? 
Purtroppo anche lei ha sofferto - anche se in modo diverso e non ai livelli della protagonista del libro - ed ha portato su di se i segni di un atteggiamento piuttosto superficiale del personale ospedaliero nei suoi confronti... come avrebbe potuto non toccarmi un libro così?

Se lo consiglio?
Certo che si. Per sapere. Per capire.
Non è certo un libro di svago così come non è un libro fantastico, un romanzo, un'invenzione. E' la triste realtà che ha segnato un periodo della vita di una donna che, a dispetto di quel dottore illuminato che dopo quattro giorni avrebbe voluto staccare la spina, è tornata in se ed è tornata ad essere una donna, non una statua vivente. 

Tutto grazie ad una lacrima che ha trasmesso al mondo esterno che lei era viva...

***

Una lacrima mi ha salvato

Angèle Lieby con Hervè de Chalendar

San Paolo edizioni

14.90 euro

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