Non riesco a decifrare la sensazione che mi è rimasta addosso, chiusa l'ultima pagina del libro di Antonio Manzini, Gli ultimi giorni di quiete.
Amarezza. Credo che si tratti di amarezza.
Ed un profondo senso di impotenza, di perdita, di sconfitta. Ed anche tristezza.
Così, mentre Nora e Pasquale si trovano a fare i conti - in modo ancora molto vivido anche dopo cinque anni dall'accaduto - con la morte del figlio Corrado, anche colui che ha provocato tale morte si porta addosso un peso che nessun carcere può cancellare. Pietro ha pagato la sua colpa, per la giustizia italiana ha saldato il suo debito a soli cinque anni dall'accaduto o poco più, ma Nora e Pasquale vivono questa situazione come un dramma nel dramma e fanno fatica a convivere con il loro dolore, oggi più che mai.
Manzini mette su carta un dolore profondo, autentico, inconsolabile: quello di due genitori che dall'accaduto hanno perso ogni motivo per vivere. Sono andati avanti in silenzio per cinque anni, quasi ignorandosi ed ignorando i loro sentimenti fino a che Nora, per uno strano scherzo del destino, non incontra Pietro.
Pietro ha pagato il suo debito davanti alla giustizia, è vero, ma la legge è fredda, distaccata, oggettiva, non tiene conto dei sentimenti, non può essere emotiva. Ecco, dunque, che si apre una voragine ai piedi di quei due genitori che cadono sempre più verso il basso mentre Pietro, all'inizio, è ignaro di tutto. Ha cercato di rifarsi una vita, di riscattare quell'esistenza macchiata da un grande sbaglio. Uno sbaglio per il quale, però, ha pagato.
Ma Pietro ha diritto a vivere la sua vita mentre Corrado se l'è vista strappare via proprio dalle sue mani? E' questo l'interrogativo che porta Nora e Corrado sempre più verso il fondo.
Quello che si consuma sotto gli occhi del lettore è un vero e proprio dramma di quelle esistenze che non riescono ad avere pace. Sono persone sole, fondamentalmente sole. Perché davanti al dolore si è sempre soli anche quando si ha tanta gente attorno. E questa solitudine porta ognuno a fare delle scelte che segneranno la rispettiva vita.
Quello che si incontra in questo libro è un Manzini diverso dagli altri, da quello che i suoi lettori più fedeli hanno imparato a conoscere con i precedenti libri. E' un Manzini che indaga ed invita il lettore ad indagare nell'animo umano facendolo entrare nella testa dei personaggi, rendendolo partecipe dei loro pensieri oltre che dei loro dialoghi e delle loro azioni.
A ben guardare, quella narrata è una storia di persone normali come ce ne possono essere tante: un giovane che si macchia di un delitto (è successo... anche se lui non voleva la morte di quel ragazzo) e che paga la sua colpa, un giovane che rivendica il suo diritto a continuare a vivere ma anche due genitori che non riescono a scendere a compromessi con la loro perdita, con il loro immenso dolore.
Un libro che mi ha tenuta attaccata alle pagine, è una lettura che consiglio senza riserve, è un libro autoconclusivo che non ha nulla a che fare con altri scritti da Manzini ed è vortice di sensazioni che non possono lasciare il lettore indifferente.
Ho anche ritrovato una terra che conosco, luoghi a me familiari... e questo ha reso la lettura ancora più piacevole.
Ps. Una curiosità. Ad ispirare questo romanzo, come ha avuto occasione di svelare l'autore, è stato un vecchio episodio che però gli è rimasto impresso nella mente e nel cuore. Un uomo gli raccontò di aver incontrato l'assassino di suo figlio... la storia ha preso le mossa da qui. E' rimasta sotto la cenere per un po' ed è ora su carta, con una potenza tale da sconvolgere l'anima.
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Gli ultimi giorni di quiete
Antonio Manzini
Sellerio Editore
240 pagine
14.00 euro copertina flessibile - 9.99 Kindle
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